La famiglia

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Riaprì gli occhi e trovò Lola, il padre e la madre, una donna piccola, rotonda, con tanti capelli neri, legati stretti e tutti loro si trovavano dal lato sinistro del suo letto sopraffatti da una tensione, come se le loro vite stessero per essere segnate e concluse proprio in quel momento.

La dottoressa entrò con fare deciso e si avvicinò al letto. Lui la studiò per avere conferma dei suoi pensieri.

"Allora, vediamo di capire chi sei." La donna lo guardò fissa e in quel momento Aldo ebbe una impressione singolare. "Sei ancora un'altra di loro."

«Esatto.»

"Mi senti?" pensò meravigliato Aldo.

«Certo, anche le mie sorelle. Io sono Decima.» disse come se il suo nome dovesse suggerire qualcosa.

"Dovrebbe dirmi qualcosa?" In quel momento notò i due fili che entravano nella manica di lei e le mani erano sempre nascoste.

«Ah se avessi prestato maggiore attenzione ai tuoi studi classici.» disse lei con un tono di rimprovero. «Il nostro nome ha sempre a che fare con la vita, il destino e la morte. Tutti ci danno un nome quando stanno per incontrarci. Tu ci hai chiamato le creatrici del caffè. Una pianta: nasce, cresce e muore. Carino. Non ci è andata sempre così bene.»

"Voi siete—"

La donna allungò la mano sinistra, a sottolineare l'ovvio, nell'altra aveva i due capi del filo.

«Le moire, le parche e ci hanno chiamate con miliardi di nomi.»

"E quello è–" pensò Aldo guardando il filo e lei lo porse senza scoprire le mani.

«Il filo della vita. La tua.» Nel frattempo i suoi cari restavano in silenzio e lui li guardava. Decima seguì il suo sguardo: gli occhi non si erano mossi, ma lei sapeva che guardava Lola. «Dobbiamo parlare.»

"Di cosa?"

Decima si sedette sul letto.

«Di lei. Lo sai che farebbe tutto per te.»

Lui sorrise mentalmente.

"Lo so."

«E tu cosa vorresti che facesse per te? Intendo... Hai idea della situazione? Un attimo e il bel ragazzo, forte, con la vita davanti è andato.» Fece un gesto con la mano simulando qualcosa che svanisce e un sorriso beffardo. Lui non pensò nulla. «Vuoi scommettere il resto della tua vita su quello che ti è rimasto oggi?» Attese un attimo per poi sussurrare delle parole dolci come del veleno accettato di buongrado. «Vuoi scommettere il resto o parte della sua?» Tirò fuori la mano ossuta e putrefatta con cui reggeva il filo della vita. Lui la guardò con orrore e lei se ne accorse. «Quando abbiamo a che fare con la vita dobbiamo mostrare i nostri millenni.» Tirò fuori l'altra mano candida che divenne marcia tirando il filo. «Non hai il diritto di decidere per gli altri e poi, tutte quelle sofferenze. Dimmi di sì.» La lunga unghia dell'indice destro accarezzò la curva del filo. «Non si meritano tutto questo.» disse suadente. «No. Neanche tu lo meriti. Dimmi di sì.»

Aldo valutò attentamente l'idea di lasciarsi andare.

"Io... Non so."

Lei lasciò il filo e la sua mano sinistra tornò candida e bella.

«Fatti addormentare, sarà facile e indolore.» Passò la mano sinistra sui suoi occhi che si chiusero mentre lui provava un torpore infinito e l'oblio. «Bravo.»

Aldo spalancò gli occhi.

"No!"

Lei ne rimase sorpresa. Si alzò e si mosse sinuosa verso la porta, ma prima di uscire si voltò.

«Sta arrivando il primario. Parlerà ai tuoi di una terapia sperimentale.» Poi fece spallucce. «Accetteranno.»

"Che succederà?"

Lei se ne andò senza rispondere: forse era una donna dispettosa, forse non a tutti è dato conoscere il destino.

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