Capitolo 15

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Dopo quella notte interminabile con Martina, Vivian non aveva più chiesto niente a Michael di cosa fosse successo con Leonardo, non lo vedeva più sempre con loro e inizialmente pensò fosse a causa della rottura recente, perchè la sua ex non lo volesse tra i piedi o lui si vergognasse; poi capí che qualcosa non andasse dopo un po' che sparí anche dalla vita di Michael. Era solito passare a casa ogni tanto, fare due chiacchiere, prendere un caffè. Invece ormai sembrava tutto finito, le parve assurdo e avrebbe voluto capirci di più, ma se il suo coinquilino aveva deciso di non parlarne, avrebbe rispettato il suo silenzio.

Dopo l'ennesima giornata a lavoro tornò a casa sfinita, era notte, il freddo ormai era insopportabile infatti lei si era attrezzata di guanti e sciarpa, insieme ad un abbigliamento molto pesante. Indossava una giacca imbottita corta fino ai fianchi e da sotto i jeans dei collant che la rendevano decisamente poco sexy, ma tanto non doveva vederla nessuno.
Appena entrò in casa si tolse il cappello grigio e sfregó le mani tra loro per cercare di riscaldarle, i capelli erano infilati sotto la sciarpa di lana grossa dello stesso identico colore, cosí spessa e alta che le copriva il viso fin sopra il naso, lasciava liberi solo gli occhi verdi e conciata in quel modo appariva davvero curiosa.
Gli anfibi di pelle le riscaldavano i piedi abbastanza da non averli indolenziti o intorpiditi, odiava il freddo, anche in una città magnifica e maestosa come Firenze, rendeva qualsiasi passaggiata infernale.

Avevano risolto poi il problema ai termosifoni di qualche tempo prima, o almeno cosí aveva detto l'amministratore di condominio, in realtà ogni tanto smettevano di funzionare senza motivo ma ormai se n'erano fatti tutti una ragione.

La prima cosa che fece dopo essersi spogliata fu prendere dallo zainetto un pacchetto di sigarette, ormai aveva ricominciato a fumare abitualmente, un antistress molto piacevole anche se poco sano. Poggiò il cappottino imbottito sulla poltrona libera e si sedette sull'altra, quella più vicina alla finestra.

Socchiuse gli occhi, erano le due di notte circa e non aveva idea se Michael fosse a casa, probabilmente si, perchè la porta non era chiusa e le tapparelle erano tutte alzate, ma non volle informarsi. Non era più entrata in camera sua da quella strana notte e rientrarci non le sembrava un'ottima idea, purtroppo non era abbastanza coraggiosa da affrontare le cose che la mettevano in difficoltà.

Prima che potesse accendere la sua sigaretta sentí un rumore strano, tipo qualcosa che sbatteva ma non ci diede troppo peso, probabilmente Michael stava dipingendo, o magari erano quelli di sopra.
Ancora rumori, questa volta distingueva delle voci, dei versi strani. Piegò le labbra in un sorrisetto divertito, chissà che viso aveva il corpo della ragazza che lui si stava scopando in quel momento.
Non che le importasse troppo, ma da uno che dava tanta importanza ai dettagli doveva essere piuttosto particolare.

Comunque le sue erano solo supposizioni, non aveva idea di chi ci fosse dall'altra parte della casa, anche se quando andò a spegnere la sigaretta vide nel posacenere un mozzicone sporco di rossetto rosa. Lei non aveva rossetti, mentre Martina non aveva mai usato colori simili, doveva necessariamente essere di qualche ragazza dell'ultimo momento.

Chinò la testa all'indietro, non aveva voglia di spostarsi in  camera, era troppo vicina a quella di lui e avrebbe sentito perfino i gemiti di entrambi se si fosse chiusa lí dentro, ne era certa.

Che palle.
Storse la bocca, non era gelosa, Vivian non conosceva la gelosia, non era mai stato niente solo suo, soprattutto le persone. Aveva sempre evitato di provare sensazioni simili, le reputava stupide e infantili, o almeno era quello che le avevano sempre insegnato.

Eppure non riuscí a trattenere una smorfia infastidita, avrebbe potuto esserci lei al posto di quella ragazza. Le tornò alla mente la sera in cui si erano baciati e si sentí avvampare, non ci aveva più pensato dopo quel giorno. Aveva volutamente evitato di far cadere lí la sua mente, perchè temeva di non riuscire a controllare le proprie emozioni.

Decise che fosse meglio tornarsene al freddo piuttosto che finire nuovamente per incontrare una musa di Michael, quindi raccolse il cappotto, la sciarpa e tutto il resto per lasciare ai due amanti la privacy di cui comunque non avevano bisogno.

E adesso? Adesso che si trovava da sola, di notte, in una bellissima piazza di Firenze mentre il freddo faceva chiudere chiunque fosse dotato di buon senso in casa, cosa poteva fare?

Si sentí inctedibilmente idiota, si mise a sedere sugli scalini davanti al portone e accese un'altra sigaretta, giusto perchè non sapeva come passare il tempo e in quel modo pensò che si sarebbe almeno un po' scaldata.
Piegò le gambe magroline in modo che le arrivassero all'altezza del petto. Teneva la schiena piegata in avanti e le braccia poggiate sopra le ginocchia, la sigaretta stretta tra due dita della mano sinistra a cui aveva tolto il guanto per avere una presa migliore.

Prese un primo tiro e poi sputò fuori il fumo in una nuvola grigia che si mischiò all'aria condensata in cui ik freddo trasformava tutti i suou respiri. Rise da sola, non vedeva l'ora di raccontare tutto a Martina, le avrebbe dato della scema e poi avrebbe voluto sapere dei dettagli sulla nuova fiamma di Michael, fiamma che lei non conosceva e sperava di non conoscere mai. Era difficile ricordare i nomi di tutte, un giorno era certa avrebbe fatto qualche casino.

Si mise a guardare il paesaggio davanti a lei, non era chissà cosa di suggestivo, una piazza sporca e qualche lampione poco luminoso, altre case identiche alla sua e nessuno, assolutamente nessuno, fuori per la strada. Anche le finestre erano buie, tutti dormivano tranne Vivian che stava lí a sorvegliare la notte perchè troppo orgogliosa per ammettere che pensare Michael con un'altra le facesse esplodere i nervi.

Prese il cellulare per aprire spotify, non riceveva mai messaggi da nessuno che non fosse Martina, Leonardo o Michael. Della sua famiglia neppure l'ombra, John era sprito, la madre non l'aveva mai cercata molto e il padre era sempre stato assente. Si aspettava più che altro qualcosa dal fratello, ma era troppo orgoglioso per ammettere che la sorella minore forse non fosse cosí stupida, che sapesse come farsi una vita lontana da luie non avesse bisogno della sua supervisione tutto il giorno.

Fece partire Fly Me To The Moon, di Frank Sinatra, una delle sue preferite in assoluto da sempre. Aveva dei gusti musicali decisamente singolari, ma non le piaceva condividerli. Preferiva ascoltare i suoi brani del cuore quando era sola e nessuno poteva scorgere quel suo lato troppo umano per gli Archibald.

Mentre canticchiava piano scorse con lo sguardo qualcosa muoversi in lontananza, la miccia di una sigaretta cadere a terra e poi più nulla. Inclinò il capo di lato, le sembrò davvero strano ma non ci diede troppo peso, piuttosto guardò l'ora, decise di aspettare ancora un po' prima di risalire.

La melodia continuava ad allietare quel momento cosí inusuale, Vivian prese ad ondeggiare con le spalle lievemente a destra e a sinistra, per seguire il ritmo dettato dalle note di uno dei migliori pezzi mai composti nella storia.

« Fill my heart with song and let me sing forevermore. »

Socchiuse per un momento gli occhi, quasi in estasi mentre canticchiava il pezzo. « You are all I long for
All I worship and adore. »

Tornò sul pianeta terra quando un tonfo sordo la riportò alla realtà, sgranò gli occhi e con la mano tremante bloccò immediatamente la musica. Era cosí terrorizzata che non riuscí neppure a spegnere subito la sigaretta, alzarsi e scappare.

Riconobbe quel rumore all'istante e lo odiò profondamente, qualcuno aveva sparato. In Italia quasi nessuno aveva armi, le aveva viste ogni tanto alla polizia ma non funzionava come in America, Michael le aveva spiegato questa cosa più volte e lei ne era rimasta sollevata.

Non c'era un Archibald che non avesse sempre una pistola a portata di mano e lei aveva visto usarle cosí tante volte che solo udire qualcosa che somigliasse solo ad un colpo di una revolver le faceva gelare il sangue nelle vene.

Era inpossibile, non poteva essere...

Si alzò e nascose il telefono nella tasca del cappotto, decise di camminare per accertarsi di essersi immaginata tutto, nessuno della sua famiglia si sarebbe mai messo a sparare senza motivo in mezzo ad una piazza di notte. Se avessero voluto l'avrebbero mandata a prendere e lei si sarebbe trovata in America senza neanche il tempo di opporsi.

Camminò per un po', le vie che di giorno erano cosí calde e accoglienti quella notte parevano inghiottirla. Era terrorizzata ma abbastanza disperata e incazzata da voler rischiare, non avrebbe permesso a nessuno di toglierle la vita che si era costruita, non senza opporsi, almeno.

Quando vide da dove in realtà provenisse quel rumore si sentí una sciocca, un tizio stava buttando via della spazzatura pesante. Era probabilmente uno dei locali che aveva appena chiuso, e dentro le buste dovevano esserci oggetti in vetro.
Tirò un sospiro di sollievo e tornò a respirare.

Si voltò e riprese a camminare verso casa, pensare che aveva anche interrotto la sua canzone preferita solo per paura che qualche suo parente fosse venuto a reclamare favori, o semplicemente cancellare la sua vita in Italia.
Non le importò più di Michael, della sua nuova fiamma e di tutti gli stupidi problemi che si faceva ogni volta. Le parve tutto di minore importanza, adesso.

Quando fu davanti al portone si voltò per un attimo solo per controllare ancora una volta che non vi fosse nulla di cui preoccuparsi. Infatti il suo sguardo incontrò una piazza totalmente vuota, i soliti lampioni e le solite finestre spente.

La solita ombra e la solita sigaretta accesa brillare in lontananza. Rabbrividí e cercò immediatamente le chiavi per entrare nell'appartamento dove sarebbe stata al sicuro, era certa che fosse lí da prima, forse quella sagoma in lontananza l'aveva addirittura seguita mentre andava a controllare cosa fosse stato il frastuono insopportabile che l'aveva fatta tremare in precedenza.
Guardava verso la porta e poi indietro, per controllare che nessuno le si stesse avvicinando, che avesse tutto il tempo di scappare.

Non ho le chiavi.

Le si bloccò il respiro in gola, si attaccò al citofono, non le importava che ci fosse Michael, la sua ragazza o quello che diavolo era, non le interessava di salvare nessuno.
Dopo un momento interminabile il portone si aprí e lei volò dentro sbattendo la porta alle sue spalle, non ancora tranquilla corse su per le scale fino all'uscio del proprio appartamento. Fortunatamente era già aperto, quindi entrò con il fiatone e si poggiò con la schiena contro la porta.
Le veniva da piangere dalla paura.

« Ti rendi conto di che ore siano? Perchè cazzo non ti sei portata le chiavi? »
Michael era visibilmente incazzato e assonnato, aveva i capelli in disordine e i pantaloni messi al contrario. Sebbene quella situazione fosse assolutamente comica Vivian non riusciva a ridere, non riusciva a non tremare.
Doveva calmarsi, altrimenti le avrebbe chiesto spiegazioni e lei di darne non ne aveva voglia.

« Io— io me le sono scordate, prima... quando sono scesa perchè— » Vagava con lo sguardo alla ricerca di qualcosa che potesse aiutarla a non andare nel panico, le veniva da vomitare.

Non aveva paura che quel tizio volesse farle del male, aveva il terrore che fosse qualcuno mandato dalla propria famiglia. Avrebbe preferito un assassino piuttosto che un proprio parente, sempre portatori di cattive notizie, ricattie e pericoli per lei e chiunque avesse intorno. Chiunque decidesse di volerle bene.
« Vivan che hai? » Fu cosí diretto e severo nel pronunciare quelle parole che lei s'irrigidí ancora di più.

Aprí la bocca per parlare, mosse il capo come a volergli dire che non fosse successo niente ma più lo scuoteva più sentiva le lacrime pungerle gli occhi per uscire, fin quando non riuscí più a resistere e da sotto la sciarpa scura le iridi smeraldo divennero più lucide.
« Cosa è successo? Stai bene? » Si sfregò glu occhi con le mani, adesso era sveglio, sull'allerta e pronto a chiamare l'ambulanza se ce ne fosse stato bisogno. Gli parve improvvisamente cosí indifesa che si spaventò, non l'aveva mai vista in quel modo e non immaginava neppure che fosse possibile ammirarla mentre era vulnerabile.

« Si, scusa, sto bene. C'era un tizio fuori, mi stava seguendo e ho avuto paura, cioè pensavo— non lo so. »
Aveva paura che fosse qualcuno che lavorava per suo fratello, ma questo non poteva dirlo e mentirgli la faceva soffrire cosí tanto che sentiva il petto farle male e lo stomaco aggrovigliarsi su se stesso.

Lui fu pervaso da una rabbia strana, era preoccupato ma non in modo normale, se si fosse trovato quel tizio di cui Vivian aveva appena parlato davanti non glie l'avrebbe fatta sicuramente passare liscia. Gli tremarono le mani e dovette fermarle in due pugni stretti che sciolse per accarezzare le braccia di Vivian, cercò di guardarla negli occhi senza farla sentire a disagio, senza violare troppo le sue emozioni e la sua sofferenza.
« Adesso è tutto okay, non ti devi scusare, anzi, avresti dovuto chiamarmi. Sarei sceso subito. »

Anche se eri con miss gemito facile?
Avrebbe voluto chiederglielo ma non lo fece, sarebbe stato inopportuno e seccante. « Magari non era niente, è che quando sono salita ho sentito che eri con qualcuno e sono riscesa per lasciarti in pace, poi non volevo disturbarti. »

« E quindi sei scesa di notte, da sola, per non disturbare? » Sgranò gli occhi neri, gli sembrò una cosa assurda. « Non ce ne saremmo neanche accorti. »
E infatti non mentiva, era a Vivian che dava fastidio pensarlo insieme ad un altra, sentirlo mentre la faceva sua era una tortura. Ma anche questa cosa dovette tenerla per se. « Comunque è andata via, ti faccio qualcosa di caldo? Una tisana? »

« Ci penso io, non preoccuparti, davvero. » Si slegò la sciarpa calda e tirò fuori i capelli dorati, lui la osservò e gli sembrò cosí dolce mentre cercava di darsi una sistemata dopo essersi liberata anche del cappello. Il naso e le gote risaltavano rosse per il freddo e il pianto sull'incarnato pallido, le sorrise involontariamente e si sentí stupido.

Incrociò le braccia al petto, provando a sembrare più risoluto. « Ti faccio compagnia, tanto comunque ero sveglio. »
La giovane poggiò le sue cose sui divanetti senza premurarsi di metterle in ordine, poi s'incamminò ancora agitata verso la cucina. « Non vuoi tornare dalla tua ospite? » Provò a non sembrare acida o troppo sarcastica ma era troppo irrequieta per fingere al meglio.

« Ma se ti ho detto che lei non è più qui. »
« Ah. » Strano, non l'aveva vista andare via. Forse era uscita mentre lei inseguiva come una pazza un rumore in lontananza. Prese ad armeggiare tra gli scaffali alla ricerca di una camomilla, sempre se ne avessero. Se si fosse trovata in America avrebbe preso delle medicine dai cassetti della moglie di John, era cosí stressata e piena di problemi che ne prendeva tantissime, troppe per un solo essere umano.
Chiunque dall'esterno l'avrebbe descritta come la perfezione fatta persona, invece dentro era marcia, distrutta come chiunque provasse ad amare un Archibald.

S'imbottiva di xanax e spesso Vivian ne sgraffignava qualche boccetta, non era certa che nessuno se ne accorgesse, probabilmente chiudevano un occhio consapevoli che non vi fosse altro modo per gestire tutto quello stress.

Michael rimase immobile dietro di lei, la osservava cercare chissà cosa, destreggiarsi tra acqua e tazze. Non era riuscito a calmarla.
Prese un sospiro profondo, aveva bisogno di tempo.

« Non dormo mica con chiunque, miss America. »

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