36. Abbine cura

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«Secondo me ci siamo persi.»

«No.» sbuffò, dopo l'ennesima volta che si ritrovava costretta a spiegare che no, non si erano persi.

Lui provò a liberare il mantello da alcuni ramoscelli in cui si era impigliato, senza successo. Tirò con forza e un lembo del suo abito rimase attaccato al legno. «Ah certo.» aggiunse con disappunto. «Quindi sai dove siamo?» incalzò con tutto il sarcasmo possibile. Non era da lui, ma erano giorni che camminavano senza sosta e avevano anche finito le provviste.

«Non so dove siamo.» scansò anche lei dei rami dal suo percorso e strappò parte della sua sopraveste. «Ma so dove siamo diretti.» precisò con un tono che non ammetteva repliche. Non conosceva il sentiero, ma sapeva che era la strada giusta. Lei vedeva la polvere. Piccole scie luminose che la guidavano nel sentiero; poteva vederle persino quando chiudeva gli occhi. Loro. Non sapeva chi fossero, ma sapeva che stavano cercando proprio lei. «Trova la prima strega, liberaci...» e in qualche modo sapeva che alla fine di quel percorso avrebbe trovato qualcuno in grado di aiutarla.

Altrimenti lui sarebbe morto.

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La fata boccheggiò dopo essere stata colpita alla testa e fu sbalzata via da un pezzo di recinzione staccatasi dal suolo. «Mira!» Il vento si fermò all'improvviso e con le gambe che le tremavano Sunshine raggiunse la fata svenuta sul terreno. Era sdraiata in una posizione innaturale e con le ginocchia accartocciate su se stesse. Dalla pelle sbrindellata della tempia usciva a fiotti del sangue cremisi e Sunshine si strappò la manica del vestito per farle una fasciatura d'emergenza. Poi sollevò la testa insanguinata della fata e la avvicinò con timore alla sua.

"Respira..." Leggero e a fatica, ma era comunque un respiro. «Mira, resisti...» sussurrò, tenendola fra le braccia. Sunshine vide Rese correre verso di loro e l'istante dopo sentì la guancia bruciarle, mentre la mano dell'altra fata si arrossava. «Lasciala andare!» le gridò, minacciandola di tirarle un altro schiaffo. «Porti distruzione ovunque tu vada!» Rese indicò il giardino devastato attorno a loro. Alcune fate sanguinavano e altre piangevano sui germogli che erano stati spazzati via dalla forza del vento. La loro speranza, le piante simbolo della loro rinascita, erano stati distrutti in un attimo solo per il suo egoismo. Solo perché era troppo debole per riuscire a controllare i suoi poteri.

«Io-io non volevo.» Ma questa volta, non avrebbe potuto neanche dare la colpa alla sua maledizione. Era consapevole di star perdendo il controllo e non aveva fatto nulla per impedirlo. Aveva desiderato di andare in pezzi e che il mondo facesse la sua stessa fine.

Adesso non restava far altro che subire le conseguenze delle proprie azioni. Ancora una volta, aveva ferito qualcuno a cui voleva bene. Posò con delicatezza il corpo svenuto di Mira sul terreno e la lasciò alle cure di Rese. «Dovevi restare nel regno dei demoni, anche tu sei un mostro.» le disse, mentre la spintonava per chiamare altre fate in suo soccorso.

Sunshine scavalcò alcune assi di legno che erano state staccate dal tetto della serra e si diresse in silenzio verso l'uscita. Una volta fuori, si accorse delle decine di creature magiche accalcate al centro della piazza, impegnate a fare congetture su quello che poteva essere successo. Una volta che videro Sunshine, il brusio incessante si interruppe, lasciando spazio allo sguardo spaventato degli abitanti del villaggio. Accanto all'ingresso della serra, un piccolo vaso scheggiato sembrava essersi salvato dalla furia del vento. Nel germoglio all'interno erano cominciati a spuntare i primi boccioli in fioritura. La fata lo prese tra le braccia e si avvicinò ad una piccola fatina che la osservava incuriosita. «Abbine cura.» le disse, porgendole il vaso. Lei non era in grado di prendersi cura di niente, ma forse qualcuno avrebbe potuto raccogliere le sue speranze e coltivarle. Una mano salda la spinse a terra e il vaso andò in pezzi. Sunshine si ritrovò davanti lo sguardo terrorizzato della madre della bambina, che si era messa davanti a lei come uno scudo. «Non avvicinarti a noi.»

Sunshine si alzò da terra con un sospiro: in pochi secondi, era riuscita a rovinare quello che aveva creato in questi mesi. Il fragile equilibrio che portava la gente ad accettare, o meglio sopportare, la sua presenza nel villaggio, si era spezzato nel momento in cui aveva dato sfogo ai suoi sentimenti. Non c'era luogo in cui sarebbe potuta essere sé stessa senza ferire qualcuno. L'aveva visto con Castiel, era appena accaduto con Mira. La tremenda rabbia che provava e il risentimento per ciò che aveva subito tutti quegli anni... Forse, era quello che aveva portato Ninfea ad allontanarsi da lei.

«Sunshine!»

E, delicati come una carezza, gli occhi della fata si posarono su quelli della sua migliore amica. Il ricordo della sua risata, dei pomeriggi passati insieme a spettegolare sdraiate nel prato dietro casa, il profumo di lillà che emanavano i suoi capelli... Poteva quasi toccarli, quei momenti erano nitidi nella sua mente. Così vicini, come Ninfea che le stava a pochi passi, ma anche così distanti, simili allo sguardo distaccato che le stava rivolgendo. Era in compagnia di un gruppo di altre fate, alcune di quelle l'avevano presa di mira per diversi anni, solo perché era sua amica.

«Ninfea...» la chiamò Sunshine con voce tremante. Se non fosse corsa da lei, sarebbe crollata. O forse era già successo, ma sperava che qualcuno fosse in grado di rimettere insieme i cocci della sua psiche ormai logora. Rese aveva ragione: ovunque andava, non faceva altro che portare distruzione. "Forse, se scomparissi, non farei più soffrire nessuno..."

Sunshine sentì una forte stretta al polso e alzò lo sguardo trovandosi il viso preoccupato di Ninfea di fronte a lei. «Andiamo.» le disse solo. Non c'erano bisogno di parole e non importava dove fossero dirette, l'unica cosa che contava era che fossero di nuovo insieme.

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«Vuoi dirmi cosa sta succedendo?» domandò Ninfea, quando raggiunsero un luogo isolato ai margini del villaggio. Gli animali non si erano ancora abituati alla presenza della fate e alcuni scoiattoli le guardavano curiosi. Sunshine si appoggiò al tronco di un albero, indecisa se rispondere. Si vergognava di quello che era successo, ma erano mesi che non parlava con Ninfea e aveva paura che un suo rifiuto l'allontanasse ancora di più.

«Ho-ho perso il controllo dei miei poteri...» rispose Sunshine con un filo di voce. «Ho distrutto la serra e...» si bloccò e degluti prima di ricominciare a parlare «ho ferito Mira.»

«Perchè?»

Nessun giudizio, solo una semplice domanda: perche?

«Non lo so.» mentì Sunshine, appoggiando stanca la testa sul tronco legnoso. Dopo il suo incantesimo, il cielo era tornato limpido e il Sole picchiava forte sulle loro teste. La fata strizzò gli occhi a causa della luce e portò di nuovo lo sguardo sul viso corrucciato di Ninfea.

«Sunshine.» Quel tono. Quello stesso tono indagatore che riusciva sempre ad estorcerle quando qualcuno la prendeva in giro o le faceva del male. Sunshine si toccò la cicatrice sotto lo zigomo che le aveva provocato Lumio e sorrise al pensiero di come lui era cambiato. Di come era cambiata anche la relazione tra lei e la sua migliore amica, ma al contempo fosse sempre la stessa.

«Perchè?» chiese di nuovo. Era chiaro che questa volta non avrebbe accettato una risposta a metà.

«Credo di essere stanca.» Era stanca di tutto, stanca delle fate, di essere abbandonata... «Sono stanca di non avere un posto in cui essere libera.» rispose infine, anche se non era abbastanza per spiegare tutte le parole che tratteneva dentro.

Ninfea si avvicinò al tronco e si sedette anche lei accanto a Sunshine. La leggera brezza che creavano le ali vibranti della fata le solleticarono il viso per un attimo. «Non credo sia solo questo. Hai sempre avuto problemi con la tua parte di strega, perché proprio ora? C'è qualcosa che non mi stai dicendo?» chiese, con apparente dolcezza. In fondo alle sue parole gentili, si nascondeva una lama affilata pronta a tagliarla. Dai suoi occhi era chiaro cosa stesse pensando e di chi fosse la colpa: il demone.

Sunshine si morse il labbro inferiore, cercando di trattenere ciò che altrimenti avrebbe finito per urlare. Il problema non era più solo il tradimento di Damien, c'era altro che non riusciva più ad accettare.

«Vorrei solo vivere una vita tranquilla...» spostò lo sguardo alle ali verdi della sua migliore amica e al luccichio che emanavano «vorrei essere come te.» L'aveva ammesso, e non c'era più modo per tornare indietro. Tutti quegli anni di invidia, racchiusi in un unica frase orribile da dire alla propria migliore amica.

«Quindi credi che io stia vivendo una vita tranquilla?» Ninfea si alzò di scattò e sputò fuori tutto il risentimento che aveva dentro. «Non sai cos'ho dovuto passare in quella maledetta prigione, il dolore delle cicatrici che mi porto addosso, le urla delle mie compagne di cella, il loro sangue sulla mia pelle...» le lacrime avevano cominciato a sgorgarle copiose e si strinse il petto singhiozzando, come se qualcuno potesse colpirla all'improvviso e lei non fosse in grado di difendersi. «Io non riesco più a dormire Sunshine, nei miei incubi ci sono ancora le viscide mani dei soldati che si appropriano di ogni centimetro del mio corpo.»

«Io non intendevo...» non sapeva cosa rispondere, ma Ninfea non le diede nemmeno l'opportunità di tentare. D'altronde, cos'avrebbe potuto dirle? Da quando si erano riviste, non avevano più parlato e la distanza fra ciò che avevano vissuto non poteva essere colmata a parole.

«La mia dignità è a pezzi, la mia mente è a pezzi e tu, » sottolineò la parola con disprezzo «una delle più potenti fate che conosca, te la godevi con il tuo stupido demone mentre venivo torturata.»

Sunshine strabuzzò gli occhi dalla sorpresa e si irrigidì, fissando il terreno in preda alla vergogna. Il suo viso aveva assunto una sfumatura di rosso intenso e gli occhi lucidi le pizzicavano terribilmente.

«Smettila di autocommiserarti Sunshine, non sei tu quella che è stata abbandonata quel giorno.» la squadrò con tutto il disgusto possibile e quasì ringhiò mentre finiva di parlare. Mentre la fata rimase in silenzio stringendo i pugni, Ninfea si asciugò le lacrime dal viso e riacquisì la solita compostezza. «Io non posso permettermi di crollare, e non sono più abbastanza forte per salvare entrambe.»

Il fruscio degli alberi mossi dal vento riempiva il silenzio fra i loro respiri e lo scricchiolio delle foglie sotto i passi di Ninfea fece volare via alcuni passerotti appollaiati sui rami. Si voltò e, con un tono che sembrava quello di un addio, parlò a Sunshine per l'ultima volta: «D'ora in poi, dovrai salvarti da sola.»

«Cosa sta succedendo?» domandò Lumio, appena arrivato al limitare del bosco dove si trovavano le due fate. Squadrò con sospetto i visi arrossati delle due ragazze e inarcò le sopracciglia con fare preoccupato. «Niente. Me ne sto andando.» rispose Ninfea con voce atona, mentre Sunshine fissava in silenzio la sua schiena. E in un attimo, quelle magnifiche ali che aveva sempre ammirato, scomparvero dalla sua vista, lasciando dietro di loro solo traccia della polvere fatata sul terreno. «Aspet-» Lumio si protese verso la fata nel tentativo di fermarla ma lasciò perdere quando si rese conto delle lacrime sul suo viso.

«Stava piangendo...» constatò Lumio a bocca aperta e con un leggero tremolio nella voce. «Mi vuoi dire cos'è successo?» Si sedette accanto a Sunshine e si limitò a fissarla negli occhi in attesa di una sua risposta.

«No.» la fata corrucciò le sopracciglia. Non aveva le forze per parlarne, oltretutto non con lui. Lumio sbuffò e si levò una ciocca di capelli biondi dal viso. Sunshine sperò che ne se andasse subito ma lui cominciò a tamburellare sulle sue gambe accavallate per qualche minuto.

«Cosa ci fai qui?» chiese infine la fata, alzando gli occhi al cielo, consapevole che se non gli avesse prestato un po' di attenzione lui non se ne sarebbe mai andato. Come risvegliato da una trance lui scattò in piedi e allungò il braccio verso Sunshine per invitarla ad alzarsi.

«Abbiamo trovato due forestieri, nel bosco. Vengono da Jarthis.»

«Nemici?»

«Non lo so...» ammise Lumio, abbassando la voce. La fata gli strinse la mano e approfittò del suo aiuto per alzarsi da terra e con uno scatto l'attirò a sé. I suoi occhi verdi brillavano come una gemma preziosa e parlò al suo orecchio con un sussurro. «Sunshine. Hanno detto il tuo nome.»


SPAZIO AUTRICE

Dai dai, immagino abbiate capito tutti chi sono le due persone nel bosco; vi voglio qui con le vostre risposte xD

Comunque siete più d'accordo con Sunshine o con Ninfea? So che la odiate, però io un po' la capisco ahahah

Ps: vi ricordo che ho aperto la rubrica dei disegni e la maggior parte sono stati spostati lì se volete partecipare💚

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