Capitolo 40

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Lorenzo aveva un piccolo appartamento sempre nel centro pulsante di New York, ma in una zona abbastanza tranquilla, lontana dai locali e dal lusso esagerato delle loro vite.
Il portone era bianco, vi si accedeva dopo aver attraversato un cancelletto in ottone e aver salito qualche gradino di pietra scura. Michael si chinó per cercare la chiave sotto il vaso indicatogli dal proprietario e la trovó, tiró un sospiro di sollievo mentre la porta si apriva dopo che lui la ebbe infilata nella serratura.

L'ambiente era accogliente, si vedeva che ci fosse il tocco di un italiano: non v'era nulla di troppo appariscente ma si notava il lusso e l'eleganza in ogni dettaglio. A terra il parquet rendeva l'ambiente caldo, il muro chiaro lo faceva sembrare ancora piú spazioso.

La veritá era che Lorenzo aveva immaginato così tante volte di portare Vivian con lui in quella casa, che non ce l'aveva fatta, ad essere presente mentre lasciava quanlcun altro a salvarla. In quel momento se ne stava seduto in un bar, con un caffè fumante davanti e il telefono poggiato vicino alla tazza sul tavolo, per ogni evenienza.
Era una bugia che avesse qualcosa da fare, solo non era stato abbastanza coraggioso, nobile d'animo ma comunque umano.

Vivian e Michael invece si stavano ambientando, lei aveva già lasciato la sua borsetta sulla poltroncina appena davanti all'ingresso, mentre lui si stava spogliando della giacca e della sciarpa.
I riscaldamenti dovevano essere ancora accesi, quel Lorenzo aveva pensato proprio a tutto.

Michael odiava ammettere quanto fosse gentile, se non fosse stato per lui Vivian si sarebbe trovata ancora in ospedale e lui a rimuginare su quanto fosse stata abominevole nei suoi confronti.
« Mi faccio una doccia, ne ho proprio bisogno. Poi parliamo. »

Così Vivian lo lasció solo, egli ne approfittó per rilassarsi sul divano nel piccolo salotto organizzato all'ingresso e fumarsi un'altra sigaretta. Stava per chiudere gli occhi, cullato dal rumore dell'acqua che scorreva proveniente dal bagno, quando la maniglia della porta scattó.
Spense la sigaretta consumata come se dovesse rendersi presentabile e si mise ad aspettare di vederla.

Vivian dopo aver passato la notte in ospedale si faceva schifo, aveva bisogno di darsi una ripulita e per fortuna Lorenzo, maniaco dell'ordine, aveva sempre uno spazzolino di riserva. Fu facile trovarlo, anche in Francia tutto era maniacalmente organizzato nello stesso modo.

Si presentó a Michael ancora con l'accappatoio stretto attorno al corpo, i piedi nudi e i capelli arrotolati sotto un'altro asciugamano.
Lui rimase incantato ad osservarla come se avesse visto una dea per la prima volta, avrebbe dato qualsiasi cosa per poter essere con lei sotto quella maledetta doccia.
Scosse il capo e si costrinse a tornare serio, lei invece rimase ad osservarlo come se non lo conoscesse.
« A cosa pensi? » domandó lui, diretto.

Che probabilmente presto non l'avrebbe mai piú rivisto, e quindi stava cercando di memorizzare ogni dettaglio di lui, come se già non fosse indelebile nella sua mente.
Arricció le labbra e alzó le spalle, quel gesto lo fece impazzire e infatti dovette distrarsi. Fiondó la propria attenzione verso un punto indefinito dall'altra parte della stanza e rimase fermo, seduto anche se in fiamme.
« Dovresti vestirti, cosí prendi freddo. »

Lei non lo ascoltó. « Stavo pensando che ti sei fiondato qui senza neanche conoscermi davvero, cioè ci conosciamo da poco e ti sei fatto un viaggio immenso solo per aiutarmi. »
Lui parve innarvosirsi. « E quindi? »
« Perchè l'hai fatto? » Gli si avvicinó, costringendolo a guardarla, mentre dall'alto gli riservava un'espressione confusa. Non erano amanti, non erano amici di famiglia, a legarli v'era solo una notte insieme e un quadro.
Erano bastati a fargli prendere un volo per l'America?
E se si aspettasse qualcosa da lei? E se la stesse aiutando solo per avere qualcosa in cambio?
Diffidente ormai per natura, nonostante lo adorasse, ogni tanto una vocina nella sua testa le urlava che fosse impossible che qualcuno potesse sul serio tenere a lei.

Lui allargó le gambe da seduto e se la ritrovó in mezzo.
Prima di darle una risposta, camminó con le dita fin sotto il tessuto del suo accappatoio e le accarezzó la pelle infreddolita delle gambe magre. La sentì rabbrividire sotto il suo tocco e ghignó compiaciuto.
A quel punto, dopo aver avuto conferma dell'effetto che le faceva cercó il suo sguardo che da inquisitorio era divenuto più debole. Aveva ripreso il controllo della situazione. « Rispondimi. »
Lo ammonì nuovamente, ma la voce ormai le tremava e la voglia di baciarlo era più forte di qualsiasi bisogno di risposte.

Si alzó, sovrastandola con il suo corpo, si ritrovarono incredibilmente vicini e all'improvviso Vivian non sentì più il freddo di prima.

Inchiodó gli occhi corvini a quelli glaciali di lei. « Sarai anche legata a questo posto di merda, ma io sono legato a te. Non riuscirei mai ad andarmene e lasciarti qui. » Se la sarebbe portata per sempre dietro, nei propri pensieri e rimorsi più dolorosi.
Una confessione a cuore aperto, abbastanza importante da far scappare Vivian nel caso non fosse stata totalmente persa.

Lei schiuse la bocca per rispondergli ma con le parole non era mai stata brava, le morivano in gola ogni volta e preferì baciarlo. Le loro labbra si unirono e si ritrovarono presto avvinghiati l'uno all'altra come se fossero stati creati apposta per incastrarsi alla perfezione.
Michael le afferró i fianchi da sopra l'accappatoio in modo da sentirla piú vicina e spingerla contro di lui, sospiró piano perchè dopo tanto tempo senza di lei bastava davvero poco per farlo infiammare, perdere il controllo.

Quindi si staccó da Vivian rimanendo peró con le mani ancorate al suo bacino stretto. Cercava la frase giusta da dirle, qualcosa ad effetto ma faceva schifo anche lui quando la sua mente era distratta da altro, mettere in ordine i propri pensieri gli pareva un'impresa così ardua che si abbandonó al proprio istinto e la bació ancora, questa volta volle sorreggerle il capo, l'asciugamano umido scivoló giù dalla sua testa rivelando la chioma dorata.

Si allontanó, deciso a mantenere il controllo perchè Vivian era ancora stanca e lui stava cercando di non essere troppo egoista ma fu lei a riprenderselo, infiló le mani sotto la sua felpa scura e prese ad accarezzargli la schiena muscolosa, la conosceva così bene che mentre ne tracciava la sagoma con le dita poteva immaginare benissimo tutti i tatuaggi e come fossero posizionati.
« Vivian... »
« Che c'è? » Gli bació piano il collo, poi tornó a guardarlo.
Michael socchiuse gli occhi e rise a quella provocazione, le rubó l'ennesimo bacio e le tiró con i denti il labbro inferiore. « Così mi fai impazzire. »
Le era mancato così tanto che le sembrava ingiusto essere troppo stanca e debole per goderselo, comunque abbassó lo sguardo un attimo e fece scontrare per l'ultima volta le loro labbra. Poi si allontanó. « Vado ad asciugarmi i capelli. »

Tornó in bagno e si diede una sistemata, asciugó i capelli e diede loro una forma accettabile, mentre ispezionava il viso alla ricerca delle solite inperfezioni.
Non aveva trucchi e neanche un cambio pulito, ma non le importava.
Rimase in accapptoio quando tornó fuori, non lo trovó peró seduto dove si aspettava, inclinó il capo da un lato ed ebbe paura che se ne fosse andato via davvero, che l'avesse lasciata come lei gli aveva chiesto.
Si portó una mano davanti alla bocca e inizió a cercarlo freneticamente, prima in cucina, nell'altro bagno, poi in camera da letto.

Fu lí che si calmó, Michael era sdraiato sulle coperte morbide e dormiva beato, distrutto dal viaggio, dalle discussioni avute con lei, da un sacco di preoccupazioni che non meritava. Era steso da un lato con il braccio infilato sotto al cuscino e il viso quasi angelico.
Lei si avvicinó al letto e rimase qualche momento ad osservarlo, le piaceva da morire anche mentre giaceva tra le braccia di morfeo, immerso in chissà quali sogni.

Spense la luce e s'infiló vicino a lui, si sdraió con la schiena rivolta verso il suo petto, abbastanza vicina da sentire il suo respiro ma non volle toccarlo e rischiare di svegliarlo.
Michael invece si accorse della sua presenza, non aprì gli occhi ma emise un mugugnio strano. Allungó subito un braccio attorno alla sua vita, spingendola contro il proprio corpo, in modo da poterla tenere stretta mentre tornava a sognare. Affondó il viso contro la sua nuca, inspirando il dolce profumo di Vivian. Sembrava in quel momento fosse più lui ad aver bisogno di lei che il contrario, comunque la giovane non si sottrasse a quelle attenzioni, romantiche da dare la nausea ma stranamente piacevoli.

Chiuse gli occhi anche e dopo un po' si addormentó insieme a lui, esausta.

Aprì gli occhi che era ancora giorno, non sapeva che ore fossero ma a quanto pareva il piano di cui le aveva parlato prima Michael si era trasformato in qualcosa di meno audace, rimanere nascosti all'infinito in quell'appartamento rubato ad un amico fin quando avessero potuto.
Il braccio di lui era ancora ancorato al suo fianco, sentì le dita muoversi da sopra il tessuto dell'accappatoio, si era svegliato.
Affondó spostandosi sul suo ventre, inizió ad accarezzarlo piano e Vivian rabbrividì istintivamente. Inizió a baciarle il collo, lentamente, le spostó i capelli dalla nuca scoperta e fece scivolare giù il tessuto dell'accappatoio chiaro. Le accarezzó con le labbra la schiena, le spalle e la leccava per bagnarla di saliva per poi soffiare sui punti più sensibili.

Con la mano le afferró il seno ormai scoperto e fu in quel momento che Vivian decise di girarsi, per vederlo mentre prendeva fuoco e implorarlo di farla sua.
Non vi furono discorsi inutili, i loro corpi parlavano al posto delle loro bocche incatenate, le loro lingue giocavano insieme e si cercavano, mentre le attenzioni che si riservavano divenivano sempre più profonde.
Non basta mai.

Lui si mise sopra di lei e le strinse le cosce magre, era ancora nuda sotto quel dannato accappatoio e così calda che non si trattenne troppo prima di scioglierle la cinta che teneva legata in vita e averla completamente scoperta, sotto di lui.
Vivian invece, ancora scontenta, bramava di poter sentire la sua pelle a contatto con la propria, gli tolse la maglietta e poi gli slacció i pantaloni stretti, rimase a guardarlo negli occhi per tutto il tempo, anche quando le sue mani s'insinuarono oltre il tessuto dei jeans scuri, facendolo impazzire.

Si unirono ancora prima che potessero fare il loro solito gioco, quello per vedere chi resisteva di più. Erano così impazienti di aversi che perfino le loro stupide fisse vennero meno, sconfitte dalla voglia di possedersi.
La stanza fu presto riempita dai loro gemiti e da sospiri di piacere, le gambe di Vivian prima strette intorno alla vita di Michael si ritrovarono sopra di lui, le piaceva quando poteva comandare e lui adorava poterla ammirare dal basso, steso sul letto mentre si godeva le sue attenzioni.
Lui le posó le mani sui fianchi ma era sempre lei che dettava le regole, che decideva il ritmo a seconda di come le piacesse. « Vivian... »
La stava avvisando che c'era quasi, ma lei prendeva la pillola e lo rassicuró, mentre continuava a muoversi.

Quando furono entrambi soddisfatti lei si abbandonó su di lui, gli lasció un altro bacio sul petto, questa volta più dolce di quelli che si erano riservati fino a quel momento.

Lui le alzó il volto con due dita e s'incantó a guardarla. « Sei bellissima. » Le morse il labbro inferiore, tirandolo verso di sè lentamente.

Vivian non disse nulla, gli sorrise dolcemente e si accoccoló contro il suo petto nudo.
Non aveva mai avuto il coraggio di domandargli cosa significassero tutti quei tatuaggi, temeva fosse una domanda troppo personale e Michael non era esattamente una persona a cui piacesse aprirsi su certe cose.
Prese ad accarezzarlo piano, seguendo con le dita la sagoma di una figura, dei serpenti intrecciati ad una spada.
« Ti piacciono? » Le aveva letto nel pensiero, ancora.
« Si, ma cosa vogliono dire? »
Lui esitó qualche momento, restio da sempre a dare troppe spiegazioni sul perchè delle sue scelte. La guardó negli occhi e decise fosse giusto rivelarle qualcosa, dopo che lei gli aveva confessato cosí tanto.

« I serpenti sono mia madre e mio padre. »
« Parenti serpenti? »
« Esattamente. »
« Perchè li odi cosí tanto? »
Un'altra pausa, distolse lo sguardo da quello di Vivian, indeciso se continuare o meno.
« Mio padre è andato via quando ero piccolo, credo avesse un'altra o che l'avesse messa incinta, mia madre non mi ha mai raccontato la verità per evitare che lo detestassi. » Mentre parlava prese ad accarezzarle la schiena, come se sentirla vicina gli desse la forza per affrontare quei discorsi. « Comunque io la vedevo mentre piangeva, mentre si disperava e cercava di nasconderlo. »
Quindi era legato alla madre più di quanto desse a vedere, era il padre quello che lui odiava. Vivian decise di non interromperlo, era già tanto che le avesse parlato in quel modo. « Era uno stronzo.
E sinceramente non l'ho mai piú visto dopo che mamma l'ha buttato fuori di casa. »
Vivian gli sfioró il collo con il naso, poi gli lasció un bacio leggero. « Quanti anni avevi? »
« Avevo nove anni. »
Si strinse a lui come a volerlo confortare, avevano storie diverse eppure cosí simili, forse era per quello che si capivano bene, che si intendevano anche senza parlare.
« Mia madre invece ne portava in casa sempre uno diverso, le promettevano tutti cose che non potevano darle, soldi... una vita decente. »
Lo vide, nel suo sguardo per un attimo comparve la sofferenza che si portava sempre dentro e aveva imparato a nascondere così bene da fingere che non esistesse.
Lo bació sotto al collo, si stese su di lui e Michael l'abbracció meglio. Gli piacque quel tentativo di dargli forza, di fargli sentire che non era solo, per la prima volta in tutta la sua vita poteva contare su qualcuno. « Si metteva nelle mani di chiunque le promettesse qualcosa, e tutto il resto scompariva. Se uno di loro le avesse chiesto di mollarmi in mezzo alla strada l'avrebbe fatto. » Era la prima volta che raccontava quelle cose a qualcun altro, forse parlare non era così terribile come aveva sempre pensato. « Vivevo con il terrore che succedesse, infatti appena ho potuto me ne sono andato a vivere per conto mio. » Non l'aveva mai perdonata. « Non se n'è mai fregata un cazzo di me, ora me ne frego io. »

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