Capitolo 64

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Si addormentarono abbracciati e quando Vivian aprí gli occhi il suo corpo era ancora aggrovigliato contro quello di Simon, era una sensazione piacevole, calda. Aveva la strana abitudine di volerle per forza accarezzare i capelli prima di assopirsi e lei glie lo lasciava fare, amava sentire il suo profumo appena sveglio, affondare il viso contro il suo collo soffice. Sentirla tra le sue braccia quando si destava la mattina gli faceva desiderare di non lasciare mai il letto.

Non era decisamente male come inizio, Vivian si chiese dove avesse intenzione di portarla e come volesse conquistarla. Da brava egocentrica si beava di tutte quelle attenzioni e se ne compiaceva senza vergogna.
Si voltò e allungò un braccio per avvolgerlo, ma Simon si ritrasse, alzandosi dal materasso morbido. « Ti avevo detto che saremmo andati in un posto speciale. » Quindi niente coccole? Non pensavo di prima mattina. Forse lui era abituato a svegliarsi presto ma lei no, Vivian mugugnò contro le lenzuola candide e arricciò il naso, infastidita. « Ma è presto. »
I momenti in cui entrambi si rendevano conto di quanto fosse importante la differenza di età che li divideva erano decisamente rari, sia perchè passavano la maggior parte del tempo avvinghiati, sia perchè sapevano bene fosse fondamentale non farsi troppe domande, altrimenti si sarebbero resi conto subito di quanto fosse tutto sbagliato.

Lui per un attimo la vide, la ragazza di vent anni e non la donna che lo aveva stregato, mentre si rannicchieva tra le coperte leggere e si rifiutava di uscire dal letto. Si chinò per scostarle una ciocca di capelli e l'innocenza scomparve tutta in un attimo, risucchiata dallo sguardo malizioso che gli rivolse quando potè finalmente incontrare quello chiaro di lui.

« Sono le undici. » Si poggiò su di lei che non attese troppo prima di riavvolgerlo nelle sue grinfie, gli accarezzò la schiena e allargò le gambe per incastrarlo contro il suo corpo.

« Ho visto che c'è una bellissima jacuzzi, in bagno. » Gli baciò il collo e lo sentí rabbrividire, Simon si stese meglio allungandosi con il petto su Vivian. « Potremmo farci portare qualcosa da bere e provarla. » Sul serio, alle undici di mattina? Lui parve porsi quella domanda ma subito si rispose da solo che aveva conosciuto Vivian offrendole da bere, che la sera stessa poi fosse stata ricoverata per overdose e capí che molte parti di lei non le conosceva affatto.

Le prese il viso con una mano e la baciò languidamente, cedendo alla tentazione di riaverla ancora su di lui. Vivian ansimò profondamente, pensava di averlo in pugno ma lui a quanto pareva era deciso a farla uscire. « Stasera. »
Corrugò la fronte, sul serio? L'uomo ghignò maleficamente, adorava farla attendere, lasciarla insoddisfatta e poi riprendersela quando gli pareva.

Quei modi e quelle provocazioni fecero infiammare ancora di più Vivian, infatti si riprese le sue labbra e le accarezzò lentamente con la lingua, decisa a farlo cedere solo per il gusto di saziare il suo orgoglio e il suo ego.
La mente di Simon avrebbe voluto allontanarsi, ma il suo corpo gli urlava in tutti i modi che il posto in cui dovesse restare fosse in mezzo alle gambe tese della giovane.
« Sei una strega. » mormorò piano, mentre si arrendeva alla tentazione di sentirla agitarsi sotto di lui. L'afferrò per i glutei in modo che potesse tenerla stretta a sè mentre divenivano una cosa sola. Lei gemette sommessamente, aveva raggiunto il suo obbiettivo.

Questa volta però Vivian voleva osare di più, non si accontentò di stargli sotto mentre faceva di lei ciò che volesse, decise di ribaltare la situazione e quando si trovò sopra di lui l'eccitazione di poter comandare fu tanta che dovette mordersi il labbro inferiore.
Simon la teneva per i fianchi e con lo sguardo la implorava di muoversi più veloce, ma lei non lo ascoltava, sentiva solo il suo piacere, si muoveva a seconda di cosa preferisse lei. Simon la guardava dal basso e gli parve la visione più divina che avesse mai potuto scorgere, guardarla mentre si lasciava divorare dal piacere e si toccava i seni gonfi lo fece sentire come un adolescente alle prime armi.

Non puoi resistergli.
Quando raggiunse l'apice del piacere si accasciò accanto a lui, fu decisamente un risveglio memorabile. Senza dire niente, Vivian prese il telefono della camera e chiamò per farsi portare una bottiglia di champagne.
Simon sorrise scuotendo piano il capo. « Vado a preparare la jacuzzi. »

Vivian assottigliò lo sguardo cristallino, era raro che non ottenesse quello che desiderava, e in quel momento voleva solo divertirsi. Probabilmente Simon aveva un'idea diversa, forse aveva programmato di poterla davvero conquistare facendole vedere il suo lato fragile, quello dolce. Ma lei non era attratta dalle cose buone, quelle si attaccavano a lei ogni volta che pensavano di poterla aiutare e poi morivano. Ho vinto io, ancora.

Ma a che prezzo, Archibald? A che prezzo hai vinto tu?

Quando si fece sera Simon e la giovane americana decisero di uscire, era d'obbligo una cenetta romantica guardando la Senna, lui voleva ancora portarla in quel famoso posto speciale di cui le aveva parlato la mattina. Vivian era convinta fosse una specie di scusa per farle un regalo, era convinta gli uomini non sapessero pensare mai a grandi sorprese: tutto quello che si riducevano a fare ogni volta era spendere soldi.

Non tutti, Vivi.
Scacciò quel pensiero dalla mente e si sistemò il solito cappotto, se lo abbottonò fin sotto il collo coprendo la scollatura ampia del vestito nero. Aveva scelto un abito stretto fino alla vita che scendeva poi morbidamente fin sopra il ginocchio, se l'era fatto fare su misura da una sarta per un'occasione che ormai non ricordava più: una festa, forse.

Appena fuori dal locale lui prese ad osservarla come se la stesse notando per la prima volta, lei inclinò il capo e gli accarezzò il petto con una mano. Era cosí strano poterlo fare senza paura di essere scoperti, forse le piaceva.
« A cosa pensi? »
« È il nostro primo appuntamento. » La voce calda di Simon le scivolò sul collo e le attraversò la schiena, facendola rabbrividire. Vivian si voltò e gli rivolse un sorrisetto compiaciuto, non era brava con le parole, mosse il corpo in avanti e fece in modo da averlo abbastanza vicino da potergli sfiorare le labbra con le proprie.

« In pochi si possono vantare di aver avuto un appuntamento con me, lo sa, signor García? » Bastava decisamente poco a farli impazzire, erano come due molle costantemente tese e furono tentati entrambi di mandare tutto al diavolo e tornare a chiudersi nella stanza da letto in cui avevano passato tutta la giornata.

« E io non ho mai portato nessuna delle mie ex mogli a Parigi, signorina Archibald, dovrebbe ritenersi fortunata, sa? » Le accarezzò il labbro inferiore con il pollice, lei lo chiuse delicatamente e Simon socchiuse gli occhi, immaginando quella bocca cosa fosse capace di fare.
Se solo quelle donne avessero saputo che fosse riuscita una qualunque giovane ereditiera a realizzare il loro desiderio di fare un viaggio romantico con il padre dei propri figli, sarebbero morte di rabbia.

Squillò il cellulare di lui, ruppe il silenzio e li fece allontanare. Solitamente quando erano insieme lo spegnevano, ma adesso avevano cosí tanto tempo che sembrava inutile, e comunque il telefono di Vivian era quasi sempre silente. Aveva pochissimi amici, se solo ripensava a cosa era successo con Marcus le veniva da vomitare. Prima o poi dovrai raccontarlo a qualcuno.
Scosse il capo, Simon stava leggendo il nome sul display, era sua figlia. Vivian pensò che lei non avesse mai chiamato il suo papà mentre era in viaggio, che non l'avesse mai sentito in quel modo in generale.

Senza volerlo sentí dei pezzi di conversazione.
« Tesoro, come stai? » Stava sorridendo, era evidente che gli mancasse. « Parigi è stupenda, la prossima volta ci torniamo insieme. »
La bionda alzò le sopracciglia, una strana sensazione le stava bruciando nel petto. Si sentiva triste? Abbassò lo sguardo, come se dovesse evitare a tutti i costi che qualcuno potesse vederla. Che ti prende Archibald.
« Cosa vuoi che ti porti? » Lui sembrava un'altra persona, cosí felice e amorevole che Vivian si chiese se non fosse quello il suo vero volto. Strinse le labbra sottili, non capiva perchè quella conversazione le dava cosí fastidio, non riguardava lei e Simon, riguardava lei e basta.
Che problemi hai, Vivi?

« Si, va bene.
Quando torno ti accompagno a pattinare. »
La giovane incrociò le braccia e si voltò, facendo finta di essere inpegnata a riflettere su qualcosa, a guardare il telefono. « Mi manchi, ti voglio bene anche io. »

Fu lí che capí, scoprí finalmente una delle cose che aveva sempre negato a se stessa e che in realtà l'aveva divorata lentamente, di nascosto fino ad annientarla.
Non può essere.
Le mancava suo padre, non averne mai potuto abbracciare uno. Sentiva il vuoto lasciato dalle carezze mai ricevute e da tutti quei "ti voglio bene" che le erano sembrati sempre tanto insulsi, solo perchè lei non aveva mai potuto apprezzarlo.

Non aveva mai conosciuto quell'amore di cui Simon inondava i suoi figli, perfino Davide che lo odiava.
Allora è cosí che dovrebbe essere. Lei era stata marchiata come quella di troppo da subito, era nata poco prima il divorzio dei suoi, pensavano che sarebbe riuscita a salvarlo ma cosí non fu, e allora conobbe già il suo primo fallimento: non era stata abbastanza da tenere unita la famiglia, se fosse stata diversa forse avrebbero preferito lei a loro stessi.
Ma che vai a pensare...

Lui non aveva mai risposto, prima di quella sera, ad una chiamata della figlia mentre si trovava in compagnia di Vivian, sia per privacy, sia perchè per quelle poche ore in cui si vedevano riusciva bene a ritagliarsi uno spazio solo per lei.

Adesso c'era un altro tipo di confidenza tra loro e lui pareva volersi aprire sul serio, forse avrebbe iniziato a parlarle anche di Dafne, Vivian ricordava il nome solo perchè l'aveva sentito dalla nipote. È tutto sbagliato.
Eppure le stava bene, era la cosa meno abominevole che avesse fatto in tutta la sua vita.

Lui chiuse la chiamata e tornò da Vivian, quando le si mise davanti aveva ancora quell'espressione troppo dolce per sembrare la stessa persona che l'aveva convinta a partire mentre tradiva sua moglie. « Scusa, era mia figlia. » Quella che ti ha dato della sgualdrina. « Non ha mai visto Parigi e neanche l'Europa, è eccitatissima. » E anche lui pareva contento a parlare di lei.

La giovane rimase immobile, non sapeva cosa rispondere, in realtà era il momento giusto per togliersi la maschera da stronza ma era dannatamente difficile. « Ah. » Sul serio, non sai dire altro, Vivian? « Quanti anni ha? »
« Nove anni. »
Invece che pensare alla piccola Dafne, Vivian rivide se stessa a quell'età, dove si trovava? Rivide casa del fratello, i suoi che urlavano e John che le prometteva di non abbandonarla mai, che cercava di rimettere insieme per lei pezzi di una famiglia che non esisteva più, che non era mai esistita.
Le stava succedendo quella cosa che accadeva ogni volta che le veniva in mente di aprirsi, diventava di ghiaccio e si pietrificava, mai sia che riuscissero gli altri a scorgere qualcosa. « È fortunata ad averti come padre. » Fu un'ammissione sincera, inaspettatamente vera.

Simon inclinò il capo, gli parve assurdo che Vivian Archibald gli avesse concesso quel complimento.
« Con lei è facile, Davide mi odia. »

Lei scosse il capo dorato. « Sarai anche stato un pessimo marito, ma avrei voluto un padre come te. » Gli prese una mano e intrecciò le sue dita alle proprie. Ancora più sorpreso che lei avesse rivelato qualcosa di velatamente personale, decise di approfittarne. Fu decisamente strano, suo figlio aveva l'età di Vivian e lui era poco più giovane del signor Archibald, se si fossero soffermati ad analizzare quel dettaglio forse avrebbero deciso di farla finita, oppure non si sarebbero fatti comunque sfiorare da alcun senso di colpa.
D'altronde sapevano bene entrambi dall'inizio quanto fossero immorali e sbagliati i loro incontri. Era ciò che li rendeva divertenti.

« E invece cosa hai? »

Esitò un momento, non si era mai posta troppe domande, aveva sempre ripiegato sulla droga e sull'alcol pur di evitarle, insieme al dolore, alla tristezza. « Niente. » Le sembrò il termine più adatto, non poteva dire che suo padre fosse orribile, meschino o egoista, non ci aveva quasi mai parlato davvero e il loro rapporto si limitava a quello di un capo con i suoi dipendenti.
Non era un violento o qualcuno da odiare, mai aveva osato alzarle le mani perchè mai aveva avuto niente da insegnarle. Quando John era piccolo il fratello le raccontava sempre quanto fosse severo, ma Vivian non lo sapeva. Lei era stata spedita in collegio subito dopo la scuola primaria e quando era tornata le sue cose si trovavano a casa di John.

Simon capí fosse abbastanza, la osservò calare la maschera da copertina e perdersi. Mai se l'era immaginata cosí, la vide fragile come non era mai stata, iniziò a comprendere perchè avesse fatto uso di droghe e quanto dietro a tutta quella strafottenza ci fosse la più miserabile tristezza. Sei dolce, Archibald, anche se non lo sai.

« Dove volevi portarmi? »

« C'è una chiesa sconsacrata non troppo lontano da qui, l'ho sempre trovata un posto magico, è bellissima. In questi giorni ospita una mostra ma è comunque visitabile. »
Vivian pensò che fosse tipico di Simon, amare un posto simile, riempito di bellezza ma svuotato di tutta la sua sacralità: splendente e vuoto, crudo come la realtà con cui si confrontava sempre. Un po' come lui, magnifico e spoglio, e anche come lei, meravigliosa ma chiaramente decadente. « Andiamo. »

⭐️⭐️⭐️

OOOKAY, solitamente non lo faccio mai, ma a questo punto sono davvero curiosa di sapere che cosa ne pensate della storia!

Secondo voi Simon è davvero innamorato di Vivi? E Vivian fa bene a provarci con lui, secondo voi la sta aiutando o è solo un altro modo per distrarsi?

E secondo voi perchè Vivian è cosí attratta da lui, e meno da qualunque altro ragazzo (tranne Michael) che le abbia fatto la corte?

Ci vediamo al prossimo (devastante) capitolo!

⭐️⭐️⭐️

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