Capitolo 12

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Liam era l'emblema della sicurezza, traspariva in ogni suo movimento, anche mentre guidava, era padrone della situazione, aveva una mano sul cambio e un'altra sul volante, era disinvolto, tranquillo, si stava godendo il viaggio in mia compagnia senza fretta di arrivare a destinazione. Il bar distava solo 10 minuti di macchina, ma a quell'ora c'era un po' di traffico; a lui però non sembrava dispiacere, qualunque altra persona avrebbe iniziato a comportarsi da incivile, suonando incessantemente il clacson, io stessa avrei iniziato a bussare a più non posso dando anche il via libera alla mia immaginazione nel creare nuove imprecazione colorite contro ignoti, ma lui no, era concentrato sul paesaggio al di là del parabrezza e ogni tanto sentivo il suo sguardo posarsi su di me, accarezzava la mia figura, ma non proferiva parola, mi osservava qualche secondo e poi distoglieva lo sguardo, io fingevo di non accorgermi per evitare momenti d'imbarazzo.

Ad un certo punto del tragitto il mio cellulare prese vita, cominciò a squillare e non potei ignorare il suono crescente, le note di "What about us" di Pink si diffusero in quello spazio ristretto.

What about us? What about all the times you said you had the answers?

(Che ne sarà di noi?) (E di tutte le volte che avevi detto di avere le risposte?)

What about us? What about all the broken happy ever aster

(Che ne sarà di noi?) (E di tutti quelli che vissero felici e contenti, ora scontenti?)

What about us? What about all the plans that ended in disasters?

(Che ne sarà di noi? (E di tutti i piani andati a rotoli?)

What about love? What about trust? What about us?

(Che sarà dell'amore? Che sarà della fiducia? Che sarà di noi?)

La canzone era stata la colonna sonora di un periodo della mia vita non tanto lontano ma che avevo deciso di lasciarmi alle spalle, è risaputo che quando si sta male, quando la propria anima cade a pezzi, non si sceglie di ascoltare musica che tirerà su il morale, ma si sente il bisogno viscerale di ascoltare quella che ti trascinerà ancora più a fondo, nel buco di tristezza e desolazione che la vita a creato apposta per te. Mi feci l'appunto mentale di cambiarla quanto prima. Pescai il cellulare nella borsa e guardai il display, era Kate, lo silenziai ma continuò a vibrare tra le mie mani insistentemente.

<<Qualche problema?>> domandò Liam facendo segno con il mento verso il mio cellulare.

<<Niente di cui preoccuparsi, un'amica un po' troppo apprensiva.>>

Ovviamente evitai di dirgli che aveva ragione, nell'ultimo periodo avevo fatto preoccupare tutte le persone a me vicine con il mio atteggiamento <<Diciamo che non capisce quando non è possibile rispondere al telefono.>>

<<Se vuoi risponderle non mi offendo, forse è qualcosa di importante.>> era così dolce e comprensivo che mi sentii in colpa per la mia titubanza di prima, Liam era un ragazzo d'oro.

Il telefono cominciò a ronzare nuovamente e dovetti per forza risponderle, o non avrebbe smesso, ormai avevo imparato il suo modus operandi, insisteva finché non otteneva quello che voleva.

<<Scusami tanto, giuro che faccio presto.>> dissi a Liam veramente dispiaciuta, lui assentì con la testa con un bellissimo sorriso sulle labbra.

Eravamo quasi arrivati a destinazione ma avevo a disposizione ancora un paio di minuti per tranquillizzare la mia amica. Accettai la chiamata.

<<Kate!>> la salutai aspettandomi una ramanzina lunga quanto la route 66.

<<Abigail Benson che diavolo di fine hai fatto?>> non mi sbagliavo, lei partì a macchinetta <<non mi hai richiamato>> mi vennero in mente le 4 chiamate perse del giorno prima, quando Liam ci aveva sorprese a parlare di lui, non l'avevo più richiamata e nonostante tutto si era comportata in modo razionale, mi sarei aspettata che da un momento all'altro irrompessero i Navi Seal in casa per controllare le mie condizioni o per riportarmi a Bluffton <<mi hai fatta preoccupare, devi ringraziarmi che non ho detto niente a tua madre... sai una cosa? Non mi piace più che stai a Charleston, mi pento amaramente di aver fomentato quest'idea.>> esagerata!

<<Tutto bene Kate, mi è semplicemente passato di testa, sai con lo studio e il resto...>>

<<Ecco! Proprio di questo ti volevo parlare, del "resto", che stai combinando?>> immaginai lei che mimava le virgolette con le mani, adoravo la sua teatralità, aveva una personalità molto simile alla mia e si era instaurata fin da subito una sintonia soprattutto nel torturare Anima. Quanto mi mancavano quei momenti!

<<Mi senti? No certo che no, sei troppo impegnata.>> si lamentò.

<<Cosa hai detto scusami? Non ti ho sentito.>>

<<Ho notato, cosa stai combinando?>>

<<Niente.>> cavolo, avevo risposto troppo velocemente, era una ammissione di colpa a tutti gli effetti.

<<È quel ragazzo vero?>> ecco il cane da tartufo che aveva fiutato la traccia, era troppo scaltra, avrebbe potuto fare la detective.

<<Chi?>> dissi un po' in imbarazzo, guardando Liam velocemente, si riferiva senza ombra di dubbio a lui. Sperai che lui non la sentissi.

<<Non fare la finta tonta, sai bene di chi sto parlando, quel Liam.>> disse il suo nome quasi urlando, ed io evitai di guardare dalla sua parte, potevo morire dalla vergogna.

<<Kate non è il momento adatto per parlarne, ti prego non insistere.>> Pregai che accogliesse la supplica nella mia voce!

<<Sei con lui vero?>>

<<Ehh, sì.>> dissi sbirciando con la coda dell'occhio in direzione di Liam che sorrise, stava sentendo tutto, che vergogna! Ma perché tutte a me?

<<Fammi parlare con lui!>> pretese risoluta, neanche mia mamma era così fuori di testa, le ero grata per la sua preoccupazione, si era presa cura di me quanto stavo così giù da non riuscire a vedere la luce in fondo al tunnel e si prendeva cura anche dei miei interessi, stava portando avanti l'attività mia e di Ani, ma stavo meglio e stavo provando a ripartire, non era il caso di essere così apprensivi, inoltre era stata proprio lei a dirmi di andare avanti e di dimenticarmi dell'esistenza di suo fratello.

<<Ma neanche per idea.>> avevo l'assoluta certezza che Kate fosse impazzita <<Adesso ti saluto, giuro che più tardi ti chiamo.>>

<<Ciao Katherine!>> la salutò Liam scherzoso. Le aveva dato corda, e adesso chi la fermava più.

<<È inglese. Non mi sbagliavo, quel accento non mi è nuovo>> fece una pausa, sembrava riflettere su qualcosa <<descrivilo Abbie>> disse Kate un po' meno allegra, sembrava agitata.

<<Oh no! Basta così, mi rifiuto di continuare questa assurda conversazione.>>

<<Allora inviami una foto, Abbie non sto scherzando.>> riprovò, ma Non avevo la minima intenzione di fare una cosa del genere, non avrei violato la privacy di Liam per un suo capriccio.

<<Kate ne riparliamo più tardi e ti dirò tutto quello che vuoi sapere, ti farò un resoconto dettagliato della mia vita, giuro che ti chiamerò ti voglio bene, ciao...>>

<<Ora Abbie, descri...>>

Riattaccai interrompendo quello che stava per dire, la sua curiosità avrebbe dovuto attendere un momento più consono, aveva parlato con un tono di voce così alto che Liam aveva sentito tutto lo spettacolo, mi feci forza, misi il telefono nella borsa anche se continuava a vibrare e infine guardai Liam, ero molto in imbarazzo.

<<È apprensiva, giusto un po'.>> provai a giustificare la scena, ma un particolare riaffiorò alla mia mente <<Come facevi a sapere il suo nome?>> l'aveva salutata dicendo "Ciao Katherine".

<<Hai detto che si chiamava Kate.>>

<<Si ma tu l'hai chiamata Katherine.>> replicai stranita.

<<Kate è il diminutivo di Katherine, o almeno credo, ho sbagliato?>> che stupida, un'altra figuraccia da aggiungere al mio curriculum, ma cosa avevo nel cervello? Fieno? Era ovvio come avesse intuito il suo nome.

<<Ah! Vero, scusami tanto, ogni tanto parlo senza pensare.>>

<<Siamo arrivati.>> mi fece notare Liam ed io guardai il locale fuori dal finestrino. Adoravo la semplicità e l'eleganza di quel posto, era in stile francese, un po' vintage con qualcosa dello stile industriale, ferro e mattoncini creavano una struttura suggestiva, quasi romantica sembrava di essere stati catapultati a Parigi, con i suoi café con i tavolini bianchi all'esterno e le enormi vetrate che inondavano di luce l'interno.

Parcheggiò dall'altro lato della strada, scese velocemente dalla macchina, fece il giro e venne dalla mia parte per aiutarmi ad uscire, fu così veloce che non ebbi il tempo di dirgli che non era necessario, così lo lasciai fare, il gesto, per quanto bello e galante mi fece sentire un po'a disagio, sono tutt'oggi gesti così rari che quando capitano tutti guardano la scena come se stesse avvenendo un miracolo, o come se il ragazzo in questione fosse una specie in via d'estinzione.

<<Non devi farlo ogni volta sai?>> gli feci notare.

<<Devo eccome, è educazione aprire le portiere alle signore, cedere loro il passo, spostare loro la sedia per farle accomodare e così via.>>

<<Mi hai appena fatta invecchiare di qualche decennio con quel "signora" e anche atterrare alla corte londinese dell'800.>>

Lui fece una risatina e scosse la testa.

<<Sei incorreggibile, per una volta dovresti provare a essere più docile, goditi le attenzioni che ti offro, perché io godo nel dartele.>>

Stavo quasi per ribattere, ma in fondo aveva ragione, avevo da sempre fantasticato sul principe azzurro e ora che avevo trovato un uomo che gli si avvicinava parecchio mi facevo un sacco di problemi a causa della mia ultima batosta amorosa, mi aveva segnato più di quanto avevo immaginato. Potevo incolpare solo me stessa, mi buttavo a capofitto ogni volta che mi sembrava di essere innamorata, avevo riposto troppe aspettative nella persona sbagliata.

Attraversammo la strada e davanti alla porta del locale Liam mi chiese:

<<Posso?>> domandò <<Non vorrei mai che tu ti sentissi sminuita se ti apro la porta.>> scherzò.

<<Molto divertente, non c'è che dire, sei veramente uno spasso.>> il sarcasmo presente nelle mie parole era più che evidente. Lo oltrepassai e aprii da sola la porta, sentii la sua risata seguirmi mentre entravo nel locale.

Come tutte le volte il trillo fu una specie di allarme e la ragazza al bancone, Lizzi, ricordai il suo nome, mi fece un sorriso caldo e dolce, era felice di vedermi, ma fu questione di secondi, il tempo che Liam impiegò ad entrare nella sua visuale e il suo sorriso si congelò sulle labbra, diventò un'evidente smorfia di disgusto.

<<Come posso esservi utile>> disse con un tono molto formale, ma cosa le prendeva?

<<Ci sediamo al tavolo in fondo.>> disse Liam e in tutta risposta la ragazza mormorò un "tanto per variare", molto polemica, Liam la guardò negli occhi un attimo di troppo, sembrava un avvertimento e poi si incamminò al tavolo.

Io mi avvicinai alla ragazza che il giorno prima era stata così gentile con me.

<<Tutto bene? Sei strana oggi.>> avrei voluto dirle che non era strana, ma scostumata, ma mi trattenni aspettando una spiegazione plausibile al suo comportamento.

<<Ti avevo detto che non era un tipo da frequentare.>> disse a bassa voce mettendo le mani sui fianchi. Quella postura voleva essere minacciosa ma la fece sembrare un piccolo folletto arrabbiato, mi veniva quasi da ridere.

<<È solo un pranzo.>> mi giustificai, doveva ringraziare di essermi simpatica.

<<Sì, un pranzo con uno che non dovrebbe starti vicino.>> stava esagerando, accettavo i consigli ma non le imposizioni, chi si arrogava il diritto di decidere per me non poteva fare parte della mia vita.

<<Adesso vado.>> dissi indispettita e velocemente raggiunsi Liam, mi pentii della mia scelta di venire in questo locale, lui aveva maledettamente ragione, lei c'è l'aveva con lui, e non sapevo il perché. Diceva che non era un ragazzo da frequentare, ma in che senso? Non era da frequentare perché era un criminale? Un mafioso? Un serial killer? Un donnaiolo? O forse piaceva a lei? Nessuna ipotesi poteva essere scartata, decisi che l'indomani avrei riparlato con lei per fare chiarezza sulla questione.

Ci accomodammo al tavolo, uno di fronte all'altro proprio come la prima volta.

<<Mi dispiace.>> dissi sinceramente dispiaciuta dal comportamento di Lizzi, era stata una mia idea andare lì e lui per compiacermi si era prestato come carne da macello.

<<Ci ho fatto l'abitudine.>> sminuì lui con una alzata di spalle.

<<Ma non ti disturba?>> ero veramente curiosa, lui era sempre così calmo, altro che fonte della gioventù eterna, Liam aveva trovato quella della calma e della pazienza.

<<Non più di tanto.>> disse alzando le spalle ma il suo sguardo contraddiceva le sue parole, i suoi occhi rivelavano il suo vero stato d'animo, stava guardando alle mie spalle in cagnesco dove sapevo esserci la piccola Trilli.

<<Ma perché continui a venire se sai di non piacerle?>>

<<A volte mi diverte vederla così concentrata nell'odiarmi, ammiro la sua determinazione è molto agguerrita.>> scherzò, ed io sorrisi alla sua assurda considerazione.

Il mio telefono emise un'altra serie di vibrazioni, ma feci finta di niente, era di certo Kate con la sua curiosità.

<<Vogliamo ordinare?>> chiese Liam mentre mi passava il menù. Lo presi e cominciai a leggerlo anche se sapevo già cosa prendere, un'insalata, non potevo permettermi di ingrassare, sapevo di essere magra ma era tutto frutto di sacrificio.

Lizzi comparve al mio fianco, ed io sussultai, non l'avevo sentita arrivare, la pregai con lo sguardo di comportarsi bene, ma la mia supplica mentale incontrò una barriera più massiccia della Muraglia cinese.

<<Vuoi ordinare?>> disse rivolta solo a me, dando volutamente le spalle a Liam, ma quanti anni aveva? Sembrava di essere piombata in un asilo nido.

Guardai Liam di sottecchi sondando la sua reazione all'ennesima provocazione ma lui non la stava considerando, guardava me.

<<Mangio quello che mangi tu, mi fido dei tuoi gusti.>> disse.

Sorrisi come una deficiente, come avrei potuto non farlo davanti a tanta galanteria.

Il verso esasperato di Lizzi mi fece scuotere la testa.

<<Due insalate greche, grazie.>>

<<Divertente, voglio vedere quanto ti piacerà la verdura.>> fece questo commento ridendo e guardando Liam, forse lo conosceva da tempo e sapeva che a lui le verdure non piacevano.

<<Per te va bene?>> domandai incerta.

<<Hai fatto la scelta giusta.>>

Non ne ero tanto convinta.

Fortunatamente il folletto dispettoso se ne andò lasciandoci soli.

Una suoneria attirò la mia attenzione, era il cellulare di Liam appoggiato al tavolo, lui guardò e girò il telefono, strano! Forse non voleva che io vedessi chi era. Dopo qualche secondo ricominciò a squillare.

<<Ora sembra essere il mio turno.>> disse Liam.

<<Rispondi se devi.>> gli restituì la cortesia di prima, lui era stato paziente con Kate e la sua invadenza.

Prese il cellulare e alzò un sopracciglio, sembrava sorpreso, questo suo gesto attirò la mia attenzione, e il mio sguardo fu calamitato verso lo schermo del cellulare, sapevo che non era educato, anzi odiavo chi faceva queste cose. Lessi "numero sconosciuto".

<<Forse è il caso che io risponda, scusami tanto, proverò a fare il prima possibile.>> azionò la chiamata <<Chi non muore si risente!>> disse con tono sarcastico ancor prima che la persona dall'altro capo della linea potesse parlare, a quanto pareva Liam sapeva chi era il suo interlocutore, lo trovai molto strano, forse questa persona era solita farlo <<Oh no! Non ti giustificare, perdi di fascino mia cara, le giustificazioni lasciale a persone senza alcuna grazia.>> alzò lo sguardo e lo incatenò al mio mentre ascoltava, sorrise inclinando il viso di lato e catturò il labbro inferiore tra i denti, ma quanto diamine era sexy? <<Ci sto lavorando e sì, sono in compagnia.>>

Non riuscii a capire cosa diceva la persona all'altro capo, ma ero certa Liam stesse parlando di me. Ad un certo punto lui cambiò espressione, sembrava un'altra persona, i tratti del suo viso s'indurirono, sembrava arrabbiato.

<<Scusami cara devo assentarmi un attimo, la questione sembra essere più incresciosa di quanto avrei mai immaginato.>> disse questa frase con grande distacco, nemmeno la voce sembrava la sua, e che dire del modo di esprimersi? Così antiquato, sembrava più adulto e freddo, qualunque cosa avesse ascoltato aveva avuto su di lui un effetto negativo.

Si alzò tenendo il cellulare ancora vicino all'orecchio e s'incammino fuori dal locale, lo seguii con la vista fin quando non scomparve dietro i battenti. Per ingannare un po' il tempo senza di lui, presi il mio cellulare per controllare il grado di follia della mia amica, quante chiamate perse era stata in grado di fare Kate in 10 minuti? 8 chiamate e un messaggio, lo aprii e lessi:

"Se non mi richiami urgentemente le conseguenze saranno gravi, giuro Abbie che non scherzo!"

Il suo messaggio conteneva una minaccia poco velata, ma anche preoccupazione, che a mio avviso trovavo esagerata, stavo meglio, avevo solo dimenticato di chiamare e di rispondere alle sue chiamate, quanto poteva essere grave? E poi ero in una delle città più sicure d'America, il massimo della criminalità in quel posto era passare con il rosso, ero più che al sicuro, Charleston era come una di quelle palle di vetro souvenir in cui il paesaggio è perfetto.

Stavo per avviare la chiamata al numero di Kate, ma successe qualcosa a cui non ero preparata, probabilmente non sarei stata pronta nemmeno con cento anni di preavviso, il telefono riprese a vibrare, ma il nome sullo schermo non era quello di Kate. 

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