Capitolo 37

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All'interno dello sfarzoso ristorante non c'era quasi nessuno, era un posto riservato e lussuoso, adatto a chi amava essere servito bene e con la giusta privacy. Nessun uomo d'affari di Manhattan avrebbe messo a rischio la sua libertà per dei segreti finaziari confessati nel posto sbagliato, o distrutto la facciata del finto matrimonio perfetto per essersi fatto scoprire con l'amante. « Vivian non sa che ti sto chiamando, mi ha dato il tuo numero Federico, è un mio amico e gli ho chiesto un favore. »
Piegò un gomito sul tavolo e si massaggiò una tempia, non aveva davvero idea di cosa potergli dire. Vivian si sarebbe incazzata da morire se gli avesse raccontato di come fosse finita, la conosceva abbastanza bene da sapere quanto amasse il silenzio, soprattutto quando era vulnerabile.
« Volevo solo sapere se fosse successo qualcosa in Italia, qualcosa di strano o grave. »
Aggrottò le sopracciglia. « In che senso? »
« Vivian ultimamente è... un po' strana, più del solito, volevo solo sapere se il motivo fosse che— »
« Che cosa? Che qualcuno qui l'abbia trattata male? »
« Non ho detto questo, volevo solo sapere se fosse tutto okay. »
Ci fu un attimo di silenzio in cui Michael sospirò, buttando fuori insieme al fumo denso della sigaretta anche tutta la rabbia che minacciava di farlo scoppiare da un momento all'altro. « Perchè non lo chiedi a lei, scusa? »
Giusta osservazione, perchè non poteva chiederlo a lei Lorenzo? Michael non era stupido come l'italiano pensava e forse avrebbe preteso delle spiegazioni vere. Forse stava sbagliando tutto. Lorenzo ringraziò il cameriere quando gli portò il pranzo, tagliata di manzo al sangue, come piaceva a lui.
In sottofondo si sentivano i camerieri muoversi e la gente parlottare. « Perchè non posso, al momento. »
« Stai pranzando? »
« Si, perchè? »
« Sei in America da lei? »
Merda. Da lui in Italia era quasi sera mentre a Manhattan il sole splendeva alto nel cielo. « Si, ma cosa c'entra. »
« Senti, io non so che rapporto abbiate voi due e non voglio mettermi in mezzo, davvero, lasciatemi in pace. »
Magari, avessimo un rapporto. Okay, cosí non funzionava, Michael non era facile da manipolare o abbindolare, intelligente e sospettoso capiva perchè Vivian ci andasse d'accordo, erano praticamente uguali, stessi identici difetti.

« Aspetta, ti racconto la verità ma non devi farne parola con nessuno. » Ancora una volta fu costretto a strizzare gli occhi per cacciare via lo stress che si era accumulato fino al quel momento: quasi aveva perso la fame.
« Vivian è ricoverata in ospedale, overdose. L'hanno salvata per un pelo, volevo solo capire se tu sapessi cosa possa averla turbata al punto da voler...» Non riusciva a dirlo. Serró le dita attorno al tovagliolo di stoffa. « Scomparire. » Quella parola gli si bloccó in gola, Lorenzo la sentì strozzarlo.

Michael invece si sentí un verme schifoso, immobile, seduto sul divanetto del salotto si dimenticò della rabbia, dell'orgoglio, della frustrazione e delle bugie. Vivian stava male e lui era stato accecato dall'odio cosí tanto che non era riuscito ad accorgersene, che egoista.
L'idea che potesse smettere di esistere in quel mondo lo terrorizzò a tal punto che lasciò la sigaretta consumarsi all'aria nel posacenere sporco, posato sul tavolino in legno. « Come sta? »
« È viva, cioè — fisicamente sta bene, è la testa quella che preoccupa. »
L'ultima cosa che le aveva detto era di sparire, e lei l'aveva preso alla lettera. Non l'aveva perdonata per quello che gli aveva fatto, solo adesso non ci pensava più. Nonostante l'avesse subito odiato, invidiato, era grato a quel ragazzo di averlo chiamato, si sentiva uno schifo.

E adesso lei era dall'altra parte del mondo, irraggiungibile a chiunque fosse a corto di denaro e disorganizzato come lui. Avrebbe voluto dirle che gli dispiacesse, che gli fosse mancata come l'aria e che ogni mattina senza di lei gli era parsa un inferno.
Una notte insieme e pensava già fosse sua, doppiamente idiota. Avrebbe dovuto esserci lui al posto di Lorenzo.
« Merda. »
« Quindi, è successo qualcosa? »
Michael non ebbe il corsggio di dirglielo, strinse le labbra sottili e cercò oltre la finestra del salotto una via di fuga, non ve n'erano. « Non lo so, comunque dammi il tempo di trovare dei soldi e prendo il primo aereo. »
Quindi ora era preoccupato? Saperla sofferente gli faceva male e la odiava per questo ma detestava di più se stesso.

Giusto, non tutti potevano permettersi di andare a trovarla dall'altra parte del mondo, nell'ospedale più costoso di New York, sorvegliata da una quantità eccessiva di persone inutili.
« Va bene, se vuoi puoi stare da me. Se Iv si fidava di te mi fido anche io. » Si fidava e anche troppo, se solo Lorenzo avesse saputo quante volte Vivian aveva sperato che a scriverle fosse Michael e non lui, forse non l'avrebbe trattato in quel modo.
O forse si, perchè pur di vederla felice si sarebbe inflitto la peggiore sofferenza immaginabile.

Michael rimase sorpreso da tutta quella bontà, all'inizio l'aveva giudicato malissimo. Accecato da una gelosia insensata, Vivian meritava uno come lui, non il peggiore degli egoisti. Non si era peritato neppure ad interrogare se stesso sul perchè lei gli avesse raccontato tutte quelle menzogne, dopo il modo in cui si erano voluti. Si era sentito cosí ferito che la soluzione più ovvia gli era parsa quella di distruggerla per evitare che distruggesse lui.

Lorenzo non era cosí, lui si stava annientando pur di salvarla. « Intanto arrivo, ti richiamo. »
Essere gentile per Michael era praticamente impossibile, assolutamente e innaturale. E poi ricordava ancora come si era scopato Vivian nel bagno del loro appartamento, quello stronzetto ricco cosí gentile e dolce. Lo odiava con tutto se stesso perchè era la versione migliorata di lui.

Chiuse la chiamata e cercò di contattare subito il fratellastro Leonardo, l'unico con troppi soldi in tasca e che forse gli avrebbe fatto il favore di prestargli la somma necessaria ad acquistare il primo volo per New York.
Non aveva idea di come avrebbe giustificato quella partenza improvvisa senza confessargli di come se la stesse passando Vivian, la loro amica che aveva vissuto due vite diverse per un po' di tempo.
Sorpreso di sentirlo a quell'ora, era raro che lo chiamasse. « Leo? »
« Senti, mi servono dei soldi. » Si percepiva quanto fosse allarmato.
« Che cazzo hai combinato? »
« Niente, devo prendere un biglietto aereo per andare in un posto, è urgente. »
« Miche non è che ti sei infilato in qualche casino? »
« Devo chiedere scusa ad una persona. »
Leonardo si lasciò sfuggire un risolino compiaciuto, adorava quando poteva dare qualche lezione al fratello. « Io questa non me la perdo, vengo con te. » Era in effetti piuttosto strano che il moro riservasse delle scuse decenti a qualcuno, ancora di più che volasse dall'altra parte del mondo per farlo.
« Ma che dici. » Merda. Lorenzo aveva espressamente detto di non far sapere niente a nessuno, e conoscendo la sua ex coinquilina lo capiva.
« È Vivian, vero? » Si fece più serio, posò la penna con cui stava sottolineando i soliti appunti sopra il tavolo.

Michael sbuffò scocciato e si passò le dita affusolate tra i capelli corvini, lucenti e soffici come seta. « Senti, ho fatto un sacco di cazzate nella mia vita, forse questa è l'unica cosa sensata. Mi dai una mano? » Gesticolò impaziente come se il fratellastro potesse vederlo.
Leonardo si allungò sulla sedia di legno su cui si era accomodato per studiare e pensò a quanto potesse costare un biglietto per New York. « Dammi il tuo iban. Ce l'hai un iban, vero? »
Roteò lo sguardo. « Si che ce l'ho. »
« Adesso ti faccio arrivare i soldi, ma un posto lí ce l'hai? »
« Dovrei. » Avrebbe probabilmente accettato l'offerta dell'amichetto di Vivian, quell'odioso.

Ma per Michael non era un problema cosí grosso, aveva vissuto metà della sua esistenza alla ricerca di una casa o un posto decente dove dormire, vagabondo ospitato dagli amici più strani, dai compagni della madre prima che si sposasse con il padre di Leonardo.
Non osava immaginare come stesse Vivian, se ci provava gli si attorcigliava una rabbia cosí forte dentro che rischiava di fargli rompere tutto a suon di calci e pugni. Dal tavolino ai quadri tanto amati, al cavalletto, avrebbe sfogato il suo senso di frustrazione su tutti i mobili della casa se solo fosse stato utile.

Doveva vederla, pensava che ferendola e allontanandola sarebbe stato magnificamente, invece si sentiva uno schifo. I sensi di colpa funzionano così, Michael. E anche quando vuoi bene a qualcuno.

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