Capitolo 45

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La puzza di umido del vicoletto in cui si era nascosta le dava la nausea, il sole si ergeva prepotente su New York ma pareva che lì non riuscisse proprio ad arrivare. Vivian aveva aspettato immersa in quel grigiume putrido silente e pazientemente che qualcuno dei domestici uscisse, qualche cameriera a cui rubare una divisa o di cui fingere di possedere il nome. Scrutava i dettagli fondamentali di ognuna delle persone che le passavano davanti: era necessario capire se si trattasse di spie, rinforzi o semplicemente la prossima vittima.
Il primo a passare fu un uomo, quindi si salvó: temeva che con il suo fisico debole non sarebbe riuscita a sovrastarlo e avrebbe finito per rovinare tutto. Passó dopo una donna, troppo bassa perchè potesse indossare una divisa adatta anche a lei.

Appena era riuscita a scorgere una vittima abbastanza innocente ed esile, con apparentemente il suo stesso fisico, decise di agire. Mosse gli stivaletti di pelle sull'asfalto polveroso per prepararsi all'agguato, l'arma ben stretta nella mancina e lo sguardo vigile.

Sbucó dalla rientranza dove l'oscurità l'aveva protetta fino a quel momento e tiró con un gesto veloce verso di sè la giovane donna, vittima del suo piano improvvisato. Le mise un braccio attorno al collo e la pistola invece puntata contro la schiena, la paura aveva lasciato il posto all'adrenalina e alla consapevolezza che ormai non potesse più tornare indietro.
Quella indietreggió subito, si sollevó sulle punte e spalancó la bocca, temeva di morire strozzata. Per il resto non oppose alcun tipo di resistenza, se Vivian non fosse stata accecata dalla rabbia, dalla paura e dall'ansia avrebbe capito che sarebbe bastata una semplice minaccia per farla spogliare e scappare via nel cappotto scuro.
« Stai zitta. Se dici qualcosa sei morta. » mormoró a denti stretti, mentenendo salda la presa.
Fu spietata.

Non poteva permettersi imprevisti, avrebbe seguito il piano che aveva in testa senza eccezioni, senza errori. Spostó la pistola dalla schiena della donna e la sentì sospirare sollevata, pensava forse di essere scampata al suo triste destino?
Nessuno sfugge al proprio destino.
Era il motivo per cui alla fine, dopo tutte le lotte e le ribellioni, Vivian si era ritrovata comunque a alla soglia dei suoi ventidue anni a dover gestire l'ansia di sapere come far svenire una persona senza ammazzarla, a puntare una pistola contro un'innocente, ad architettare piani, rubare auto. A pensare che fosse giusto.
Fingeva che l'intento fosse nobile, ma in realtà di nobile in quelle azioni v'era ben poco, redimersi sarebbe stato impossibile, raccontarlo a Michael ancora meno.

Con il manico della pistola colpì la testa della poveretta che le cadde addosso. Era così leggera, fragile, ma Vivian non ebbe comunque alcuno scrupolo nell'adagiarla a terra, non si sentì uno schifo neanche mentre la spogliava della divisa da cameriera, al freddo, in uno sporchissimo vicolo di Manhattan. Le rubó anche il cartellino identificativo.

Spiegare cosa stesse provsndo è decisamente difficile, perchè in realtà non sentiva niente: era quello il segreto per compiere le azioni più orribili senza esitare neppure per un secondo, spegnere la parte umana della propria testa, diventare una macchina da guerra e poi pentirsene, affogare una volta concluso tutto i dispiaceri nell'alcol, nell'ossessione di tenere tutto in ordine, giustificarsi con valori inesistenti: famiglia, potere. In realtà erano criminali, anche quando si difendevano, anche quando cercavano di salvare i loro nipoti e non potevano chiamare la polizia.

Non patì alcun freddo quando si liberó dei jeans e della maglietta per poi travestirsi, indossare l'ennesima maschera. Le mani erano viola dal gelo ma lei non conosceva più niente oltre la voglia di finire la sua missione.

Quel piano doveva funzionare a tutti i costi.
Indossó anche il cappotto di... Dolores, era quello il nome sul cartellino plastificato e pregó con tutta se stessa che non la riconoscessero.
Nascose il corpicino inerme della poveretta dietro un cassonetto come fosse spazzatura e si auguró non si risvegliasse troppo presto. Colta da uno sprazzo di compassione la coprì con il proprio, di cappotto per evitare che sembrasse davvero un cadavere inerme. Gli occhi glaciali per un attimo si scaldarono di qualcosa di meno spaventoso, quasi le dispiaceva, mentre si soffermava sui capelli ricci e srruffati della giovane.
Probabilmente aveva finito e non vedeva l'ora di tornarsene a casa, magari aveva una famiglia, dei figli?
Non basterà questo gesto a redimerti, Vivian.

Camminó con lo sguardo basso fino all'ingresso della villa, era enorme come quelle degli Archibald, solo che lì ci viveva tutta la famiglia Rossi, a loro non era permesso prendere case separate, forse era per quello che nessuno osava sfidarli, i loro legami erano i più forti di tutti.
Non c'era la figlia ribelle, l'erede che aveva deciso di starsene per conto suo e i genitori separati.
Nessuno dei Rossi poteva separarsi, nessuno poteva essere se stesso, niente oltre a chi era stato deciso dovesse essere prima ancora della sua nascita. La storia dei figli di quei posti era sempre la stessa, ma loro erano sempre stati inquietanti. Troppo severi perfino per uno come John, come suo padre.

Decise di intrufolarsi dal retro: v'era una piccola stradina laterale che conduceva ad un cancelletto poco sorvegliato da cui entravano e uscivano i domestici. A quell'ora c'era sempre un po' di confusione, comunque approfittó di un gruppetto che si stava dirigendo a fumare lì vicino per immischiarsi e confondersi. Aveva la sua pistola ben nascosta sotto il grembiule, il coltello nella solita custodia in pelle.

Quando si trovò finalmente oltre la loro proprietà non fu più tranquilla, sebbene la prima fase del piano si fosse conclusa in modo eccellente adesso iniziava l'altra, si doveva intrufolare all'interno, cercare un modo per capire se fossero loro ad avere sua nipote.
Rischiava cosí tante cose che meno ci pensava meglio agiva: se si fosse sbagliata, comunque i Rossi avrebbero trovato un pretesto per agire contro di loro, mentre se avesse avuto ragione avrebbe dovuto pensare anche ad un modo per portare Vittoria fuori da quell'inferno.

Seguì delle altre donne vestite come lei, la scambiarono per una nuova e addirittura fu richiamata perchè indossava ancora il cappotto. Vivian dovette nascondere un ghigno soddisfatto mentre sfoggiava la parte della ragazza qualunque che aveva imparato in Italia.
I tacchetti si mossero sull'erba fredda mischiata a terriccio prima dell'ingresso principale.
Ciò che non doveva essere calpestato dai padroni di casa non veniva curato troppo, infatti l'ingressino era piuttosto fatiscente rispetto a tutto lo sfarzo della facciata principale. La gente andava avanti senza neppure staccare lo sguardo dal basso, non v'era un rapporto con i domestici come quello che avevano loro: avevano rinunciato a quella schiera di gente in casa in modo da poter controllare qualunque cosa facessero i pochi assunti.

Mai avrebbero permesso che un'infiltrata potesse varcare la soglia della loro dimora, quella che doveva essere una fortezza.
Lasciò il cappotto e nascose il cartellino rubato, percorse un corridoio abbastanza lungo pieno di stanze, dovevano essere degli spogliatoi.
Disgustoso.
Di cattivo gusto.

Comunque cercò piuttosto di captare cosa un gruppetto di donne si dicessero mentre spingevano un carrello verso un grosso ascensore. Sembravano piatti, che fosse il pranzo?

"Questa va in camera del signore e della signora."
Bingo.

Arricciò le labbra sottili e s'incamminò verso di loro, in volto un sorriso cordiale e l'espressione più falsamente distesa che avesse mai conosciuto: non poteva permettersi passi falsi.

Sentiva puzza di decadenza, da una famiglia ricca e potente come i Rossi si aspettava decisamente di più che un piano terra stracolmo di domestici, poco curato, poco sorvegliato.
Che non si aspettassero il suo arrivo? Possibile che fossero impreparati in quel modo?

Gli Archibald erano rinomati per i loro inganni, per le maschere che sapevano indossare e per il modo in cui riuscissero ad imbrogliare chiunque. L'arte della manipolazione era la loro benedizione e la loro rovina più grande, l'avevano usata per raggiungere il potere ma li aveva distrutti: consumati fino andiventare un gruppo di pazzi pronti a dubitare delle proprie sorelle, dei propri fratelli.

"Posso farlo io."
Si propose, il sorriso da cordiale divenne quasi svampito, come se davvero fosse l'ultima scema della carovana. Un'anziana la squadrò da capo a piedi, evidentemente di sopra erano impazienti perchè senza farle troppe domande decise di spedirla su insieme ad un'altra.

Si chiusero nell'ascensore e attesero di salire su, fece premere il pulsante all'altra anche perchè non aveva idea di dove si trovassero i coniugi Rossi, stava improvvisando e non amava farlo, da brava maniaca del controllo.
Prese il cellulare, controllò che non vi fossero specchi nell'abitacolo e inviò un messaggio a Thomas.

Sono dentro.
Preparatevi.

Lo richiuse e lo infilò nella tasca del grembiule. La pistola era ben nascosta sotto le vesti, era pronta a puntarla sulla fronte di quel mostro di Massimo Rossi.
Credeva davvero, lei, dopo aver tramortito un'innocente e averla lasciata nuda, inerme per le strade di anew York, dopo aver violato una proprietà privata pronta a minacciare il proprietario, di essere migliore.
Avevano tutti questa assurda convinzione di essere superiori, era questo a fregarli, e fregava soprattutto chi, come gli Archibald, aveva difficoltà ad ammettere di non essere meno nobile di un gruppo di eroi da film.

Lentamente salirono fino al primo piano, quando le porte si aprirono per poco non rimase immobilizzata dalla paura. Si rese conto in quel momento, di essere davvero nella tana del nemico. Ebbe l'impulso di scappare, ma come? Come si usciva da quella prigione?
Davanti a loro si aprí un altro corridoio, a terra le rotelline del carrellino coperto da un lenzuolo bianco scivolavano su un tappeto persiano antico sicuramente più dell'America stessa. Le pareti erano affrescate mentre sopra vi erano appesi una serie di ritratti, dovevano essere i volto di tutti quelli che avevano abitato quelle mura da quando erano giunti dall'Italia. Le luci erano soffuse e fuori per strada si vedeva dalle finestre lo stesso grigio di quel vicolo stretto in cui aveva rapito la sua vittima.
Si sentiva come un topo in trappola, pareva quelle mura fossero state costruite apposta per quello scopo, intimidire.

Camminarono fino ad una porta in legno, da lí non arrivava alcun suono eppure sembrava fosse quella la destinazione. Guardò l'altra domestica, cercò un indizio nella sua espressione, nei suoi comportamenti.
Era forse in difficoltà? Evitava le iridi azzurre di Vivian e quando poteva abbassava il capo, come le persone deboli quando avevano qualcosa da nascondere.
« Apri la porta. » Finalmente le labbra carnose di Tamara, lesse sul cartellino il suo nome, pronunciarono delle parole che acquisirono un senso nella testa della bionda.
Lei annuí ancora ostentando ina tranquillità che non aveva e bussò prima, poi piegò un braccio e raggiunse la maniglia dorata. La porta in legno scuro scricchiolò e venne fuori solo oscurità, le luci erano decisamente basse e si chiese se non fosse una cosa da considerare troppo strana.
Esitò qualche istante e controllò che Tamara la stesse seguendo, intanto che prendeva il carrellino ed entrava di spalle. La penombra sarebbe potuto essere un alleato fantastico per mettere in atto il suo piano e sparire, il più velocemente possibile. Ma quale piano?
Non poteva ammazzarlo, nonostante fosse quasi certa avesse lui sua nipote, nonostante l'avesse spiata in silenzio per chissà quanto tempo, i piani erano altri.

Avanzò trascinandosi il carrello dentro. « Mettiamolo qui. » Il tono di voce fu quasi troppo severo, tanto che subito dopo quel repentino cambio di voce mutò qualcosa anche nello sguardo di Tamara.

L'ammoní silenziosamente, probabilmente più per paura di scrutare davvero il viso del capo della famiglia più pericolosa di Manhattan, che per altro. « Non troppo vicino. »
« No, certo. » Ghignò malefica, mentre comunque cercava di spingersi di più verso il letto a baldacchino. Non avrebbe mai immaginato che si sarebbe ritrovata con lui lí, disarmato sotto le coperte, dentro casa sua.

Stava dormendo? Oppure solo non considerava i domestici degni delle sue attenzioni, di sentire la sua voce? Quando si fermava e il silenzio diventava assordante riusciva a sentire il suo respiro lento, le tremarono le mani dalla voglia di vederlo soffocare, spegnersi lentamente solo per aver osato sfidarla.

Tolsero insieme il telo bianco da sopra il carrello e scoprirono una colazione meravigliosa, caffè, dolci e frutta in abbondanza, v'era chiaramente molta più roba di quanto a loro servisse per saziarsi: era un modo per esagerare come al solito, per far vedere quanto potessero osare rispetto agli altri.
Era cosí che facevano capire ai poveri domestici che rispetto a loro potevano considerarsi formiche da schicciare, insignificanti.
Tamara le fece cenno con il capo di andarsene, era chiaramente a disagio, ma Vivian no.

Mentre fingeva di sistemare delle cose fece cadere una tazzina di caffè bollente a terra, sul tappeto persiano. Recitò perfettamente la parte di quella preoccupatissima, ma allo stesso modo mortificata di aver messo nei guai una nuova conoscenza: quindi la invitò a levarsi dai piedi, ci avrebbe pensato lei.
Si chinò a raccogliere la tazzina e poi ripulí le dita sporche sul grembiule bianco, Tamara esitò qualche istante e poi se ne andò, aveva troppa paura per richiare una sgridata.

« Che diavolo succede? »
La voce del proprietario di casa giunse a disturbare Vivian mentre si trovava ancora di spalle, lasciò l'oggetto in ceramica e nel silenzio più totale spostò la mano dietro la schiena per prendere la sua pistola.
È il momento.

Non tremava più, non esitò un istante e fu piuttosto veloce a impugnare il manico della Beretta e puntarlo contro la tempia del capo Rossi.
Quello s'immobilizzò, probabilmente non si sarebbe mai immaginato che qualche pazzo un giorno avrebbe provato ad ammazzarlo in casa sua, ma non aveva ancora fatto i conti con la minore degli Archibald.
Calcolatrice quanto impulsiva, fuori di testa al punto giusto da rischiare tutto, ma abbastanza maniaca del controllo da pensare razionalmente a piani fattibili per realizzare obbiettivi assurdi.

Vivian si chinò per avvicinarsi al suo orecchio, vide in quel momento che era da solo, la moglie non occupava il posto a destra del materasso. E allora tutto quel cibo?
Non era comunque fondamentale, adesso voleva capire cosa volessero da loro e da sua nipote.
« Dove si trova Vittoria. »

Quello sorrise, la faccia rugosa si contorse in un'espressione divertita che fece infuriare la bionda ancora di più. « Complimenti Archibald, chi l'avrebbe detto che fossi proprio tu quella più scaltra. »
E rideva, continuava a ridere come se realmente vi fosse qualche motivo per farlo, quella reazione destabilizzò Vivian che per un attimo ebbe paura di essere caduta in una trappola.
« Dimmi dove si trova mia nipote, o ti faccio saltare la testa in aria. »
« Se io muoio non vedrai mai più la tua nipotina, ti conviene lasciarmi vivo, Vivian. »
« Se lei muore, non ne rimarrà neppure uno, di voi. »
Quello si passò la lingua sulle labbra, forse l'americana era riuscita a metterlo in difficoltà, oppure stava solo bluffando. « Avete giocato con il fuoco, lo sai? »
« Non me ne frega un cazzo, Rossi.
Voglio mia nipote. »
« E io voglio che stiate al vostro posto. »
« Avete sparato mio fratello e rapito sua figlia, non siamo noi quelli che hanno esagerato. »
L'adrenalina era l'unica cosa che non le faceva tremare la voce, le mani o perdere completamentr il controllo. Stava morendo di paura ma per fortuna era cosí concentrata che non lo sentiva, lo avrebbe sentito dopo, insieme a tutto il resto.

Gli sputò quella verità in faccia tutta d'un fiato, doveva sbrigarsi ad avvisare i cugini: presto la vera Dolores si sarebbe svegliata e avrebbe avvisato tutti.
« Sono le conseguenze delle vostre azioni. »
Vivian serrò le labbra, scocciata. « Forse non hai capito, Rossi. A nessuno frega più un cazzo delle tue proprietà di merda, dei soldi. Se oggi ammazzi me, domani ti raggiungerà qualcun altro, o te, o la tua stupida moglie, i tuoi figli. Non è più questione di soldi, ora si tratta di vendetta. » Fece scontrare l'estremità della sua pistola con la pelle lucida dell'uomo, quello sembrò accorgersi all'improvviso di qualcosa, forse che i suoi calcoli fossero sbagliati, che davvero avesse esagerato. Lo vide vagare con lo sguardo, come se cercasse una risposta nel buio.
« Quindi dimmi dove si trova Vittoria e non muore nessuno. »

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