Capitolo 54

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Vivian aveva ricordi piuttosto sconnessi, era certa di aver già sentito quel cognome ma non rimembrava dove, gli sembrava quasi un sogno. Non era la prima volta che le succedeva, era solita non ricordare la maggior parte dei dettagli incontrati in serate spiacevoli, in cui non era troppo sobria e neppure lucida.

Garcìa...
Assottigliò lo sguardo, mostrò un'espressione troppo concentrata per passare inosservata al cugino che ormai la conosceva bene. « Davide, aspettami al locale, io porto lei e ti raggiungo. » Voleva liberarsi di lei, quindi. Vivian arricciò le labbra e improvvisamente divenne meno interessante scoprire l'origine del cognome di quel giovane. Sembrava piuttosto piccolo, almeno tre o quattro anni di differenza da Thomas, forse era anche più piccolo di lei. Voleva saperne di più e questo il cugino l'aveva compreso.

« Dove andate di bello? » cantilenò lei, dispettosa.
Aveva già individuato i punti deboli di quel poveretto, quelli su cui far leva per ottenere tutto ciò che volesse. Probabilmente conosceva anche tutti i segreti di Thomas, si prospettava una serata divertente. Lui le sorrise, ignorando i suoi intenti perfidi.
« Mio padre ha un locale non troppo lontano da qui, è l'unico posto dove siamo tranquilli. » Doveva essere davvero innocente, per rivelarle subito tutte quelle cose.

La verità era che aveva un bisogno disperato di essere accettato, soprattutto da Thomas, dai suoi familiari. Quindi non gli sembrava vero che la sua cuginetta, la tanto rinomata e pazza Vivian Archibald lo stesse degnando di considerazione. « Un locale? Che figo! »
Thomas inclinò il capo, sapendo già dove volesse andare a parare quell'arpia dal sorriso tanto lindo e perfetto.
« Non verrai con noi. »
« Dai, mi sono lasciata da poco e ho bisogno di divertirmi, magari mi presentate qualcuno! »
« Ma se avevi detto di non essere neanche fidanzata. »
Sospirò in maniera teatrale, lasciando che una nuvoletta di condensa si mostrasse nell'aria. « Che c'entra, non mi piacciono le etichette. » Si portò una mano su un fianco e cercò approvazione nello sguardo di Davide, a lui pareva cosí assurdo che quella piccoletta esile e innocente fosse la Vivian tremenda e velenosa di cui il suo amato gli aveva raccontato.

Perchè voleva bene alla cugina, ma era velenosa come uno scorpione e pungeva come una rosa spinata, era meglio prepararsi e sapersi difendere.
Devide osò mettersi in mezzo, solo per rivolgere uno sguardo d'intesa alla giovane. « Dai, cosa potrebbe mai succedere? »
« Esatto! »
Vivian stava recitando la parte della stupida cuginetta ingenua, forse quel Davide aveva anche una sorella perchè sembrava compatirla, Vivian queste cose le riconosceva bene. Adorava spiare le sfaccettature dell'animo umano, la faceva sentire al sicuro, come se avesse il controllo di tutto. In realtà stava soffrendo, solo che non lo sentiva, aveva chiuso in un baule tutte le cose negative, le aveva soffocate in modo che non potessero venire fuori se non graffiandole l'anima, il petto e stritolandole il cuore pur di risalire fino alla sua testa.

Come al solito, sarebbe stata una guerra contro se stessa.
« Io vado in macchina con Thomas. » Nono gli diede neppure il tempo di rispondere che già si era infilata al caldo nel sedile della sua Lamborghini, al posto del passeggero.

« Che cazzo hai in mente Vivian? »
« Io? Tu mi hai nascosto che sei gay per— quanto? »
« Un paio d'anni. »
« Il minimo che tu possa fare e farmi conoscere Davide! »
Tirò giù lo specchietto e cercò nella pochette il rossetto, accese le luci dell'auto per guardarsi meglio mentre lo ripassava sulle labbra.
Il cugino strinse le mani attorno al volante, lo sguardo perso verso il buio davanti nel vialetto. « Vivian, io ci tengo davvero a lui. Non fare cazzate, non stasera. »
« Tranquillo, niente alcol e niente pasticche. »
« E niente coca. » Lei roteò lo sguardo, l'aveva omesso volutamente, ma con Thomas quei giochetti non funzionavano bene.
« Sei diventato davvero un santarellino, complimenti Archibald. » Vedendo il suo viso volle rassicurarlo, dopotutto non era cosí strega. « Dai, almeno non potrà più dirti che non hai detto niente alla tua famiglia. »
Alzò le spalle, richiuse il rossetto e lo rimise nella sua borsetta firmata. Accavallò le gambe e dallo specchietto osservò Davide mettere in moto la sua auto.

Partirono insieme e arrivarono contemporaneamente, si divisero solo per cercare posto ma fecero presto, ne avevano alcuni riservati. Quando scese finalmente dall'auto ricordò di esserci già stata, in quel posto. Alzò lo sguardo verso l'ingresso e inprovvisamente le mary jane in vernice arrestarono la loro camminata.
Era il locale dove l'aveva portata Marcus, quella sera con Dalila, quello che doveva essere del suo amico ma poi aveva scoperto appartenere a quello strano enaffascinante uomo.
Simon Garcìa.

Thomas notò la sua esitazione, le avvolse un braccio con il proprio e la spinse in avanti, delicatamente. « Vivian? » E adesso? Come faceva a dirgli che era proprio nel bagno di quel locale che aveva provato ad ammazzarsi?
Che probabilmente avesse quasi fatto sesso con un parente del suo fidanzato? Eppure non ricordava di aver visto una sua foto tra quelle di famiglia, sapeva fosse sposato e avesse dei figli. Vivian era stata cosí stupida ed eccitata all'idea di fare una cosa talmente sbagliata che si era perfino messa a guardarle, sulla scrivania in mogano.
La faccia di Davide non c'era, magari non era suo padre.
Lo sperava davvero, e poi anche se fosse stato non l'avrebbe mai scoperto nessuno, era in una botte di ferro.

Scosse il capo come faceva sempre quando doveva tornare alla realtà e camminò in avanti. « Si. »
Finse di non sapere dove fosse il guardaroba, dove fosse il bar, dove fossero i corridoi che collegavano alle altre salette.
Anzi, esagerò tutto mostrandosi affascinata da quel posto cosí nuovo e moderno, elegante e sofisticato. Sperò non la riconoscessero i baristi, uno alzò lo sguardo per salutarla ma lei lo distolse subito. Come al solito, si stava portando dietro un sacco di guai.

« Andiamo nell'ufficio di papà. »
Vivian rabbrividí, sospirò e sfacciata fece finta anche di non conoscere quel posto. C'era proprio lo stesso divano su cui si era avvinghiata a Simon, prima di bloccarsi perchè le mancava Michael, se non ci fosse stato il suo nome a martellarle la testa probabilmente avrebbe trascorso tutta la serata con quell'uomo cosí affascinante.

Davide si mise sul divano, mentre lei desistette qualche momento, ancora. Era strana, Thomas capí subito ci fosse qualcosa che non andasse, solo non osava porle domande in presenza del ragazzo di cui era innamorato.
« Vado a fumare. » Lasciò la borsetta sulla scrivania in mogano dopo aver tirato fuori dal pacchetto una sigaretta. Ne approfittò per guardare ancora le foto di famiglia: la faccia di Davide non compariva da nessuna parte.
« È lui tuo padre? »
Sei proprio senza vergogna, Vivian.
Il dito magrolino puntato su una fotografia precisa, quella di lui con una donna e due bambini accanto. Perchè non c'era la faccia del giovane seduto ora davanti a lei, su quel bel divano?

Davide si sistemò i capelli con un gesto veloce, Vivian sorrise, era nervoso, anche Michael faceva cosí quando era nervoso. « Si, quelli sono i miei fratellastri. » Ora tornava tutto, quindi era divorziato? Si era sposato ben due volte, che coraggio. « Io non ci sono perchè non andiamo tanto d'accordo, ha tradito mia madre con la donna con cui sta adesso. Gli ho vietato di mettere la mia faccia sulla sua scrivania. »
E la donna con cui stava adesso, l'aveva tradita con Vivian. Non avevano passato la notte insieme ma comunque erano sicuramente piuttosto intimi, e probabilmente se l'avesse rivisto un pensierino ce l'avrebbe fatto, chiaramente non ora che sapeva potesse creare casini.
Ma era tardi. « Ah, capisco. » Non disse altro la bionda, probabilmente lui e Marcus erano davvero amici e quando il giovane Martin aveva detto che li avrebbe portati nel locale di un suo amico intendeva che fosse del padre del suo amico.

Si posò sul terrazzino contro lo stipite della porta finestra, accese la sua sigaretta chiuse gli occhi per un momento, in poco tempo riuscí a vedersi Simon davanti, la sua bocca sul proprio collo, il modo in cui le accarezzava la pelle che era riuscita a mandarla in estasi nonostante nel suo cuore vi fosse scritto il nome di un altro.
L'aveva chiamato stronzo, alla fine si era rivelato meno santarellino di quello che pensasse. Aveva un bel caratterino Michael, sapeva tenerle testa e ovviamente non riusciva a toglierselo dalla mente.
Perfino in quel momento, mentre aveva appena scoperto di essere stata una delle amanti del padre di Davide, pensava solo a quanto sarebbe stato divertente raccontare quella cosa a Michael. Inclinò il capo di lato e prese un tiro lento, lasciò che il fumo le riempisse la gole e i polmoni per poi tornare nell'aria.

Si voltò che Thomas e il suo amico si stavano già baciando appssionatamente, in effetti lei c'entrava poco in quella serata: probabilmente doveva essere solo loro e lei non aveva voglia di rimanere sola.
La solitudine era il suo tormento, sebbene reputasse di star bene solo senza nessuno alla fine tornava sempre in mezzo alla gente, anche in mezzo a quella che diceva di non sopportare.

Incrociò le braccia al petto e si strinse nel cappotto scuro, per la prima volta osservò il panorama, da quel terrazzino si vedeva mezza Manhattan. « Questo posto è proprio figo. »
« Si, mio padre è uno stronzo ma ha dei bei gusti, fa buoni affari. » Era cosí strano associare la faccia di Simon a quella di un genitore, Vivian adesso si sentiva in colpa ma non perchè avesse distrutto una famiglia, quella a quanto pareva era già andata a rotoli molto prima, piuttosto non voleva incasinare Thomas, per una volta che era riuscito ad essere felice.

« E lui sa che vieni qui ogni tanto conThomas? »
Fatti gli affari tuoi, Vivian. Improvvisamente, mentre fumava e faceva distrattamente quelle domande non sembrò più cosí tanto innocente come gli era parsa all'inizio.
« Si, sa tutto. »
« Beh, dai. Allora non è poi cosí una merda. »
Poggiò anche la testa allo stipite della porta che portava sul balconcino e si isolò completamente, sarebbe stato molto meglio se avessero avuto da bere, qualcosa da fare.

Si voltò a guardarlo, effettivamente loro il modo di passare il tempo l'avevano trovato, era Vivian quella sempre alla ricerca di svago e distrazioni.
Forse avrebbe fatto meglio ad andarsene al bar, forse avrebbe fatto bene a non amdare con loro in quel posto.
Non ce la fai proprio, eh, Vivian?

« Volete bere qualcosa? » Inaffidabile, egoista e insensibile. Aveva promesso al cugino che non avrebbe fatto cazzate e lei pensava di potersi controllare, in realtà la sua mente era andara ben oltre e già la proiettava ubriaca persa, magari priva di sensi. Incapace di capire che diavolo le stesse accadendo intorno, era la sensazione piú bella che avesse mai provato: l'esatto momento prima di capire che avesse esagerato, tutta quella leggerezza.

« No. » Intervenne subito Thomas, il tono era chiaramente di rimprovero, ma Vivian lo ignoró, si stava annoiando troppo, quella serata stava diventando per lei deprimente. E poi era stanca, aveva bisogno di far riposare la testa.
« Io vado al bar, se volete che vi porti qualcosa— » Stava per dire "chiamatemi" ma ricordó di avere il cellulare rotto. « Beh, arrangiatevi. »
Ma come siamo educate, signorina Archibald. Pensava che mettere il naso nella vita privata di Thomas sarebbe stato piú interessante, invece non c'era nulla di scabroso e orripilante, solo un segreto che trovava troppo dolce e innocente per essere un vero gossip, aveva bisogno di altro per soddisfare le sue voglie da strega.

Arrivó al bancone e scivoló cono gomiti sulla superficie scura, il maglioncino le andava stretto abbastanza da evidenziare il fisico esile e apparentemente perfetto, chissà cosa avrebbero pensato quelli che le morivano dietro se avessero saputo a cosa fosse dovuto: niente cibo, tanto alcol, ansia e ossessioni varie. Ovviamente anche le medicine che prendeva senza motivo avevano il loro merito, un mix letale che riusciva a portare avanti da quando era adolescente, un modo ingegnoso per sfocare e ammorbidire la vita.

Il barista si ricordó di lei. « Il solito? » Come poteva scordarsi della preferita del capo.
« Martini. » Non aveva idea di coasa avesse ordinato quella sera, probabilmente il suo drink preferito.
« Con oliva. »
Era sul serio cosí scontata?

Il posto era quasi vuoto, probabilmente non era ancora arrivata l'ora di punta, o forse lo scopo era proprio quello di non averlo troppo affollato. Accavalló le gambe, decidendo di spostare la sua attenzione dalla sala alle mani del barista, mentre abilmente si muovevano per dar vita al suo Martini. Chissà com'era saper fare qualcosa cosí bene, Vivian non aveva alcun talento, ogni tanto invidiava chi ne possedeva uno.

Udí una voce alle sue spalle, qualcuno le accarezzó la schiena delicatamente. « Signorina Archibald, non credevo di vederla nuovamente qui. »
Simon, poteva giurarci. Sorrise malefica, non avrebbe fatto male a nessuno se si fosse divertita un po', no?
« Dopo l'ottima pubblicità che ti ho fatto il minimo sarebbe offrirmi da bere. » Strinse le labbra sottili, adorava quei giochetti, le cose proibite, quelle sbagliate che riuscivano a tenerla sempre con il fiato sospeso.
Lui indurí i lineamenti decisi e fu costretto a sorriderle, scosse il capo come se non si aspettasse certamente tutta quella sicurezza da parte di una quasi suicida. « In effetti è stata la festa piú scandalosa dell'anno, i clienti sono decisamente aumentati. » Si chiese fino a che punto la mente folle di Vivian fosse capace di spingersi.
« Ho già chiesto un martini, lo metto sul tuo conto. »
« Per me un whisky, il solito. » Ecco di cosa sapevano le sue labbra, avevano il sapore amaro e ambrato della piú orribile bevanda che l'americana avesse mai assaggiato, eppure lui la rendeva decisamente affascinante.

« Come mai sei qui? » Quell'illuso forse credeva lo stesse cercando? Non era cosí stupido, aveva capito bene il caratterino di Vivian o quantomeno che non fosse sempre limpida come faceva sembrare.
Stava giocando. Vivian si voltó e incastró lo sguardo cristallino nel suo, acceso di malizi.
« Magari avevo voglia di vederti. »
In testa la voce di Thomas che le urlava di non fare cazzate era solo un motivo in piú per provare a vedere cosa sarebbe successo se si fosse spinta oltre, davvero aveva voglia di perdere l'unica persona che non l'avesse mai giudicata?

Simon le sorrise, assottiglió lo sguardo, come se volesse leggerle la mente. A Vivian venne da ridere, non avrebbe mai saputo quale groviglio si nascondesse dietro le sue espressioni malevoli e studiate.
Glie lo stava dicendo in silenzio, che potesse al massimo accontentarsi di essere sedotto, delle briciole che gli lasciava assaggiare. A lui piaceva essere corteggiato da una di vent'anni piú giovane, e adorava il modo in cui lo provocava, senza vergogna e sicurissima di sè.

Qunte cose non sai, Simon.
Siete tutti intrappolati nella mia rete.

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