37. Sotto la superficie (pt.1)

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«Il mio nome?» domandò la fata strabuzzando gli occhi. Le poche persone che la conoscevano a Jarthis non avevano modo di trovarla, una volta che la posizione del villaggio era stata cambiata. E tra di loro, c'era lui.

«Stai calma, Sunshine.» Lumio le scosse le spalle con delicatezza quando si accorse che la fata aveva iniziato a tremare. «Non hanno parlato di alcun demone.» dichiarò, facendo incrociare i loro occhi per interminabili istanti. «Ora ho bisogno che tu sia lucida, dobbiamo capire cosa vogliono da noi

Volutamente o per errore, calcò l'ultima parola in un modo che fu chiaro che più che un noi, fosse un "te". "Cosa vogliono da te?" Era chiaro dal suo sguardo, con gli occhi chiusi in due fessure, che si stesse domandando perché di nuovo Sunshine. Perchè fosse lei ad essere sempre coinvolta in queste situazioni poco chiare. Lumio rise per stemperare la tensione e Sunshine gli rivolse un'occhiata interrogativa. «Certo che sei strano.»

«Disse la mezza strega.» ribattè lui con un sorriso, che Sunshine ricambiò. Non c'era traccia di odio nelle sue parole ed era la prima volta che lui la chiamava così senza un tono dispregiativo. Era stato per loro due scherzare in questo modo, quando solo pochi mesi prima la stessa frase sarebbe uscita dalla bocca di Lumio con disgusto. Non riusciva a credere quanto la guerra l'avesse cambiato.

«Andiamo Sunshine, ci aspettano.»

Si diressero nel bosco per arrivare alla botola e scendere nella grotta in cui il consiglio fatato prendeva le decisioni in merito al villaggio. Scesero sottoterra e l'umidità che si era accumulata nella grotta costrinse Sunshine a respirare con la bocca, mentre si lasciava guidare dalla luce fioca della torcia che aveva portato Lumio.

Come la prima volta che era stata lì, altre voci risuonavano nella profondità della grotta. Poteva sentire le goccioline d'acqua che picchiettavano sul pavimento in pietra, mischiarsi insieme alle parole lontane che non riusciva a distinguere. «Non siamo spie, dobbiamo vedere Sunshine!» riuscì a capire quando fu abbastanza vicino e riconobbe in questa frase un tono familiare.

Sunshine scansò Lumio contro il muro e la torcia cadde dalle sue mani, facendo calare il buio nella grotta. La fata corse a perdifiato nell'oscurità per raggiungere quella voce che aveva detto il suo nome.

«Hestria!» urlò con il cuore in gola e con il fiatone, quando si ritrovò la ragazza davanti ai suoi occhi. I suoi capelli biondi erano cresciuti e anche se erano passati solo pochi mesi, era diventata molto più alta. Sembrava più magra rispetto a quando l'aveva vista per l'ultima volta ma il suo sorriso innocente era rimasto lo stesso. «Sunshine!» gridò Hestria di rimando. Come l'acqua in un fiume impetuoso, le braccia di Hestria l'avvolsero con forza, quasi avesse paura che sarebbe scomparsa da un momento all'altro. «Sono così felice di vederti.»

«Anche io, ma come hai fatto ad arrivare qui?» domandò Sunshine, mentre con lo sguardo scorreva alle altre persone presenti nella stanza. Damien non c'era. «Sei da sola?»

«Sono con Silton, l'hanno portato via in barella perché non toccava cibo da giorni, le sue ultime razioni le aveva date a me...» sospirò Hestria, abbassando lo sguardo. Stringeva i pugni ed era chiaro che si sentisse in colpa per quello che era successo.

«Vedrai che starà bene.» cercò di rassicurarla Sunshine con delle carezze leggere sulle spalle. Era così piccola e fragile e non voleva che anche lei fosse logorata dai sensi di colpa.

«Emh, emh.» si schiarì la gola Gherisa, cercando di attirare l'attenzione dei presenti. Fece per dire qualcosa, ma fu anticipata dal capo villaggio: «Avete concluso con i saluti? Abbiamo cose importanti di cui discutere.»

Sunshine alzò gli occhi al cielo e con la coda dell'occhio notò Lumio sbuffare dietro suo padre. «Sunshine, ci devi spiegazioni su questo... essere.» parlò Kiro, schiarendosi la voce e imitando un tono solenne, mentre veniva tradito dalle sue ali tremanti. «Che cos'è lei? Quando abbiamo provato a catturarla, i soldati sono stati spazzati via in un attimo.»

La fata strabuzzò gli occhi e si girò verso Hestria, che evitò il suo sguardo e scrollò le spalle con fare innocente. Tutti aspettavano una risposta, ma Sunshine rimase in silenzio. Cos'era Hestria? Per quanto ne sapeva, doveva essere un demone come suo fratello ma i suoi poteri erano inusuali per qualsiasi razza.

«Sono un'umana.» rivelò Hestria, tra lo stupore generale. Scontrò i suoi occhi azzurri con quelli viola di Sunshine e continuò a parlare. «Sono stata adottata dai demoni quando ero ancora piccola e ho dei poteri psichici. Posso anche leggere nel pensiero.»

«Hestria, non c'è bisogno che riveli tutto...» cercò di spiegare la fata ma lei la bloccò con un cenno della mano. «Voglio che si fidino di me, ho delle informazioni importanti da rivelarvi.»

«E ti aspetti che ti crediamo?» la bloccò Kiro «Non sappiamo nemmeno...»

«Come sono arrivata qui.» concluse Hestria, anticipando il capo villaggio che rimase con la bocca aperta e la mano tesa a mezz'aria.

«E' il motivo per cui ho raggiunto questo posto. La polvere mi ha condotto a qui.»

Kiro si alzò di scatto e guardò Gherisa, rimasta anche lei con gli occhi strabuzzati. Il capo villaggio si avvicinò a passo svelto da Hestria e la strattonò per le spalle. «Come conosci la polvere?!» domandò, mentre la centaura intimava di uscire agli altri membri del consiglio. In breve tempo, solo cinque persone erano rimaste nella stanza.

«Parla.» dichiarò Kiro, con un'autorità che Sunshine non credeva che l'uomo possedesse. Una strana sicurezza sembrava essere scaturita dal suo animo quando aveva sentito la parola "polvere".

«Sono stata guidata fin qui dalla scia e da alcune voci.» Hestria si girò verso Sunshine e infilò rapida la mano dentro il suo corsetto nero. «Ma che...» domandò stupita la fata, indietreggiando. Nella sua mano, Hestria teneva stretto un foglietto spiegazzato che aprì con cura. Mostrò ai presenti la pagina bianca del diario della Creatrice del Sole che Sunshine aveva recuperato.

«La scia di luce proviene da qui, erano rimaste tracce della polvere nel bosco, e le voci mi hanno detto di seguirla.» si schiarì la voce e volse la pagina verso di sé, parlando con un tono di voce più alto del normale.

«Caro diario, sono passati giorni da quando sono stata scelta per diventare Creatrice, è un grande onore per me...»

«Aspetta, tu riesci a leggerla?!» esclamò Sunshine portandosi una mano alla bocca dallo stupore. Kiro e Gherisa si erano irrigiditi appena avevano sentito Hestria parlare e Lumio fissava confuso la scena. "Com'è possibile?!" si chiese la fata con il cuore in gola. La testa le fischiava e sentiva che presto le sarebbe venuta un'emicrania. E cosa significava la frase "sono stata scelta per diventare la prossima Creatrice?" «Esiste più di una Creatrice?» domandò Sunshine stupita. Voleva saperne di più. Doveva saperne di più, o non avrebbe avuto pace.

«Ti prego, continua a leggere.» la invitò Kiro, mentre tornava a sedersi sul suo trono in legno. Appoggiò la testa fra le mani e sospirò con fare rassegnato, mentre con le dita si tirava piano i capelli scuri. «Ora saprete la verità.»

E Hestria riprese a parlare.

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«Caro diario, sono passati giorni da quando sono stata scelta per diventare Creatrice, è un grande onore per me e spero di non deludere le Sacerdotesse...»

«Lamya, potresti almeno scrivere in silenzio? Non ho voglia di sentirti ripetere ancora una volta quanto sei migliore di me.»

Lamya alzò gli occhi al cielo e sorrise, avvicinandosi all'amica che era sdraiata nel letto accanto alla sua scrivania. «Non sono migliore di te, Emellys.» rispose, mentre giocherellava con i suoi capelli biondi. Lo faceva sempre quando doveva scegliere bene quali parole dire. «Hanno scelto me solo perché sono la più grande fra noi.»

«E anche la più intelligente.» ribattè Emellys dandole un colpettino sulla fronte. Poi scrollò le spalle e alzò il mento con fare altezzoso. «Ma non te ne faccio una colpa: io sono quella bella, guarda le mie lucenti ali.»

Le arrivò un cuscino un cuscino in pieno viso ed Emellys si ritrovò alcune piume bianche sui capelli argentei, mentre Lamya non riusciva a trattenere le risate ed era piegata su se stessa per i crampi alla pancia. «Finiscila!»

«Pff, come sei noiosa, umana.» la rimproverò scuotendo le ali con finto disappunto.

Lamya borbottò, prima di alzare gli occhi al cielo e strapparle di mano il cuscino. «Lo sai che odio essere chiamata in quel modo.» Poi squadrò la fata con attenzione e si concentrò sulle sue guance arrossate. «Hai ancora la febbre?»

«Credo di sì.» mormorò Emellys gettandosi di nuovo nel morbido letto. Le assi di legno scricchiolarono piano sotto il suo peso. «Vuoi usarmi come scusa per sgattaiolare di nuovo nel bosco alle ricerca delle tue erbe magiche?»

Lamya guardò il sorriso sornione che le stava rivolgendo l'amica e ricambiò con uno sguardo malizioso. «Una noiosa umana non lo farebbe mai...»

«Forse dovrei stare qui a coprire la noiosa umana...» suggerì Emellys e in un istante si ritrovò avvolta dalle braccia di Lamya e i suoi capelli dorati le solletivacano il viso, mentre una scia di una decina di baci le riempivano la fronte. «Grazie Emellys, ti adoro!»

«Sì, ora vai, prima che cambi idea.»

Lamya afferrò il diario che aveva lasciato sulla scrivania e corse fuori dalla stanza, chiudendo con delicatezza la porta alle sue spalle. Il corridoio del Santuario era deserto e le prime luci dell'alba filtravano attraverso le vetrate traslucide, che riflettevano sul muro diversi colori. Sapeva che tutte le altre prescelte a quell'ora del mattino stavano sicuramente dormendo, ma non era certa che nessuna delle Sacerdotesse fosse sveglia. Percorse piano e con la schiena abbassata il corridoio e superò le porte delle stanze in cui dormivano le sue compagne, fino a raggiungere il giardino esterno.

La leggera brezza primaverile la colse alla sprovvista, facendola rabbrividire. Si strinse nelle spalle e sorrise al pensiero che se avesse avuto le ali come Emellys, le avrebbe sentite irrigidirsi dietro la sua schiena. Oltrepassò con cautela il cespuglio di rovi al centro del giardino e si lasciò guidare dal canto degli passerotti per riuscire a trovare l'uscita dal Santuario. La Valle della Luce era il luogo in cui era venerata la Creatrice del Sole e le Sacerdotesse avevano eretto una barriera magica per impedire a coloro che non erano autorizzati di entrare. "Ma c'è chi trova sempre il modo per essere libero... " pensò Lamya osservando alcuni uccellini che volavano senza paura sopra la sua testa. Grazie a loro, aveva scoperto il punto per oltrepassare la barriera: dietro al tronco rugoso di un grosso salice piangente, la barriera tremolava un po' e assumeva il colore bluastro che caratterizzava gli incantesimi delle Sacerdotesse. Il punto esatto per riuscire ad uscire si trovava a circa una decina di metri d'altezza rispetto al suolo, e alle fate era vietato volare all'interno del Santuario. Ma lei non era una fata.

"E nessuno mi ha detto di non arrampicarmi!"

Così fece come faceva di solito quando aveva voglia di evadere dalla clausura del Santuario e si arrampicò di fretta sull'albero; era grata alle Sacerdotesse per averle dato una casa, ed era onorata di essere stata scelta per ereditare i poteri della Creatrice del Sole, ma qualcosa le faceva credere che ci fosse anche altro.

Come poteva vivere in pace fra i freddi corridoi del Santuario, quando il mondo intorno a lei era così magnifico e pieno di colori? L'erba al di fuori della barriera profumava della rugiada del mattino e i petali dei fiori erano spiegazzati a causa della pioggia che aveva scrosciato sulla zona per tutta la notte.

Posò i piedi sul terreno oltre la barriera e chiuse gli occhi per bearsi dell'odore di umidità che ancora impregnava l'ambiente circostante. Nella Valle della Luce non pioveva mai e le piante erano controllate artificialmente dalle Sacerdotesse, per cui, quando aveva scoperto che al di fuori ne esistevano in grandi quantità, aveva cominciato a documentarsi: c'erano piante pruriginose, velenose, anche curative... Aveva trovato il modo per esprimere se stessa, per avere qualcosa di totalmente suo in un ambiente che le imponeva solo la perfezione e rigide etichette. Per quelle poche ore che la separavano dalla consueta cerimonia del mattino, poteva davvero essere libera.

«Se non ricordo male, questa dovrebbe aiutare con il mal di testa.»

Aprì il suo diario su cui aveva annotato alcuni degli appunti che aveva preso durante il corso delle sue uscite clandestine e dal disegno riconobbe che era l'erba curativa giusta. Inspirò l'odore pungente che emanava e la tenne fra le mani per qualche minuto per assicurarsi di non avere alcuna reazione indesiderata. «Ora l'ultimo test.» staccò una foglia e lo portò alla lingua, masticandolo piano per sentirne il sapore. «Sì, è decisamente menta.» sorrise, mentre mandava giù il boccone. Anche questa volta, non avrebbe rischiato di avvelenare Emellys.

All'improvviso, un'ombra attraversò il cielo e calò il buio per un attimo. Lamya guardò stranita verso l'alto e scorse una piuma bianca cadere con profonda lentezza, sul terreno poco distante a lei, ma nessuna traccia della creatura che per qualche istante aveva portato l'oscurità.

Raggiunse la piuma e la raccolse dal terreno, pulendola con i suoi abiti per riportarla allo splendido candore che aveva prima di posarsi sul terreno fangoso. Un lieve fruscio la fece sussultare e più distante, un'altra piuma cadde dal cielo. Nello stesso momento, la creatura apparve di nuovo per un attimo, mostrando le ali nella loro interezza. Dopodichè, scompavero ancora alla vista di Lamya.

"Una... fata?" si chiese con il cuore in gola. "Ma non è possibile, le fate sono prive di piume!" riflettè, passando con delicatezza le dita sopra quella che aveva in mano. L'altra, giaceva immacolata nel sentiero di fronte a lei. Voleva raggiungere quella piuma proibita, ma aveva il timore di fare un solo altro passo. Non si era mai allontanata così tanto dal salice e non poteva permettersi di arrivare tardi alla cerimonia del mattino; ormai il Sole era sorto da un pezzo e il suo tempo era quasi scaduto.

Raccogliere quella piuma significava disobbedire alla volontà delle Sacerdotesse, andare contro la loro autorità e i loro insegnamenti. Inspirò profondamente, mentre stringeva i pugni. Poteva sentire la sua coscienza urlare, dirle di tornare indietro. L'odore della menta che ancora stringeva in mano si diffuse attraverso le narici e portò lo sguardo alla piuma bianca.

Tutto ciò che era, lo doveva alle Sacerdotesse.

«Ma tutto ciò che sarò, sarà deciso in questo momento.»

SPAZIO AUTRICE

EH.

CHI è QUESTA LAMYA? QUALE RAPPORTO HA CON EMELLYS?

PERCHè LA NONNA DI SUNSHINE è SEMPRE INVISCHIATA IN SITUAZIONI AMBIGUE?

Nella parte 2 scopriremo chi è la creatura misteriosa

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