Capitolo 68

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Sei solo ubriaco Michael. Eppure era bello anche quando beveva troppo, mentre fantasticava su un futuro che Vivian non si era mai permessa di immaginare. Chiuse gli occhi e per un attimo riuscì a vedersi come l'aveva descritta lui, in una vita diversa. Resta razionale.
Ripensó invece a come fosse la vita vera, quella fatta di segreti e droga, riciclaggio di denaro e cugini infelici. Quando era con Simon alla sua famiglia non ci pensava mai, forse perchè non temeva di rovinargli la vita, lui la sua se l'era già fatta. Ma Michael aveva tutto ancora da scegliere, da costruire, le sembrava di essere la sua condanna invece che la sua felicità.

« Io ho paura di non riuscire a renderti felice come tu ti aspetti faccia. » Visto che erano in vena di confessioni, decise di rivelargli una delle sue paura più grandi, di quelle che la notte le rubavano il sonno e di giorno la ragione. « Ho paura che dopo un po' tu ti accorga che non ne valgo così tanto la pena. » Era la Vivian grande o la bambina di sei anni a parlare? Quei timori in realtà li nascondeva dentro da sempre, si era sentita rifiutata per tutta la vita e per tutto quel tempo non aveva fatto altro che convincersi di non essere stata abbastanza.
Ma che carina, hai paura di rimanere sola.

Lui la strinse più forte, capì finalmente quello che voleva spiegargli e che aveva provato a fargli capire tanto tempo prima: non era insicura perchè non lo riteneva abbastanza, lui non c'entrava niente con le sue paranoie e i cattivi pensieri. Vivian si odiava, era convinta d'essere un fardello perchè per tutta la vita non l'avevano fatta sentire altro che un peso inutile.

Lo sguardo scuro di Michael cercó il suo e catturó prepotentemente la sua attenzione.
« Io non voglio stare con te perchè mi aspetto tu faccia qualcosa. » Si passó la lingua sulle labbra umide, sapevano di alcol, Vivian non era una grande amante dei liquori ma su di lui qualsiasi cosa aveva il sapore più buono del mondo. « Io ho bisogno di te perchè ho bisogno di provare le cose che sento quando siamo vicini, perchè mi fai impazzire, mi fai dire cose come quelle che sto dicendo adesso e non me ne frega un cazzo se sembro uno stupido. » Poggió la sua fronte a quella di lei. « A me non devi dimostrare niente. Non devi essere all'altezza di niente. »

Vivian si sentì piccola, si era dimenticata di come fosse quando lui riusciva a spogliarla da tutte le corazze che indossava solo per paura di essere toccata. Riusciva a lasciarla nuda, a capire le sue paure, dove sbagliasse.
Le conosceva già tutte le sue imperfezioni, e l'amava lo stesso. Le bruciavano gli occhi, fece per parlare e ricacciare indietro le lacrime ma non vi riuscì.
Abbassó istintivamente il capo per nascondere quella scena pietosa alla vista di Michael, ma lui le sollevó il viso e posó le labbra dove le sue guance erano bagnate, con lui non doveva vergognarsi di niente. Essere umana era un lusso che Vivian non si era mai potuta concedere.

Gli sorrise, stava ancora piangendo ma non le importava più. « Andiamo via. » Tiró su con il naso e lo vide prendere vita, adesso era lei ad aver bisogno di lui: si era preso la responsabilità di non farla cadere nell'angoscia, nella paura costante di non essere mai abbastanza.

E Simon? E Lorenzo? E tutta le gente che non aveva idea di cosa stesse facendo in Francia? Suo fratello pensava fosse partita per visitare l'università, i genitori anche e tutti erano convinti volesse riprendere gli studi.
Non posso. E invece poteva benissimo. Devo avvisare tutti, cosa diranno?
« Sul serio? » Parve sorpreso.
« Non credevi avrei detto di sí? »

Lui assottigliò lo sguardo scuro e scaldò il tono di voce. « Pensavo che mi sarei dovuto impegnare molto più. »
Stava giocando. Le accarezzò la schiena lentamente, riusciva a farle perdere il respiro perfino quando la toccava da sopra il tessuto spesso del cappotto. Vivian si ritrovò a socchiudere gli occhi, immaginando per un momento quelle mani altrove sul suo corpo.
« Sono ancora in tempo per ritirare quello che ho detto? Sono curiosa di sapere come avessi in mente di convincermi. »
Michael fece finta di pensarci e poi annuí maliziosamente, si avvicinò al suo orecchio e le succhiò il lobo. « D'altronde abbiamo tutto il tempo che vogliamo. » Le sue parole vibrarono contro la pelle dell'americana che scivolò con le mani sul suo petto e premette con i polpastrelli, come se potesse toccare davvero la pelle che si nascondeva sotto.  Si pentí di non aver prenotato nessuna stanza, avrebbero potuto fare l'amore da subito se solo non fosse stata troppo impulsiva.

« Ma non abbiamo un posto dove stare. »
Lui rise ancora, come se si aspettasse quella risposta. Adorava quando aveva in mano le redini del gioco, quando poteva gestire le emozioni di Vivian come volesse. « Ho la sala della mostra tutta per me fino a domani mattina. »
E allora cosa stiamo aspettando.

Un taxi li riportò velocemente lí, quando entrarono sembrò loro un posto diverso. A terra era pieno dei quadri che Michael aveva rotto, alcuni strappati al centro senza neppure toglierli dal muro. Vivian si sentí un mostro.
È tutta colpa tua, guarda cosa gli hai fatto fare. Si soffermò con lo sguardo su uno dei tanti lacerato brutalmente. Come se avesse capito quello che le frullasse per la testa Michael l'avvicinò da dietro, le luci soffuse rendevano l'ambiente immensamente piacevole, intimo.
« Non è rovinato, anche quel taglio orribile è arte, tutto è arte, Vivian. Qualsiasi cosa sia collegata a te lo è. »
L'avvolse con un braccio, mentre con l'altro le spostò i capelli dal collo e prese a baciarlo lentamente. Lei socchiuse gli occhi e inclinò il capo per lasciargli più spazio, quelle labbra le erano mancate da morire.
« Sei perfetta. » Strofinò piano il naso sulla pelle della bionda, con le mani poi andò a sbottonarle il cappotto pesante, in modo da poterglielo far scivolare lentamente sulle spalle e liberarla da quello strato pesante di lana. Il maglioncino che aveva indossato le aderiva al corpo fasciandole le curve accennate senza farla sembrare troppo provocante. Eppure per lui era dannatamente sexy.

Perfetta. Pensò ancora l'artista, mentre scendeva sotto la gonna e ne alzava il tessuto spostandolo dall'orlo. Vivian si sentí bruciare il petto, dovette mordersi il labbro inferiore per non liberare già da subito un gemito sommesso. Michael adorava l'effetto che aveva su di lei, quando si comportava da orgogliosa in quel modo solo per non dargliela vinta. « Non trattenerti troppo, mi piace da morire quando ti sento. » Le strinse i glutei sodi da sotto la gonna, mentre si divertiva a morderle il collo, si staccò solo per soffiare lentamente sulle zone umide di saliva. Sospirò pesantemente e Michael ghignò dietro di lei, spostò le mani sull suo basso ventre e premette per tenerla stretta contro di lui. Vivian sentiva il suo petto alzarsi e abbassarsi piano, anche lui non ce la faceva più. Mosse leggermente i fianchi per invitarlo a non fermarsi, quei movimenti ebbero l'effetto di farlo accendere ancora di più.

Scivolò tra le sue gambe, prese ad accarezzarle l'intimità da sopra la biancheria e i collant. Vivian divenne subito calda e lasciò scappare dalle labbra un primo disperato gemito. Lui, malefico, decise di torturarla e spostarsi, ma lei non lo accettò.

Si voltò e lo tirò a sè, a quel punto Michael non potè trattenersi e la spinse contro una mensola che faceva da espositore. Vivian allargò le gambe scoperte per attirarlo tra le sue grinfie, non le andava bene come l'avesse lasciata insoddisfatta. Lui capí di essere ancora quello con il controllo della situazione e decise di darle spago, tornando con due dita sulla sua intimità.
Si avvicinó al suo orecchio. « Hai perso colpi, Archibald? » Si riferiva chiaramente al fatto che le fosse bastato decisamente poco per eccitarsi, che non sapesse piú reggergli il gioco. « Non illuderti. » Le labbra sottili s'incresparono in un ghigno malizioso, strinse le cosce attorno ai fianchi di Michael e lo tiró dalla cinta. Gli sfiló la camicia dai pantaloni e insinuó subito le mani sotto il tessuto leggero ad accarezzargli il petto muscoloso, il contatto con le sue dita fredde lo fece rabbrividire. Vivian sentiva il suo respiro pesante contro il collo e se ne compiacque, gli slacció la cintura e i pantaloni già troppo stretti. Lo vide mordersi il labbro inferiore. Cosa avevi detto, Rinaldi? Colto alla sprovvista, dovette tirarle giù le calze leggere e spostarsi sotto il tessuto degli slip. Non le diede subito la soddisfazione che cercava, l'accarezzava lentamente esercitando una leggera pressione con l'indice.
« Non hai mai saputo aspettare. » No, infatti. Vivian allungó il capo all'indietro e si aggrappó a lui. Stava vincendo.
La prese dal sedere e fece scontrare i loro bacini, lo sentì fremere a quel contatto. « Neppure tu. » Un risolino compiaciuto vibró sulle labbra di entrambi. Vivian lo tirò dalla camicia e inchiodò nuovamente le labbra sulle sue. Le dita di Michael scivolarono sotto il tessuto sottile delle calze velate e raggiunsero l'elastico scuro che le teneva strette in vita. Lo afferrò con l'indice da ambo i lati e lo fece scorrere giù, lungo le gambe affusolate di Vivian che si era già liberata delle scarpe di pelle. Le aveva fatte cadere a terra con un tonfo sordo, adesso giacevano abbandonate.

Non la spogliò neppure, tornò sul suo corpo, questa volta la mancina si posò sul seno sodo di lei, che stava impazientemente liberando l'altro dei pantaloni. Avrebbero potuto aspettare il giorno dopo, uscire e cercare una stanza adatta in qualche albergo, perfino il più squallido dei Motel sarebbe stato meglio di quella chiesetta sconsacrata e fredda ma a loro non importava. Prendere decisioni razionali e poco avventate non era certamente una cosa che sapevano fare senza troppi sforzi.

Vivian si ritrovò con la schiena contro il muro, il maglioncino ancora addosso mentre Michael ansimava, impaziente di diventare una cosa cola con lei, ancora.
Quando accadde vi fu prima uno strano silenzio, come se entrambi dovessero realizzare che non fosse un sogno, che quel piacere era vero, era solo loro.
La prese per i fianchi e iniziò a muoversi cosí lentamente che all'inizio fu straziante, con la mano libera l'afferrò da dietro la nuca e le tirò i capelli dorati per farle scoprire il collo, era una delle parti che amava di più di lei.
Fu lí che lo vide, un segno che non le aveva lasciato lui, livido e prepotente, come a ricordargli che Vivian non fosse mai stata solo sua, che non fosse possibile. Lei si era completamente dimenticata di quel succhiotto evidente, Simon e tutto ciò che rappresentava non esisteva più.

Quel dettaglio fece avvampare ancora di più Michael, spinto da una gelosia irrefrenabile adesso voleva unirsi al corpo di Vivian per dimostrare a se stesso che fosse sua, anche con quel segno, era una cosa sua. Ma che egoista signor Rinaldi, non si trattano cosí le donne.

All'improvviso il ritmo con cui si muoveva divenne più violento, tanto che grugnò contro la pelle arrossata dai baci di lei, che inerme restava avvinghiata al suo corpo.
« Michael... » Non la fece finire, l'afferrò dai glutei e prese a muoversi ancora più velocemente, lei alzò il capo e si morse il labbro inferiore. Le sembravano passati anni dall'ultima volta che era stata bene in quel modo, come la toccava lui non era capace nessuno, e quell'improvvisa prepotenza con cui aveva preso a trattarla le piacque.

Era vicina al limite, socchiuse gli occhi pronta a gemere per l'ultima volta ma Michael le negò quel piacere, tornò ad andare lento, poi uscí da lei e si avvicinò al suo orecchio. « Dimmi che sei mia. »
Mai. « Ti prego... lo sai. »
Scosse il capo, accarezzandole il collo con il naso. « Voglio sentirtelo dire. » Si spinse contro di lei, la sentí tremare. Non udendo risposta prese a baciarle ancora il mento, a succhiarle il lobo lentamente. « Dillo. »
« Sono tua, ti prego... » Non dovette aggiungere altro, le diede quello che voleva ed entrambi si soddisfarono insieme.

I muscoli di Vivian si sciolsero e lui la bloccò un ultimo istante contro il suo corpo. « Ti amo. » Fu un sibilo cosí flebile che non fu neppure certa di averlo detto, mentre raggiungeva il culmine del piacere. Lo sussurrò sulle labbra di Michael involontariamente, avrebbe dovuto essere un suo segreto ma quel malefico italiano era riuscito a farglielo confessare.

Rimase zitta, come se non credesse alle sue parole.
Lui alzò le sopracciglia, era compiaciuto e chiaramente contento. Piegò le labbra in un sorriso sorpreso, cosí dolce da essere smielato.
Scusa. Era quello che avrebbe voluto dirgli Vivian, se non fosse stata terrorizzata. Adesso mi lascia.
« Ti amo anche io, miss America. »

⭐️⭐️⭐️

Holaaaa, che ne pensate? Faccio un po' schifetto a scrivere questo tipo di capitoli ma giuro che mi sto impegnando per migluorare (si accettano consigli)

Secondo voi ci sarà una pt 2?

Chissssssà

⭐️⭐️⭐️

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