Capitolo 56

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Sdraiata sul suo letto, Vivian aspettava che il cugino la raggiungesse. Le venne da prendere il cellulare ma si ricordó che fosse ancora rotto, doveva necessariamente procurarsene uno nuovo.
Indossava un pigiama in seta morbida, camicia e pantalone; Thomas aveva acceso i riscaldamenti e fatto tutte quelle cose che una persona capace di stare al mondo avrebbe dovuto fare giá prima. Ecco un'altra cosa che lei e Michael avevano in comune: si adattavano, si bastavano.

Assottiglió le iridi cristalline, seguendo i suoi movimenti lenti. « Davvero hai rinunciato a stare con il tuo fidanzato per un pigiama party con me? »
Piegó una gamba sul letto e lasció andare il capo all'indietro; non aveva voglia di parlare, se proprio doveva preferiva stuzzicarlo.
Lui si tolse il cappotto e si mise seduto vicino a lei, ma solo per il tempo di rubarle una sigaretta dalla borsetta che aveva poggiato a terra lì sotto e accenderla.

Scosse il capo. « Lui non poteva, stasera. » I capelli corvini gli ricaddero sulla fronte.
« E perchè? »
« Perchè— ma che te ne frega? » L'aveva quasi assuefatto con quelle domande a trabocchetto, se fosse stato meno sobrio sicuramente l'avrebbe avuto giá in pugno. Ma l'unica che aveva bevuto era, come al solito, lei.
« Stavi dicendo, perchè? »
« Non lo so, credo domani debba svegliarsi presto. »
Si fece più interessata, alzó la schiena e si sedette sul materasso soffice. « Quindi ha dei segreti? » Teneva le gambe incrociate.

Lui aggrottó le sopracciglia, era assurdo come Vivian riuscisse ad insinuare i dubbi nella sua mente. Non dovevano parlare di lui, s'infiló la sigaretta tra le labbra e le sorrise, divertito da quei tentativi. « No. »
« E allora perchè non sai cosa abbia da fare? »
« Perchè non c'è bisogno di sapere sempre tutto, e non ogni cosa che non sai è un segreto. Mi fido di lui, è su questo che si basano le relazioni. » Gli bastó ferirla lievemente per zittirla, ovviamente era un modo implicito per farle capire che non ne sapesse niente di cosa volesse dire amare, fidarsi di qualcuno e non essere una persona troppo egoista e accecata dalle sue fobie per godersi l'affetto di chi le volesse bene. Fece cadere la cenere della sigaretta consumata nel posacenere in ceramica sul comodino.

Vivian schioccó la lingua contro il palato. « Giusto, dimenticavo che sei tu quello con i segreti. »
Velenosa, volle colpirlo dove sapeva avrebbe fatto più male, così imparava a provocarla! In realtà gli aveva solo dato conferma di quanto fosse stata ferita. I tagli che le aveva lasciato l'addio di Michael erano ancora ben evidenti e sanguinavano, bruciavano così tanto che stava impazzendo.

« Si vede che è una cosa di famiglia. » Thomas cercó con lo sguardo un posacenere e ne trovó uno sul comó davanti al letto, lo raccolse e tornó seduto dove era prima.

« Voglio sapere che ci facevi nel locale del padre di Davide. »
Roteó lo sguardo cristallino, come se stesse recitando una parte. « Con i "voglio" non si ottiene niente. » Sospiró in maniera teatrale, tornando con la schiena sul cuscino.
« Allora facciamo così, io ti racconto come penso siano andate le cose e tu mi correggi. » Vivian stava per dirgli di no ma lui inizió a parlare e non seppe fermarlo. « Allora secondo me c'entra Michael. » E già l'espressione di Vivian si fece seria, solamente udire il suo nome le faceva bruciare il cuore. « Secondo me non gli avevi detto un cazzo di come vivessi qui e quando sei dovuta tornare ti sei incasinata nelle tue bugie. » Davvero era così prevedibile? « E per qualche motivo hai pensato di distruggerti. Solo mi sfugge cosa c'entri Simon. » Si chinó in avanti, per guardarla meglio. Voleva metterla a disagio.

« Allora non sei così idiota come sembri. » Aveva ancora il coraggio di ridere, mentre cercava di non dare troppo peso a quelle parole. « È successo tutto la stessa sera che l'ho incontrato. Non c'entra niente, in realtà. » Era stato solo l'uomo giusto al momento sbagliato, per quanto giusto potesse essere Simon Garcìa.
Ricordava ancora le sue parole, quando le disse che aveva proprio mostrato la reazione di una ragazza innamorata, e aveva ragione. Se non fosse stato per quelle forse non si sarebbe mai chiusa in bagno con Marcus, o forse si perchè comunque non era mai stata capace di mettere a tacere alcuna dipendenza. Sembrava che morisse per trovarne sempre delle nuove: droga, medicine, alcol e sigarette. Tutto a patto che non si trattasse di persone. « E comunque non volevo davvero distruggermi, ho esagerato senza rendermene conto. »
Si sentì di correggerlo, anche se quella di Thomas era la veritá, mentre la sua l'ennesima menzogna. Il cugino strinse le labbra sottili e riprese a girarsi la sigaretta di prima tra le mani, ormai era quasi finita.

« Vivian, hai mai pensato di andare da uno psicologo? »
Lei saltó impiedi, teneva le braccia conserte e lo sguardo imbronciato. « Davvero? Pensi di poter essere nella posizione di consigliarmi una cosa simile? »
Ritornó velenosa, come mutava presto la sua indole quando sentiva l'improvviso bisogno di difendersi da chi le volesse bene.
« Io penso che ci andró. » Questa non se l'aspettava, che diavolo era successo al suo cuginetto compagno di guai? Forse davvero aveva trovato pace, mentre Vivian era rimasta intrappolata nello stesso limbo da quando era adolescente. Stava cercando di salvarla, ma farlo era inpossibile, si correva invece il rischio di essere affogati con lei. « Oh, ma che bravo. » Tornó delicatamente sul letto, non aveva voglia di discutere con lui, e odiava chi cercava di impartirle delle lezioni.

« Sul serio, dovresti— »
La voce di Vivian s'intromise subito a fermarlo. « Basta, ti prego, tanto non seguiró i tuoi consigli. Ora, ti vuoi divertire o vuoi continuare a fare quello pesante? » Scivoló giú dal letto e speró che quel modo impertinente di silenziarlo avesse messo a tacere tutti quei discorsi troppo seri. Giá doveva ascoltare sempre la sua testa, quando era con qualcuno le piaceva molto di più divertirsi, se Thomas fosse stato quello di una volta in quel momento non avrebbero avuto le forze per discutere, entrambi persi nell'effetto provvisorio di qualche anestetico letale.
« Divertire? »
« Abbiamo alcol, medicine, delle armi e una villa vuota. Mi sembrano degli ingredienti sufficienti a realizzare un'ottima ricetta. »

Lui sembró esitare, ma Vivian era il diavolo in persona. Appunto, farla redimere era inpossibile, piuttosto si poteva seguirla e sperare di salvarsi. « C'è ancora il giradischi del nonno? »
Le brillarono gli occhi, annuì subito, quando erano più piccoli, soli in quella villa enorme, erano soliti ascoltare i vecchi dischi del loro nonno a tutto volume, e ballavano come se avessero realmente la vita che volessero: come se avessero realmente tutto, spensierati, degli adolescenti normali.

Scesero al piano di sotto e Vivian corse a piedi nudi verso il piccolo mobiletto in salotto, era una consolle in legno lucido antica, chiaramente un cimelio di famiglia: ma ancora più inestimabile era il tesoro che vi custodiva all'interno: un giradischi d'epoca ancora perfettamente funzionante, un po' impolverato.
Lo mise sul mobiletto e Thomas scelse la musica, i Waltzer Viennesi: erano decisamente classici ma a loro piaceva rifugiarsi in realtà che non esistevano, create da menti troppo stanche e annoiate dalla verità per sopportarla oltre.

Vivian prese del whisky da uno scaffale, le faceva schifo ma in mancanza d'altro sapeva buttare giù tutto: perfino uno squisito liquore costosissimo e invecchiato in Europa. Thomas se la rise, sapeva quanto la cuginetta odiasse il sapore di quel superalcolico.

Vivian si chinó per rubarlo da una mensoletta antiquata, senza neppure leggere l'etichetta lo versó nei bicchieri.
« Brindiamo? »
« A che cosa? » Thomas impugnó il suo bicchiere, e la guardó con fare interrogativo. Era assurdo come riuscisse ad apprire sempre quella più felice di tutti, che avesse sempre un modo per divertirsi, quando in realtà era tutto un teatrino per difendersi da se stessa.
« Alla tua nuova storia d'amore. » Alzó le spalle come fosse la cosa più ovvia del mondo, poi fecero scontrare i bicchieri e buttó giù tutto il contenuto del bicchiere socchiuse gli occhi, adorava sentire l'alcol riscaldarla, scenderle giù lungo la gola e prepararsi ad assopire i suoi sensi.

Bevvero e ballarono abbastanza da essere stanchi, Vivian andó più volte a riempirsi il calice in cristallo mentre Thomas ogni tanto semplicemente la teneva d'occhio: ma lei non era stupida, se n'era accorta e ogni tanto attendeva che lui finisse per versargli altro whisky e farlo ubriacare. Chissà che segreti avrebbe potuto rivelarle.
Per una volta, Vivian, non essere un'arpia.

Dopo un paio d'ore si ritrovarono seduti a terra, sul tappeto persiano contro il muro del salotto. Stavano ridendo e riprendendo fiato, entrambi con il loro bicchiere tra le mani. « Comunque non ti condanno. »
« In che senso? »
« Nel senso che anche il padre di Davide non è niente male, capisco perchè tu sia caduta nella sua trappola. »
Scoppiarono a ridere, quell'uomo era incredibilmente affascinante, Vivian chiuse gli occhi e riuscì a sentire le sue mani sul proprio corpo.
Gli riveló un sorrisetto malizioso. « Quindi posso scoparmelo, hai detto questo? »
« No, non ho detto questo! »
« Dai... »
Ci pensó su. « Una volta! »
« ... si, una alla settimana. » Ghignó beffarda e si bagnó le labbra di whisky, mentre Thomas si tirava i capelli all'indietro per liberare la fronte accaldata. Alla fine aveva ceduto alle avances di Vivian, si era fatto trascinare nel vortice di errori che la circondava qualsiasi cosa facesse.

Lei si alzó per prendere altro da bere, fu in quel momento che le venne l'assurda idea di leggere l'etichetta del whisky.
Jefferson.
Jefferson?

Il sorrisetto di prima si spense, tutto divenne nero e i suoi occhi da cristallini divennero glaciali, grigi.
L'amaro preferito di Michael.

Era solo uno stupido nome, una stupida marca di un whisky, perchè la faceva stare così male? Rimase lì impalata come una stupida a guardarla e a rileggerla, come se potesse sentire la voce di lui chiederle da bere.
Te l'ho detto che sarei venuto a scroccare da bere e gradirei che tu mi facessi ubriacare.

« Vi? » La voce di Thomas la riporto alla realtà, bruscamente. Fu come se qualcuno l'avesse presa e sbattuta contro tutto quello che andasse male nella sua vita. Si voltó in direzione del cugino e non riuscì a trattenere le lacrime, era la prima volta che si concedeva di piangere sul serio da quando Michael era andato via, che lo faceva davanti ad un altro.

Chiedere conforto non era una cosa che faceva molto abitualmente, infatti inizialmente non riuscì a riporre neppure la bottiglia al suo posto, non sapeva che fare.
Poi la lasció e alzó le spalle, gli sorrise come a chiedergli scusa, come se si vergognasse di non essere riuscita a chiudere tutte le emozioni negative nel solito baule nascosto.

Michael l'aveva resa debole davvero, o almeno così pensava, in realtà le aveva risolto un gran numero di problemi facendoli venire a galla.
Thomas le si avvicinó le l'abbracció, non aveva idea del perchè stesse piangendo, che cosa fosse stato a farle scattare quell'interruttore nella testa e a farle versare quelle lacrime, ma non gli importava.

« Mi manca un sacco. » Mormoró piano, con la voce rotta. Thomas ancora più spiazzato la strinse forte, aveva immaginato si trattasse di quello, ma mai avrebbe pensato che lei avrebbe trovato il coraggio di confessarlo.
Evidentemente ne aveva bisogno.

« Lo so, ma è giusto così. »
Non è vero.

Thomas lo sapeva, che se non fosse stato per l'alcol e la stanchezza, la musica e quella coltellata dritta al cuore, Vivian non si sarebbe mai aperta, non avrebbe mai pianto.
Non le piaceva il suo lato umano, quando ricordava di averne uno lo nascondeva e provava ad ucciderlo.

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