CAPITOLO 19 Nella vita tutto torna

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Il Capitano pensò fosse meglio formare due unità miste, per ovviare a possibili incomprensioni dovute alla lingua; ciascuna avrebbe curato l'interrogatorio di due famiglie e, secondo l'innato ottimismo di Falchi, la prima fase delle indagini si sarebbe dovuta concludere entro quella stessa sera.

Una Seat Leon con livrea istituzionale Blu Arma, con il tetto bianco, si fermò in Via Cocchella, senza clamore: le sirene erano spente e a quell'ora la maggior parte dei cittadini erano impegnati per il pranzo. Soltanto alcuni, affacciatisi per puro caso dai loro balconi o finestre, si erano trattenuti a curiosare.

La famiglia Volpe abitava all'interno del grande complesso di case indipendenti, situato a ridosso della ferrovia, al confine con il quartiere di Salviano e conosciuto come 'Borgo degli Etruschi'.

I Carabinieri si annunciarono al citofono esterno e l'unità, guidata da De Fortis, s'inoltrò nel piccolo villaggio. Trovare l'abitazione non fu così immediato e la calda cappa di nubi, nel cielo immobile, rese la ricerca ancor meno piacevole. Dopo aver percorso buona parte del borgo, finalmente raggiunsero il portone giusto: al suono del campanello, una donna bionda, di mezza età, si presentò a loro. Il maresciallo esordì con la consueta domanda dal tono ufficiale: <<Buongiorno, è la Signora Volpe? Irene Volpe?>>

<<Sì, sono io.>> disse candidamente ai carabinieri che ebbe di fronte ma, allargando il campo visivo oltre quegli uomini in divisa, notò che erano accompagnati da altre tre persone in abiti civili. Questo le sembrò strano; seriamente preoccupata, affilò lo sguardo e si mise sulla difensiva.

Con un tono più ruvido disse:<<C'è qualche problema?>>

<<Vorremmo farle alcune domande, le dispiace?>> senza un mandato, il maresciallo confidò in una giusta dose di disponibilità da parte della signora, ad aiutare le forze dell'ordine nello svolgimento del proprio dovere.

<<Va bene; ma loro?>> domandò, indicando col mento chi si trovava dietro ai due carabinieri.

<<Ci aiutano nelle indagini.. se ci fa entrare le posso spiegare meglio.>>

Dentro casa la temperatura era notevolmente migliore. I carabinieri riposero il cappello sotto braccio e si sentirono un po' riavere. De Fortis prese un fazzoletto dalla tasca e, mentre presentava la propria unità alla signora Volpe, rapidamente si asciugò la fronte perlata di sudore; iniziò quindi a descrivere, in una sintesi adeguata alla circostanza, il caso dei quattro omicidi - uno su territorio inglese e gli altri su quello italiano -, a cui stavano indagando entrambe le Forze. Per tutto il tempo Irene ascoltò il maresciallo con le braccia conserte, ma non appena sentì nominare la figlia, le lasciò cadere lungo i fianchi e cominciò a sbattere nervosamente le ciglia. Aveva trascorso quattro lunghi mesi a tormentarsi con i più terribili scenari cui Mara sarebbe potuta appartenere, ma quello che il carabiniere le stava preannunciando ora, sembrava di gran lunga superarli tutti.

Quello che il marito le aveva detto poco prima che lei andasse ad aprire la porta si stava rivelando completamente sbagliato e lei si sentì sempre meno a proprio agio. Il signor Volpe credeva che i carabinieri non potessero essere venuti per Mara, perché loro non avevano detto niente a nessuno. Di sicuro stavano dando la caccia a qualche malvivente ed era normale che andassero a chiedere in giro. Tutto qui. Ma quando Luigi, richiamato dalla moglie, sbucò dalla taverna, neppure lui ne era più tanto sicuro. <<Che succede, Irene?>> le domandò dopo aver passato in rassegna tutti e cinque i volti dei presenti.

<<Vostra figlia è in casa?>> chiese il maresciallo, alternando lo sguardo su entrambi.

<<No.>> risposero all'unisono.

<<Dove possiamo trovarla?>> domandò De Fortis con tono autoritario.

La donna incrociò lo sguardo del marito: cosa avrebbero dovuto rispondere? Non vedevano la figlia da mesi, ma a nessuno avevano detto della sua scomparsa. Gli amici sapevano solo che era andata a trovare lo zio a Venezia, e magari si erano pure immaginati che fosse rimasta là, perché non fecero altre domande. Ma adesso, cercare di depistare i Carabinieri verso il cognato, sarebbe stato inutile se non addirittura stupido: sarebbero comunque ritornati da loro. Il signor Volpe rifletté in fretta e valutò che a quel punto non ci sarebbe stato molto da fare.

<<Tanto lo scopriranno.>> disse lui, come se stesse rispondendo alla tacita domanda della moglie <<Pensa, Irene: potrebbe essere questa, la risposta alle tue preghiere?>> lei si limitò a corrugare la fronte e sollevare le spalle, perché un'idea precisa non l'aveva; lui prese allora l'iniziativa e, guardando il maresciallo negli occhi, confessò <<Non abbiamo sue notizie da mesi.>>

<<E perché non avete denunciato la sua scomparsa?>> fu il rimprovero del maresciallo.

<<È complicato.>> disse lei, abbattuta.

<<Sappiamo come funziona>> aggiunse Luigi <<se fuggi sei automaticamente ritenuto colpevole di qualcosa.>>

<<Capisco.>> il maresciallo si mise nei loro panni e provò a creare un legame empatico con loro, soprattutto in previsione della reazione che altre informazioni avrebbero provocato in seguito <<Vi posso assicurare che se collaboraste vi sentireste meno soli, e le cose prenderebbero il percorso giusto.>>

I signori Volpe, logorati dal senso di colpa e d'impotenza, approfittarono di quella mano tesa. Si spostarono in salotto, dove avrebbero potuto parlare più comodamente; i carabinieri poggiarono i copricapo sul tavolino da fumo e ciascuno trovò un posto a sedere.

<<Durante le indagini sul caso di omicidio compiuto sul London Eye,>> De Fortis si addentrò nella vicenda, fornendo alcuni particolari, <<Scotland Yard si è ritrovata sulle tracce di una giovane donna italiana che aveva alle spalle un precedente delitto, commesso due mesi prima a Venezia.>>

<<Noi crediamo che quella donna possa essere vostra figlia.>> disse l'ispettore, attirandosi l'occhiataccia del maresciallo, a cui spettava guidare le indagini.

<<Che cosa?!>> protestò lei, sgranando gli occhi <<Mara non è un'assassina!>>

<<Come potete affermare una cosa del genere?>> si risentì il marito, ferito nell'orgoglio di padre.

<<Mi dispiace, capisco la vostra incredulità, ma abbiamo le prove.>> aggiunse l'ispettore, mostrandogli le foto della collana con il porta ritratto aperto.

De Fortis lo lasciò continuare, pensando che in fin dei conti quel crimine era stato commesso nel suo paese ed era forse giusto che ne parlasse lui.

<<Questo ciondolo è di sua figlia. Vede? Ci siete ritratte entrambe: non può negarlo.>> Crow scrutò il volto di Irene, mentre lui la stava indicando in quella foto <<È stato ritrovato vicino al luogo del delitto; e poche ore prima che sua figlia commettesse l'omicidio è stata vista insieme alla vittima.>>

<<No, non è possibile! Ci sarà un'altra spiegazione.>> si agitò il marito, contrariamente alla moglie che stava pian piano collassando su se stessa <<Lei non ha detto che il ciondolo è stato ritrovato sulla scena, ma in prossimità; questa non è una prova! State bluffando!>> contestò piuttosto animatamente <<Non diremo più niente senza un avvocato!>>

Luigi, che forse aveva più sperato che creduto all'offerta di aiuto dei Carabinieri, si sentì raggirato; si convinse che gli inutili leccapiedi dello Stato si fossero presentati come degli onesti salvatori, unicamente per guadagnarsi la loro fiducia, trovare Mara e, con un lurido pretesto, arrestarla.

<<Se ci aveste informato della sua scomparsa, forse avremmo potuto evitare il secondo omicidio.>> disse il brigadiere, con molta pacatezza <<Nasconderci delle informazioni non è il modo giusto di proteggerla.>>

Apolloni aveva intuito che i Signori Volpe si stavano arroccando in una posizione di netta chiusura, perciò sarebbe stato del tutto inutile continuare una conversazione su quei toni. Se avevano paura di parlare era più che comprensibile: a loro spese, i cittadini avevano perso fiducia negli organi di Giustizia e, ai loro occhi, i Carabinieri non erano altro che funzionari al servizio di uno Stato dall'etica discutibile.

<<Come biasimarli.>> pensò il maresciallo; ma nonostante la diffidenza doveva pur esserci un ragionevole punto d'incontro. <<Siete sicuri di non sapere dove si nasconda Mara?>> riprese De Fortis, con più calma e maggiore tatto <<Posso comprendere il vostro orrore nell'immaginare una figlia nelle vesti di assassina. Sicuramente una parte di lei è ancora come voi l'avete cresciuta, ma dovete assolutamente capire che Mara, suo malgrado, potrebbe uccidere ancora. Volete davvero far aggravare la sua posizione?>> fece una pausa, continuando a fissarli con l'aria sinceramente dispiaciuta, e molto lentamente aggiunse <<Aiutatela a evitare un terzo omicidio. Aiutate noi ad aiutarvi. Anche se vi è difficile crederlo, siamo dalla vostra parte.>>

I volti dei coniugi sembrarono aprirsi a questa possibilità. Come genitori non avrebbero avuto chance nel proteggerla, tanto da se stessa quanto dallo Stato. Questa era la verità.

<<Se rinunciate all'avvocato>> disse l'ispettore <<possiamo accordarci tra noi e non sarete accusati di favoreggiamento, un reato che prevede la detenzione. Pensateci bene.>>

<<Non sappiamo dove sia, lo giuro!>> poco a poco, l'angoscia aveva divorato le ultime energie della donna, e crollò in un pianto disperato.

<<Ok, va tutto bene. Ci parli allora delle cure mediche a cui l'avete sottoposta.>> disse Crow, scavalcando ancora una volta il maresciallo.

<<Ispettore, ora lasci condurre a me l'indagine!>> insistette De Fortis, a denti stretti.

<<D'accordo, va bene.>> rispose lui, ritraendosi sul divano.

<<Sappiamo che Mara aveva problemi.. diciamo "d'identità", nel senso che non si riconosceva appieno nel ruolo di donna-madre. La legge è chiara su questo tema e voi, piuttosto che vederla esiliata, avete scelto per lei la terapia.>>

Prendere una decisione del genere non sarebbe stato facile per nessun genitore e il maresciallo intendeva essergli vicino.<<Avete tutta la mia comprensione. E dovete sapere che non siamo qui unicamente per arrestare Mara per i crimini commessi, ma anche per fare chiarezza nelle responsabilità di altri soggetti.>>

<<Potremo far riscattare tutte le Veneri che sanno di aver subìto un'ingiustizia!>> disse la Bruni.

L'esclamazione di Sarah risuonò come uno squillo di tromba alla parata della liberazione. Irene continuava a piangere, ma ora le lacrime non erano sospinte dalla disperazione bensì dall'inattesa e commovente luce che aveva visto brillare negli occhi della detective. Non seppe spiegarsi il motivo, ma Irene sentì quella sconosciuta molto vicina.

<<Che cosa sapete della terapia? Con quali medici avete parlato?>> domandò il Maresciallo.

La forte commozione stava impedendo alla donna di parlare, perciò Sarah le chiese il permesso di andare nel bagno e, così facendo, riuscì a rompere quel loop emotivo in cui sembrava esser precipitata. Dopo che Irene l'ebbe indicato la strada, distratta da quella richiesta, poté rispondere più facilmente alla domanda.

<<Maresciallo, voi sapete bene che viviamo in un paese in cui nessun tipo di commento è ammesso.>> replicò lei, sommessamente.

<<Certo, signora; siamo qui anche per questo. Se ci fornite degli elementi sufficienti per ottenere un mandato dalla Procura, potrebbe essere l'inizio di una svolta per questo paese.>>

La donna si drizzò sulla poltrona, fece un profondo respiro e cominciò dall'inizio. <<Dopo un processo lampo, previsto in questi casi, abbiamo patteggiato con il Giudice per far restare nostra figlia in Italia; perciò abbiamo firmato il consenso per le cure riabilitative.>>

<<È giusto, Mara all'epoca era minorenne.>> commentò il brigadiere.

<<E sul consenso da voi firmato, cosa c'era scritto esattamente?>> chiese De Fortis.

<<Non ricordo, ma credo di averne una copia. Se aspetta un attimo vado a prenderla.>>

Qualche istante dopo, Irene si ripresentò in salotto insieme alla detective Bruni che, nel frattempo, era uscita dal bagno.

C'erano stati dei momenti in cui O'Connor aveva visto Sarah commuoversi, forse in preda alla sua innata empatia, ma anche innervosirsi, chissà per cosa. Comunque sia, per tutto l'interrogatorio non l'aveva vista a proprio agio; così, mentre gli si stava seduto di nuovo accanto, le lanciò un labiale con cui chiedeva se stesse bene. 'Tutto okay.' fu il labiale di risposta.

Il maresciallo stava dando una rapida scorsa al documento consegnatogli dalla signora Volpe e presto si accorse di quanto fosse capzioso quel testo.

<<Questo lo prendiamo noi come prova, va bene? Ho già notato delle irregolarità. Nel documento sta scritto "Ho letto, mi è stata illustrata in una lingua nota e ho del tutto compreso la Nota Informativa, redatta dalla Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), della terapia a base di Acido Cinnabarinico"; però, quando si va a leggere suddetta nota, sembra essere stata redatta dalla casa farmaceutica.>> De Fortis sollevò lo sguardo dal foglio e, guardando i genitori di Mara, commentò <<Se un documento fa riferimento all'AIFA, c'è l'intenzione di garantire a chi ne farà uso che il farmaco sia sicuro; ma qui l'Agenzia sembra essere stata semplicemente nominata, senza riportarne l'approvazione.>>

<<Uno specchietto per le allodole, insomma.>> commentò Sarah.

<<Solo con questo potremmo far aprire un'inchiesta di verifica sulle autorizzazioni, dico bene maresciallo?>> chiese il brigadiere.

<<È sicuramente un buon inizio per far chiarezza sulle responsabilità.>>

<<Perciò non era vero nulla che la cura fosse sicura?>> la voce spezzata di Irene era a mala pena percepibile.

<<Se l'Agenzia non aveva dato l'autorizzazione, significa che nostra figlia è stata usata come cavia?>> approdando a quella disumana conclusione, Luigi aveva gli occhi fuori dalle orbite.

<<La prego, signor Volpe, non si agiti, stiamo solo parlando di eventualità ancora da accertare.>> il maresciallo tentò di acquietare i suoi pensieri affrettati, ma il suo corpo continuava a fremere di collera.

La moglie invece si era completamente estraniata dalla conversazione: teneva lo sguardo basso, concentrato su qualcosa in particolare ma che quasi sicuramente non apparteneva al presente; forse i suoi occhi stavano rivisitando i diversi luoghi e momenti del passato, alla ricerca di prove di ciò che il maresciallo andava ipotizzando.

<<Vada avanti Signora Irene, la prego, cos'altro può dirci?>> per raggiungere gli occhi di lei, Sarah si era dovuta sporgere molto in avanti dal divano e il torace quasi sfiorava il tavolino da fumo, che la separava dalla donna; in quella scomoda posizione la guardava da sotto in su, continuando a incoraggiarla <<Più elementi troviamo per indagare, meglio potremo capire chi sono i veri responsabili di tutto questo.>>

La Bruni rimase così per qualche istante in attesa di una sua ripresa. Sembrò un tempo infinito, ma poi lei alzò finalmente la testa e con lo sguardo trasognato, disse: <<Non ci permettevano mai di accompagnarla. Con un pulmino simile a quello dello Scuola Bus, passavano a prenderla loro e, dopo un paio d'ore, la riportavano.>>

<<Avete mai riscontrato alcuni degli effetti collaterali riportati sul consenso informato?>> domandò De Fortis e, leggendo direttamente dal documento, ne elencò qualcuno <<Ingrossamento dei linfonodi, dolore agli arti, eruzioni cutanee, mal di testa, paresi temporanea?>>

<<Forse un po' di prurito, ma nel giro di qualche giorno scompariva. A volte aveva mal di testa.. ma quello può capitare a tutti.>> d'un tratto però lo sguardo della donna si acuì, come se la mente stesse mettendo a fuoco qualcosa di incomprensibile.

<<Va tutto bene? Le è forse venuto in mente qualcosa d'insolito?>> domandò la Bruni che, stupita di come non si fossero accorti delle trasformazioni avvenute sul corpo della figlia, provò a indirizzarla.

<<Qualche giorno prima che Mara decidesse di andare a trovare mio fratello>> le confessò Irene <<aveva avuto dei comportamenti un po' strani.>>

<<Per esempio?>> incalzò la detective.

Thomas sentì muovere freneticamente la gamba sinistra di Sarah; per calmarla dovette posarle sopra la mano destra. Condividevano insieme a Crow il divano dei signori Volpe, ma l'ispettore, che sedeva alla destra della poliziotta, non sembrò accorgersi di nulla.

<<Andava nel panico ogni volta che suo padre si procurava delle ferite.>> disse increspando la fronte <<Persino le più minuscole, come quelle causate dal rasoio.>>

<<È vero.>> confermò il marito <<Mi diceva che l'odore del sangue le scombussolava lo stomaco.>>

<<Già.>> Sarah conosceva benissimo il significato di quello scombussolamento psico-fisico e, mettendo ulteriormente in confusione la donna, continuò <<Suo fratello è medico endocrinologo, esatto?>> Irene annuì <<È probabile che avesse voluto cercare delle risposte a ciò che le stava accadendo, prima di allarmarvi.>>

La Signora Volpe serrò le labbra e una voragine le si aprì nella mente. I pensieri cominciarono a rotolar giù come massi, l'uno che trascinava l'altro e ne aumentava via via le dimensioni: Che c'entra ora mio fratello? Perché Mara non si è confidata con me? Che madre sono stata a non accorgermi di niente? Quali altre cose orribili dovrò ancora ascoltare?

<<Mi dispiace molto, Irene, ma riteniamo che la terapia abbia potuto mutare la natura delle Veneri e le abbia spinte, in qualche modo, a uccidere.>> in quel modo Sarah mise fine a quella valanga di domande interiori, ma un profondo senso di colpa ne prese subito il posto.

Irene maledisse quella debolezza di carattere che non le aveva permesso di convincere il marito a lottare, con lei, per i diritti della figlia: ogni volta che lui le ricordava quanto fosse difficile, se non addirittura impossibile, vincere il sistema, lei sapeva solo indietreggiare e rifugiarsi nella preghiera, pensando che soltanto un miracolo avrebbe potuto cambiare le cose, soltanto la fede le avrebbe portato giustizia e pace.

Come se le avesse letto nel pensiero, la detective Bruni la incoraggiò con una frase molto famosa: <<"Nella vita tutto torna: la cattiveria al mittente e l'amore a chi lo ha donato", vedrà, Irene, giustizia sarà fatta.>>

<<Se Mara dovesse farsi viva,>> disse il maresciallo prima di congedarsi <<trattenetela con una scusa qualsiasi e chiamateci immediatamente. D'accordo?>>

La squadra di De Fortis uscì momentaneamente dalla vita di quella famiglia; ma con la promessa reciproca che avrebbero mantenuto sempre una collaborazione sincera.

*

Quando il portiere dell'elegante condominio in via Rosa del Tirreno vide arrivare la 'gazzella' dei Carabinieri, gli andò subito incontro. Falchi era alla guida della Fiat Tipo e al posto del passeggero sedeva il tenente, Alessio Ventura, esperto di psicologia criminale. Falchi aveva ritenuto importante aggiungere un valido profiler anche alla propria unità, al pari dell'altra, guidata dal maresciallo, che poteva avvalersi dell'aiuto della detective Bruni. Sul sedile posteriore sedevano, un po' nello stretto, gli agenti britannici e il procuratore capo.

Falchi, in poche battute, si presentò all'uomo alto e allampanato che si era abbassato all'altezza del finestrino, e gli disse chi stavano cercando. Il portiere li fece entrare dentro il parcheggio condominiale e quando scesero dall'auto gl'indicò la scala dove viveva la famiglia Baroni.

Com'è noto a molti, chi si dedica al lavoro di portierato è spesso un individuo molto cortese, affidabile, attento ai particolari per poter offrire un buon servizio di vigilanza e soprattutto rispettoso di un tacito accordo di riservatezza tra lui e i condomini, in ragione dei fatti personali di cui può venire a conoscenza. Le visite e la posta, ne sono un chiaro esempio. Tuttavia, a qualcuno poteva capitare di lasciarsi andare alla chiacchiera un po' più del dovuto.

Ad eccezione di Colombani, che a causa di un ginocchio malandato optò per l'ascensore, gli altri raggiunsero tranquillamente il secondo piano risalendo le scale. Il portiere si sentì in dovere di accompagnarli e per tutto il tragitto non fece che tediarli con i propri commenti, non richiesti.

<<Povera ragazza, cosa le sarà capitato?>> esordì l'uomo già al primo scalino <<Perché voi siete qui per questo, giusto?>> i passi e il fruscio degli abiti furono l'unica risposta che poté ottenere da loro <<Sapete, prima di sparire, Angela aveva cominciato ad allontanarsi da casa senza spiegazioni, lasciando in ansia i genitori. Poveretti: che disgrazia avere avuto una figlia come quella.. Voglio dire, a ventitré anni avrebbe già dovuto avere una famiglia propria e sfornato dei bei nipotini, e invece niente.>> non sprecò l'occasione per vantarsi delle proprie figlie, invece, entrambe sposate dall'età di vent'anni e felicemente madri di un maschietto ciascuna, prima di ritornare a spettegolare sul conto di Angela <<Ultimamente pareva un gatto randagio. Un gatto nero, per la precisione: coi capelli color pece, gli occhi di giada.. Ah! Perfino le labbra se l'era dipinte di nero! Ma dove può aver trovato un rossetto del genere? Ah, la gioventù di oggi! Comunque, ditemi: l'avete trovata? Come sta?>>

Nessuno gli rispose ma lui, come nulla fosse, continuò a voce alta il flusso dei propri pensieri. In altre circostanze il capitano Falchi avrebbe fatto sentire la propria autorità ma ora, conscio del fatto che l'uomo a breve si sarebbe congedato, sopportò in silenzio il suo logorroico monologo.

Gli agenti Bennett e Taylor non riuscirono a comprendere tutto ciò che l'uomo stava dicendo: alle loro orecchie, quell'italiano stretto non era poi così lontano dal ribollire del sugo in una pentola.

Si liberarono del portiere impiccione solo dopo che la signora Teresa Baroni, che stava ancora parlando con Colombani sulla soglia di casa, gli fece capire che non c'era più bisogno di lui.

<<Grazie Antonio, se ho bisogno la chiamerò.>> lo lasciò fuori della porta e, rivolgendosi ai carabinieri, disse <<È un brav'uomo, Antonio: sempre disponibile; ma alle volte, come avete potuto notare, ti sfinisce dai discorsi.>>

La donna sembrò piuttosto tranquilla e aperta al dialogo, ma il Capitano scelse la linea dura con lei: senza dare spiegazioni, andò subito al sodo chiedendo dove si trovasse la figlia Angela. Non voleva darle il tempo di riflettere o di poter dissimulare le proprie emozioni, mentre lui le avrebbe raccontato cosa stava accadendo.

Al tono imperioso del carabiniere, la donna rispose con voce malferma: <<È uscita.>>

Lo sguardo di Falchi si fece ancora più affilato <<Sappiamo entrambi che è una balla! Sapete bene che al vostro Antonio non sfugge nulla!>>

La donna si sentì sotto processo; la tranquillità di prima era svanita e il cuore stava accelerando i battiti.

<<Antonio potrebbe essersi sbagliato. Ma perché la state cercando?>> farfugliò lei.

<<Lo scorso 8 agosto Angela ha commesso un delitto, e se lei la sta nascondendo rischia dai due ai quattro anni di galera. È cosciente di questo?>>

Visibilmente sconvolta, la signora Baroni si portò una mano alla fronte e cominciò a respirare sonoramente. Non era colpa sua se Angela era scappata, lei stessa avrebbe desiderato sapere dove fosse e se stesse bene. Era stato l'istinto di madre a farla mentire al carabiniere, semplicemente per proteggerla, anche se esattamente da cosa non lo aveva ancora capito.

<<Come on lady, l'accompagno in cucina a prendere un bicchiere d'acqua.>> disse l'agente Bennett, sostenendola per un braccio. Secondo Jodie il Capitano era stato troppo duro con lei, perciò decise di impersonare lo sbirro buono e puntare su una sorta di solidarietà femminile.

Gli uomini, rimasti nell'ingresso, udirono improvvisamente un rumore metallico di chiavi: qualcuno stava probabilmente scegliendo dal mazzo quella che avrebbe permesso di aprire la porta. Tolsero l'arma dalla fondina e si prepararono all'azione. Falchi e Ventura si erano piazzati rispettivamente alla destra e alla sinistra della porta d'ingresso, pronti ad avventarsi sulla ragazza e ammanettarla. Colombani e l'agente Taylor si nascosero nelle immediate vicinanze.

Anche Jodie sentì il rumore dalla cucina. Erano sedute intorno al tavolo: con la mano destra, la poliziotta toccò la donna sull'avambraccio e con l'indice sinistro sulla bocca la invitò a fare silenzio.

La serratura scattò e il battente si aprì.

<<Ci scusi.>> disse il tenente, abbassando la pistola.

L'uomo, colto di sorpresa, mantenne a lungo gli occhi sbarrati cercando di capire cosa stesse succedendo in casa sua. Il primo pensiero fu per la moglie e, spaventato, la chiamò.

<<Sono qui, Gianni!>> gridò lei, correndo ad abbracciarlo.

<<Cazzo! Qualcuno vuole spiegarmi?>> domandò lui, vedendo tutti quegli occhi su di sé.

Falchi si ritenne soddisfatto delle spontanee reazioni dei due coniugi: la prima persona che il marito aveva cercato era la moglie, non la figlia; e la signora Baroni, o era una brava attrice oppure non sapeva niente di Angela, perché, come aveva detto il portiere, la figlia era scomparsa. A quel punto il capitano cambiò il tono di conversazione e si concentrò sul reperimento di altre informazioni utili.

Si spostarono in salotto. Falchi l'invitò a ricordare tutte le persone che erano entrate in contatto con la figlia e tutto ciò che poteva essergli sembrato strano, o di difficile comprensione.

<<La prima persona che ha seguito Angela nel percorso di guarigione è stato il medico di famiglia: il Dr. Parini.>> disse Teresa <<Lui l'ha visitata, le ha fatto fare gli esami del sangue, l'elettrocardiogramma; dopodiché le ha prescritto la terapia.>>

<<Il nome di battesimo del dottore?>>

<<Fulvio.>>

<<Ok.>> e lo annotò sul taccuino <<Avete incontrato e parlato con altri medici?>>

<<No.>>

<<Quali parole usava sua figlia per descrivere la propria permanenza al Santa Chiara?>> il Tenente cercò una via indiretta per comprendere che tipo di relazione si potesse essere instaurata tra i medici e le Veneri: le emozioni provate dalla ragazza sarebbero state di grande aiuto.

<<Ci raccontava di quanto fosse fastidiosa quella sensazione di intorpidimento che sentiva alla testa, per tutto il tempo della terapia. Però era contenta di non sentirsi sola, perché aveva fatto amicizia con le altre Veneri in cura.>> Teresa ebbe un moto di nostalgia e dovette farsi forza per non piangere.

<<Vi hanno spiegato in cosa consisteva la terapia?>> domandò il procuratore <<Voglio dire: vi sembrava appropriata?>>

<<Non abbiamo le competenze mediche per giudicare un farmaco, ma ci è bastato leggere sulla nota del consenso informato che si trattava di un prodotto approvato dall'AIFA. Noi crediamo nelle Istituzioni, ci mancherebbe!>> precisò Teresa, temendo qualche ripercussione da parte del governo.

<<Scusate, perché ci fate tutte queste domande sulla terapia?>> domandò Baroni, perplesso.

<<Purtroppo non esiste un modo indolore per dirlo.>> replicò il procuratore, con lo sguardo contrito e la solita flemma <<Temiamo che vostra figlia sia stata vittima di una sperimentazione, che voi stessi avete autorizzato.>>

<<Che cosa?!>> gridò Teresa, sopraffatta dalla notizia.

<<Lo so.>> furono i monosillabi che sfuggirono a Baroni, senza nemmeno rendersene conto li aveva pronunciati in un unico sospiro.

<<Lo sapevi?>> lo fulminò Teresa e, sobbalzando dal divano, sul quale erano seduti l'uno di fianco all'altra, quasi si voleva discostare dal marito <<E come hai potuto tenermi all'oscuro di una cosa così grave?>>

<<A cosa sarebbe servito, Teresa? Dimmi. Avresti solo sofferto per qualcosa che non avresti saputo impedire.>>

<<Cosa ne sai tu, di quello che avrei potuto fare per il bene di mia figlia. Mia figlia!>> e con l'esclamazione, si batté due volte sul cuore <<Oh no, non riesco a credere che tu possa averla tradita così!>> e colpendo il torace di lui, gli rammentò <<Il sangue del tuo sangue!>>

Teresa continuava a percuotere il marito, ritenendolo responsabile di quella tragedia familiare; alla fine lui si alzò da quel divano color tabacco e si avvicinò ai carabinieri seduti sulle sedie, estratte in precedenza da sotto il tavolo.

<<È facile per te giudicarmi adesso, eh?>> Gianni tentò di spiegarle le ragioni del proprio comportamento <<Invece tu, avresti avuto il coraggio di metterti contro il Giudice? Saremmo stati perseguitati a vita.>> le puntò l'indice contro <<E lo sai bene.>> e allargando le braccia <<Guarda cos'è successo ai Pagliai! Gli hanno chiuso i conti per un mese. Hai visto anche tu com'hanno vissuto con la moneta elettronica bloccata, poveri Cristi!>>

La signora Baroni scoppiò in lacrime e le frasi uscirono un po' balbettate <<Era u' mio dirit' sapere. Ora dovr' convivere co' rimorso di non esser' stat' vicina com'avrei dovut'.>>

L'agente Bennett le porse un fazzoletto di carta.

La coppia sembrò aver esaurito il proprio sfogo e Colombani ritornò sull'argomento <<Lei, Signor Baroni, come ha saputo che si trattava di una sperimentazione?>>

<<È stato il dottor Parini.>> rispose lui, ancora in piedi a fissare la moglie, con il dolore nel cuore ma incapace di riavvicinarsi a lei.

<<Che cosa?>> Teresa ne fu piuttosto sorpresa; si soffiò il naso e ribatté <<A me diceva che mi dovevo fidare della scienza e che presto Angela avrebbe avuto una vita normale.>>

<<Certo, lo ha detto anche a me; però, mentre mi parlava, inarcava le sopracciglia e faceva degli strani gesti con le mani, tentennava la testa, si mordeva le labbra: insomma, a parole esprimeva qualcosa e con il corpo sembrava metterlo in discussione. Immaginando che temesse di parlare apertamente, mi sono insospettito e un giorno ho trovato il coraggio di seguire di nascosto il pulmino, in cerca di risposte. Una volta dentro il complesso del Santa Chiara, li ho pedinati fin dentro l'edificio 5. In quel momento, l'infermiera dell'accettazione stava raggiungendo un uomo davvero molto basso, le arrivava sì e no alla spalla. Indossava il camice bianco e la donna gli si rivolgeva chiamandolo "Dottore". Lo informava che le ragazze della sperimentazione erano appena arrivate. Mi bastò quella frase per capire che ci avevano ingannato.>>

La moglie teneva gli occhi chiusi e, con l'espressione accigliata, scuoteva la testa di continuo. Provò un odio viscerale per quei criminali ma si sentiva in collera anche con il marito e con se stessa. Nel vederla così, Gianni le chiese sinceramente scusa. Lei aprì i suoi grandi e tristi occhi neri, lo guardò e gli rispose con un sospiro profondo.

<<Ha scoperto il nome di quel medico?>>

<<Mario Pulga.>> disse al procuratore, senza abbandonare il contatto visivo con la moglie.

<<Ne è sicuro?>>

<<Sì.>>

I genitori di Angela non ricordarono altro di rilevante e gli investigatori si accommiatarono. Falchi li pregò di chiamarli se la figlia si fosse fatta vedere o sentire.

<<Indagheremo a fondo e troveremo i responsabili di questa frode; allo stesso tempo dobbiamo pensare a proteggere Angela da se stessa: dobbiamo fermarla prima che commetta altri omicidi.>>

Quando uscirono da quella casa, Gregory si avvicinò a Jodie con un commento dei suoi <<Sei stata davvero fortunata a non nascere in Italia, eh? Altro che carriera in polizia, qui avresti potuto fare la mamma chioccia oppure, chissà, avresti potuto ricevere il Nobel come migliore cavia non protagonista!>>

La Bennett lo guardò ridere soddisfatto della propria battuta e, con aria di sufficienza, gli lanciò un laconico <<Sei un cretino!>> e si allontanò da lui di qualche passo.

Scortati dall'ineluttabile portiere, ancora ben carico di discorsi, salirono in macchina e si diressero verso la prossima famiglia.

Secondo Colombani non era andata così male: avevano i nomi di due medici, un'infermiera probabilmente informata sui fatti e un primo testimone che aveva sentito parlare di "sperimentazione".

La 'gazzella' imboccò il Viale Italia e gli agenti britannici ebbero l'occasione di ammirare la splendida passeggiata lungomare, con le architetture storiche della Livorno ottocentesca inserite nel verde delle tamerici, delle palme, dei pini e degli oleandri. La suggestiva scacchiera bianca e nera catturò da subito l'attenzione di Jodie; e l'entusiasmo con cui chiedeva informazioni sulla bella città portuale, incoraggiò il tenente Ventura a improvvisarsi Cicerone per un giorno. Il capitano acconsentì alla richiesta di rallentare l'andatura del veicolo, per regalare ai londinesi un breve assaggio di alcune delle più belle attrazioni di Livorno.

<<Ha ragione, agente Bennett, non possiamo fare a meno di innamorarci della terrazza Mascagni! Questo luogo ha un potere straordinario: in qualunque stagione ti trovi, è capace di offrirti dei panorami spettacolari; e chissà se questo sia dovuto anche alla sua storia.>> ruotò il busto verso gli agenti, per quanto la cintura di sicurezza glielo consentisse, e andò a soddisfare la curiosità che aveva volutamente acceso in loro <<Qui, nel Cinquecento, si ergeva il Forte dei Cavalleggeri: un corpo speciale di militari armati, addetti alla vigilanza costiera. Le minacce che arrivavano dal mare erano molteplici: gli attacchi dei pirati e dei corsari, per esempio, ma anche l'immigrazione di persone indesiderate e di clandestini, che rischiavano di infettare la popolazione con la peste. Il fortilizio venne smantellato nei primi anni del Novecento, e l'ampia spianata fu trasformata in una delle piazze più belle d'Europa.>>

Taylor ebbe il sospetto che il giovane e fascinoso tenente volesse far colpo sulla bella poliziotta straniera, ma in realtà il carabiniere non aveva esagerato affatto. L'eclettica terrazza non finiva mai di emozionare: sotto un cielo terso e le acque tranquille, illuminata da un sorridente sole o da un languido tramonto, e perfino durante le mareggiate. Un posto magico, dunque, per gli incontri romantici, per i pittori in cerca di muse e per gli appassionati di fotografia.

<<Il tempo di oggi, però, potrebbe competere con una delle nostre giornate londinesi! Non è vero Jodie?>> replicò Taylor, quasi infastidito da tutta quell'esaltazione.

Londra era indiscutibilmente una metropoli dalle molteplici proposte economiche e culturali e da sempre una delle più belle città cosmopolite, ma Livorno sapeva ammaliare con la buona cucina e il clima salutare. L'aria salmastra purificava i polmoni, la furia del mare energizzava lo spirito e l'affaccio sull'infinito apriva le menti; ma secondo il tenente erano in pochi ad apprezzare tutto questo.

Avevano già superato gli storici bagni Pancaldi - che nel 1870 si erano guadagnati il titolo di Bagni Regi, poiché frequentati dal principe di Savoia, ma anche da altre figure di spicco nel mondo della politica e della cultura, tra cui Giosuè Carducci, Giovanni Pascoli e Pietro Mascagni – e la chiesa settecentesca di S. Jacopo in Acquaviva, dove si riunivano i pellegrini prima di partire per Santiago dall'antistante porticciolo. Il tenente stava ora indicando l'Accademia Navale - una vero e proprio campus universitario per gli allievi Ufficiali che desideravano intraprendere la carriera militare – e, non appena superarono la barriera Margherita - l'antico confine della cinta doganale di Livorno -, Jodie non poté non notare gli incantevoli villini in stile Liberty, risalenti agli anni trenta del novecento, che sfilavano alla loro sinistra.

Tutti avevano una o due torrette da cui poter godere di una spettacolare vista mare, le facciate erano dipinte coi colori del marzapane ed erano impreziosite da differenti decori in stucco, le finestre potevano essere bifore e trifore e, insieme agli archi policentrici trilobati e polilobati, aggiungevano un piccolo tocco orientale.

<<Oh, My Gosh! Stiamo entrando in una fiaba?>> domandò l'agente Bennett, mentre Falchi stava parcheggiando proprio di fronte al piccolo castello dall'improbabile color verde menta.

La villetta accanto era proprietà della famiglia Romei.

Il videocitofono rispose immediatamente alla curiosità dei Signori Romei che, dopo un breve tentennamento, decisero di accogliere gli improvvisi ospiti. Appena attraversato il portico, la squadra di Falchi si sentì completamente avvolta dalla lussuosa abitazione. Sotto i loro piedi la spettacolare pavimentazione di marmo pregiato, alle pareti i riquadri e le decorazioni in stucco, e al soffitto greche e rosoni dai disegni floreali.

<<Cosa vi porta qui da noi, Maresciallo?>> esordì il signor Romei, guardando Falchi negli occhi.

<<Capitano.>> lo corresse lui immediatamente.

Diego Romei era un noto imprenditore di Livorno; insieme al padre, prematuramente scomparso, aveva investito energie e denaro per rispondere all'insostenibile accumulo di rifiuti ormai dilagante in tutte le città italiane. Quando a Stagno edificarono il primo stabilimento di riciclo, i cittadini ne apprezzarono presto le qualità. Sottraendo dalla spazzatura toscana tonnellate di scarti plastici per produrre polimeri rigenerati, l'azienda "NewLifeRomei" riuscì a soddisfare sia i bisogni economici che ambientali. Verificato nel tempo che il polimero riciclato poteva egregiamente sostituire i materiali vergini, furono costruiti nuovi stabilimenti in diverse regioni italiane; il salto successivo di Romei fu quello di aprirsi anche al mercato europeo.

Un uomo intelligente, dunque, che aveva saputo sfruttare le occasioni giuste per far crescere in fretta la propria attività; amava la natura e aveva la passione per il mare.

La signora Flora, elegantissima anche nella mise da casa, senza un capello fuori posto, le unghie laccate e un sobrio trucco, si fece seguire dagli inquirenti in un ambiente che fosse più consono dell'ingresso.

Il bianco degli arredi, in stile Vecchia Marina, personalizzavano la metà dell'ampio salone in cui erano appena entrati: una libreria a forma di grosso timone tagliato a metà sormontava un bassissimo mobile porta TV, i divani capitonné messi a elle attorniavano un basso tavolino da fumo e un caminetto elettrico a parete separava le due enormi finestre. Alle spalle del divano perpendicolare alla parete esterna, i complementi d'arredo erano invece caratterizzati dal noce: l'elegante tavolo a sei posti, il mobile basso addossato alla parete e il raffinato mappamondo minibar. Molti erano i richiami al mare: i quadri, le luci e i costosi suppellettili.

Differentemente dai genitori di Angela, i signori Romei non sembrarono troppo preoccupati per la scomparsa di Giulia e tantomeno si mostrarono sconvolti alla notizia che la figlia fosse diventata un'assassina: si mantennero sempre molto controllati nelle loro risposte. Forse perché le persone ricche sono più interessate al denaro che alla famiglia o forse perché una posizione economica privilegiata come la loro poteva avergli consentito di intervenire personalmente sul problema. Comunque stessero le cose, entrambi furono molto poco collaborativi: dichiararono di non conoscere i medici a cui avevano affidato la figlia e, quasi con riluttanza, rivelarono il nome del medico di base; sottolinearono invece che la terapia aveva avuto l'autorizzazione dell'AIFA e non v'era dunque alcun motivo di preoccuparsi.

<<Una sperimentazione? La cosa è davvero ridicola!>> gli rise in faccia, Romei, quando il Capitano accennò a tale ipotesi <<E poi, nostra figlia sta bene: vi state sicuramente sbagliando.>> chiosò con arroganza.

<<Giulia starà senz'altro bene come voi dite, ma ci piacerebbe sentircelo dire da lei.>> affermò lentamente il procuratore, per niente convinto dell'innaturale atteggiamento della coppia.

<<Dove si trova Giulia in questo momento?>> sbottò Falchi.

Romei, incurante dello sguardo autoritario del capitano, si alzò dal divano, raggiunse il minibar nell'altra parte del salone e si versò un dito di whisky; subito dopo si riavvicinò a loro ma restò in piedi nello spazio vuoto tra i due divani. Tutto questo mentre Flora, con molta disinvoltura, dichiarava di non vedere Giulia da mesi. Il che strideva un po' con la precedente affermazione di Romei riguardo lo stato di salute della figlia.

L'imprenditore continuò a sorseggiare il distillato Scozzese, annuendo alle parole della moglie e mantenendo lo sguardo perso nel vuoto. Il sospetto che i coniugi stessero nascondendo qualcosa indusse l'agente Bennett a osservare con più attenzione la traiettoria di quello sguardo; e poté così rendersi conto che Diego Romei stava fissando sul top del caminetto un modellino di barca a vela, con una impercettibile espressione di piacere sul volto. A Jodie venne naturale chiedersi se non possedessero anche un'imbarcazione del genere, oltre al lussuoso appartamento.

<<Vostra figlia è diventata una serial killer, e voi non fate che ostacolare la Giustizia. Bene!>> tuonò Falchi, innervosito dal loro comportamento.

<<Noi non siamo da ostacolo, Capitano; semplicemente non sappiamo dove sia.>> ribatté Romei prima di precisare, a muso duro, che prima di accusare Giulia di omicidio, avrebbero dovuto fornirgli delle prove concrete.

<<Ha ragione.>> ne convenne il tenente Ventura <<Dateci qualcosa di Giulia da cui possiamo estrarre il DNA e ci leveremo ogni dubbio! Molto semplice, no?>>

Nel bel mezzo di quel braccio di ferro, l'agente Bennett chiese a Flora di poter vedere la camera di Giulia.

<<Venga, l'accompagno.>> acconsentì lei di buon grado, ma solo per dimostrare che non avevano niente da nascondere.

La poliziotta si allontanò con la donna, lasciando i colleghi all'interrogatorio di Romei. Entrò nella cameretta e in un primo momento si limitò a uno sguardo d'insieme. C'era troppo ordine: era dunque vero che la ragazza non fosse più rientrata a casa? Può darsi, si disse, ma il comportamento dei coniugi non la convinceva affatto. <<Sarah lo avrebbe sicuramente capito meglio di me.>> pensò, sospirando, prima di cominciare a esaminare i soprammobili dentro i riquadri della libreria. Una stella marina, conchiglie dalle svariate forme, tra cui un paio che avevano l'aspetto di essere molto rare, un giglio d'argento e delle foto di lei da bambina; poi, finalmente, qualcosa sembrò rispondere ai propri dubbi.

<<Il panfilo in questa foto è di vostra proprietà o lo avevate affittato?>>

<<È nostro.>>

<<Dov'è ormeggiato?>>

<<Al molo di Antignano.>>

<<Chi è in grado di guidarlo in famiglia?>>

<<Mio marito.>>

<<E Giulia?>>

<<Qualche volta Diego le ha affidato il timone, ma non l'ho mai vista salpare da sola. Se è questo che intende.>>

Jodie assunse un'aria volutamente distratta, per non dare a vedere ciò che ne aveva dedotto. Il panfilo sarebbe potuto essere un valido nascondiglio per la ragazza ed ecco perché i signori Romei non apparivano per niente turbati. Loro sanno che la figlia è al sicuro e forse conoscono bene tutta la storia.

<<Grazie signora Elvira, è tutto a posto.>> disse la poliziotta, sottraendo un piccolo oggetto da sopra la scrivania. La donna non si accorse di nulla e insieme raggiunsero gli altri, che ancora stavano discutendo sulla presunta colpevolezza di Giulia. Romei non era disposto a dargli alcunché prima di aver sentito il proprio avvocato.

*

L'unità guidata dal maresciallo De Fortis aveva imboccato il Viale Marconi. Gran parte delle grandi foglie ormai ingiallite pendevano incerte dai rami dei due filari di tiglio, che correvano lungo tutta la strada, ma molte altre erano già finite a terra, pronte ad appiccicarsi alle suola dei passanti. Sarah sorrise al ricordo di quei giorni in cui le bidelle si arrabbiavano con Nicola, per le sue tracce disseminate in tutto l'istituto; in autunno, infatti, il suo ingresso a scuola assomigliava molto al cammino di pollicino, solo che non erano briciole di pane, le sue.

De Fortis suonò il campanello della palazzina bifamiliare e ad aprire fu proprio Nicola, il fratello di Martina Ferrari. Sarah ebbe un fremito: era bello come lo ricordava, anche se leggermente cambiato. I capelli non gli arrivavano più alle spalle come un principino delle fiabe: adesso erano corti e spettinati. Il volto era più maturo, forse per via della barba incipiente. Del resto quindici anni erano tanti e, di sicuro, anche lei sarebbe apparsa diversa.

Il giovane non se ne accorse subito: c'erano troppe persone alla porta. Solo dopo che i militari e i poliziotti di Londra, uno dopo l'altro, furono entrati in casa, l'attenzione di Nicola si concentrò su di lei e lo stupore fu travolgente.

<<Sarah.>> farfugliò lui, incollato ai suoi occhi.

Quanto gli fosse mancato quell'azzurro mare lo sapeva soltanto lui; come pure quanto avesse sofferto, ogni volta che sentiva dire dalla gente che le Veneri esiliate avevano poche probabilità di sopravvivere.

<<Sì.>> rispose lei con il cuore in tumulto e un grande imbarazzo; usando il linguaggio del corpo lo esortò a non dire niente e, passandogli tanto vicino da sfiorarlo, gli sussurrò <<Non qui, ma ti racconterò tutto, promesso.>>

Quella fredda accoglienza lo lasciò alquanto deluso, sebbene riuscisse un po' a immaginare il motivo per cui lei non volesse rivelarsi.

Tutti i componenti della famiglia furono messi al corrente di cos'era accaduto a Martina e dove si trovava adesso; ne furono profondamente sconvolti. Soprattutto Nicola, che aveva perso prima la ragazza del cuore e ora anche la sorella, raccolse tutta la rabbia che da tempo ristagnava nelle proprie viscere e sferrò un pugno sulla porta di cucina, attigua al soggiorno nel quale si trovavano. Il colpo fu così violento che riuscì a sfondarla e ad aprirsi una brutta ferita sulla mano. Sarah si sarebbe subito precipitata ad abbracciarlo ma non doveva farlo, e ricacciò dentro al cuore quello slancio d'amore: avrebbe dovuto spiegare troppe cose a tante persone e non era pronta.

<<Nicola! Che hai fatto! Per l'amor del cielo, calmati.>> disse la madre, piangendo.

<<No, non posso calmarmi!>> gridò contro di lei, tenendo la mano ferita e dolorante con l'altra; poi, guardando il padre continuò <<Sarebbe giusto che ciascuno di noi pronunciasse il proprio Mea Culpa! Era sotto gli occhi di tutti cosa stava accadendo a questa società e dovevamo fare qualcosa, tutti assieme. E da subito, cazzo!>>

Per il momento, gli investigatori rimasero fuori dalla conversazione, con la speranza che potesse saltar fuori qualche novità. Non sarebbe stata la prima volta che le persone, prese dall'emotività, si ritrovassero a confessare cose senza volerlo.

<<Invece no, ci siamo sempre guardati in cagnesco, per timore che qualcuno cominciasse a dire la verità e si generasse il putiferio. Ma ora, ORA,>> ribadì, con l'indice che fissava un punto nell'aria davanti a sé <<che almeno i Carabinieri hanno intenzione di sostenerci e perfino Scotland Yard si è scomodata da Londra, ripeto, ORA, voglio vedere se le famiglie non scenderanno in piazza a gridare giustizia!>>

Nicola aveva trovato il coraggio di parlare apertamente e forse era anche merito della presenza di Sarah. Se lei era tornata, era giunto il momento di scardinare lo status quo; o almeno questa fu la sua interpretazione. Per Nicola le occasioni non dovevano essere sprecate e quella era sicuramente un'occasione d'oro perché Sarah ne faceva parte.

<<È l'ingenuità della gioventù a farti parlare così, figlio mio, ma devi capire che in certi momenti della vita è più conveniente saper tenere la testa bassa.>>

<<Ah davvero? E dimmi, mamma, cosa c'è di conveniente nell'aver perso una sorella e la ragazza che amavo?>> disse, incrociando per la prima volta lo sguardo commosso di Sarah <<E tu, papà, non dici niente?>>

La collera, attraverso la quale Nicola stava parlando, non lo lasciava fermo un attimo e, nel dimenare le braccia qua e là, diverse gocce di sangue volarono sul pavimento. Inutili i tentativi della madre di portarlo nel bagno per medicarlo.

La vista di quel sangue risuonò tremendamente nelle viscere di Sarah, il terrore le risalì dalla schiena e le si fermò nel cuore, lanciandolo ad un galoppo sfrenato. O'Connor notò il suo irrigidimento improvviso e, preoccupato, da lì in poi non le tolse gli occhi di dosso.

La signora Ferrari prese dei tovaglioli di carta dal cassetto della credenza e li porse a Nicola, la cui mano continuava a gocciolare sul pavimento laminato effetto legno.

<<Avete ragione entrambi.>> si pronunciò il padre, costernato <<Non avendo uno spirito rivoluzionario, gli Italiani non hanno potuto far altro che adattarsi alle imposizioni di uno Stato ingiusto. Tuttavia, come dici tu, se i Carabinieri e Scotland Yard si sono tanto scomodati per noi, allora penso che valga la pena di imparare a lottare come mai abbiamo fatto prima.>>

L'ispettore Crow desiderò confortarli in qualche modo <<Signori Ferrari, è vero che le cose sono nate male, ma da qui in poi prenderanno sicuramente un verso migliore.>> il tono da lui usato risuonò come una sincera promessa.

<<Il passato è passato e non si può cambiare; concentriamoci su ciò che può essere fatto nel presente. Le azioni che facciamo oggi sono quelle che contano.>> si unì, il maresciallo.

<<Prendete esempio da vostra figlia, Martina.>> disse la detective Bruni, che nel frattempo era riuscita a riprendere il controllo del proprio corpo <<Il coraggio che ha avuto nel costituirsi e nel consegnarci i nomi delle altre Veneri ha già avviato un cambiamento nel corso del suo destino. Per lei potrebbe esserci una riduzione della pena, perciò cerchiamo di cogliere anche gli eventi positivi, va bene?>>

<<Credetemi, il passato è solo zavorra emotiva che rischia di rallentarci.>> aggiunse De Fortis <<È della massima urgenza trovare e fermare le Veneri che sono a piede libero perché costituiscono ancora una minaccia, ma riusciremo anche a scoprire e sgretolare il progetto del male.>>

L'impressione che la famiglia Ferrari aveva dato di sé fu buona e, incoraggiati dal loro supporto, si sarebbero dimostrati disponibili anche in futuro. Se fossero sopraggiunte delle novità le avrebbero sicuramente condivise con loro.

La detective Bruni fece in modo di essere l'ultima ad uscire dalla palazzina per poter infilare, di nascosto, nella tasca dei jeans di Nicola un biglietto con il proprio numero di cellulare. Nello spazio di uno sguardo Sarah gli rinnovò la muta promessa che un giorno avrebbero parlato apertamente di ogni cosa, dopodiché si allontanò.

Era stata una giornata molto impegnativa per tutti ma, prima di tornare al Comando dove i colleghi londinesi avrebbero trovato una sistemazione presso gli alloggi degli allievi carabinieri, gentilmente offerto dall'Arma, la detective volle dedicarsi ad una cosa molto importante. Chiese a Thomas se gli andava di accompagnarla e lui accettò.

Via Oberdan Chiesa non era molto lontana da lì; salutarono Crow e i carabinieri, che nel frattempo erano saliti sulla 'gazzella', e proseguirono a piedi.

Il sole era bell'e tramontato e le luci del secondo piano erano accese, segno che a casa c'era qualcuno. Thomas osservò la collega in rispettoso silenzio, immaginando che prima o poi sarebbero giunte delle spiegazioni a quella precedente preghiera di sostenerla in ciò che aveva intenzione di fare.

<<Eccoci qua. Sai Tom, mai e poi mai avrei pensato di poter rivedere i miei cari!>> si girò verso di lui e, per via delle lacrime incipienti, il suo volto appariva sfuocato <<Ho sempre avuto il terrore che lo scoprissi, ma è il momento che tu sappia.>> si tamponò gli occhi con il dorso delle mani e si costrinse ad andare avanti <<Ti presenterò la mia famiglia, e so per certo che, dalla conversazione che si istaurerà, verrai a sapere che anch'io sono una delle Veneri bandite dall'Italia. Pensi di poterlo accettare?>>

In quel preciso istante Sarah si sentì straordinariamente leggera, a prescindere dalla risposta che Thomas le avrebbe dato. E nell'attesa di quel tempo che lui avrebbe impiegato per processare una notizia del genere, lo guardò senza ansia né timore.

<<L'amore che provo>> cominciò a dirle, afferrandole le mani <<non potrà mai bandire niente di te, Sarah. Mi piaci così come sei e sono onorato di poter conoscere la tua famiglia!>>

Una coppia stava uscendo dal condominio e loro ne approfittarono per entrare nell'ampio cortile. Raggiunto il piano, suonarono il campanello.

<<Che mi prenda un colpo!>> esclamò il padre di fronte alla bambina cresciuta <<Non sei il fantasma di Sarah, vero?>>

<<No, papà, sono io in carne e ossa!>>

<<Tesoro! Vieni qua.>>

Si abbracciarono forte, senza aspettare di essere dentro casa. Di lì a poco, Sarah vide arrivare anche la madre che si stava asciugando le mani al grembiule da cucina, per potersi unire a loro. O'Connor assistette alla commovente riunione di famiglia, in disparte; quando finalmente si accorsero di lui, la detective lo presentò come suo partner di lavoro.

La nonna Amelia purtroppo aveva lasciato questo mondo l'anno dopo che l'amata nipote venne esiliata. Quando Sarah chiese di più sulla causa della sua morte, le risposero che probabilmente il cuore non aveva retto al forte dolore o forse, come in molti cominciavano a sospettare, il governo aveva trovato la maniera di far quadrare i conti, con le morti improvvise di molti anziani che erano prossimi ai settanta.

Da nipote, Sarah ne fu profondamente addolorata, ma la mente da poliziotta non poté fare a meno di registrare, quasi come un riflesso condizionato, quel piccolo sospetto di popolo.

Il fratello Massimo, ora trentaduenne, e la sorella Emma, ventotto anni compiuti, erano entrambi sposati. Lui aveva un bambino di due e lei era in attesa di una femmina.

Agata volle conoscere ogni dettaglio della nuova vita della figlia, e i detective furono quasi obbligati a restare per la cena. I racconti di Sarah si erano spinti ben oltre quello che i genitori si erano potuti immaginare. Di fronte alle loro facce allibite, Thomas con una frase, tratta dall'Amleto di Shakespeare, volle sintetizzare il tutto <<Something is rotten in the state of Denmark!>> a cui Sarah gli fece eco con la traduzione <<C'è del marcio in Danimarca!>>.

Ci fu un silenzio carico di pensieri, quasi un omaggio alle vittime del sistema.

La parola ritornò con Agata che, emozionata, disse: <<Sono davvero tanto orgogliosa di te, Sarah. Diventare una poliziotta è stata la scelta migliore che potessi fare. E mi dispiace tanto di non averti capita, protetta e sostenuta nella ricerca di te stessa, e della verità.>>

<<Tranquilla, mamma: i vostri occhi erano accecati dalle luci abbaglianti dei mass media e vi è successo come accade a certi animali che, sotto i fari delle auto, rimangono pietrificati. Non mi sento di biasimare chi si è lasciato ingannare. Anche se mi avete fatto sentire sbagliata, invece di credermi e scegliere di lottare insieme a me per i miei diritti, col tempo ho capito che eravate ipnotizzati; perciò, va tutto bene.>>

<<Grazie, tesoro, per non odiarci e per essere ritornata nella tua terra come paladina di giustizia.>> disse il padre <<Il paese ha bisogno di un aiuto esterno: da solo non ce la potrebbe fare. Come mi avete appena confermato, una metà del paese è corrotto e l'altra metà è terrorizzato. Il paese è dunque immobile!>>

<<Signori, vostra figlia è una persona molto speciale.>> li interruppe Thomas, facendo arrossire Sarah <<Ed io starei anche tutta la notte a conversare con voi, ma si è fatto davvero tardi e domani si prospetta un gran giorno.>>

<<Hai ragione, Tom, ci aspettano giorni frenetici e devo essere concentrata; perciò, mamma, credo di non avere il tempo per incontrare i miei fratelli, e conoscere il mio nipotino.>>

<<Non preoccuparti, te li saluto io. Tu porta avanti la missione.>>

<<Hai detto bene, mamma, sento questa cosa proprio come una missione.>> confermò, alzandosi da tavola.

Sulla porta, dopo un ultimo abbraccio, entrambi le augurarono buona fortuna.

<<Soltanto chi ha il coraggio di osare, potrà avere la fortuna di riuscire. Ed io oserò!>> 

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