Capitolo 63

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Passó il Natale e anche l'ultimo dell'anno, Vivian decise di trascorrerlo con Simon e nessun altro, aveva perso due dei suoi unici quattro amici, le rimanevano Dalila e Lorenzo che ormai non sentiva da giorni.
Speró che si fosse rifatto una bella vita, se lo immaginava con una donna che lo amasse, che sapesse amare come lui meritava. Era il classico ragazzo che probabilmente sarebbe stato il migliore dei compagni, dei mariti e dei padri. Se Vivian avesse potuto avrebbe scelto di amare lui, ma lei non sapeva come si facesse e comunque non poteva.

Un'altra persona le aveva strappato il cuore dal petto, rendendo vani tutti i suoi tentativi di tenerlo nascosto, spento, per qualche tempo aveva addirittura pensato di essere riuscita a bruciarlo. Michael le aveva fatto provare cosa significasse averne uno e Vivian non aveva esitato ad annientarlo.
Non era stato lui a spezzarle il cuore, era stata lei, e facendolo aveva ferito anche quello dell'italiano.

È così che dovevano andare le cose.
Stava sistemando le ultime cose prima di partire con Simon, non lo amava, non era neppure vicina ad amarlo ma gli voleva bene e con lui non si annoiava mai: se non poteva essere felice almeno si sarebbe divertita finchè le fosse stato concesso. Chiuse i bagagli e si preparó a volare sul suo Jet privato fino in Europa, a quanto pareva i Garcìa erano ricchi quanto gli Archibald, solo che sfoggiavano di meno il loro potere. D'altronde non avevano bisogno di ricordare a nessun nemico quanto fossero superiori e irraggiungibili.

Aveva i capelli legati in una coda alta, il corpo fasciato da un tubito nero a maniche lunghe e da sopra un cappotto pesante, sebbene il mese di Marzo non fosse poi così freddo. Le giornate avevano iniziato ad allungarsi e il clima a divenire più mite, quella mattina splendeva un sole piacevole su New York.

Anche se ormai Simon si era separato, decisero di mantenere segreta la loro relazione. Vivian non voleva condividere il suo piccolo spazio di pace con il resto della sua famiglia, e poi ancora Thomas non aveva detto niente a Davide. Probabilmente il giovane aveva capito tutto per conto suo ma finchè avesse potuto Vivian avrebbe nascosto e negato ogni cosa. Raggiunse l'aereoporto da sola, accompagnata da un taxi che non era volutamente stato chiamato da suo fratello. A tutti aveva raccontato che sarebbe andata a Parigi per visitare l'università, riabituarsi al clima europeo. Comunque non era difficile dedurre che volesse solo farsi una vacanza, piuttosto improbabile era invece che non fosse accompagnata dal solito gruppetto di casi persi, o da un cugino.

Arrivarono che era già sera, Vivian non aveva neppure chiesto informazioni sull'hotel, conosceva abbastanza bene i gusti di Simon da sapere che ne avrebbe scelto uno che l'avrebbe fatta impazzire. Quando giunsero all'entrata dell'Hilton Hotel si rese conto di star vivendo il sogno di qualsiasi ragazza, a Parigi con l'uomo più affascinante del mondo, le aveva chiesto tre giorni almeno per farla innamorare e lei glie li aveva concessi, forse sperando che potesse riuscirci davvero.

Magari avrebbe potuto essere felice anche senza Michael.
Un facchino raccolse i bagagli e li portó subito nella loro stanza, la hall dell'albergo era magnifica, le ricordava il Palace Hotel a Manhattan ma era molto più elegante e romantica. La receptionist non rivolse loro nessuno sguardo troppo stranito; anche se Vivian lo sapeva cosa stesse pensando, per quanto fosse abituata a vedere qualsiasi tipo di ospite era chiaro che la giovane fosse l'amante e lui un uomo che aveva bisogno di portarsela dall'altra parte del mondo per regalarle un po' di tempo insieme.

Anche se lui aveva deciso di lasciare la moglie, formalmente erano ancora sposati, e Vivian dubitava avrebbero divorziato sul serio. Simon non era uno stupido, per quanto potesse essersi invaghito di lei era pur sempre un manipolatore.
Magari è tutto falso, magari ha detto quelle cose solo per farmi cedere.

Non ce la faceva proprio, Vivian, a fidarsi si qualcuno che non fosse se stessa. Doveva sempre trovare una scusa per rovinare tutto. Lasciarono i loro documenti e poi salirono nell'ascensore: destinazione ultimo piano.

Appena le porte automatiche si chiusero dietro di loro, lei si avvicinó e lui e infiló le mani sotto la giacca costosa, Simon si compiacque di quelle attenzioni e rabbrividì sotto il tocco caldo di Vivian. Le prese il viso con due dita e la bació languidamente, s'impossessó delle sue labbra lambendole con le proprie, succhiandole e mordendole fino a farle arrossire. Vi fu un attimo in cui entrambi dovettero allontanarsi, si guardarono ansimanti come se volessero dirsi di smetterla, perchè poi non ce l'avrebbero più fatta a staccarsi.

Lui continuó ad accarezzarla da sotto il cappotto, sopra la veste aderente. Vivian socchiuse gli occhi e si morse il labbro inferiore, scese sotto l'orlo della gonna e le alzó il tessuto pesante. Le mani delicate di Vivian si poggiarono contro il suo petto, lo sentiva respirare piano, mentre s'insinuava sotto il suo abito con le dita e le accarezzava i glutei magrolini. Che diavolo hai in mente, Simon?

Si spostó all'interno della sua coscia calda, coperta dai collant sottili e l'accarezzó dove sapeva Vivian volesse, nel modo in cui piaceva a lei. La giovane dovette aggrapparsi alle sue spalle, ma proprio quando stava per chiedergli di continuare udì il suono che annunciava il loro arrivo a destinazione.

Si allontanarono subito, come se ancora temessero di essere scoperti. Lei arricció le labbra insoddisfatta ma rimase composta fin quando non attraversarono l'ampio corridoio e arrivarono finalmente nella loro suite.
Lo spoglió mentre aveva ancora la carta per aprire la porta tra le mani, lui sorrise compiaciuto perchè il suo obbiettivo era proprio quello di farla impazzire, lasciandola insoddisfatta nell'ascensore.

Non si spostarono neppure sul letto, così impazienti da riuscire ad arrivare solo alla scrivania appena di fianco all'ingresso. Simon le strappó via i collant e le alzó il tubino cucito su misura, lei si avventó sui suoi pantaloni e furono nudi quasi subito. Entrambi impazienti e bramosi di possedersi non lasciavano quasi mai spazio ad attenzioni dolci. Si stuzzicavano fino al punto in cui non riuscivano più a resistere ma erano così disperati e soli entrambi che cedevano decisamente presto.

Lei era seduta sulla superficie in legno e lui si muoveva stringendole le cosce, tra le sue gambe. Continuó a torturarla, riprendendo da dove aveva lasciato nell'ascensore. « Simon... »
Teneva il mento poggiato contro la sua spalla, le mani strette dietro la schiena muscolosa. Lui con la mano libera andó a stringerle i capelli, in modo da farle inclinare il capo e scoprire il collo, si avventó sulla sua pelle candida mentre continuava a muoversi lento tra le sue cosce. Vivian gemette piano, socchiuse le iridi cristalline e decise di fargliela pagare, odiava quando la rendeva così debole e implorante. Infiló una mano nei suoi pantaloni e lo sentì agitarsi, ghignó malefica sapendo quanto odiasse perdere il controllo della situazione.

Divenne più violento, aggressivo contro il corpo di Vivian che fremeva di averlo tutto per se. Quando non riuscì più a controllare la voglia di possederla se la prese senza preavviso, solo perchè non ce la faceva più.
A lei quella irruenza piacque e gli prese i fianchi per farlo andare più lento, ma Simon non prendeva ordini da nessuno e fece l'esatto opposto solo per infastidirla.
Le morse la pelle arrossata, succhió il suo collo fino a lasciarle un livido violaceo, come a volerle dimostrare che fosse solo sua.
Sei un illuso, Garcìa.

Quando ebbero finito si chiusero insieme sotto la doccia, questa volta provarono ad essere più dolci, ma era impossibile per due come loro. Si avventarono nuovamente l'uno contro l'altra, fino a consumarsi completamente sotto il getto dell'acqua bollente.

Vivian adesso era poggiata contro il bancone in marmo del bagno, davanti a lei un grosso specchio rifletteva il suo viso eccitato e la pelle arrossata. « Fino alla fine sarai tu ad innamorarti di me. » Smorfiosa, si lasció avvolgere da dietro dalle braccia di Simon, coperto da un asciugamano chiuso in vita. « Sempre che tu non lo sia già. » ridacchió, osservando il loro ritratto sfocato dal vapore sullo specchio.

Simon si avvicinó al suo orecchio, le sfioró volutamente la pelle con il naso. « Non mi sembrava di esserti così indifferente, mentre urlavi il mio nome. » Vivian rabbrividì, la sua voce era così calda. Socchiuse per un momento gli occhi e si abbandonó contro di lui.

Sospiró debolmente, voltando il capo per baciargli la mascella scolpita. « Infatti non mi sei indifferente, non mi sei indifferente per niente. » Quell'ammissione ebbe su di lui un effetto strano, inizialmente sorrise, poi si chiese se non stesse mentendo solo per vedere la sua reazione. Comunque la strinse di più contro il suo petto e infiló le mani sotto l'accappatoio chiaro, per accarezzarle i fianchi spigolosi. Scivolò lentamente contro la sua pelle, come a volersi prendere tutto il tempo che non si erano mai concessi, troppo violenti e bramosi entrambi. Non sapevano andare con calma e morivano sempre dalla voglia di incendiarsi l'uno nell'altra.

Vivian invece non sapeva in che modo, ma Simon stava piano riuscendo a farle piacere i momenti che passava con lui: non solo per il modo in cui faceva l'amore, ma anche per come la guardava, per come riusciva a leggerle la mente. Ogni tanto quando si trovavano insieme riusciva a scordarsi di tutto il resto e questo lo rendeva indispensabile, se lui l'avesse capito o meno le importava poco, le andava bene finchè durava.

Non era amore ma ci somigliava cosí tanto che a lei piaceva cullarsi in quella illusione, come se non potesse avere niente di meglio; Simon chinò il capo e la baciò ancora, le fermò il mento tra due dita e lo strinse piano, per avvicinarla di più alle sue labbra carnose.

« Domani voglio portarti in un posto speciale. »
Le accarezzò il collo piano, la sua attenzione fu catturata dal segno violaceo che le aveva lasciato sulla pelle chiara. Sorrise compiaciuto, in quel modo poteva credere fosse solamente sua.

Lei allargò le gambe e lo strinse tra le cosce calde, gli accarezzò il petto e fece scorrere lo sguardo sulle stesse cicatrici di cui non le aveva mai parlato, e che ogni volta era costretta a far finta non esistessero.
Curiosa di natura, sapeva tenere a freno la lingua quando necessario, eppure quella volta sembrò diverso: non era solo curiosità, il suo cuore stava sperimentando qualcosa di nuovo, l'empatia, i sensi di colpa. Temeva che qualcosa l'avesse fatto soffrire, quella sensazione la disturbò al punto che divenne fredda improvvisamente, come se non potesse permettersela, o non l'avesse calcolata.

Gli accarezzò il petto lentamente, proprio dove le pelle era rovinata. Simon socchiuse gli occhi, come se le dita di Vivian fossero riuscite a guarirgli una ferita aperta da tempo. « Se vuoi puoi chiedere. » Accarezzò il dorso della sua mano coprendolo con la propria, lo sguardo basso andò a cercare quello di Vivian. Lei scosse il capo, non se lo meritava, non era giusto che si aprisse cosí tanto con lei, che gli donasse quella parte di sè. Simon parve capire le ragioni della bionda e le sorrise, come a volerla rassicurare. « Ho deciso io di portarti qui con me, di farti entrare nella mia vita, se vuoi puoi chiedere. » Volle ribadirle che non fosse stata lei a manipolarlo per ottenere quello che le stava concedendo, aveva deciso lui di lasciare sua moglie e anche di organizzare quel viaggio romantico. Quindi aveva deciso anche di aprirsi fino a quel punto, fino ad essere vulnerabile.

« Chi ti ha fatto questo? » Non sapeva perchè, ma dava per scontato che non si fosse trattato di un incidente. Un uomo attento come Simon non ce lo vedeva ad inciampare nel posto sbagliato.

« Mio padre. » Lo disse con una calma che Vivian non comprese subito. « Era un eccellente uomo d'affari, ma un pessimo genitore. » Non riusciva ad immaginarselo, da piccolo, vulnerabile e zitto mentre si prendeva le botte dal padre. Non aveva mai visto un accenno di dolore negli occhi e sebbene avesse intuito quella dietro i segni che portava sul corpo non fosse una storia felice rimase sorpresa, aveva nascosto la sua parte vulnerabile alla perfezione. « Non picchiava solo me, anche e soprattutto mia madre, un giorno si era portato dietro una pistola: credevo che ci avrebbe ammazzati tutti, mi misi in mezzo e questo fu il risultato. »

Vivian ebbe l'impulso di abbracciarlo, anche se quella che pareva aver bisogno di conforto era lei. Gli lasciò un bacio leggero sul petto, come a voler rimarginare una ferita che ormai s'era chiusa da tempo.

Simon le accarezzò le gambe, colpito da tutta quella dolcezza. « Avevo diciassette anni, un colpo mi esplose sul petto e un altro mi graffiò la schiena. » A quel punto cercò lo sguardo chiaro della bionda, la sua reazione fu inaspettata: l'espressione si era fatta quasi tenera, i muri che solitamente metteva tra lei e chiunque erano ormai estremamente fragili, come se davanti avesse un ragazzino di diciassette anni e non Simon García, gestore dei locali più in voga a Manhattan, traditore e amante.

« Ti fa soffrire ancora? »
« No, adesso mi ricorda quanto io sia forte. »
Nessuno è invincibile, Simon.

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