Capitolo 53

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Thomas sospirò nervosamente, si strofinò la mano sulle labbra disegnate. « Io questa volta ti copro, alla prossima ti lascio in mezzo ai casini. » Cosí magari impari. Ma Vivian non avrebbe mai imparato, non le era bastata la morte per farle capire che fosse un'idiota, che tutti i suoi calcoli erano sbagliato, che dovesse trovare il modo di fermare quel circolo vizioso in cui era cascata e continuava a cadere da tutta la vita.

Bentornata alla tua vecchia vta, Vivian.

Camminarono insieme fino al bagno, lui aveva i capelli corvini mentre Vivian era una fiamma dorata in mezzo alle tante teste spente della sua famiglia, eppure si somigliavano incredibilmente. Avevano lo stesso sguardo indagatorio, le stesse ossessioni per il controllo che Vivian sfogava nelle dipendenze, nella droga e nell'alcol, lui invece ogni tanto aveva attacchi di rabbia ingestibili. Aveva rotto una buona quantità di macchine e telefoni, probabilmente per quel motivo ne aveva sempre di riserva.

Vivian se ne stava seduta a terra, attenta a non sporcare le calze bianche sulle ginocchia perchè poi si sarebbe capito che cosa diavolo stesse facendo. I dettagli erano importanti, non sfuggivano mai a nessuno della sua famiglia. Era già strano che John non so fosse alzato a cercarla.

Alzò il capo dal water in porcellana dove aveva disteso le braccia magroline, mentre vomitava.
« Ma ce l'hai davvero un altro telefono? Perchè davvero mi si è rotto. »
Thomas invece se ne stava poggiato al muro accanto alla porta, per evitare ingressi o visite indesiderate. Aveva il cellulare tra le mani e messaggiava sicuramente con qualcuno, per quanto potesse sembrare stronzo non era il classico donnaiolo, non più. Da giovane ne aveva cambiate tante, ma poi aveva imparato ad amare, almeno lui. « Ti giuro, se dici un'altra parola ti lascio qui a morire nel tuo vomito. »
Distolse lo sguardo dal display luminoso per fulminare la cugina, sembravano tornati alla loro adolescenza.

« Qui ho finito, comunque voglio sapere chi ti tiene incollato al cellulare in quel modo. »
« Perchè sei proprio nelle condizioni di una persona a cui rivelare un segreto. » Era chiaramente ironico, aspettò che Vivian si alzasse da sola e andò ad aprire il rubinetto, mentre bloccava l'Iphone per infilarlo al sicuro, nella tasca interna della giacca.

Lei la prese come una sfida, si avvicinò all'acqua e si rinfrescò i polsi, poi si sciacquò la bocca e la lavò con del sapone, poi usò il dentifricio per togliere l'odoraccio di alcol.
« Quindi è un segreto? » Mentre sfregava le mani sotto l'acqua fredda i bracciali d'oro tintinnavano, scontrandosi tra loro, luccicosi, illuminati dai faretti posti sopra lo specchio al muro. « Dai, io i miei segreti te li ho sempre detti. »
Lui alzò un sopracciglio, come se non credesse alle parole della cugina. Strano, solitamente era molto attenta a come le dosasse. « Non è vero, non mi racconti più un cazzo. »
« Prima di partire— »
« Appunto, poi sei partita e io l'ho saputo da mia madre. »
Lei rimase zitta qualche secondo, chiuse con un gesto veloce il rubinetto in acciaio pulitissimo e fece gocciolare via dalle mani l'acqua in eccesso. « La condizione per andarmene era sparire, non potevo parlare con nessuno, mi avrebbero fatta tornare qui subito. » Prese un asciugamano e se la passò sulle mani arrossate dai graffi.
« Non è che tu mi abbia cercato, una volta arrivata. »
« Sono successi un sacco di casini, e poi— »
« Non mi hai neanche detto che ti fossi fidanzata. »!
« Ma che fidanzata! »

Lui sgranò gli occhi scuri. « Cioè quel tizio si è fatto picchiare e non era neanche il tuo fidanzato? »
« No, non voglio. È complicato. »
« Complicato? » Lo disse come se lei si stesse lamentando del niente. Incrociò le braccia al petto e scosse il viso, facendo muovere sulla fronte i ciuffi lisci.
« Si, gli ho detto di tornare alla sua vita, dai suoi amici, che qui sarebbe stato solo di merda. »
Lo vide serrare i denti, la mascella scolpita si contrasse e lei non comprese, cosa non sapeva? Quelle reazioni inaspettate avevano a che fare con il suo segreto?

Si passò la lingua sulle labbra. « Cioè l'avevano anche accettato e invitato a cena, e tu l'hai mandato via. »
« Per colpa mia si è già preso una buona dose di lividi e pugni, non vorrei aggiungere altri sensi di colpa alla lista. » Vivian sospirò, omise ovviamente tutta la parte sulla loro discussione, non aveva voglia di raccontare quelle cose a nessuno. « Senza di me starà meglio. »
Alzò le spalle, come se ormai si fosse rassegnata a quella decisione. Anche se lei meglio non lo sarebbe stata, solo ancora non l'aveva capito. Abbassò lo sguardo sulle scarpe lucide e poi lo tirò su velocemente, aveva inghiottito nuovamente tutte le emozioni negative che stavano minacciando di uscire troppe volte quel giorno.

Decise di spostare l'attenzione su di lui. « E comunque, perchè è un segreto con chi ti senti? » Sul volto aveva un sorrisetto malizioso, perfido. Adorava scoprire cose sugli altri, anche quando si trattava dei suoi familiari, metteva tutto nel calderone che usava per manipolare la gente e la realtà. Voleva bene a Thomas, ma era di indole sbagliata e neppure l'amore che provava per il cugino riusciva a salvarla. « Adesso non posso dirtelo. »
Quella risposta non fece altro che aumentare la sua curiosità, si morse una guancia ma decise di non insistere, dovevano tornare dagli altri e comunque Thomas sapeva essere testardo almeno quanto lei: maltellarlo in modo eccessivo avrebbe solo peggiorato le cose, l'avrebbe reso più ostile.

Se ne tornarono a cena e nessuno fece domande, nessuno volle indagare sul perchè ci avessero messo tutto quel tempo a cercare un telefono che non c'era. I segreti erano all'ordine del giorno in quella famiglia, avevano imparato a non approfondire quelli che non reputassero rilevanti: non v'era niente di importante che quei due avrebbero potuto escogitare in dieci minuti da soli. Archie parve capire, molto probabilmente Thomas gli aveva già spiegato tramite messaggio cosa fosse successo.

Erano molto uniti, ogni tanto Vivian li invidiava ma erano più le volte in cui non comprendeva i loro comportamenti. Finirono di mangiare e rimasero a parlare di cose inutili per un altro po', i più giovani cole al solito speravano non si mettessero a parlare di lavoro, sempre se cosí potesse essere chiamato quello che loro definivano come tale.

Rimasero in silenzio ad ascoltare i discorsi degli adulti, annoiati nelle poltrone del salotto caldo, imbellettato da mille fronzoli e da un camino scoppiettante. Vivian rubò uno dei cioccolatini nelle ciotoline d'argento poste sul tavolino tra lei e i cugini, mentre lo masticava lesse la marca sulla carta dorata: Venchi. Era italiana, le scappò un sorrisetto che si affrettò ad accartocciare insieme alla cartina tra le mani.

Quando ebbero tutti finito fu tentata di rimanere lí a dormire, ma non aveva voglia di essere svegliata dalla nipote la mattina presto. Anche perchè aveva dormito per tutto il tempo e sarebbe stata super attiva la mattina successiva: le dispiaceva non averla vista, cosí presa da Michael e le sue dipendenze che non le era passato per la testa neppure di sbirciare la sua stanzetta mentre dormiva.

Erano rimasti solo lei, Thomas e i suoi genitori, oltre ai proprietari di casa. Quando anche mamma e papà Archibald se ne andarono finalmente tirò un sospiro di sollievo.

Pensò fosse il momento più adatto per cercare sua nipote, si sentiva decisamente meglio. Quindi domandò a John di poterla guardare mentre dormiva, stando attentissima a non fare alcun rumore. Giulia l'accompagnò fino alla sua stanzetta buia, lentamente aprí la porta e la bionda potè ammirarla da lontano: era cosí dolce e indifesa che il cuore di pietra di Vivian si addolcí, lo sentí battere forte e per poco non si commosse, nel vederla al sicuro. All'improvviso non furono nulla tutte le botte ricevute, le pistole cariche e i compromessi, se erano serviti a salvare lei.

Tornò in salotto che non c'era più nessuno. « Thomas? Gli volevo chiedere di riportarmi a casa. »
Rispose John. « È appena sceso, se vai giù lo raggiungi. »

Allora Vivian corse fuori dalla villa per bloccare la macchina del cugino, non moriva certamente dalla voglia di riprendere la metropolitana, era la sua ultima speranza.
Uscí fuori dal cancelletto e non vide nessuno, si voltó verso destra nella via buia e poi a sinistra, vide delle luci accostare e le parve strano, comunque fu grata a quella Jeep perchè con i fanali illuminò la figura di Thomas, fermo come uno scemo in mezzo al freddo. Vivian scosse il capo e si affrettò a raggiungerlo nel buio, lentamente a causa delle scarpette scomode.
Dall'auto uscí un tizio, evidentemenre conosceva suo cugino perchè iniziarono a parlare, vedeva le loro sagome muoversi come se fossero agitati. Stavano litigando?
Vivian, potresti farti gli affari tuoi per una volta.

Invece no, rimase a guardarli idisturbata, forse Thomas aveva bisogno d'aiuto. Eppure non sembrava, piuttosto pareva parecchio preso da quella discussione.

E fu lí che lo vide, un bacio.

Quello sconosciuto e il cugino avvinghiati l'uno all'altro come due amanti passionali, ecco il segreto che non voleva dirle.
Si mosse per nascondersi meglio, ma le cadde la borsetta che teneva sotto il braccio e chiaramente attirò l'attenzione dei due amanti.
Si nascose comunque ma Thomas la raggiunse subito.
« Chi è? » Era terrorizzato.
« Io, sono io. Volevo chiederti un passaggio, mi hanno detto che eri appena uscito. »
« Non hai visto niente. »
« Era questo il tuo segreto. »
« Non dirlo a nessuno, davvero, ti prego. »
« Basta che mi riporti a letto. E comunque voglio saperene di più. »
« Su cosa? »
« Si voi due, come vi siete conosciuti, quelle cose lí. »
Si alzò sulla punta dei piedi per guardare meglio la figura in lontananza, allungò un braccio per salutarlo ma Thomas la fece desistere subito. « È già incazzato perchè pensava che oggi avrei raccontato la verità a cena, non ti ci mettere anche tu. »
« Tranquillo, voglio solo conoscerlo. »

Quello, titubante, si avvicinò a Vivian; non sapeva se esserne terrorizzato o affascinato. Lo vedeva dal suo sguardo, come tremasse all'idea di stringerle la mano. Era questo l'effetto che faceva alla gente normale? Se ne compiacque.
Lei gli sorrise, la voce era fintamente allegra mentre il fare volutamente simpatico. « Piacere, io sono Vivian Archibald, quella pericolosa della famiglia. » Allungò una mano, ma vedendolo immobile pensò di aver detto qualcosa di sbagliato. « Scherzo, eh. » Si, certo.
Allora lui si svegliò all'improvviso, aveva un viso familiare. I capelli riccioluti e chiari tenuti lunghi fino al collo, mentre i lineamenti erano spigolosi e gli occhi chiari come i suoi, ma decisamenre piú dolci, innocenti.
« Davide, Davide Garcìa. »

Garcia, dove aveva già sentito quel cognome?

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