10 - L'interrogatorio (terza parte)

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«Allora: io mi sveglio, vado nella tenda per controllare che è tutto in ordine. Con la pioggia si bagna tutto e a volte succede che cede qualche palo. E allora io entro nella tenda, ma non vedo subito il morto. Ho aperto per far entrare la luce e poi l'ho visto. Ah, ma quando ho capito che era un morto mi sono preso paura, eh.»
L'omone aggrottò le folte sopracciglia e batté indignato una mano sul tavolo, che vibrò. James Dyler temette che lo avrebbe spezzato a metà.
«Come un animale l'hanno ammazzato! Tutto il sangue... Sia ringraziato il Signore non l'hanno visto i bambini.»
Bernardo Randazzo si era rivelato un buon testimone, disposto a rispondere a qualsiasi domanda, sebbene in un inglese maccheronico e stentato.
"Essendo uno degli ultimi arrivati al circo, non è in grado di fornire molte informazioni sulla vittima, ma perlomeno ricorda tutto del ritrovamento del cadavere" pensò l'ispettore scrutando l'uomo di fronte a lui.
«Immagino che shock deve essere stato per voi» disse. «Nessuno ha messo piede sulla scena fino all'arrivo della polizia?»
Bernardo scosse il capo. «Solo pochi. Quando ho chiamato gli altri neanche riuscivo a parlare e sono venuti a vedere cosa stava succedendo. Alcuni pensarono che scherzavo, ma io non scherzo su queste cose, eh» aggiunse facendosi un breve segno della croce.
«Avete toccato il corpo?»
«Neanche per sogno! Non si disturbano i morti! Ho controllato io in persona fino al vostro arrivo» esclamò il circense, fiero.
James Dyler avrebbe sfidato chiunque a disobbedire a un ordine impartito da uno grande e grosso come Bernardo. La sua notevole altezza era compensata dall'impressionante muscolatura, entrambe qualità che accentuavano i suoi modi bruschi e grezzi. L'ispettore era sicuro che non avrebbe fatto nessuna fatica a spezzare le ossa anche al più robusto degli uomini.
"Se non dovessi basarmi sui fatti, direi che l'assassino è proprio lui" si disse l'ispettore. "Ma non mi sembra il tipo che utilizza un coltello per uccidere qualcuno."
«Il signor Köhn ha visto il cadavere?» chiese all'omone.
Quello annuì. «Con il signor O'Gryler erano amici. Penso che questa è la prima volta che ho visto Cajus preoccupato.»
«La sera dell'omicidio non era presente, vero?»
«No, non c'era. È tornato tardi, io non l'ho visto. Noi non restiamo fuori dal circo dopo mezzanotte. Ma lui fa un po' come gli pare.»
«Sa per caso se il signor Köhn fosse in debito con il signor O'Gryler?»
Bernardo fece un gesto vago con le mani. «A me non mi interessano queste cose di soldi. Ma il signor O'Gryler era così ricco che dava soldi a tutti. Chiedi a qualcuno, e ha preso soldi dal signor O'Gryler. E a Cajus piace andare in quei posti dove si gioca, capito? Sta sempre in giro a chiedere soldi, e quando è con il signor O'Gryler... È il primo che glieli dà. Il problema è ridarli, i soldi, eh. Cajus 'sti soldi non li ridava mai indietro. Ma lui fa un po' come gli pare.»

«Signorina Zykova, è vietato fumare nella sala interrogatori» disse l'ispettore indicando con lo sguardo il lungo bocchino della sigaretta che la donna stringeva fra l'indice e il medio.
L'agente Rockerford fece in tempo a sistemarle davanti il posacenere, che la contorsionista ci fece scontrare contro la punta dell'oggetto, rilasciando nell'aria l'ultima boccata di fumo.
«Signorina, mi stava dicendo che la sera dell'omicidio lei è rientrata nella sua roulotte verso le dieci di sera.»
«Sì. Non mi sono addormentata subito. La notte sono uscita perché il bastardo non la smetteva di fare casino.»
L'ispettore sussultò. «Chiedo scusa... Il che cosa
La donna alzò gli occhi al cielo, sforzandosi per trovare la parola. «Il cane. È un bastardo. Abbaiava per la pioggia. Mi sono alzata e sono uscita fuori per dire a Sven di farlo stare zitto. Detesto quella bestiaccia.»
Il tono di voce basso e stizzoso della donna stonava con il fisico alto e tutto spigoli. Il caschetto nero faceva sembrare la sua pelle ancora più chiara, e gli occhi erano azzurri e freddi, come ghiaccio.
«Capisco. Quindi è uscita dalla roulotte e ha attraversato il terreno passando davanti al tendone, sì?»
«Per non bagnarmi. Fuori pioveva forte, così ho bussato alla roulotte di Sven. Poi mi sono sbrigata a tornare a letto.»
«Che ore erano?»
Olga fece spallucce, seccata. «E come lo dovrei sapere? L'una di notte, forse.»
Si rizzò meglio sulla schiena e accavallò le gambe con gesto elegante. Il vestito color cremisi che indossava, lungo leggermente sopra le caviglie e adornato con delle collane di perle bianche, si abbinava perfettamente alle labbra piccole e sottili pitturate di rosso. Un vestiario forse fin troppo vistoso, che all'ispettore risultava pacchiano.
«Ha notato qualcuno in giro, mentre aspettava?» le chiese, cercando di non far caso all'atteggiamento della donna.
«Non lo so. Ero più impegnata a coprirmi per non bagnarmi» rispose lei. «Ho sentito solo il cane e la pioggia.»
«Certo...»
«Non mi crede?» domandò, osservandolo con i suoi grandi occhi chiari. Erano appena sproporzionati al resto del viso, troppo sottile e spigoloso, e questo rendeva il suo sguardo bizzarro e a tratti inquietante.
«No, no, le credo» mentì l'uomo, sistemandosi meglio sulla sedia. «E quando avete ritrovato il cadavere?»
«Mattina presto, 'Nardo ci ha svegliati, ci ha detto che il signor O'Gryler era morto» disse Olga, come se stesse raccontando un fatto di poca importanza. «Ho pensato fosse ubriaco, che stesse finendo la sbornia della sera. Ma poi siamo andati lì e l'ho visto a terra...»

«... è stato orribile.»
Olimpia Keller si portò una mano al petto e si lasciò sfuggire un esagerato sospiro al ricordo del cadavere.
«E dopo avete chiamato la polizia.»
«Sì. Eravamo tutti sconvolti. Ma abbiamo subito avvertito voi, ispettore.»
L'ispettore Dyler si ricordava della circense: era la domatrice di tigri, quella del serpente che aveva terrorizzato l'agente Rockerford. Il suo aspetto era curato e avvenente come la prima volta che l'aveva vista, ma il vestito a fiori che indossava era meno audace del precedente vestiario, trattandosi di un'occasione formale.
«Quella sera ha parlato con la vittima?» domandò l'uomo.
«Beh, abbiamo parlato, come al solito. Il signor O'Gryler era molto gentile e...» Incespicò. «Molto gentile. In verità, è difficile dire altro di lui. Ci vedevamo poco.»
«Mi hanno detto che nell'ultima settimana era passato spesso dal circo. Ha idea del perché?»
«Beh, non saprei con esattezza. Diceva sempre che aveva scelto la professione sbagliata e che sarebbe dovuto partire con noi.» Emise un risolino, prima di tornare seria. «In verità» disse, e volse lo sguardo verso la porta. Si chinò in avanti, come per rivelare un segreto importantissimo. «Credo che il signor O'Gryler ci venisse per corteggiare qualcuno.»
L'ispettore alzò un sopracciglio. «Sean O'Gryler era un uomo sposato!» esclamò, indignato.
Olimpia tornò composta e alzò le spalle, con un sorrisetto malizioso sul volto. «Io non voglio insinuare nulla, dico solo quello che credo. Insomma, lei come lo chiamerebbe un uomo che si presenta al circo con un mazzo di fiori tre volte a settimana e che ti gironzola continuamente intorno? Sì, credo proprio che ci fosse qualcuno di suo interesse.»
A questo punto, la voce di Olimpia ebbe un fremito, così come la fronte, che all'ispettore interpretò come dispiacere, o senso di colpa.
«E, se posso permettermi, ha idea di chi sarebbe la donna a cui il signor O'Gryler era interessato?» chiese.
Olimpia si mordicchiò il labbro inferiore. «Non saprei. A dirla tutta Sean ha corteggiato anche me, per un po', prima di rendersi conto che non c'era niente da fare.» Assottigliò gli occhi scuri e sorrise. «In ogni caso, non credo che sia riuscito nel suo intento: due giorni prima che morisse aveva smesso di portare fiori, ma ha continuato le sue visite. Poverino, mi era sembrato offeso.»
La circense accennò un sorriso, ma l'ispettore restò serio.
Dopo qualche secondo di silenzio, Olimpia disse: «Come sta la moglie?».

James Dyler allungò il bicchiere d'acqua verso il trapezista.
«Si prenda il suo tempo» gli disse, e il ragazzo lo ringraziò con un cenno della mano, mentre continuava a essere scosso da forti colpi di tosse. Avvicinò tremante il bicchiere alla bocca, tentando di trattenere le convulsioni, e bevve. Finalmente il circense riprese a respirare, e il volto pallido sembrò riacquistare un po' di colore,
«Va tutto bene?» chiese l'ispettore.
Quello annuì, imbarazzato. «Mi perdoni. Mi capita, ogni tanto» disse, con voce debole e rauca.
«È da tanto che è malato, signor Eshkol?» gli chiese l'ispettore, preoccupato.
«Anni. Stia tranquillo, non è nulla di contagioso» sussurrò Reuben, notando lo sguardo sospettoso dell'agente accanto alla porta.
L'ispettore si schiarì la gola. «Dunque, mi stava dicendo di quella sera.»
Gli occhi chiari del circense guizzarono alla domanda. «Sì, signore. Le stavo dicendo di essermi ritirato nella mia roulotte verso le dieci, perché ero stanco, ma a mezzanotte passata mi sono svegliato e sono andato a controllare che mio fratello stesse dormendo.» Si poggiò allo schienale della sedia, e si passò una mano tra i capelli scuri, sospirando. «Lui non sta molto bene, sapete? Ha spesso degli incubi, per questo la notte si sveglia e ha bisogno che resti con lui. Gli tengo compagnia.»
L'ispettore osservò il volto stanco e le occhiaie profonde del circense. «Capisco. Immagino che entrambi non abbiate sentito nulla, vero?»
L'altro scosse la testa. «Mi spiace, signore» disse sommessamente. «Sono davvero dispiaciuto per il signor O'Gryler. Lui... Non credevo che saremmo diventati amici così in fretta. Sean era davvero un uomo di buon cuore.»
James Dyler emise uno sbuffo infastidito. «Perché lo pensa?»
«Come, prego?» esitò Reuben, guardando l'ispettore.
«Mi dica cosa ha fatto Sean O'Gryler di così generoso. Tutti voi lo descrivete come un uomo di buon cuore, gentile, e cosa del genere, ma nessuno è riuscito a darmi un motivo valido. Me lo dica lei.»
Reuben rifletté per qualche istante, giocherellando con i polsini della camicia, poi arrossì. «Beh» disse. «Quando Herr O'Gryler ha saputo dei miei problemi di salute, si è offerto di pagare le medicine al posto mio. Io ho rifiutato più volte, signore, ma Sean era davvero insistente, voleva che risparmiassi i soldi che ricavo con il mio lavoro, invece che spenderli così.»
James Dyler rimase interdetto. «E come mai lo avrebbe fatto?»
«Non lo so, signore. Mi sono anche offerto di ripagarlo, ma lui non ha mai voluto niente in cambio.» Reuben sorrise tristemente. «Ve l'ho detto, era un uomo di buon cuore.»

Il tremolio delle mani era lieve, eppure nella stanza silenziosa il tamburellare insistente sul legno pareva risuonare molto più forte.
«Lei e i suoi fratelli siete arrivati nel circo due anni fa, vero?»
Jonatan Eshkol strizzò gli occhi un paio di volte prima di parlare. «Sì, si-si-signore. Dopo la gu-guerra.»
«Ma viaggiavate già con un altro circo, vero?»
«S-sì. Io e i miei fratelli siamo nati nel circo. La nostra famiglia ci viveva da tre generazioni. Poco prima della guerra ci era stato p-proibito di esibirci*. Siamo rimasti, finché a-a-abbiamo potuto.» Esitò, aumentando il tremolio delle mani. «Durante la gu-guerra i nostri genitori sono m-m-morti, e poi abbiamo incontrato Frau Enger.» L'ispettore gli guardò le dita insanguinate e le unghie mangiucchiate che il giovane affondava negli avanbracci, e poi spostò lo sguardo sul volto del trapezista.
Jonatan assomigliava molto al fratello: il volto magro e pallido, con le stesse occhiaie scure, il naso piccolo e sottile, le labbra strette.
James Dyler non riusciva a non provare pena per quel giovane timido, nervoso e balbettante.
«La sera dell'omicidio dov'era?»
Il trapezista strizzò le labbra. «Non avevo fame. Sono rimasto a letto. E Reuben mi ha tenuto compagnia.»
«Sì, suo fratello me l'ha riferito. E avete per caso sentito qualche rumore?»
«Ho sentito Löwe abbaiare. E qu-qu-qualcuno è passato davanti alla porta.»
«La signorina Zykova ha detto di essere uscita per far zittire il cane.»
Jonatan scosse appena la testa, che si trasformò in un lieve tic. «Olga non fa rumore, quando cammina» disse. «C-credo fosse u-u-un uomo, signore.»
James Dyler lo ringraziò. «Molto bene, signor Eshkol. Ne terrò conto. Può andare.»
Il trapezista fece un lieve cenno del capo, alzandosi dalla sedia e iniziando a dirigersi verso la porta, tremante.
«Non sia così teso, sono sicuro che lei non ha di che preoccuparsi» tentò di rassicurarlo l'ispettore.
Lui provò a sorridere, ma la sua espressione si tramutò in una smorfia distorta.

«Signorina, come forse le avranno riferito, il signor O'Gryler...»
«Lo hanno ucciso. Lo so.»
L'ispettore si ammutolì. Per i suoi appena quindici anni, la giovane circense era molto matura. A James Dyler pareva un'adulta in miniatura, e anche un po' maschiaccio, con i corti boccoli biondi che le incorniciavano il volto sottile, e una camicia e pantalone di seconda mano, troppo grandi per lei.
«Non le chiederò molto. Ho già ottenuto abbastanza informazioni» la informò l'ispettore. «Voglio che mi dica cosa ne pensa del signor O'Gryler.»
Ginevra ci pensò su, poi fece una smorfia. «Non mi era simpatico. Sorrideva molto e parlava molto. Ma tutto sommato sembrava un brav'uomo.» Distolse lo sguardo, borbottando: «Anche se era amico del signor Köhn».
L'ispettore abbozzò un ghigno. «Cajus Köhn? Non le piace?»
«Dice che sono una saputella.»
L'uomo ridacchiò, divertito dal tono e l'espressione rigida della ragazza. Come i fratelli, sorrideva poco, ma a differenza dei primi due il suo era uno sguardo più fermo e diplomatico.
"Una piccola professoressa" pensò l'ispettore. «Signorina Eshkol, mi piace la sua spigliatezza. Mi dica, sa anche se il signor Köhn e il signor O'Gryler erano soliti uscire insieme, la notte?»
«Oh, sì, signore, ma solo fino alla settimana scorsa. Il signor Köhn tornava sempre ubriaco.»
L'ispettore aggrottò le sopracciglia. «Perché solo fino alla settimana scorsa? È successo qualcosa tra i due?»
«Credo che il signor O'Gryler fosse arrabbiato per tutti quei soldi che gli doveva.»
«Capisco. Può dirmi altro?»
«Nulla a cui riesca a pensare al momento, signore.»
James Dyler fissò a lungo la trapezista negli occhi azzurri, e sorrise, realizzando che quella ragazzina gli ricordava qualcuno.
«Molto bene. Prego, vada» disse, invitandola a uscire con un gesto del braccio.
«Buona giornata, ispettore.» Ginevra si alzò, raggiunse la porta e poi, come presa da un atroce dubbio, si voltò. «Signore?»
«Sì?» replicò l'ispettore, impegnato a raccattare tutti i fogli e le informazioni raccolte durante i vari interrogatori.
«Se scopre chi è l'assassino, lo arresterà?»
«Sì, è la legge.»
«E non lo rivedremo mai più?»
L'ispettore incespicò*. Quella domanda così innocente da una ragazza talmente matura lo aveva colto di sorpresa. Si morse l'interno guancia, pensando a un modo per non dire la verità in modo troppo diretto, ma Ginevra parlò ancora: «A me va bene, volevo solo esserne sicura» disse. «Chi uccide non merita di essere ricordato. O perdonato.»

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*con le leggi razziali ai circhi ebrei venne impedito o limitato di esibirsi, sconsigliando la visione agli ariani. Per questo molti circhi furono costretti a chiudere.

*In Inghilterra, fino al 1965, si poteva essere condannati a morte per omicidio. La pena di morte venne abolita solo nel 1998.

Ben ritrovati! Spero che abbiate passato una buona estate.
Io sicuramente mi sono sentita molto più leggera dopo aver fatto la Maturità.
Queste prime settimane all'Università mi hanno ridato la carica e, a quanto pare, mi hanno fatto tornare anche l'ispirazione.
Chiedo perdono per l'eternità impiegata nello scrivere questo capitolo, ma non avevo mai scritto un interrogatorio, prima d'ora, per di più con così tanti personaggi.
In ogni caso, spero che vi sia piaciuto. Magari alcuni di voi hanno già fatto le proprie considerazioni riguardo alcuni personaggi...

E ora, con permesso, vado a continuare il capitolo 11, così spero di pubblicarlo prima della fine del 2023.

Vi lascio con il terzo aesthetic del capitolo, uno dei miei preferiti, Olimpia Keller!

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