Capitolo 58

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Vivian ormai era diventata l'amante di Simon, per quanto odiasse le etichette e per quanto fosse stata sempre riluttante a pensare a se stessa come una figura secondaria, era divenuta chiaramente lo squallido svago di un uomo soposato. Alle spalle del figlio, alle spalle anche della propria famiglia che comunque non se ne sarebbe fregata un gran che, i Garcìa erano calmi e non abbastanza importanti da dover avere nei loro confronti un occhio di riguardo. Gestivano le loro proprietà senza mai invadere alcun confine, senza mai attirare troppo l'attenzione di quelli pericolosi.

Vivian lo considerava comunque una pedina sulla sua scacchiera, insieme a Davide, Thomas, John e chiunque altro volesse far parte della sua miserabile vita.
Thomas immaginava che non avesse smesso di vedere il padre del suo fidanzato segreto, ma non osava fare domande perchè altrimenti avrebbe dovuto nascondere troppe cose. E lui non era proprio nella posizione di minacciare di rivelare segreti, di ricattare la malefica cugina.
Una sorta di strano equilibrio si era impossessato delle mura di casa Archibald, Vivian aveva finalmente acquistato un cellulare nuovo ed era riuscita a recuperare tutte le sue cose, anche se molte avrebbe voluto lasciarle lí, a morire dietro uno schermo rotto. Non aveva avuto il coraggio di aprire la galleria delle foto, rivedere una sè di un'altra vita sorridere con degli amici che adesso la odiavano, sfoggiare un sorriso sereno a cui presto avrebbe rinunciato, e per cosa?

Se avesse visto quelle immagini si sarebbe rotto l'equilibrio, si sarebbe resa conto di cosa fosse realmente la felicità pura, quella vera, quella non data dall'adrenalina, dalla lussuria, dalla vendetta e dal potere. Quella che non ti fa disperatamente cercare ogni giorno, ogni secondo qualcosa per cui valga la pena esistere, andare avanti: perchè non ce n'è bisogno, lo sai già.

Aveva deciso di chiudere con Lorenzo, per lei non era mai stato più che un amico decisamente intimo, lui era un'altra delle persone che a causa sua aveva sofferto troppo. Ogni tanto ritornava solo per assicurarsi che fosse viva, aveva la strana tendenza a volerle troppo bene: probabilmente non riusciva a vederla per quella che era, un mostro. Comunque Vivian non ci era più andata a letto, non perché non le piacesse, si era sempre trovata bene con lui ma aveva deciso di concedergli una vita decente, una in cui lei non ci fosse.
Differentemente da Simon, Lorenzo era una brava persona, non avrebbe mai tradito alcuna moglie, lo stava privando di una delle cose più belle che potessero capitargli: essere amato davvero.

Sedeva nella sala da pranzo della casa di John, era mattina e davanti a lei aveva un piatto con delle uova strapazzate e un succo di frutta all'albicocca, anche le abitudini più banali erano tornate le stesse: niente più caffè, niente pasta tutti i giorni, niente cornetto la mattina.
Tutte quelle cose che le ricordavano Michael furono eliminate dalla sua vita, se avesse potuto avrebbe cancellato metà dei suoi ricordi pur di smetterla di soffrire.

Mentre mangiava s'illuminò il display del telefono, era Simon. Sorrise maliziosamente e decise di non leggere subito, non voleva che qualcuno vedendola s'insospettisse. Tutta quella agitazione contribuiva a rendere la storia tra loro molto più divertente, era uno dei motivi per cui aveva deciso di portarla avanti: era un pensiero fisso, costante e la faceva distrarre la maggior parte del tempo. Erano rari i momenti in cui la malinconia l'assaliva, o riusciva ad ascoltare i propri pensieri.

Un altro messaggio, era Lorenzo. Ogni tanto le scriveva ancora, Vivi si aspettava che da un momento all'altro smettesse di farlo, non capiva cosa avesse ancora che lo legasse a lei, perchè cercasse comunque di salvarla a tutti i costi.
Sapeva della sua relazione segreta con Simon e non aveva osato giudicarla, solo gli sembrava incredibilmente infelice.

L'americana si decise ad aprire la chat, mantenendosi seria in viso per evitare chiunque scorgesse qualsiasi reazione.

Buongiorno, Stellina.
Dormito bene, senza di me?
Stasera mi piacerebbe farti assaggiare il nuovo menù del ristorante, sono certo che ne rimarrai soddisfatta.

Vivian si morse il labbro inferiore, si sentiva già bruciare all'idea di passare un'altra notte con lui. Era sempre imprevedibile, le scriveva quando poteva e stava ben attento a calibrare le parole per mantenere sempre intatto l'alone di mistero che lo circondava. Sapeva essere dannatamente accattivante, la intrigava in continuazione e in questo modo s'era illuso di averla conquistata.

Ehii
Come stai?
Ti posso chiamare?

Aggrottò le sopracciglia, era tanto che non le chiedeva di sentirsi. Che ancora non fosse riuscito a scordarsi di lei? In realtà era solo probabile che volesse sincerarsi stesse bene, era fatto cosí, troppo buono anche con chi lo trattava in modo indecente. Era convinto che Vivian avesse un lato buono da proteggere e sebbene tutti si fossero accorti che non era cosí, lui continuava a prescindere la sua battaglia.
Perderai sempre, Lorenzo.

Comunque lei gli rispose di si, ancora prima che a Simon. Lorenzo le voleva bene davvero, con l'altro era una cosa diversa, complicata e priva di fiducia. Come fidarsi di un uomo che sta tradendo già la moglie con te?
E come poteva lui riporre la propria fiducia in una donna che non si faceva scrupoli a mentire a chiunque le avesse mai voluto bene.

Il cellulare prese a squillarle mentre beveva un sorso del suo succo, posò il pezzo d'antiquariato in cristallo sul portabicchiere in argento e sbloccò la chiamata.
« Lore? »
« Vivi, come stai? »
« Bene, e tu? Manca poco e ti laurei. »
« Si, sto già pensando alla festa. »
« Se ti serve una mano ado organizzarla chiamami, lo sai che mi piacciono queste cose. »
« Si, mi servirà assolutamente il tuo aiuto. E poi non sfruttare la tue doti festaiole sarebbe da stupidi. »
« Quindi sei mio amico per questo? Per le mega feste? » Scherzava, stavano giocando entrambi e quella conversazione era cosí carica di leggerezza che la mise di buon umore.
« Alla fine hai fatto pace con quel tizio italiano? »
« Michael? » Non pronunciava il suo nome da cosí tanto che le sembrò stranissimo, si era vietata di pensare a lui, parlare di lui, chiedersi cosa stesse facendo e sperare che ogni tanto la pensasse, tra una donna e l'altra. Che a volte gli venisse ancora voglia di farle un ritratto, o che si soffermasse a guardare, quando era triste, quello che le aveva fatto la prima notte che avevano passato insieme.
Ma erano tutte fantasie.

« Si, lui. »
« Non ci ho più parlato, ma è meglio cosí. »
« Sicura? »
No, no. Assolutamente no. Sospirò, in realtà avrebbe voluto che fosse con lei, farci colazione insieme, ridere mentre cercava di insegnargli a pattinare sul ghiaccio e fare l'amore la notte.
Ma non puoi.
« Si, certo. »
« Comunque oggi stavo pensando che non ti ho mai detto come sono andate le cose davvero, quando lui è venuto qui. » Non voglio saperlo. Strinse i denti, davvero le servivano altri dettagli? Altre cose che le facessero rimpiangere le proprie scelte? « Quando sei stata male ho pensato che fosse per qualcosa successo in Italia, cosí ho chiamato tuo fratello ma mi ha detto di non preoccuparmi, solo che non ce l'ho fatta e ho trovato il modo di contattare Michael. »
So fermò un momento, come se dirlo ad alta voce gli avesse fatto capire quanto fosse stata realmente assurda tutta quella situazione. « Comunque, io ti ho vista felice solo quando eri con lui, volevo dirti che secondo me avresti potuto— » Cosa? Serrò i denti e lo fermò prima che terminasse la frase.
« Non dirlo. » Sarebbe stata come una pugnalata e non ne aveva bisogno, aveva imparato ad andare avanti senza guardare cosa avesse lasciato alle sue spalle, fermarsi adesso e voltarsi le pareva giusto un modo per star male senza motivo.
« Però è cosí. »
« È difficile. »
Lorenzo rise dall'altra parte del telefono, lo immaginò mentre scuoteva il capo e poi alzava lo sguardo, esasperato dal comportamento dell'americana.
« Certo che sei strana, sei la persona più e goista e anche meno egoista che conosca. »
Le tornarono in mente le parole di Michael. « Pensi che io mi autosaboti la vita? »
« No, penso che tu sia sempre in lotta con te stessa. »
Aveva riassunto in una frase come lei si sentisse costantemente, piegò le labbra in una smorfia rassegnata.
Sospirò, pensò fosse meglio provare a riderci su. Quindi infilò la forchetta in un altro pezzo di bacon. « No, non sempre. »
Lo sentí sorridere dall'altra parte del telefono, chissà cosa stava facendo, le sarebbe piaciuto averlo sempre vicino ma anche in quel caso avrebbe fatto soffrire una persona che non se lo meritava.

La chiamata finí presto, avevano entrambi da fare e in Francia era già tardi rispetto a New York, decise di rispondere a Simon che non vedesse l'ora di incontrarlo per provare tutto quello che aveva da proporle, poi attese che le dicesse dove e quando vedersi.

Spesso s'incontravano nel suo ufficio, la paura di essere scoperti rendeva tutto più divertente e Vivian glie lo leggeva negli occhi tutte le volte che si chiudevano la porta alle spalle, o che sentivano dei passi e pensavano stesse per succedere l'irreparabile ma continuavano comunque, imperterriti ad essere disonesti nei confronti di chiunque volesse loro bene.

Quella sera si videro nelle cucine del suo locale, aveva mantenuto la parola: le aveva fatto assaggiare il nuovo menù, decisamente raffinato e squisito. Sapeva che Vivian avrebbe apprezzato, spesso non doveva neppure impegnarsi per colpirla, facevano finta di corteggiarsi ma sapevano bene entrambi di volere le stesse cose.

Vivian sedeva sul bancone in metallo, le gambe accavallate elegantemente mentre di fianco a lei un piatto ormai vuoto.

« Complimenti allo chef. »
« Apprezzo i complimenti. »
« Sei tu che crei i piatti? » Alzò le sopracciglia, lo faceva più imprenditore che cuoco, non si era mai interessata troppo delle sue cose o di cosa gli piacesse fare.
« Si, è una delle mie tante doti. » Le si avvicinò, la voce graffiata dalle troppe sigarette e i passi accompagnati dal rumore delle scarpe sul pavimento freddo. Le si mise davanti e fece scorrere una mano sulla sua coscia, Vivian socchiuse per un momento gli occhi ma poi tornò a puntarli in quelli chiari dell'uomo.

Si alzò con la schiena mettendosi dritta, in modo da averlo più vivino, riusciva a sentire il suo respiro sulle labbra mentre le rubava altre carezza. « Non vedo l'ora di scoprire le altre. »
Ghignarono maleficamente e Simon s'insinuò subito tra le sue gambe snelle, fece scorrere le mani sotto la gonna corta e la spinse in avanti afferrandola dai glutei.

Non si spogliarono neppure, non v'era nulla di romantico nei loro incontri, solo voglia di scappare e distrarsi sfogando su qualcuno le proprie frustrazioni.
Si baciarono come chi ne avesse bisogno per vivere, con cattiveria e rabbia, allo stesso modo fecero incontrare i loro corpi, ansimando, su quello squallido tavolo lucido.

Quando ebbero finito fu come se non avessero fatto niente, invece che soddisfatti si sentivano ogni volta più vuoti. « Non ti ho mai chiesto perchè lo fai. » Si stava rimettendo la camicia nei pantaloni scuri, era un po' sgualcita ma non si notava troppo.
Vivian si stava tirando su i collant chiari. « Cosa? »
« Perchè vieni ogni volta che ti chiamo. » Cosa si aspettava gli dicesse? Che era innamorata di lui? Pensò che se l'avesse detto se lo sarebbe ritrovato in pugno, povero idiota. Bastavano un paio di moine e qualche complimento per offuscargli il giudizio, era quello il suo punto debole.

« Perchè mi va, e perchè di solito non mi fai queste domande. »
Lui comprese e non parlò più, l'attirò a sè senza troppi discorsi e riprese a giocare con il suo corpo magro, tanto entrambi non avevano niente di meglio da fare se non continuare a sbagliare. Lei ghignò compiaciuta sulle sue labbra e gli morse quello inferiore, tirandolo a sè con i denti. Ripresero a baciarsi, a provocarsi, a sfogare nella lussuria i loro problemi.

« Andiamo in albergo, prendiamo una stanza. » Fu lei a chiederlo, impavida e sfacciata. Lui annuí e scivolò via con la mano dal seno di lei, fecero prenotare la stanza al barista un modo da non essere scoperti e poi andarono a nascondersi, per tutto il giorno.

Eppure Vivian si domandava sempre, ad ogni momento libero che fine aveva fatto Michael, anche se non era giusto, anche se non aveva il diritto neppure di di immaginare il suo volto.

Chissà cosa sta facendo ora.
Se lo domandò mentre chiudeva la porta della suite, mentre Simon era sopra di lei e mentre la faceva ansimare dal piacere; ogni volta lei non faceva l'amore con lui, erano altre mani quelle che percorrevano il suo corpicino minuto, altre labbra quelle che baciava.
Era un altro nome, quello che urlava nella sua mente.

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