Capitolo 62

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La mattina dopo si svegliarono che erano quasi ancora ubriachi, Marcus sdraiato sul tappeto con la camicia sbottonata e la schiena poggiata contro la base del divano ancora coperto da un lenzuolo bianco. Nessuno aveva acceso i riscaldamenti, infatti Vivian aprì gli occhi scossa da un brivido di freddo, non ricordava esattamente dove fosse. Dovette rifletterci qualche momento, ripercorrere la serata lentamente, le luci, l'alcol, i vestiti costosi e la droga, si passó una mano sul naso come a voler controllare che non ve ne fosse più traccia. L'ultima volta che si era divertita in quel modo per poco non era finita all'altro mondo, non poteva correre il rischio di ricascarci.

Che cazzo stai facendo, Vivian.
Era sdraiata sul divanetto, proprio sopra Marcus che si era assopito con la testa piegata all'indietro, in corrispondenza del fianco magro della giovane. Si sentiva la bocca impastata, doveva assolutamente lavarsi.

Si allungó sui cuscini morbidi e posó i piedi nudi sul tappeto polveroso, non aveva idea di dove fossero le sue scarpe. Speró di non aver fatto niente con Marcus, aveva ancora la biancheria intima ma sapeva bene questo non significasse nulla.

Cercó di ricordare come avesse fatto Thomas a far partire i riscaldamenti, in Italia era tutto così diverso. Se si fosse trovata nella sua vecchia casa avrebbe saputo come fare, o avrebbe chiesto a Michael.
Ancora quel dannato nome.
Proprio non riesci a scordartelo.

Scosse il capo e speró di aver premuto gli interruttori giusti, comunque camminó verso l'ampia vetrata del salotto per smuovere le tende pesanti e far entrare un po' di luce. Quella villa ne aveva dannatamente bisogno.

Guardó indietro, verso i divanetti e si rivide mentre moriva dalla voglia di prendersi gli antidolorifici più potenti che avesse, lo sguardo dell'italiano preoccupato, i suoi passi lenti. Chiuse gli occhi e immaginó di sentirne perfino il profumo, le inebrió i polmoni e le stritoló il cuore, a volte dimenticava di averne uno.
« Vivi, dobbiamo andare da tuo fratello— cazzo chiudi quelle tende di merda, odio la luce! » Archie stava scendendo le scale a piedi nudi, anzi, era in realtà completamente nudo tranne che per i pantaloni sbottonati. Evidentemente si era dato alla pazza gioia con Emily per tutta la notte.
Comunque rimase folgorato dalla luce del sole che s'imponeva nella stanza graffiando il volto di Marcus, i mobili e i suoi occhietti delicati. Vivian ghignó beffarda, era proprio uno stupido.

« Non muore nessuno se arriviamo un po' in ritardo. » Non aveva neppure idea di che ore fossero, si mise a cercare le scarpe e i collant scuri. « Dammi una mano a trovare le mie cose. »

« Le scarpe sono all'ingresso, le calze te le ho strappate di dosso. » Si levó una voce assonnata, era Marcus.
Quindi avevano fatto qualcosa, Vivian roteó lo sguardo scocciata, a guardarlo adesso le faceva ribrezzo, ma quando aveva bisogno di divertirsi non si faceva troppi problemi. « Erano di Gucci. » bonfochió nervosamente, spostandosi verso l'ingresso per cercare gli stivaletti in pelle verniciata.

« Avete fatto sesso? » Archie sgranó gli occhi. Benvenuto nelle serate di Vivian, funziona così, facciamo le cazzate e il giorno dopo facciamo finta che non sia successo nulla!

Marcus scosse lentamente il capo, fece per alzarsi ma capì subito fosse una pessima idea, era distrutto dalla serata precedente. Gli scoppiava la testa. « No, tua cugina è diventata schizzinosa ultimamente. »
Vivian sospiró sollevata.
Grazie al cielo.

Il cuginetto pareva ancora confuso, i ricci scompigliati lo facevano sembrare ancora più stranito. Prese la camicia che aveva in mano e inizió ad infilarsela.
« Il tuo maglioncino... » La voce sottile di Emily giunse dalle scale, era ancora troppo in alto perchè Vivian potesse vederla da piano di sotto, ma capì dovesse essere nuda, dallo sguardo avido che le rivolse il cuginetto.

Archie risalì alcuni gradini e si dimenticó improvvisamente del pranzo di Natale da John e tornó tra le grinfie della giovane dai capelli color cioccolato, affondó le dita nel suo corpo caldo e la spinse verso la stanza da letto.
Vivian prese un cuscino e lo tiró verso Marcus, lui alzó il capo come a domandarle cosa volesse. « Dovete andarvene, abbiamo solo una macchina. »
« E allora? »
« Allora dobbiamo andarcene tutti insieme, alza il culo Marcus. »
Grugnì infastidito e si tiró su, dovette scuotere il capo per riordinare la testa e si passó le dita tra i capelli biondi. Visto in quel modo sembrava quasi attraente, la giovane gli riservó un'occhiata compiaciuta e lui se ne accorse.
Per questa volta te lo concedo.

« Buon Natale anche a te, Archibald. Hai fatto la tua solita colazione a base d'acido, stamattina? »
S'infiló la camicia nei pantaloni aderenti e poi cercó da qualche parte il suo maglioncino, Vivian in quel momento ricordó di averglielo sfilato quasi subito, le erano sempre piaciuti i suoi addominali scolpiti. Glie lo indicó con un cenno del capo. « Guarda lì. »
« Mh. » Lo raccolse e lo mise legato sulle spalle, sembrava addirittura elegante mentre cercava di stirarlo nel migliore dei modi. « Quei due secondo te ne avranno ancora per molto? » Si riferiva chiaramente ad Emily e Archie, probabilmente avevanl deciso di concedersi un altro round sotto le coperte.

« Che cazzo. Lo sapevo che non avrei dovuto portarlo. »
Si mise a sedere sul divano, fu tentata di togliersi nuovamente le scarpe. Piegó le braccia posando i gomiti sulle gambe snelle, il viso piegato in avanti.
« Perchè hai tutta questa fretta? »
« Perchè non voglio rispondere a nessuna domanda. »
Fu una delle poche volte in cui Vivian disse realmente cosa le passasse per la testa senza esitazioni e senza essere minacciata, si sorprese della propria sinceritá e di quella strana sensazione di leggerezza.

« Sul serio?
Pensavo non te ne fregasse niente dei tuoi. » Da quando Marcus aveva iniziato a pensare di poterle dire tutto quello che volesse? Mostró una smorfia infastidita, intanto che lui si metteva comodo vicino a lei.

« Infatti non me ne frega niente, è che oggi non mi va di ascoltarli. » Che incoerente, Vivian. Davvero non te ne frega niente oppure sei troppo stanca per fingere che non te ne importi? « Tu non hai un pranzo a cui andare? Sarebbe Natale. » Cambiare discorso le sembró un'ottima idea, spostare l'attenzione da lei a lui.

Si guardó intorno come se stesse cercando qualcosa. « Si, ma non m'interessa di arrivare tardi. » A Vivi parve di ritrovarsi nella stessa situazione di tanti anni prima, quando da piccola era rimasta sola con lui su quel dannato yacht. Marcus fece per avvicinarla, ma lei si ritrasse lentamente, non era abbastanza ubriaca da desiderarlo.

« Visto che dobbiamo aspettare, almeno divertiamoci. » Sembrava l'idea migliore del mondo, eppure la bionda esitó, se fosse stato Simon non ci avrebbe pensato un minuto di più, gli sarebbe saltata addosso senza lasciargli il tempo di finire la frase.
Simon non avrebbe mai detto una cosa simile.

« Lascia perdere. » Scosse il capo e si allontanó scivolando dall'altro lato del divanetto. Lui corrugó la fronte, come se fosse sorpreso di non essere l'oggetto del desiderio di quacuno. Era davvero convinto che resistergli fosse impossibile, che nessuna avrebbe mai potuto respingere il suo sguardo languido, le sue labbra disegnate e il petto gonfio.

Lui non lasció perdere, si allungó su di lei convinto che quelle parole fossero solo un modo per provocarlo, dovevano esserlo per forza. Vivian non capì subito quel comportamento, gli aveva chiaramente detto di no, o forse avrebbe dovuto essere più esplicita?
Smettila.

Voleva parlare ma qualcosa le bloccava la gola.
Paura.

Tornó improvvisamente ad avere quindici anni, non era più quella spavalda ventenne che sapeva prendersi quello che voleva quando le pareva. Rigida sotto il corpo di Marcus cercava di respingerlo ma evidentemente lui credeva di poter fare di lei quello che desiderasse, e d'altronde non aveva motivo di pensare diversamente.

Digli di smetterla.
La mente di Vivian stava urlando, gli stava gridando di togliere le sue mani avide e schifose dalle proprie gambe, dal seno e di allontanare il suo viso perchè l'ultima cosa che voleva era ritrovarsi appiccicata alle sue labbra. Ma Marcus non la sentiva, e proseguiva a scoprirle il corpo, lentamente come se volesse assaporare ogni attimo di quella violenza.

Le alzó il vestitino morbido e infiló le dita sotto l'elastico delle sue mutandine di pizzo, quella scelta elegante parve piacergli perchè Vivian lo sentì sospirare appagato.
Diglielo, digli che non lo vuoi.

« Aspetta... »
Lo spinse via premendogli le mani sul petto ma lui era deciso a non ascoltarla. Prese a baciarle il collo, a morderle la pelle fredda e non parve accorgersi della riluttanza di Vivian, che giaceva immobile.

« Marcus basta. » Lo disse così piano che non era nemmeno sicura di aver parlato ad alta voce, gli occhi le divennero lucidi, era tutto uguale a sei anni prima. Sei proprio una stuoida, Vivian. Perchè non riesci a dirgli di no?

« Dai, non dirmi che non ti piace. » Allora aveva sentito. Si avventó nuovamente su di lei e questa volta la denudó da sotto la veste morbida, Vivian si sentì morire. Ansimó contro il suo corpo fragile e si slacció i pantaloni.

Fai qualcosa. Forse doveva accettare quello che stava per accadere e basta, chiudere gli occhi e aspettare che passasse. « Levati di dosso, levati! »
Questa volta fu più decisa, ma la voce era comunque rotta dal terrore. Non stava parlando lei, ma la Vivian di 15 anni che non era mai riuscita a cacciarlo via, si rivide stesa nel suo costumino burberry sotto di lui, incapace di parlare, di reagire. A lui quel coraggio parve piacere, la vide come una sfida e s'infervoró ancora di più. La prese per il collo e con la mano libera le chiuse i polsi in un pugno. « Lasciami! »
Le strinse la gola, per farla stare zitta mentre si prendeva da lei quello che pensava gli fosse dovuto.
Sei sopravvissuta ai Rossi, trova un modo per scappare.

Inizió a dimenarsi, e ogni volta che lo respingeva lui la soffocava, fin quando non passó più aria e la gola inizió a dolerle. Ma Vivian non si fermó, preferiva morire piuttosto che dargliela ancora vinta.
Scalció così forte che lo costrinse ad allontanarsi, quando fu abbastanza in difficoltà decise di tirargli una ginocchiata tra le gambe.

Gemette dal dolore e allentó la presa sul collo della bionda, che finalmente tornó a respirare. « Sei una puttana. »
Quelle parole le diedero la carica per sfogare tutta la sua rabbia, gli tiró una testata e speró di avergli rotto il naso, quando lo vide sanguinare sul suo bel visino angelico.

A quel punto lui abbandonó Vivian per tamponarsi la ferita e lei ne approfittó per scappare, sapeva bene cosa cercare quando aprì il cassetto del comò vicino all'ingresso. Dentro c'era la pistola del fratello, stavolta non l'avrebbe passata liscia quel verme.

Si assicuró che fosse carica e poi tornó da Marcus. Lui non si accorse subito di cosa avesse intenzione di fare Vivian, ancora scossa e troppo fragile per essere razionale. Alzó il capo lentamente, poi si bloccó quando la vide ferma davanti a lui, la pistola puntata sul suo viso.

« Che cazzo fai? »
« Hai pestato i piedi alla puttana sbagliata, Martìn. »
« Vivian, che cazzo vuoi fare con quella pistola? »
« Vorrei bucarti il cervello. »

In quel momento scese giù Emily, seguita da Archie.
« Vivian che cazzo stai facendo? » Fu la sorellina ad intervenire per prima, incredula.
« Lascia quella pistola. » Archie adesso era completamente rivestito, aspettava un reazione da parte della cugina, una spiegazione. Sapeva fosse fuori di testa ma non fino al punto di sparare contro persone a caso.

« Perchè non racconti cosa stavi facendo? »
Vivian non distolse lo sguardo dal biondo neppure per un istante, voleva vederlo morire di paura, vergognarsi mentre ammetteva le sue colpe. « Racconta. »
« Niente, lei è chiaramente impazzita. »
Aveva ancora il coraggio di mentire? « Non farmi incazzare Marcus, o ti ammazzo davvero. Sai quanto ci mette la mia famiglia a far sparire il tuo corpo di merda? Forse due ore. »

« Vivian ma che cazzo stai dicendo. » Archie provó a farla tornare alla realtà, per lui non valeva quella cosa di doversi sempre fidare della famiglia? O forse Emily gli aveva fatto il lavaggio del cervello.

Vivian rimase immobile, la pistola tesa contro la fronte di Marcus, pronta a squarciargli il cervello. « Io— ho provato a fare sesso con te, okay? Non mi sembra una cosa grave. »
« Hai provato a violentarmi, quando ti ho detto di no mi hai messo le mani al collo, viscido di merda! » ringhió, per poco non premette il grilletto in quell'istante.
Archie a quel punto parve svegliarsi, assottiglió le iridi scure e strinse i pugni.

Emily parve capire, ma decise di aprire comunque la bocca. « Fino a prova contraria è mio fratello quello con il naso rotto. » cinguettó, fastidiosamente.

Archie scese le scale, provó a raggiungerla senza turbarla troppo. « Vivian, lasciali stare. » Si mise alle sue spalle.

Marcus strinse i denti. « Se mi denunci rivelo alla polizia tutta la merda che fa la tua famiglia. »
« Se lo ammazzi ti faccio sprofondare con noi. » aggiunse Emily, incrociando le braccia al petto.

Vivian alzó un sopracciglio, a quel punto si sentì in gabbia, non poteva fare niente. Non poteva ammazzarli, ma neppure chiedere aiuto alle forze di polizia, poi avrebbero indagato e ci sarebbero state troppe cose da spiegare. « Vivian, falli andare via. » Archie era ancora alle spalle della cugina, parló seriamente e pareva quasi Thomas, quando si imponeva in quel modo.
Invece che sentirsi minacciata dalla sua voce, a Vivian sembró di essere al sicuro, protetta da qualcuno che fosse dalla sua parte.

Abbassó la pistola e sputó contro Marcus. « Vattene. »
Poi si voltó verso Emily. « Non voglio mai più vedere la tua faccia di merda. »
Lentamente Archie le sfiló la pistola dalle dita.

Quando furono da soli la lasció qualche momento in modo che potesse ricomporsi, non aveva idea di come comportarsi, fino a quel momento non aveva mai dovuto fare altro se non eseguire gli ordini di gente più importante di lui. Andó a sciacquarsi la faccia, poi tornó in camera della cugina e la trovó sul letto, si era cambiata e adesso indossava dei pantaloni comodi e un maglioncino scuro.

« Vivian, troveremo il modo di fargliela pagare. »
« Non dirlo a nessuno. »
Archie parve non capire. « Quelli li roviniamo in un giorno. »
« Non voglio che succedano altri casini per colpa mia, non devi dirlo a nessuno. »
« Ma non è stata colpa tua, quello stronzo— »

Lei era sdraiata con lo sguardo rivolto verso l'alto. « Credi davvero che nessuno direbbe che avrei dovuto aspettarmelo? »
Esitó, Vivian scosse il capo, come se quel silenzio fosse giá una risposta esaustiva. « Ma non è giusto. »
« Un sacco di cose non sono giuste.
Non ho voglia di sentirmi dire quanto io sia irresponsabile, che questa fosse l'ovvia conseguenza di una vita sregolata. »

Archie si sdraió accanto a lei e decise di starle vicino, in silenzio, per quanto tempo lei volesse. Non importava più del pranzo di Natale, non importava più niente.

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