4. L'evento motore più atroce del mondo (1/2)

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Qualcosa di appiccicoso stava scorrendo lungo il mento di Flaminia. La ragazzina aprì gli occhi e si mise a balbettare a mezza voce.

«Mamma?» farfugliò, vedendo una sagoma oscura davanti a lei. «Non c'è il seminario di scrittura oggi... posso restare a casa...»

«Ti ha chiamata mamma» constatò una voce maschile ignota, dal timbro profondo.

«Che abbia avuto dei danni cerebrali durante il trasferimento?»

«Mamma, hai fatto i pancakes?»

«Decisamente, danni cerebrali. Ottimo. E adesso che facciamo?»

«Macché danni e danni! Sta bene! Ha il cervello giovane, non sarà un piccolo trasferimento di coscienza a bruciarle i neuroni! I ragazzini di adesso lo fanno sempre, l'ho letto online.»

Qualcuno la prese a schiaffotti e Flaminia tornò bruscamente in sé. Si rese conto di essersi sbrodolata addosso come uno zombie in cerca di cervelli e si ripulì il mento su una manica della tuta. Davanti a lei c'erano tre persone sconosciute che la stavano fissando. Si trattava di due ragazzi che non dimostravano più di diciotto anni, dei quali uno indossava degli abiti molto eleganti, un dolcevita di un azzurro cupo e dei pantaloni gessati attillati, che si univano armoniosamente alle sfumature pallide della sua pelle e del suo viso, azzurro, biondo e rosa chiaro; l'altro giovane, invece, era vestito con tutte le sfumature del nero, aveva una pelle olivastra che gli dava un nonsoché di latino e due grandi occhi neri. Il suo aspetto era molto aggressivo, ed era sottolineato da una serie di borchie che decoravano i suo giubbotto di pelle. Quella che saltava più all'occhio nel trio, però, era una ragazza con la chioma di capelli più esplosiva che Flaminia avesse mai visto, di un nero che più nero non si poteva immaginare. Era vestita con ogni sorta di abiti bizzarri, come se qualcuno avesse versato il contenuto di dieci armadi diversi in una lavatrice e avesse estratto i primi tre capi d'abbigliamento che gli erano capitati sottomano, per poi appiccicarli addosso a lei. Era molto bella, nonostante avesse un naso un po' aquilino e un sorriso arrogante stampato sulle labbra carnose. Flaminia avrebbe voluto toccarle i capelli, se non fosse stato che temeva di poterci perdere una mano e non riuscire più a estrarla.

La ragazza sconosciuta le schioccò le dita di fronte al viso.

«Allora? Ci sei? Mi capisci?»

Flaminia la guardò con aria ebete, cercò di farfugliare una risposta, ma dalle labbra le fuoriuscì solo un mormorio incomprensibile. La ragazza aggrottò le sopracciglia.

«Oddio, forse le ho davvero causato dei danni cerebrali.»

«No, no, sto bene» farfugliò Flaminia. «E' solo che... certo che è strano: un attimo fa ero a casa mia, a lavorare al mio romanzo, e adesso sono qui.»

Si guardò attorno per cercare di capire dove fosse esattamente quel "qui", ma era tutto bianco. Era in un posto vuoto, dove non c'era niente, nessun mobile, nessun muro, solamente una luce chiara senza fine che dava l'illusione di trovarsi all'interno di un blocco di plastica. Le uniche presenze concrete erano quei tre tizi che la guardavano come se lei fosse stata uno strano esemplare di un animale estinto.

«Cos'è successo? E... e voi chi siete?»

La ragazza diciassettenne di fronte a lei le rivolse un ghigno. Si passò una mano nella chioma ribelle che sembrava uscita da un poster degli anni '80 del millenovecento e sollevò il mento con superbia.

«Benvenuta nel mio mondo, cara Flaminia» sibilò. «Ti sei già dimenticata di me?»

Flaminia aggrottò le sopracciglia e strinse le palpebre per metterla a fuoco: quei capelli crespi le dicevano qualcosa, ma non ne era sicura.

«Oh, insomma Sono il personaggio più coinvolgente dell'intero universo letterario contemporaneo: Hope! La speranza degli scribacchini come te, la luce che scaccerà tutte le ombre!»

«L'incarnazione della modestia» commentò uno dei due ragazzi, quello biondo con il dolcevita.

«Stà zitto, Kyle! Sei il terzo incomodo del triangolo amoroso package, non hai voce in capitolo... né in questo, né in altri!»

Kyle inarcò un sopracciglio e scosse la testa. «Che modi. Se non fossi tu, Hope, mi sarei offeso.»

«Comunque, stavo dicendo, cara Minetta» riprese Hope, schiarendosi la gola. «Che io sono Hope. La tua nuova migliore amica...»

«... e miglior nemica» aggiunse l'altro ragazzo, con uno sbadiglio. Aveva un'aria tenebrosa, da soggetto problematico, e continuava a soffiare verso l'alto per scostarsi un ciuffo castano dalla fronte.

Si guadagnò un'occhiataccia da Hope, prima che la ragazza tornasse a fissare Flaminia con i suoi profondi occhi azzurri.

La ragazzina trasse un profondo sospiro. Quella Hope sarebbe stata perfetta, se non avesse fatto quello che aveva fatto, e nemmeno quest'ultimo punto le era molto chiaro. Non aveva nemmeno idea di come fosse arrivata in quel posto assurdo.

«Allora, un attimo. Non so ancora cosa tu abbia fatto di preciso, ma, se ho capito bene, questa è la tua vendetta, vero, Hope?

«Esattamente.»

«Mi dispiace che te la sei presa. Voglio dire, non volevo venderti sul serio.»

«Bugiarda.»

«Okay, va bene, va bene! Niente bugie. Volevo venderti, ma non era niente di personale. Stavi per rovinare il mio romanzo! E tu non sai quanto è importante il Romanzo-Debutto. L'intera vita dello scrittore dipende da quello, a Romanzia.»

«Lo so, Flaminia» sospirò Hope, alzando gli occhi al cielo. «Però cosa preferisci? Parlare della solita solfa o scrivere qualcosa che pensi davvero?»

«Non so se la seconda è proprio una cosa positiva.»

«Per quale motivo?»

«So che tanti scrittori che hanno fatto come dici hanno avuto delle vite miserabili. E io non voglio vendere pantofole!»

«Ancora con queste pantofole!»

«Ma che le hanno fatto?» chiese Caleb, aggrottando le sopracciglia.

«Che ne so, è tutto il tempo che parla di pantofole! Forse c'era qualche danno cerebrale anche prima del trasferimento di coscienza» brontolò Hope. «Flaminia, non ha senso avere paura. Non ho intenzione di rovinarti la vita, credimi! Voglio soltanto scrivere una bella storia con te.»

Flaminia fece una smorfia. Forse era meglio assecondare quella pazza e attendere il momento più propizio per fuggire dal posto in cui l'aveva rinchiusa.

«Allora, torniamo alle cose più pratiche. Dove mi hai portata?» chiese a Hope, alzandosi in piedi a fatica.

Kyle le offrì una delle sue braccia muscolose e le rivolse un sorriso rassicurante. Aveva proprio la faccia da bravo ragazzo. Povero Kyle. Chissà quante volte era stato bidonato.

«Grazie, Kyle» gli disse Flaminia, arrossendo. Non poteva negare che fosse un bel tipo, nonostante di reale avesse ben poco.

«Figurati, mia cara.»

Caleb, che aveva assistito a quello scambio a pugni stretti, non riuscì più a contenersi.

«E smettiamole con 'ste cerimonie! Devi sempre provarci con tutte, non è vero, Kyle? Ma non ti vergogni? Ha dodici anni!» ringhiò, paonazzo, mentre si sistemava rabbiosamente il giubbotto da biker.

«L'ho solo aiutata ad alzarsi. Sei tu che hai qualche problema, se hai visto altre intenzioni in questo gesto. Il peccato sta nell'occhio di chi guarda, tesoro.»

«Sì, sì, con le tue belle paroline pensi sempre di tirarti fuori da ogni situazione, non è vero?» Caleb serrò le braccia sul petto e soffiò per spostare il ciuffo. Spostò lo sguardo su Flaminia. «E che c****, stavamo parlando di cosa fare con la bimbetta... aspetta, cos'è questo bip? C****, ma...»

«Non preoccuparti, è la censura.»

«Censura?»

«Ci farai l'abitudine» sospirò Hope, dandogli delle pacchette consolatorie sulla spalla. «Allora, stavamo dicendo - e se qualcun altro prova a cambiare argomento un'altra volta, lo ammazzo - che sei finita nel nostro mondo, Flaminia.»

«Nel vostro...»

«... mondo, esatto. Questa, se vogliamo essere poetici, è la nostra pagina bianca, e possiamo scriverci tutto quello che vogliamo! Per quello è ancora tutto vuoto. Ci siamo solo noi.»

«Oh.»

Flaminia si grattò il mento.

«E quale sarebbe lo scopo di tutto ciò?»

«Te l'ho detto! Scrivere una storia assieme!»

«Beh, c'è quel Chip-Trama che...»

«Ma che Chip-Trama! Quella è spazzatura! Ho già cercato on-line e non ho trovato nessun chip decente. E' tutta roba che ti vendono già pronta. Dovremo inventare da zero.»

«Cosa intendi con "inventare da zero"?»

«Precisamente quello che ho detto, Minetta cara.»

A Flaminia stavano cominciando a venire i sudori freddi. Sapeva ciò che "inventare da zero" significava, ma non voleva credere di doverlo fare per davvero. Era tutto così assurdo. Non riusciva a capire perché quella strana Hope dovesse essere capitata proprio a lei. Tutto ciò che aveva sempre desiderato era avere una vita tranquilla, non essere alle prese con le pretese di personaggi troppo desiderosi di libertà.

Decise di confessare. «A essere sincera, non sono molto brava a inventare da zero. Ma so che papà per cercare ispirazione si consultava con degli amici online, in un Salotto Letterario virtuale!»

Hope scoccò un'occhiata a Caleb e Kyle, e incrociò le braccia sul petto. Non sembrava molto incline a fidarsi di Flaminia, ma non aveva altra scelta. Era lei la scrittrice, dopotutto.

«Okay. Ma come pensi di entrarci?»

«Eh?»

«Non c'è un invito o, che ne so, una password?»

«Potrebbe esserci un firewall, o qualcosa di simile. E noi dovremmo... passar...»

La voce di Flaminia si affievolì. Già, non aveva pensato a quell'eventualità. Non pensava a un sacco di cose.

«Beh, tu hai hackerato il mio computer!» ribatté, riprendendosi dal momento di confusione. «Saprai entrare in un Salotto Letterario, no? Non sei un personaggio qualunque. Sai fare un sacco di cose.»

«Posso provarci» sospirò Hope, aggiustandosi i capelli. I complimenti non le dispiacevano.

Flaminia le rivolse un ampio sorriso. «Non vorrei sbagliarmi, ma papà ha trovato un sacco di aiuti interessanti online.»

«Del tipo?»

«Non è mai stato specifico. Ma credo gli abbiano dato qualche Chip-Trama molto raro, persino risalente a secoli fa, per farsi venire qualche bella idea.»

«Cioè per rubare qualche bella idea» brontolò Kyle.

«Davvero? Ed era differente, allora?» brontolò Hope, ignorando il ragazzo. «Non credo che i soldi li abbiate inventati voi.»

«No, ma... non lo so. Nonna a volte mi racconta di un'altra società, dove non era obbligatorio usare Chip-Trama per scrivere» sussurrò Flaminia, grattandosi una guancia. «La gente inventava cose con la sua testa! Chissà come facevano. Magari c'è ancora qualche idea dimenticata di quel tempo che potrebbe tornarci utile, chi può dirlo. Potremmo trovare... com'era che la chiamavano... ah, sì! Ispirazione!»

Hope si strinse nelle spalle.

«Tanto, cos'abbiamo da perdere?»

Flaminia fece una smorfia. Hope non aveva niente da perdere, ma lei... beh, era meglio che cominciasse sin da subito a progettare il suo business plan per il negozio di pantofole.

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N/A: ho deciso di intitolare ogni capitolo con la parte di una storia, strutturalmente parlando :) Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate!

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