11 - Secondo tentativo

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

«Signore, l'inviato del Derby's è arrivato.»
L'ispettore si passò le mani sul volto, sperando di far sparire la stanchezza causata dalle ore passate nella sala interrogatori. «Lo faccia entrare» borbottò alla segretaria, stringendo la cravatta e lisciandosi la giacca grigia.
L'uomo che mise piedi nel suo ufficio era piccolo e piuttosto robusto, gli occhiali dalla montatura spessa e il sorriso piacione, che accentuò quando l'ispettore lo invitò ad accomodarsi.
«La ringrazio, signore.» L'ometto si sistemò i capelli rossicci appiattiti dal cappello, accomodandosi sulla sedia. «John Harper, inviato del Derby's.»
L'ispettore strinse la mano al giornalista, approfittandone per controllare l'orologio da polso, impaziente. Aveva indicato l'orario di ricevimento alle dodici.
«È stato puntuale» disse, mentre si accomodavano.
«Sempre. Come un orologio svizzero!» replicò l'uomo, estraendo dalla sua valigetta blocchetto e matite. «Sono lieto che abbia permesso al Derby's Newspaper di intervistarla a riguardo del tragico assassinio di Sean O'Gryler.»
«Beh, non potevo fare altrimenti. È un diritto dei cittadini essere informati di eventi e possibili pericoli.»
John Harper allargò il sorriso, e iniziò a scrivere sui fogli.

«Ispettore, so che questo non è il suo primo caso di omicidio, ma...»
«Potrebbe attendere un minuto, per favore?»
Harper lo fissò, la bocca semi-aperta in segno di stupore. «Stiamo aspettando qualcun altro?»
James Dyler lanciò un'occhiata alla porta chiusa e attese. Era sicuro di aver riferito l'orario corretto, la sera prima.
«Non importa. Continui, prego.»
«Dicevo: crede che questo caso sia diverso, in qualche modo, dagli altri? Sean O'Gryler era un grande imprenditore, era proprietario delle due aziende più proficue di Nochtown, per non parlare delle sue donazioni... La sua morte potrebbe causare dei danni all'economia della città?»
«Non mi occupo di questioni del genere, temo. Ma è vero che la sua morte ha lasciato aperta la questione dell'eredità. La vittima non aveva figli, e la moglie si sta astenendo dal rivelare il destino dell'azienda di famiglia.»
«Potrebbe darci delle...»
Il suono dei cardini li interruppe per la seconda volta, e un'affannata Lily Hunting fece capolino dalla porta.
«Miss Hunting. Stavamo aspettando proprio lei» la punzecchiò l'ispettore, non badando alla visibile confusione dell'altro giornalista.
«Scusate l'attesa, signori. Ci è voluto un po' per convincere la segretaria e gli agenti di sotto che questa era una questione lavorativa e non una visita personale» ribatté la ragazza, avvicinandosi ai due.

L'ispettore alzò un sopracciglio. «Mi scuso per l'inconveniente» disse. «E le presento il signor Harper, l'inviato del Derby's. Anche lui scrive sul caso.»
«Lei è la signorina del Nochtown's Journal?» disse l'inviato, scrutandola dalla testa ai piedi. «Può chiamarmi John.»
Lily ricambiò con un sorriso tirato e una stretta di mano, accomodandosi alla scrivania dell'ispettore.
James Dyler rivolse un cenno del capo a entrambi, per farli accomodare. «Signori.» Incespicò, gettando uno sguardo verso la ragazza. «E signorina. Procedete pure con le domande. Per contentare tutti, sarebbe preferibile che poniate una domanda ciascuno.»
John Harper non si fece attendere, sistemandosi sulla sedia come se si stesse preparando a una battaglia. «Ma certo, ispettore. Come stavo dicendo prima che la mia collega ci interrompesse...» iniziò, indicando Lily con un gesto vago della mano. «Questi due giorni non si è fatto altro che parlare dell'omicidio di Sean O'Gryler. Nonostante ciò, la comunità è stata tenuta all'oscuro dei dettagli concernenti la sua morte. Se potesse, dunque, aggiornarci su alcune generalità...»
«Naturalmente. Sean O'Gryler è stato ritrovato morto all'alba del giorno sette luglio all'interno del tendone del circo stabilitosi nella periferia della città. Stando al medico legale, la sua morte, avvenuta tra le undici e l'una di notte dei giorni sei e sette luglio, è stata causata dalle ferite inflitte da un'arma da taglio, presenti su fianchi, addome e gola della vittima. Sono inoltre presenti segni di colluttazione sul volto della vittima. L'arma del delitto non è ancora stata ritrovata, ma sospettiamo si tratti di un pugnale, o di un grande coltello.»

«C'è già un possibile movente?» domandò Harper, alzando gli occhi quel poco che bastava per guardare l'ispettore, prima di tornare al suo taccuino.
«Per ora possiamo solo ipotizzare. Abbiamo riscontrato la mancanza del portafogli e del denaro della vittima. Stando ad alcuni testimoni, il signor O'Gryler aveva perduto il portafogli poco prima dell'omicidio. Tuttavia, i documenti sono stati ritrovati nelle tasche della giacca che indossava. Potrebbe trattarsi di un tentativo di furto, e il colpevole avrebbe rimesso i documenti sulla vittima per paura di essere scoperto, ma non vogliamo giungere a conclusioni affrettate.»
L'ispettore rimase ad ascoltare il veloce scribacchiare delle matite sulla carta.
Lily prese un respiro profondo, aprendo bocca ancor prima di terminare la frase appuntata sul blocchetto. «C'è...»
«Avete qualche sospettato in particolare?» la precedette Harper, inclinandosi verso la scrivania, interessato.
«Al momento, no. Tutti i membri del circo sembrano avere degli alibi che gli altri possono confermare. Stiamo continuando le ricerche dell'arma del delitto, e vedremo se l'analisi delle impronte sarà ancora possibile. Fino ad allora, possiamo solo fare ipotesi.»
«È possi-...»
«Pensate che l'omicidio sia stato premeditato?» domandò Harper.
«Esatto» mormorò Lily, in tono quasi impercettibile, pizzicandosi il ponte del naso con due dita.
L'ispettore spostò lo sguardo dall'uno all'altro, prima di ammettere: «Non ne siamo ancora certi. L'occultamento dell'arma del delitto e di altre eventuali prove farebbero pensare a un omicidio premeditato. La vittima ha passato gli ultimi giorni in compagnia dei sospettati, e l'assassino ha avuto il tempo per osservarlo e attendere il momento giusto per derubarlo o ucciderlo». Il volto gli si oscurò. «Le condizioni in cui il cadavere è stato ritrovato, tuttavia, fa pensare a un qualcosa di più istintivo. Ripeto, non escludiamo altri moventi.»

«E se...»
«Riterrebbe che il movente sia di natura politica?»
Lily degnò l'uomo accanto a lui di uno sguardo contrariato, trattenendosi, però, dal protestare, per non apparire sgarbata.
Fu l'ispettore a fermare l'uomo, con un pacato gesto della mano. «Mi scusi, signor Harper. Una domanda ciascuno. Prego, signorina Hunting» disse, rivolto alla ragazza.
Lei rizzò la schiena, come se un'insegnante avesse chiamato il suo nome alla sprovvista.
«La ringrazio, ispettore» esordì, con un cenno del capo. «Se fosse davvero un omicidio premeditato, crede che la lista dei sospettati potrebbe estendersi ad altri conoscenti della vittima? Qualcuno di esterno al circo?»
«Per il momento, ci stiamo concentrando solo sulle persone che erano presenti sulla scena del delitto. Ma è anche vero che chiunque sarebbe potuto entrare nel circo senza essere notato. Rimane la nostra ultima ipotesi.»
Lily annuì, scribacchiando sul suo taccuino, e sentì Harper sbuffare accanto a lei.
«Quando si terranno i funerali?»
«Tra un paio di giorni. La moglie ha preferito una cerimonia privata, ci saranno solo i conoscenti più stretti.»
«Capisco» borbottò John Harper, per poi aggiungere: «E, mi dica, ispettore, interrogherà anche familiari e amici di O'Gryler?». Il tono del giornalista si fece più attento lasciando trapelare il suo interesse. «Henry Windstorm?»
Lily volse la testa verso di lui. Il volto dell'uomo pareva essersi illuminato, nel porre quella domanda. Era chiaro che quell'argomento gli era di suo maggiore interesse.
La ragazza sospirò: Lord Henry Windstorm riusciva a rubare la scena anche in una situazione del genere. Dopotutto, era uno degli uomini più ricchi e importanti in città e dintorni. I giornali non si perdevano un solo discorso, una festa, un pettegolezzo che riguardasse quell'uomo.
Sentì James Dyler schiarirsi la gola prima di rispondere. «Il signor Windstorm verrà nel mio ufficio, sì. È stato l'ultimo a parlare con il signor O'Gryler, al di fuori dei sospettati.»
«Grande uomo, anche lui» annuì Harper, con tono talmente lusinghiero e lodevole che Lily dovette trattenersi dall'alzare gli occhi al cielo.

L'intervista andò avanti.
Dopo qualche minuto, l'ispettore esordì: «Molto bene, signori. Se non avete altre domande, credo che possiamo finirla qui».
Prima che potesse alzarsi dalla sua poltrona per accompagnare i giornalisti alla porta, però, la voce di Harper riempì il silenzio della stanza: «Crede che dietro questo omicidio ci sia qualcosa di più grosso?». Sul volto aveva il sorrisetto sornione del suo arrivo.
Lily e l'ispettore lo guardarono confusi.
«Come dice, prego?»
Il giornalista ammiccò a entrambi. «Sappiamo che sono tedeschi, no?» Sogghignò. «Crede che siano i nazisti venuti a vendicarsi della sconfitta?»
Nessuno degli altri due presenti rise. Lily lanciò al giornalista un'occhiataccia, questa volta decisa a rispondere con qualcosa che le avrebbe fatto fare molto più che la figura della maleducata, ma, nuovamente, l'ispettore fu più veloce.
«Signor Harper, non ritengo questo genere di insinuazioni appropriate.» Suonava calmo, nonostante lo sguardo severo e intimidatorio che teneva puntato sull'uomo.
John Harper divenne paonazzo. «Ah! Mi scusi, ispettore.»
«L'intervista è terminata. Credo che conosciate l'uscita.»
«Certo, signore. Buona giornata, signore.» L'ometto raccattò valigetta e cappello e uscì di corsa dall'ufficio sbattendo la porta, non prima di aver salutato con un veloce gesto della testa anche Lily.
«Idiota» borbottò James Dyler, una volta che furono rimasti soli, sprofondando nella sua poltrona.

«Credo che non sia l'unico a pensare queste cose» disse la ragazza, riponendo penna e taccuino nella borsa.
«Lo so bene. La gente crede alle peggiori fantasie. E i giornalisti fannulloni sono i primi ad alimentare queste frottole.»
«La ringrazio.»
L'ispettore le diede una brave occhiata, prima di chiudere le palpebre con un sospiro. «Riferirò alla segreteria di sotto di non intralciarla, la prossima volta.»
Lily abbozzò un sorriso. «È gentile.» "Ma non credo ci sarà una prossima volta" voleva aggiungere. Il fatto che il signor Wipond le avesse assegnato il caso era stato un miracolo. Una volta terminato, sarebbe tornata a scrivere per le pagine di curiosità e moda.
«Ha tutto ciò che le serve?»
Lily si alzò di scatto. «Sì» affermò, con entusiasmo. «Certo, manca ancora qualcosa. Immagino che la signora O'Gryler rilascerà qualche dichiarazione. E il signor Wipond vorrà qualche domanda anche ai testimoni.»
A quella frase, l'ispettore aprì gli occhi e balzò in piedi. «No.»
Lily lo fissò attonita. «No?»
«Non voglio che gente esterna interferisca nelle mie indagini. In particolare se si tratta di dover parlare con i principali sospettati» continuò l'uomo, dirigendosi spedito verso l'uscita. La giornalista lo seguì a ruota.
«Ha detto che non era sicuro che l'assassino fosse tra i membri del circo.»
«Ho detto che c'è una piccola possibilità che non sia del circo» sottolineò l'ispettore, aprendole la porta. «Resta il fatto che il cadavere è stato trovato lì, e gli assassini ritornano sempre sulla scena del delitto, prima o poi.» Si voltò verso la ragazza, con sguardo severo. «Veda di non metterci piede.»
La giornalista aprì la bocca per replicare, la richiuse, e rilasciò un sospiro arrendevole. «Le assicuro che non ho intenzione di farlo.»
L'uomo annuì, rifilandole un'occhiata sospettosa. «Allora, buona fortuna per il suo articolo. E buona giornata, signorina Hunting.»
«Le auguro buona fortuna con il caso, ispettore.»
Lily si lasciò chiudere la porta alle spalle, restando in ascolto dell'ispettore che tornava alla sua scrivania, fino a udire il cigolio della poltrona. Sorrise.

Erano rimasti in pochi nel piccolo chapiteau dove i circensi erano soliti mangiare. Cajus Köhn era l'unico in piedi, si aggirava tra le sedie e le panche come un generale, osservando dall'alto in basso ai presenti attorno a lui.
«Questa proprio non ci voleva.» La voce gracchiante lasciava trapelare la sua irritazione.
A Sven questo suo atteggiamento non piaceva affatto. Scrutava il saltimbanco con sguardo torvo, appostato sulla sua sedia all'angolo del tavolo come una vedetta. «È stata una tragedia, Cajus. È normale che la polizia ci tenga qui» disse.
«Ci avrebbero già lasciato andare se qualcuno avesse raccontato bene i fatti» insisté l'altro in tono canzonatorio. Nessuno dei circensi osò contestare quell'affermazione, il che portò a uno scambio di occhiate diffidanti e imbarazzate tra i presenti, e una certa soddisfazione da parte di Cajus.
Alla fine, fu Reuben ad aprir bocca. Il volto ostile del signor Köhn non influenzò affatto l'atteggiamento diplomatico e modesto che il giovane adottava spesso. «Ma non è successo. La polizia sospetta di tutti noi e non ci lascerà andare finché il vero colpevole non verrà trovato» disse. «Non possiamo permetterci di diffidare l'uno dell'altro. Chiunque sia stato, dovrà costituirsi.»
Un tonfo fece girare tutti di scatto. Dal fondo dello chapiteau, Bernardo aveva battuto il pugno sul tavolo con rabbia, facendo sussultare Astrid e Olimpia, sedute accanto a lui. «E se lo dici così è facile! Ma l'assassino mica è scemo, non lo farà mai. Ma se scopro chi è stato, lo ammazzo con le mani mie, sentito
«Per favore, 'Nardo, cerchiamo di mantenere la calma» disse Zakhar, pacato.
«E ti sembra un momento normale per restare calmo?»
«Capisco che sia una situazione complicata, ma non siamo neanche sicuri che l'assassino sia uno di noi. L'ha detto anche l'ispettore...» iniziò Sven, venendo interrotto da Cajus.
«L'ispettore lo dice per prassi, per farci restare buoni. Ma scommetto che la polizia non ci crede più di tanto. Così come tutti qui. O sbaglio?» Il saltimbanco sorrise al silenzio calato tra i circensi. Guardò il clown, vittorioso. «Dunque è certo: l'assassino è qui tra noi. E io credo anche di conoscere il colpevole.»

«Oh, non dire stronzate.»
Il ghigno beffardo scomparve dalla bocca dell'uomo all'udire la voce levatasi dalla sua destra. Georg sedeva a cavalcioni su una delle panche, le braccia conserte e la schiena dritta, l'espressione dura e provocatrice nei confronti dell'uomo.
«Se sei così convinto di chi sia l'assassino, perché non hai detto nulla alla polizia?» continuò in tono provocatorio. «Hai preferito andare a raccontare le questioni private di altri. Chi ti ha autorizzato a dire quelle cose su Sven all'ispettore? Sapevi benissimo che era innocente!»
Le parole del giovane destabilizzarono Cajus Köhn, che per un secondo piegò le labbra in segno di ribrezzo. Si schiarì la gola, aggiustandosi la giacca. «Io dico sempre la verità» sibilò, irritato. «Sembra che quello che ho detto all'ispettore ti interessi parecchio. È per quello che ho detto su di te?» Sulle labbra gli si dipinse un sorriso ammiccante. «O temi che abbia detto qualcosa di sconveniente sulla nostra piccola, innocente Frau Wald?»
Georg si irrigidì a quell'insinuazione, stringendo la mascella e i pugni dalle nocche scorticate, cercando il volto di Astrid, seduta al lato opposto del tavolo, con la coda dell'occhio. Nel sentire il suo nome, la giovane era avvampata fino alle orecchie, abbassando la testa nel disperato tentativo di non guardare il ragazzo, men che meno qualcuno degli altri circensi.
«Pardon, di cosa stiamo parlando?» intervenne Gilbert, visibilmente confuso.
«Di niente» replicò di scatto Georg, voltandosi ancora verso il saltimbanco. «Sono bugie che Cajus ha inventato pur di non raccontare cosa ha fatto lui la notte dell'omicidio.» Si sporse in avanti con aria di sfida. «Quando hai detto di essere tornato, quella sera?»
«Abbastanza presto da vedervi insieme» disse l'uomo in un sorriso forzato. «E tu cosa hai fatto alla mano, Georg?»
«Avanti, Cajus, lascialo in pace. Sono ragazzi» esordì Zakhar, attirando l'attenzione su di sé. Non sembrò turbato dallo sguardo freddo che gli fu rivolto.
«Lo difendi? La situazione ti suona familiare?»
Fu Gilbert a rompere la tensione, alzando una mano con nonchalance. «Io non credo che sia stato uno di noi.» Le iridi azzurre si puntarono sui vari presenti, in attesa di consenso. «Insomma, ci conosciamo da tanto temps. Se ci fosse stato qualche assassino, ce ne saremmo accorti.»
Cajus sbuffò annoiato. «Lo pensi perché sei ingenuo. Non brilli certo per intelletto, caro Gilbert» lo liquidò, senza neanche degnarlo di un'occhiata.

Il mago storse il naso e, nonostante la gomitata che Zakhar gli aveva rifilato per zittirlo, ribatté: «Georg ha ragione. Se proprio vogliamo sospettare di qualcuno del circo, perché non iniziare da te?». Iniziò a contare sulla punta delle dita. «Tu eri amico di O'Gryler, anche più di Madame Enger, ed eri tu che gli dovevi i soldi. Bon Dieu, ti aveva anche minacciato di denunciarti, me lo ricordo. E hai avuto il coraggio di raccontare alla polizia i nostri affaires privées per far ricadere la colpa su...»
«Ringrazia che non ho detto nulla su di te, Viville!» ringhiò il saltimbanco, puntandogli l'indice contro.
Gilbert sussultò, chiudendo la bocca di scatto, gli occhi azzurri spalancati all'idea che l'uomo potesse aggiungere altro. Si guardò intorno sperando che nessuno avesse notato la sua reazione.
«Ti comporti da prepotente, Cajus» mormorò Olimpia, austera. «Arriveremo a pensare che tu abbia davvero qualcosa da nascondere.»
«E tu chiudi la bocca, sgualdrina.»
«Non parlarle così.» Il tono duro e sprezzante di Zakhar causò un silenzio sconcertante tra i presenti, ma non sembrò smuovere l'umore di Cajus Köhn. Lo sguardo glaciale che fu rivolto al mangiafuoco minacciava un'esplosione di rabbia che, tuttavia, non avvenne.
Il saltimbanco disse: «Io conosco i segreti di tutti, qui. Qualsiasi cosa accada, io la saprò. E vedrete che presto neanche l'assassino potrà più nascondersi.» Un'espressione maligna gli dipinse il volto. «Oppure, chissà: potrebbe uccidere di nuovo.»
«Smettila, Cajus, non è una cosa su cui scherzare» gemette Astrid, pallida in volto, venendo scossa da un brivido. «Frau Enger...»
«Frau Enger weiß überhaupt nichts!*» ringhiò Cajus a denti stretti. Si sistemò ancora la giacca e si passò una mano tra i capelli brizzolati. «Ho io il compito di mantenere l'ordine, qui. Prevedo che riceveremo molte visite, in questi giorni, e sarà necessaria la collaborazione di tutti. Chiederei, dunque, all'assassino di considerare la sua dipartita. O costituzione. Se non vuole essere scovato con la forza.» Voltò le spalle al gruppo, dirigendosi verso l'uscita. «Fino ad allora, non mi fiderei di nessuno.»

**********
* "Frau Enger non sa un bel niente/assolutamente niente", ma è anche un modo per dire "un cazzo di niente".

Che la storia abbia inizio.
Alla prossima!

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro