Capitolo 36

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Perchè l'hai fatto, Vivian? Perchè?
Tutti volevano sapere la risposta a quella domanda come se lei l'avesse, pronta a donagliela su un piatto d'argento. La verità era che non lo sapeva, non ne aveva idea del perchè ogni tanto nella sua testa prendeva forma il pensiero che senza di lei sarebbero stati meglio tutti, che se avesse smesso di esistere sarebbe stato più facile e che se lo meritava.

« Non ti chiederò perchè l'hai fatto, ma ti prego, non lo fare mai più. » Si chinò su di lei e le baciò il dorso della mano stesa sulle coperte, le lacrime di Lorenzo le bagnarono la pelle e i capelli la solleticarono. Aveva sentito tante volte il suo viso cosí vicino al proprio corpo, ma mai avrebbe immaginato che un giorno si sarebbero ritrovati in quel modo.
Era tutta colpa sua.

Come al solito lui aveva detto la cosa giusta, si sentí cosí sollevata da non dovergli dare troppe spiegazioni che ancora una volta capí quanto non lo meritasse.
« Non era necessario che tu venissi, hai mille cose a cui pensare. »
Ma grazie, grazie infinite per essere qui.
Si voltò solo all'ora, il volto scavato dalla stanchezza e dai giorni senza cibo si distese e sembrò quasi dolce, sebbene disperato.

« Appena esci di qui mi accompagni in giro per Manhattan, non l'ho mai vista bene. » Ho bisogno di te Vivian.
Vivian lo sapeva, che per lei aveva mandato a quel paese studio, università, famiglia ed era corso a prendere il primo aereo appena gli era giunta voce dello stato della sua amica. In qualche modo in quegli ambienti i segreti circolavano sempre, la sua presenza lí era la conferma che sua madre non sarebbe mai riuscita a spedirla in un centro di cura senza farsi notare troppo.

« Penso che uscirò di qui solo per andare un un centro per drogati depressi. »
Lui non se l'aspettava, rimase zitto qualche secondo, poi fece per dire che non era la cosa giusta ma sarebbe stato un bugiardo: Vivian non poteva più essere salvara da nessuno che non fosse un esperto, un professionista capace di capire cosa le frullasse per la testa.
Forse in quel modo sarebbe finalmente stata bene.
« I tuoi hanno deciso? »

« Si, figurati se mi vogliono in mezzo ai piedi. »
« Magari alla fine ti servirà sul serio. » Strinse le labbra carnose e si pentí quasi subito di quell'affermazione, non voleva lei pensasse fosse uguale ai suoi genitori.

« Secondo me ci morirò dentro. » Lo disse con una tale leggerezza che lui dovette soffermarsi qualche istante per capire la gravità di quelle parole: sembrava avesse chiesto un bicchier d'acqua e invece si era appena data una sentenza di condanna a morte. Sentí il pavimento aprirsi sotto di lui, e vide una Vivian che non poteva più salvare, che non conosceva più.
Si rese conto davvero di quanto fossero gravi le condizioni della ragazza di cui era sempre stato innamorato perso, non che un tentato suicidio non fosse stato abbastanza chiaro, ma sentendola gli sembrò tutto più vero.

« Ma che dici. » Davvero non aveva più voglia di vivere? Cosa era successo all'anima ribelle che aveva conosciuto lui?
« È già un miracolo che io non sia morta ieri. »

Lui abbassò lo sguardo e poi lo tirò su, questa volta più coraggioso. « Perchè? Hai faticato cosí tanto per andartene in Italia, costruirti lí la tua vita contro ogni aspettativa. Lí eri felice, no? »
Appunto.
Senza farlo apposta Lorenzo toccò il punto più importante di tutta la questione, il vero motivo per cui i nervi di Vivian non avevano più retto.

Lei non seppe nascondere lo sconforto e voltò il capo per nascondersi.
« È successo qualcosa lí? » Era più un'affermazione che una domanda, si sporse avanti allungando il busto verso di lei, aveva bisogno di vedere il suo viso.

Indossava il solito cappotto troppo costoso, una camicia e un maglioncino blu che gli faceva risaltare gli occhi profondi, cosí spaventosamente limpidi e dolci che solo a guardarli qualsiasi giovane si sarebbe sciolta.
Tutte, tranne quella che gli aveva rubato il cuore.

Un'infermiera entrò a chiamarlo per avvisare Lorenzo che il tempo delle visite fosse giunto al termine, lui accarezzò ancora la mano di Vivian, ma era certo che non sarebbe passato tanto tempo prima di riuscire a rivederla.
Masochista, era deciso a non lasciarla da sola, anche se significava soffrire insieme a lei.

Andò via e si chiuse la porta della stanzetta alle spalle, dopo averle riservato un'ultima occhiata dolce. Lei lo salitò con un cenno della mano e poi chiuse gli occhi, la tenevano ancora sotto osservazione, e comunque meglio cosí, in ospedale era sorvegliata tutto il tempo.

Quando fu fuori nel corridoio vuoto prese il cellulare e chiamò John, il fratello di Vivian. Era riuscito a trovare il suo numero corrompendo l'infermiera che aveva i dati di tutti i pazienti, compresi i recapiti dei parenti più prossimi.

« Sono Lorenzo, un'amico di Vivian. »
Un sospiro lento si levò dall'altro lato del telefono, John era stanco dei problemi di Vivian, erano nei casini più grossi in cui probabilmente lui si fosse mai trovato, voleva bene alla sorella ma ne aveva abbastanza. « Che diavolo ha combinato? » Il tono di voce era rude, stanco.
Lorenzo fu intimorito da quella risposta ma trovó comunque il coraggio di continuare. « Niente, credo di sapere perchè non sta bene. »
Il maggiore roteò lo sguardo, non gli importava cosa avesse la sorella, l'avrebbero capito dei professionisti, a quel punto. « E perchè? »
« Penso sia successo qualcosa in Italia, avete voi le sue cose, vero? »
Un sorrisetto compiaciuto si disegnò sul suo viso. « In Italia non è successo niente, la controllavamo ogni momento ed era tutto al suo posto sempre. » Gli piaceva quando faceva vedere come non perdesse mai il controllo di niente.
E poi chi diavolo era quel Lorenzo?
Il giovane italiano improvvisamente comprese perchè Vivian non sopportasse poi tanto i propri familiari. « Magari vi è sfuggito qualcosa. »
Come osa?
« Che ti serve? »
« Vorrei poter avere il suo telefono, o almeno i numeri dei suoi amici italiani. »
« Senti, non ho idea di chi abbia le sue cose, comunque fidati, non è successo niente di importante in Italia, lo sapremmo. »

John chiuse cosí la chiamata e tornò alle sue cose, Lorenzo rimase interdetto perchè aveva sempre pensato che Vivian esagerasse quando li descriveva come degli insensibili altezzosi, invece era proprio cosí. E poi cosa voleva dire con quel "lo sapremmo"?, davvero la controllavano in quel modo esasperante?
Si chiese cosa potessero aspettarsi da una figlia cresciuta in quel modo se non solo guai e problemi.

Deciso a non arrendersi ricordò che il tizio con cui Vivian vivesse fosse il nipote del suo amico, del proprietario di casa. Magari mediante quella via avrebbe fatto prima a raggiungere i suoi amici italiani, solo per chiedere loro informazioni.
Era assurdo che da super felice in un attimo si fosse trasformata nella persona più triste del mondo.

Fin dove sei disposto a spingerti per aiutarla?
Controllò l'ora prima di chiamare e contò cinque ore di differenza. In Italia era mattina tardi. Decise di tentare. Non aspettò neppure di uscire dall'ospedale, fermo in mezzo al corridoio scorreva sul cellulare cercando i numeri che gli servivano per acquietare i propri sospetti.

Era un amore a senso unico, il suo. Eppure per vederla star bene si sarebbe venduto l'anima al diavolo, non sapeva spiegare perchè, sapeva solo che non fosse capace a non amarla.
« Lore? » Una voce assonnata rispose dall'altra parte del telefono, l'aveva svegliato.
« Fede, come va? »
Sospirò. « Spero che tu abbia un buon motivo per svegliarmi alle sei. »
Lorenzo sorrise divertito, sapeva quanto l'amico odiasse aprire gli occhi bruscamente. « Si, dovresti darmi il numero di tuo nipote, quello che vive in una delle tue case. E comunque non sono le sei. »
« Per me è come se lo fossero.
Che ha combinato? »
« Devo chiedergli delle cose su Vivian, la mia amica che viveva con lui. »
« Non vivono più insieme? »
« ... Lei ora è in America, non so se tornerà. » Non aggiunse altro, non gli sembrava corretto raccontargli cose troppo private.
« Ti inoltro il suo numero. »
Perfetto.

Chiuse la chiamata e mentre attendeva che Federico si svegliasse davvero o comunque abbastanza da accendere il cervello e mandargli il numero di telefono di Michael, decise di farsi un giro. Entrò in una caffetteria e ordinò un frappuccino, anche se l'ultima cosa che gli ci voleva era della caffeina, era agitatissimo.
Le mani si attorcigliarono sul bicchiere in carta che conteneva bevanda bollente, perfetta per scaldarsi in quella giornata glaciale.

Parlare con John gli aveva fatto gelare il sangue nelle vene, e pensare che lui doveva essere quello più comprensivo della famiglia.
Non immaginava gli altri.

Vibrò il cellulare e subito posò il caffè sul tavolino più vicino. Era Federico.
Questo è il numero di Michael, buona fortuna.

Subito dopo un altro messaggio con il numero di Michael.
Lo salvò in rubrica e decise di aspettare qualche ora prima di chiamarlo, era ancora presto, non voleva turbarlo più del dovuto. E poi era anche un po' impaurito, ricordava il suo sguardo pesante mentre lo osservava a casa.

Quando fu ora di pranzo decise fosse giunto il momento, quindi cercò il nome dell'italiano che per tanto tempo aveva invidiato e aspettò che rispondesse.
« Pronto? »
Si schiarí la voce e si sistemò il cappotto scuro. « Michael, sono Lorenzo, l'amico di Vivian. »
Sospirò scocciato, pensava chiaramente che fosse stata lei a chiedergli di contattarlo, o che Vivian c'entrasde in qualche modo in quella storia. « Non ci credo, ancora? Che diavolo vuole adesso? »
Lorenzo capí di aver fatto centro, solo che non sapeva se fosse pronto a mettersi in mezzo a quella situazione. Forse era troppo coinvolto, forse avrebbe sofferto più di quanto immaginasse. « Allora?! »

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