Capitolo 2

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Il fresco della sera e l'intenso odore di fiori mi svegliò dal sonno, non sapevo in quale momento mi ero addormentata, ricordavo solo la lettera, le parole della mia amica che mi avevano fatto piangere fino a crollare per lo sfinimento. Mi alzai sulle braccia e mi misi a sedere, mi guardai attorno un po' spaesata, non ero dove dovevo essere o dove mi aspettavo di essere, e non avevo idea di come ci ero arrivata in questo luogo che non aveva nulla di familiare, ero certa di non esserci mai stata. Ero in un prato con l'erba non troppo alta, di un verde quasi surreale, da esso spiccavano più fiori di quelli che c'erano in tutti i fiorai di Bluffton, sembravano margherite, non me ne intendevo molto di piante ma erano piccole e di diversi colori, ed erano anch'essi luminescenti, avevano un profumo buonissimo che avevo già sentito prima. Dov'ero? Ma soprattutto perché non mi sentivo agitata come avrei dovuto essere in una situazione del genere? Forse la bellezza di questo posto influiva sul mio giudizio. Mi alzai in piedi ripulendo con le mani il vestito, indossavo una camicia da notte color verde pastello, il mio colore preferito, che sapevo non mi apparteneva, era magnifica. Il cielo era anch'esso stupendo, così bello lo avevo visto solo in "How the universe works", sembrava visto da un telescopio, c'erano così tante stelle e non c'erano luci artificiali a oscurare il loro splendore.

Non c'era nessuna casa, palazzo, strada o parco, c'era solo questa distesa d'erba che collideva con un bosco che intravedevo in lontananza. Ero attratta da quegli alberi come gli uomini dai canti delle sirene, era là che dovevo andare, mi avviai a passo tranquillo, era così bello passeggiare a piedi nudi sull'erba bagnata dalla rugiada che non avevo fretta di arrivare a destinazione.

Mi addentrai nel bosco e dopo qualche minuto arrivai ai margini di una radura, sembrava più un giardino per quanto era perfetta, illuminato da lampade che avevano un aria molto antica, e le lucciole che svolazzavano rendevano il paesaggio magico.

I miei occhi furono calamitati da una figura femminile che sedeva poco lontano su una panchina. Mi avvicinai e scorsi i capelli, i suoi capelli, così familiari, lunghi e di quel bel colore caramello. Non poteva essere lei, lei era... se n'era andata.

Girò la testa di lato per guardarmi da sopra la spalla, mi sorrise, vista così, in quest'ambiente, sembrava una dea, era ancora più bella di quanto ricordassi e molto più di quanto lei stessa era consapevole.

<<Ti sei presa il tuo tempo vedo!>> disse con la sua voce melodiosa intrisa di divertimento.

<<Ani!>> risposi io, la mia voce era rotta dalla commozione <<Com'è possibile?>>

<<Qui tutto è possibile, ti piace questo luogo?>> io annuii, riuscivo a fare solo quello, avevo perso l'uso della parola <<Ti avevo detto che ci saremmo riviste...>>

<<In sogno.>> completai la frase per lei, quella che mi aveva scritto nella lettera.

<<Vieni, siediti qui.>> batté il palmo della mano sulla panchina in pietra dov'era seduta, io presi posto con circospezione, ora sapevo che era un sogno, ma avevo paura che svanisse da un momento all'altro.

<<E dai cambia quella faccia! E ti prego per piacere parla, mi stai spaventando, se avessi saputo che bastava questo per farti tacere, sarei morta prima.>> la spinsi giocosamente, era una pessima battuta.

<<Non ti permettere più di dire cose del genere, scema.>> l'abbracciai di slancio e lei mi strinse a sé, sembrava così vero! <<Non non dovevi morire, dovevi essere con me a progettare un futuro, no, non è giusto.>> sentivo il calore delle sue braccia che mi circondavano e il suo profumo di fiori, aveva lo stesso odore del bellissimo campo di fiori che ci circondava, ecco dove lo avevo già sentito.

Si staccò da me e guardò dritto davanti a sé, poggiandosi all'indietro sulla panchina con le braccia.

<<Sai cosa sto per chiederti vero?>> disse, io non risposi, la imitai e mi misi a guardare il paesaggio che avevo davanti, stavo provano a dilatare il momento.

C'era una sorgente d'acqua naturale, un lago addossato ad una parete rocciosa dalla quale scendeva una cascata, il rumore dell'acqua che cadeva era rilassante, e giusto nel c'entro del cerchio facevano bella mostra di sé alcune statue di ninfe dalla bellezza innaturale, supposi che fossero ninfe dell'acqua, reggevano delle anfore dalle quali sgorgava l'acqua.

<<Questo posto esiste davvero o è frutto della mia fantasia?>> domandai curiosa di sapere l'origine di un luogo così suggestivo.

<<Esiste ma ormai non ha più questo aspetto, conto che un giorno ritornerà a splendere.>> non ci capivo niente, Ani non mi aveva mai parlato di questa radura <<Pensavo ti sarebbe piaciuto, così come il vestito!>> sorrise mentre pronunciava questa frase <<Ti sta bene, è dello stesso colore dei tuoi occhi.>>

<<Non ti vantare, tanto il sogno è mio.>> e le feci la linguaccia, a dimostrazione di quanto fosse matura.

<<Se lo dici tu...>> disse enigmatica e poi il suo volto tornò serio <<Abbie, so che immagini cosa sto per dirti e ti prego di ascoltarmi, ma soprattutto ti prego di soddisfare la mia richiesta. Sai che questa separazione non è quello che avrei voluto e non posso fare niente per tornare indietro, ma non potrò mai riposare in pace sapendo che i miei errori ti trascineranno a fondo con me.>> una lacrima scappò ai suoi occhi e scese lungo il suo viso, mi si spezzò un altro po' il cuore nel vedere la sua tristezza <<Promettimi che continuerai... che vivrai>> mi prese le mani tra le sue e mi guardò dritto negli occhi <<la tua vita non è finita con me.>>

<<Non so come farlo, ho perso la bussola.>> era la pura e semplice verità, volevo farlo ma non sapevo come.

<<Me lo devi, e lo farai, sai quante chiacchiere ho dovuto sorbirmi negli anni, e quante assurdità ho dovuto vivere al tua fianco?>> disse lei tra le lacrime, si asciugò il viso e continuò <<Devi promettermi che domani riprenderai in mano la tua vita, chiama Kate, vai in libreria, fai qualcosa di diverso.>> mi accarezzò il viso e prese un grosso respiro riprendendo il controllo delle sue emozioni.

<<Ci penserò!>> cos'altro potevo dirle?

<<Temo che un "ci proverò" non mi basti, devi promettermi che lo farai. Non ci rivedremo per un po'...>> provai a protestare ma lei mi fermò <<è arrivato per te il momento di lasciarmi andare e vedendomi non lo farai mai, questa è l'ultima volta che ci vedremo, al meno fino a quando ricomincerai a vivere, quando accadrà forse ci rivedremo.>>

<<Non lo fare Ani, non te ne andare, io ho bisogno di...>> non riuscii a finire la frase perché lei mi mise una mano sulla fronte e mi espulse dal mio stesso sogno.

Aprii gli occhi, questa volta era sul mio letto esattamente dove mi ero addormentata, ma ora sentivo un peso in meno nel cuore. Sorrisi per la prima volta in tanto tempo, era stato bello rivederla, forse era proprio di questo che avevo bisogno, un ultimo momento con lei per dirle addio.

Ovviamente ero cosciente che era stato il mio subconscio a creare il sogno, ma poco importava come fosse successo o il perché, ero più leggera, certamente non ero felice o nei miei giorni migliori, non aveva fatto sparire il dolore, ma mi aveva dato la forza per iniziare la giornata con uno stato d'animo diverso.

                                                                                               ***

Scesi al piano di sotto per fare colazione, ma quando entrai in cucina calò un silenzio di quelli che dicevano più di mille parole. Erano sorpresi, non si aspettavano di vedermi lì, negli ultimi giorni mamma aveva dovuto portarmi sia la colazione sia gli altri pasti in camera, non uscivo quasi mai e di certo non uscivo di mia spontanea volontà, un esempio era stata la visita del giorno prima di David, lei era dovuta salire in camera a tirarmi fuori.

Questo era il primo passo che avevo deciso di fare per compiere il volere della mia amica, potevo sentire ancora l'eco della sua voce mentre diceva:

"Sai che questa separazione non è quello che avrei voluto e non posso fare niente per tornare indietro, e non potrò mai riposare in pace sapendo che i miei errori ti trascineranno a fondo con me, promettimi che continuerai... che vivrai."

Dovevo impegnarmi per non deluderla anche ora che non c'era più. Se chiudevo gli occhi e pensavo a lei la vedevo bella, così eterea, seduta su quella panchina in quel luogo incantato e non più come l'avevo vista l'ultima volta, buttata su quel letto enorme che la faceva sembrare così piccola e indifesa, vinta dai demoni che in quel momento invadevano i suoi pensieri.

<<C'è del caffè?>> chiesi io per rompere il ghiaccio.

Mia madre sentendo la mia voce si riscosse dal suo piccolo momento di assenza di attività cerebrale.

<<Certo, certo che c'è!>> e detto questo corse a prendere una tazza dalla dispensa sopra il lavandino e la riempì per poi passarmela. La presi e mi sedetti al tavolo di fronte mio padre che rimase in silenzio a guardarmi e quando ritenne di aver visto quello che cercava annuì per poi abbassare lo sguardo sul giornale che aveva in mano, fu rassicurante notare questo particolare così familiare, era la sua routine da quando avevo memoria. Anche mia madre prese posto al tavolo e continuò a fare colazione, nessuno fiatava per paura di rovinare il miracolo che stava avvenendo davanti ai loro occhi increduli, temevano che potessi scappare a rinchiudermi nuovamente di sopra, ma non ne avevo nessuna intenzione. Vedendo le loro facce e l'incertezza che albergava in loro, mi resi conto di quanto il mio atteggiamento autodistruttivo facesse più male a loro che a me stessa, non ci facciamo caso ma, di solito, quando stiamo male le persone che ci vogliono bene soffrono il doppio. Ani aveva ragione, dovevo fare un passo alla volta verso la vita, così forse, non oggi, non domani né dopodomani, ma un giorno avrei smesso di sentire tutto il dolore che ora sembrava schiacciarmi il cuore.

Finito di leggere mio padre si alzò, piegò il giornale, si avvicinò, e mi baciò sulla fronte...

<<Ben tornata piccola mia, anche questo passerà, ne usciremo insieme, stanne certa.>> disse queste poche parole con le labbra ancora poggiate sul mio capo, le pronunciò con l'intento d'infondermi coraggio ed io sentii il sollievo nella sua voce. Lui era uno di quei uomini tutto d'un pezzo, non mostrava mai la sua sofferenza, ma sapevo che nei giorni in cui ero stata assente a me stessa lo aveva dilaniato, non poteva fare nulla per salvare la sua "piccola", potevo uscirne solo io con le mie forze.

Se ne andò e pochi secondi dopo sentimmo la porta d'ingresso sbattere, solo allora alzai gli occhi su mia madre.

<<Voglio provare a rialzarmi!>> esclamai decisa.

<<E c'è la farai piccina mia, non ti forzeremo a fare niente, devi solo fare quello che ti senti, un passo alla volta.>>

<<Un passo alla volta.>> ripetei io <<Credo sia ora che io torni al negozio.>>

Mia madre mi guardò interdetta.

<<Sei sicura che non sia troppo presto, forse è troppo per te.>> si preoccupò, e aveva ragione.

<<È troppo!>> confermai, non avevo intenzione di mentire <<Ma prima o poi dovrò farlo, il negozio stava andando molto bene e non vorrei rovinare il nostro sogno, l'unico che abbiamo potuto realizzare insieme.>>

Ci avevamo fantasticato alle medie, al liceo lo avevamo progettato e quando abbiamo compiuto i diciotto anni lo avevamo realizzato. Era una stupenda libreria, c'erano sia libri nuovi da vendere che quelli da consultare, questa parte era gestita da Ani, era lei l'amante dei libri, era decisa a coinvolgere l'intera città nelle sue serate dedicate alla letteratura, e poi c'era la zona bar, che gestivo io, me la cavavo molto bene, ero brava ai fornelli, mi piaceva anche scrivere ma non finivo mai una storia, quindi meglio i fornelli decisamente.

Vidi mia madre tentennare, era indecisa su qualcosa.

<<Sputa il rospo mamma!>> dissi esasperata.

<<Mmm non so se sia il momento per parlartene ma... ho fatto qualcosa che so che ti farà bene, e so che nel profondo vuoi, e se lo fai lo amerai...>> ecco da chi avevo preso la parlantina, si perdeva in sproloqui inutili e proprio come me se era ansiosa non la finiva più di parlare <<ma non so quanto ti arrabbierai quando te lo dirò.>> cosa mai avrebbe potuto combinare di così grave? <<In realtà ho fatto diverse cose per le quali ti potresti arrabbiare ma...>>

<<Ti prego prima che decida di tornarmene di sopra e rintanarmi in eterno dentro la mia stanza dimmi che cosa hai fatto.>>

In tutta risposta si alzò e andò verso uno dei mobili della cucina, aprì un cassetto e tirò fuori un foglio di carta che sembrava un volantino e poi anche una busta bianca C4, le usavamo spesso al negozio per conservare i documenti e si accomodò nuovamente a sedere...

<<Ti ho iscritta a questo.>> disse lei, ed io la guardai confusa, mi passò il volantino ed io lo presi al volo aspettandomi di vedere una scritta tipo "gruppo di auto aiuto", "superiamolo insieme" o roba del genere, ma mai avrei immaginato quello che lessi sul foglio:

University of Charleston, SC. (c'era anche il logo rosso con le iniziali UofSCtm, era proprio una cosa ufficiale) il campus storico con sede a Columbia, annoverato dalla Carnegie Foundation tra le dieci migliori dalla U.S News & World Report per essere una delle più promettenti e innovative, apre le sue porte a studenti diplomati che siano interessati a partecipare al corso di scrittura creativa che consentirà il proseguimento del percorso accademico in Letteratura con borsa di studi completa ai cinque studenti che riusciranno a ottenere il punteggio più alto.

<<Non dare di matto ti prego>> disse mia madre con le mani giunte in avanti a modo di preghiera <<ascolta, so che è il tuo sogno nel cassetto, vorresti scrivere un libro da sempre, e hai talento devi solo essere sicura di te stessa e questa sicurezza te la può dare solo lo studio...>>

<<Mamma smettila di blaterare>> la interruppi <<non so cosa tu ti sia presa ma non sei lucida, io ho già una professione e se non te ne fossi accorta c'è un rigo che dice...>> cercai sul volantino quello che m'interessava <<ecco, i candidati dovranno inviare entro il termine una storia scritta da loro (anche in corso d'opera) della lunghezza di 7500 battute.>> alzai lo sguardo su di lei ma non sembrava cogliere il senso di quello che volevo dirle <<è scaduto ed io non ho inviato niente.>> li feci notare.

<<Ecco, ho fatto anche questo...>> mi passò la busta di carta, io la aprii e lessi.

Cara signorina Abigail Stanton è stata ammessa...

<<Cosaaa? Com'è possibile?>> domandai esterrefatta.

<<Ho letto le tue storie, sai quelle che hai lasciato di sopra nella tua stanza quando ti sei trasferita nell'appartamento, le avevi lasciate incomplete, ho fatto qualche ricerca, devo confessare che non avevo idea di cosa fossero le battute ma Kate è stata cara, le ha passate al computer e ha inviato tutti i moduli necessari, e nulla Abbie sei stata presa!>> fece spallucce, spallucce! Incredibile, aveva cospirato alle mie spalle e si giustificava facendo spallucce, ma quanti anni aveva?

<<Sorvolerò su quello che hai fatto, ma ora io devo andare al negozio, non può restare ancora chiuso.>> mi fermai di botto perché lei aveva fatto una smorfia alle mie parole <<ora mi dirai tutto quello che hai combinato Caroline Clark, e prega di non averlo venduto o altro.>>

<<Piccina ma sei matta?>>

Respirai teatralmente e mi fece aria con la mano.

<<Meno male, almeno questo...>>

<<Diciamo che il negozio non è chiuso>> alzai un sopracciglio e la incitai a continuare con un gesto della mano <<da una settimana Kate lo sta portando avanti, le ho consegnato le chiavi e spiegato quello che non sapeva, anche David inizialmente ha dato una mano, volevamo che tutto fosse pronto al tuo ritorno e non volevo che perdessi clienti. Kate è brava non ti devi preoccupare.>>

<<Mamma so quanto Kate sia brava, l'ho presa io a lavorare, temo di più la possibilità che tu abbia fatto altro.>>

<<In effetti>> ODDIO! Non c'era fine al peggio <<Kate ha dato la disponibilità per rimanere al negozio finché il corso non finirà.>>

<<Vedo che hai organizzato tutto.>> in realtà mi rodeva un po' che tutto funzionasse alla perfezione anche senza di me, metteva in discussione il mio posto a questo mondo. No! Dovevo stroncare sul nascere i pensieri negativi <<Devo prima parlare con Kate.>>

<<Non è un no?>> domandò speranzosa.

<<Non è un no ma neanche un sì.>>

Lei in tutta risposta si alzò di slancio dalla sedia, mi saltò addosso e mi abbracciò.

<<È un nuovo inizio piccina, non te ne pentirai.>> mi prese il viso tra le mani e guardandomi negli occhi mi disse <<Un giorno ti guarderai indietro e noterai che il passato non fa più così male, riuscirai a ricordare il bello che c'è stato, non solo i momenti brutti.>>

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro