Capitolo 3

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Continuò a blaterare per un buon quarto d'ora sui vantaggi di questo corso, del fantastico percorso accademico che avrei potuto fare con le mie potenzialità e il mio talento, ovviamente erano parole sue, io non ero per niente convinta che qualche storia scritta alla rinfusa sulle pagine dei miei quaderni di scuola, mentre ero annoiata a lezione di storia, contassero come talento. La vedevo vagare per la cucina mentre continuava a sognare e non ce la feci più a rimanere seduta, l'aspettativa era tangibile, vedeva quest'occasione come una rinascita, la mia. Mi alzai e mentre uscivo a passo svelto dalla cucina le dissi:

<<Ci vediamo dopo.>> varcai la soglia di casa, e mi chiusi la porta alle spalle e addossandomi ad essa.

Ero estenuata dalla conversazione che per certi versi era stata assurda, mia madre era un uragano in senso buono ma anche in negativo, era sfiancante averci a che fare. Sapevo che quello che stava facendo era solo per il mio bene, ma non gradivo questa intromissione, ero sempre stata molto indipendente, mi piaceva pensare che solo io potevo decidere quale direzione doveva prendere la mia vita e anche quale non doveva assolutamente prendere.

Mi serviva aria, ma una volta fuori la sensazione non migliorò, non sapevo dove andare, a un tratto una città che mi era sembrata a dimensione d'uomo mi parve enorme e allo stesso tempo vuota, mi sentivo spaesata, tutto era cambiato, se pensavo al negozio i miei piedi non volevano saperne di muoversi, il parco di fronte mi ricordava Tom e i bellissimi momenti passati insieme a chiacchierare, scherzare, flirtare, mi mancava anche lui, definitivamente non ero pronta a ricominciare. David aveva ormai voltato pagina e quindi non me la sentivo di trascinarlo con me nelle mie tristezze e nelle mie paranoie. La solitudine era uno stato in cui non mi ci ero mai trovata, era una malattia che ora sentivo farsi spazio nel mio corpo e non sapevo come farla andare via.

Presi la macchina, una vecchia Fiat che di sicuro aveva visto tempi migliorie e partii per una meta sconosciuta, inseguendo quel po' di serenità di cui avevo assolutamente bisogno. Non volevo pensare a niente, volevo guidare e basta, accesi la radio e alzai il volume, adoravo la canzone che stavano trasmettendo, "Everybody knows"di Sigrid:

Everybody knows that the dice are loaded (tutti sanno che i dadi sono tratti)

Everybody rolls with their fingers crossed (tutti li tirano con le loro dita incrociate)

Everybody knows the war is over (tutti sanno che la guerra è finita)

Everybody knows the good guys lost (tutti sanno che i bravi ragazzi hanno perso)

Everybody knows the fight was fixed (tutti sanno che la lotta era decisa)

The poor stay poor, the rich get rich (i poveri restano poveri e i ricchi si arricchiscono)

That's how it goes (ecco come va)

Everybody knows. (tutti sanno.)

Presi la 8th Ave. per poi immettermi nella Red Cedar St, un susseguirsi di strade conosciute, transitate mille volte, finché il paesaggio lasciò il posto all'ignoto e quando mi sembrò di essere abbastanza lontano da riuscire a respirare, accostai in uno spiazzale e scesi dalla macchina, attorno a me c'erano solo alberi. Camminai e poco più avanti vidi un parco, ero certa che non ci venisse nessuno da anni per lo stato di degrado in cui versava, era stato abbandonato alla sua sorte e ovviamente la natura aveva preso il sopravvento. Mi sedetti su una delle vecchie panchine, alzai le gambe e mi abbracciai le ginocchia, era diventato tutto così difficile!

Tirai fuori il cellulare dalla tasca e mi permisi un'ultima debolezza, composi il suo numero, due squilli e partì la segreteria, era lo stesso ogni volta, dovevo rassegnarmi, neanche lui sarebbe tornato, Tom era stato molto chiaro su questo non potevo lamentarmi, non aveva lasciato neanche la minima speranza in piedi.

<<Mi dispiace Abigail>> era la prima volta che mi chiamava con il mio nome per intero e non era un buon segno, adorava usare nomignoli stupidi ma che detti da lui avevano un suono dolce e assumevano un significato bellissimo <<so che per te sarà dura e che non passerai un bel periodo, non vorrei altro che starti accanto ma non posso, devi credermi.>> anche lui, se ne stava andando, non potevo fare altro che domandarmi perché nell'ultimo periodo le persone che amavo non facevano altro abbandonarmi, mi sembrava ormai di essere caduta in un loop temporale dove il mio inferno personale si ripeteva all'infinito. Non dissi niente, cosa avrei potuto mai fare per farlo rimanere, implorarlo? No! Ormai avevo imparato che quando una decisione era stata presa devi solo accettarla e imparare a conviverci <<Devo andare, devo farlo per Will, per Ani, per te, questa bestia è ancora a piedi libero, non posso lasciare che continui la sua vita indisturbato.>>

<<Tornerai?>> domandai con un filo di voce, speranzosa.

<<Quando starti accanto non sarà pericoloso per te, quindi forse non lo farò.>> disse questo baciandomi il capo <<Ti ho voluto Abigail, ma è ora di andare avanti.>>

"Andare avanti" erano state le parole di Tom, com'era possibile che tutti ci riuscivano tranne me? Com'era possibile che solo io continuavo a rinvangare il passato senza mai trovare un solo appiglio che mi portasse verso un futuro?

Il mio telefono squillò e per un secondo serbai la speranza che potesse essere lui ma durò un attimo finché non lessi il nome che lampeggiava sullo schermo, "Kate", almeno era lo stesso DNA.

<<Abbie tutto bene?>> domandò agitata non appena accettai la chiamata, era successo qualcosa che non sapevo?

<<Sì, come mai sei così agitata?>> domandai stranita e sentii dall'altra parte del telefono il suo respiro di sollievo.

<<Ci hai fatto preoccupare, sono passata da tua madre ma non sapeva dov'eri, ha detto che eri agitata e che eri uscita di casa senza dirle dove andavi, in macchina per giunta, come se avessi il diavolo alle calcagna.>> mi sentii male per loro, avevo appena intuito cosa le tormentava, mi vedevano così disperata da essere preoccupati che potessi perdere la lucidità o farmi del male.

<<Kate sto bene, sono solo un po' giù, ma passerà ho solo bisogno di cambiare aria e forse anche città.>> considerai a voce alta, forse era la scelta più saggia.

<<Oh mio Dio! Ci andrai?>> era euforica.

<<Credo che non ci siano altre soluzioni, quando la città che ti ha vista crescere comincia a soffocarti.>>

<<Non te ne pentirai>> ultime parole famose <<tua madre sarà felicissima, e non ti dovrai preoccupare del negozio, sono perfettamente in grado...>>

<<Lo so>> l'interruppi <<e ti sono grata di quello che fai.>> si era presa l'impegno di tenere in vita l'attività al posto mio, non avrei potuto ringraziarla mai abbastanza. C'era qualcosa che da qualche giorno volevo domandarle <<Kate, lui come sta?>> mi riferivo a Will.

<<Come te Abbie, Tom prova a tenerlo occupato, stanno seguendo le tracce di quell'animale.>> quel Modriam ormai era diventato per ogni persona che ne parlava, la bestia, l'animale, erano gli appellativi giusti per chi come lui seminava il terrore.

<<Tom ha detto qualcosa?>> domandai di getto, ma non appena le parole lasciarono le mie labbra desiderai di potermele rimangiare, non era mia intenzione metterla in una posizione scomoda, era sua sorella e anche mia amica e non volevo si sentisse tra l'incudine e il martello.

<<Abbie lui non scherzava quando ha detto di volerti bene, di questo non devi dubitare, era molto coinvolto ma...>> ecco il "ma" in arrivo! <<ma non scherzava nemmeno quando ha detto che non poteva tornare, ora non ti devi preoccupare per lui, vedrai che a Charleston faranno la fila per te, lì è pieno di bei ragazzi.>> apprezzai il tentativo di risollevarmi il morale ma non era riuscito un granché <<Anch'io verrei volentieri, ho un bisogno disperato di conoscere qualcuno, quel maledetto cane...>> di chi stava parlando? Mi ero persa qualcosa?

<<Chi sarebbe il cane?>> mi alzai dalla panchina e tornai alla macchina, provando a farmi un po' gli affari suoi, mi faceva sentire come se non fosse l'unica ad avere problemi.

<<Oh, nessuno, un giorno te ne parlerò quando non avrò più voglia di ucciderlo strappandogli le zanne o il cuore.>> aveva appena parlato di zanne, giusto per rimarcare quanto fosse un cane, era una vera forza della natura quando si arrabbiava, e una parte di me la credeva capace di fare quello che diceva.

<<Ma non avevi detto che non era nessuno?>>

Consiglio per gli uomini, quando una donna dice "non è nessuno" è sempre qualcuno d'importante.

<<Spiritosona!>>

Purtroppo la mia macchina non voleva saperne di partire.

<<Kate.>> interruppi il monologo che aveva intrapreso sull'inutilità del genere maschile del quale non avevo sentito nemmeno una parola.

<<Lo so parlo troppo.>> provò a continuare.

<<Kate mi devi aiutare.>>

<<Cosa è successo?>> un'altra volta quel tono allarmato.

<<Ho la macchina in panne, non è che potresti venirmi a prendere?>> domandai speranzosa.

<<Dimmi dove sei e arrivo in un attimo.>> oh oh! Avevo guidato per una buona mezz'ora, non sapevo in quale zona della città mi trovavo, ma ero certa di non esserci mai stata.

<<Sono dalle parti di May River Rd, un po' lontano dal centro abitato.>> non avrei saputo darle più indicazioni di questa, vedevo solo alberi e purtroppo a Bluffton c'è n'erano dappertutto.

<<Non sai con precisione l'indirizzo?>> era scioccata <<Eri con la testa da un'altra parte vero? Sei un'incosciente, facevo bene a preoccuparmi, non ti muovere, rimani dentro la macchina, io arrivo subito.>> riattaccò dopo avermi sgridata con ragione, mi diede anche una serie di indicazioni che non capii a pieno, ad esempio non capivo perché dovevo rimanere dentro la macchina, non c'erano mica animali selvatici in questa zona? O sì?

Ma come avrebbe fatto a trovarmi se non sapeva dov'ero? Mi venne un'illuminazione, avrebbe di sicuro usato qualche diavoleria alla 007 di quelle che i suoi fratelli usavano per rintracciare le persone, avevano una agenzia di sicurezza con una sala informatica degna del centro comandi del Pentagono.

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