Capitolo 39

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« Michael volevi che ti dicessi la verità, allora ascoltala.»
« E allora cosa vuoi fare? »
« È un po' tardi per me per decidere cosa fare. »
Era piuttosto raro che la lasciassero vivere secondo il suo volere, meno che mai dopo che aveva dimostrato a gran voce che non fosse capace di farlo.
Una notte da sola e aveva rischiato di scomparire dalla faccia della terra, non era decisamente una prova di affidabilità.

Michael si abbassò per guardarla meglio negli occhi.
« Non è tardi, Vivian, non è tardi. »
I suoi occhi erano fiduciosi, lo sguardo cosí limpido che sembrava quasi quello di un'altra persona. Vivian schiuse la bocca secca e screpolata. « Vogliono mettermi in un centro per tossico dipendenti. »
Sgranò gli occhi neri e percorse il viso della giovane, distrutto dalla stanchezza, dai tormenti e dalle droghe.
Se in un primo momento parve scioccato, poi inclinò il capo da un lato e si passò una mano tra i capelli come faceva sempre quando aveva un'idea. « A che pensi? » Gli domandò subito lei, si era dimenticata quanto fosse bello cercare di insinuarsi nella sua mente.
« Beh, lí non sarai lontana da loro? »
Vivian alzò le sopracciglia, che stesse considerando quell'ipotesi come giusta? Si era ormai rassegnata al suo destino e non si opponeva più, ma da lui si sarebbe aspettato tutt'altro.

« Sarò lontana da qualsiasi cosa, non solamente da loro. »
Era proprio quello, il punto. Era davvero cosí certa di essere capace di gestire la propria vita da sola, in modo sano e dignitoso?
« Magari ti farà stare davvero meglio parlare con qualcuno. »
« Uno psicologo, mi farebbe stare meglio. Non un centro isolato per casi disperati! » Cercò di alzare la voce ma era comunque troppo stanca: quella visita da meravigliosa si era presto tramutata in terribile. Voltò il capo dall'altro lato come per dargli le spalle, era sola ancora una volta.

« Non sono una drogata, sono una stupida ma non sono drogata. »
Strano da dire per una che era finita in ospedale in overdose, piuttosto irrealistico e ipocrita. Stava ancora mentendo o diceva la verità? « È vero, ho fatto uso di droghe in passato ma non sono mai finita in queste condizioni, ero incazzata e triste.
Ho fatto una cazzata, ma non voglio finire in quel centro. » Non se lo meritava. Aveva già sopportato abbastanza, ed era convinta che se non fosse mai andata via da Firenze tutti quei problemi non si sarebbero mai venuti a creare. Non aveva messo in conto che probabilmente dopo un po' sarebbe stata male anche lí, perchè i demoni lei li aveva in testa e se li portava dietro ogni volta che provava a scappare.

Non aveva voglia di combattere anche contro Michael.
« Se il tuo pensiero è questo puoi anche andartene. »
Sul serio, Vivian? L'hai detto davvero?
In realtà lui stava solo provando ad aiutarla, non aveva la minima idea di come funzionasse la sua famiglia e della cattiveria che si nascondeva dietro ogni azione buona, non lo immaginava neppure: era piombato in una realtà cosí diversa dalla propria che si sentiva un elefante in una cristalleria ogni volta che provava a fare un passo in avanti.

Scosse il capo deciso. « Non me ne vado, non esiste. » Una cosa l'aveva capita da quando era arrivato, da quando aveva deciso di partire: andarsene, lasciarla sola, era la cosa più sbagliata che si potesse fare, sempre.
« Domani mi dimettono, posso cercare di convincerli a lasciarmi tornare in Italia, ma è impossibile, non me lo permetteranno mai. »
A lui sembrò davvero strano il rapporto che avesse con i suoi genitori, capiva fossero invadenti e insensibili, ma davvero avevano cosí tanto potere sulla vita di Vivian?
« A Firenze mi sembrava stessi meglio. »
« Stavo benissimo. »
« È vero che sei tornata per tuo fratello? » C'erano ancora tante cose che non si spiegava, e altre di cui non era sicuro.

« Si, sono tornata per John. » Era comprensibile temesse lei non gli avesse raccontato la verità su tante altre cose oltre che sulla sua storia. « Gli hanno sparato, sua moglie mi ha chiamato e sono corsa qui. »
« Gli hanno sparato? » domandò come a volersi accertare di aver sentito bene, gli sembrava cosí assurdo. Nel suo sguardo sorpreso Vivian vide tutto il male che avrebbe potuto infliggergli solo essendo sua amica, non era giusto trasportarlo in quel mondo di inganni e sangue solo perchè era l'unica persona che le facesse venir voglia di aprire gli occhi la mattina.
« Si, senti, sulla mia famiglia ci sono delle cose che devi sapere. » Solo stare lí lo metteva in pericolo, e poi era meglio che fosse preparato al peggio, perchè era certa sarebbe giunto, prima o poi.

Si sistemò meglio sul lettino e lo invitò a farsi più vicino, in modo da non dover alzare troppo la voce. Era sempre meglio essere prudenti, nascondersi come topi schifosi.
« Gli Archibald sono imprenditori, abbiamo delle società che vanno bene e una serie di locali sparsi a Manhattan. »
E fin qui tutto regolare, era la parte dopo quella più difficile da spiegare a voce. « Però ci sono cose che facciamo al buio. » Usare il noi per riferirsi a quelle attività era cosí strano che si bloccò un momento, poi si riprese. « È un casino, perchè non siamo gli unici e c'è sempre qualcuno che rompe gli equilibri, per questo me ne sono andata, odio i giochi di potere e poi sono tutti dei maniaci del controllo, hanno il terrore che qualcosa non vada come dicono loro e— »
« Cazzo Vivian. »
Ora se ne va, adesso se ne va.
Era la prima volta in tutta la sua vita che raccontava cosa pensasse della sua famiglia e di cosa facessero i suoi parenti a qualcuno, sebbene in modo molto generale perchè i dettagli erano orripilanti, spesso non se li raccontava neppure lei. « È per questo che hanno sparato a tuo fratello? »
« Si. »
Ora sapeva tutta la verità, stava a lui decidere se cercare di aiutare la peggiore ragazza che avesse mai incontrato o svignarsela, come qualunque persona sana di mente avrebbe fatto.

Michael pensò subito di scappare, di lavarsene le mani perchè era l'egoismo fatto persona, ma sempre quel suo egoismo assurdo e malato lo costrinse a rimanere lí. Perchè sebbene fosse una stronza aveva bisogno di Vivian, non poteva accettare di non vederla più, di non averla ad allietare i suoi giorni grigi, la sua arte.
« Che possiamo fare?
Dovrà pure esserci una soluzione. C'è sempre. »
Si tirò il ciuffo corvino all'indietro, e all'improvviso Vivian s'illuminò, pensò alla proposta di Giulia e non le sembrò più cosí tanto malvagia. Si morse le labbra indecisa se su confessarlo o meno. « Forse una cosa che posso fare c'è. »
Davvero, Vivian? Un'altra cosa che non puoi dirgli, perchè chi frequenterebbe mai una che ha sparato ad un ragazzino?
E poi tutto per cosa? Non erano neppure fidanzati, due folli. Scosse il capo e cacciò subito via dalla testa l'idea di ascoltare la cognata. « Che cosa? » La incalzò Michael, impaziente.
« Niente, pensavo di poter fare qualcosa ma non posso, non ci riuscirei mai. »
« Cosa? »
« Fidati, è meglio che non te la dica. »
Lui all'inizio stava per controbattere, per dirle che qualsiasi cosa fosse stata gli sarebbe andata bene, che insieme avrebbero sopportato tutto. Ma poi ripensó a quale fosse il lavoro preferito degli Archibald e stette in silenzio.

Vivian invece pensava, si stava consumando il cervello pur di trovare una via d'uscita, aggrappata alla speranza che rivederlo le aveva appena regalato.
Non era stata abbastanza forte da rimanere attaccata alla realtá, cosí chiara da farla sentire un'idiota quando finalmente realizzó cosa potesse fare.
Niente.

« Se scappiamo?
Firma per andartene, e prendiamo il primo aereo. »
« Non ho i documenti. »
« Possiamo recuperarli? » Intendeva chiaramente rubarli, sottrarli con l'inganno.
« Tu davvero pensi sia cosí semplice entrare in casa di mio fratello? E poi non sappiamo neanche se siano lí, magari ce li ha mia madre, o mio padre. »
« Intanto tu firma, poi pensiamo ad un piano. »

Non si reggeva neppure sulle proprie gambe, ma decise di ascoltarlo. Meglio quello che la comunità, tanto a vivere da esiliata ci sarebbe finita comunque, tantovaleva provare a scappare.
Strinse le labbra e poi acconsentí a seguire il suo piano improvvisato approvandolo con un sospiro poco ottimista. « La mia roba? » Gli ultimi vestiti che aveva indossato erano un abito cortissimo di Valentino, o forse era Versace? Comunque ricordava dei tacchi, ma non temeva non vi fosse altro: sicuramente i suoi avevano pensato a portarle un degno cambio.
« Vado a chiederla. »
Vivian attese qualche minuto e arrivó un'infermiera, la stessa di prima, a toglierle la flebo. Non capiva perchè non potesse aspettare fino a domani e come mai sembrasse un'altra persona rispetto a come l'aveva vista all'inizio.

Si voltó verso Michael e capí dal modo in cui la stava guardando che probabilmente fosse stato l'amore a salvare entrambi, o almeno ci stava provando.

Vivian si rivestí velocemente anche se per tutto il tempo si chiese cosa avrebbero fatto dopo, perchè Michael ci tenesse cosí tanto a farla tornare con lui e perchè diamine lei gli prestasse ascolto in quel modo.
Lui la osservó mentre si cambiava ed ebbe l'impulso di sorreggerla, tanto gli sembrava fragile.
Era cosí bella, rovinata.

Mentre gli indumenti le scivolavano sulla pelle pallida e secca, larghi perchè rispetto a quando era arrivata qualche chilo le era scivolato via.

Firmó quello che doveva ed era già troppo stanca per opporsi oltre, si passó una mano sul viso intanto che Michael le si avvicinava per sorreggerla da un lato.
Si fermó esattamente all'uscita del grande palazzo, le porte si aprivano si chiudevano automaticamente ogni volta che qualcuno entrava o usciva. Messi lì erano sicuramente d'intralcio, ma Vivian aveva trovato il coraggio di parlargli in quel momento e basta, poi sarebbe stato troppo difficile. « Lascia stare. »
« Non stai bene, lascia che ti aiuti, poggiati a me. »

Michael indossava la solita giacca di pelle imbottita e una sciarpa per proteggerlo dal freddo di New York, in quel periodo diventava invivibile per chiunque non possedesse un caminetto.
Vivian scosse il capo. « No, intendo dire in generale. Stiamo facendo una cosa che non riuscirà mai, è impossibile. »
« È l'unica alternativa. »
Ribadí, battendosi le mani sulle gambe fasciate dai pantaloni.

Gli prese le mani e cercó il suo sguardo scuro, cosí profondo e piacevole anche quando sembrava troppo intimorito per essere davvero lui. « Per me. »
« Vivian, che stai dicendo? » Assottiglió le iridi penetranti e accorció le distanze tra loro, come se in quel modo fosse piú facile convincerla.
Invece la stava annientando. Odiava dirgli di no, odiava dover fare la parte di quella poco fiduciosa.

« Tu puoi tornare a casa, continuare la tua vita senza guai. »
Quel posto era un trita anime da cui era meglio scappare al piú presto, ci voleva pochissimo a finire in un vortice di cose sbagliate e lei ne era l'esempio.
« Io voglio tornare con te. »
« Non puoi, io sono troppo legata a questo posto per lasciarmelo alle spalle, tu puoi. » Bastava che la lasciasse andare, la sua vita sarebbe stata meravigliosa. O almeno, era quello che pensava Vivian.
Lui la guardó qualche attimo come a volersi accertare che stesse dicendo la verità. « Smettila di dire stronzate. » Le diede le spalle e uscirono insieme dall'ospedale.
Si aggrappó con una mano al braccio di lui. « Non dico stronzate, dico la verità. » Per una volta, Vivian era stata sincera con se stessa e con gli altri.
Era forse il discorso meno egoista che avesse fatto in tutta la sua vita.

Michael si liberó dalla presa della giovane facendo scivolare via la sua mani dalla giacca in pelle. « Quindi secondo te cosa dovrei fare? Tornare in Italia e far finta di non averti mai conosciuta? » Cercó una sigaretta nella tasca esterna del cappotto scuro e la mise tra le labbra sottili. « Anche questo è impossibile. »
« Non è vero. »
Prese un tiro e roteó lo sguardo, irritato. Avrebbe voluto dirle tante cose ma non ci riuscì, e poi pensava che fosse troppo debole per poter reggere pensieri pesanti.

Non le rispose, le riservó un'occhiata infastidita mentre cercava il numero di Lorenzo nel telefono. Era assurdo doversi appoggiare a lui, se fosse stato per Michael avrebbe dormito per strada, piuttosto. Ma Vivian aveva bisogno di un letto e delle attenzioni che lui non poteva comprarle.
Lo chiamó e si fece dare l'indirizzo del suo appartamento, Vivian sebbene fosse del posto non aveva idea di come muoversi in metro o con i mezzi, quindi si affidó a Michael ancora una volta.

L'italiano aveva lasciato loro le chiavi sotto un vaso fuori al portone, diceva che aveva delle cose da fare. In realtà probabilmente il suo cuore non era capace di reggere la vista di quei due insieme, perchè sapeva quanto fosse sbagliato lui per lei, quanto sarebbe stato più facile per Vivian innamorarsi di lui.

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