8 - Damit beginnt die Show!

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«... e poi mi ha detto "lei sta calpestando la scena del delitto!"» scimmiottò Lily, facendo una caricatura grottesca della voce e dell'espressione dell'ispettore Dyler, facendo ridacchiare la signora Blacklow.
La signora, in abiti casalinghi e ciabatte, coperta sul davanti da un grembiule bianco decorato con ricami di fiorellini rosa, passava in rassegna le due pentole contenenti uova nella prima e pancetta nella seconda.
Katherine Blacklow era la perfetta donna di casa: sapeva ricamare e cucire, era un'ottima cuoca e non c'era giorno in cui ogni singolo angolo dell'abitazione risultasse pulito e lucidato con cura. Fino a qualche tempo prima, riusciva a tenere a bada acari e polvere come nulla fosse. Con l'avanzare dell'età, però, la vedova aveva dovuto fare i conti con i tanto odiati dolori agli arti, al collo, con le ossa scricchiolanti e talvolta persino con certi problemi di memoria che le facevano dimenticare dove aveva messo lo straccio - accuratamente riposto nello sgabuzzino, come al solito - o il paio d'occhiali lasciati sulla poltrona su cui si sarebbe seduta qualche minuto dopo, ritrovandoli.
Era stato proprio a causa della vecchiaia che alla vedova era venuta in mente l'idea di una cameriera. E quella mattina, mentre Lily visitava il circo, aveva passato in rassegna i fogli di una trentina di ragazze, tutte giovani e disoccupate, che avrebbero potuto fare al caso suo. O meglio, al caso loro.

Lily, dopo più di dieci anni di studi, tesi per prepararsi al diploma e quattro anni lavorativi, era vagamente in grado di tenere ordine nella sua stanza. Lo sapeva, era parecchio vergognoso, e certe volte si domandava come sarebbe potuta sopravvivere al college se con lei non ci fosse stata la sua compagna di stanza, Christine, che come incarico principale aveva quello di mantenere nei cassetti i vestiti di entrambe - e in particolar modo quelli di Lily, che sembravano saltare fuori ogni volta che la ragazza apriva l'armadio.
A parte questo, diciamo che con i lavori domestici se la cavava abbastanza bene: grazie agli insegnamenti della signora Blacklow e di Donna, era in grado di cucinare una torta senza mandare a fuoco la cucina e in seguito di ripulire i piatti e i vari oggetti utilizzati.

Lily era seduta su una sedia accanto al tavolo, lagnandosi con la padrona di casa sulla giornata che aveva avuto, parlandole del suo incontro poco amichevole con l'ispettore Dyler.
«Beh, tesoro, direi che hai avuto proprio una bella mattina» ridacchiò la signora spegnendo le fiamme dei fornelli e pulendosi le mani di olio e sale sul grembiule per poi prendere dalla credenza sopra la cucina due bicchieri di vetro trasparente e passandoli a Lily, che grugnì, cogliendo molto bene il sarcasmo dell'anziana vedova.
«Suvvia, sono sicura che la prossima volta andrà meglio. È solo una questione di tempo e fiducia» tentò di consolarla ancora quella, sistemando le posate e i tovaglioli sulla superficie di legno e preparandosi per mettere il cibo nei piatti. «Molto presto, vedrai che ci prenderai la mano.»
«Certo» disse Lily con finto tono fiducioso. «E continuerò a fare brutte figure fin quando non ci riuscirò.»
Si sedettero a tavola, con la signora Blacklow che, finalmente, si accomodò sulla sedia mettendo i piatti pieni di cibo davanti a loro.
«Perlomeno sai già a cosa andrai in contro, quando lo vedrai di nuovo. Solo, cerca di non lasciarti andare, come al tuo solito.»
«Che vuole dire?» domandò confusa Lily.
«No, nulla» biascicò l'altra, tagliando distrattamente un pezzo di albume bianco, «Solo che, scusami, cara, ma a volte tendi a lasciarti andare e a parlare troppo.»
«Cosa? Non è vero, quando mai è successo?» "Semmai penso quello che vorrei dire" aggiunse nella sua testa.

Per qualche secondo, il silenzio era spezzato unicamente dal rumore delle posate che cozzavano contro i piatti di ceramica. Fin quando la signora Blacklow non si riscosse, dicendo: «Oh! A proposito di circo: ha chiamato tua sorella. Visto che non c'eri, mi ha detto di chiederti se questa sera avresti potuto tenerle i bambini. Lei e suo marito andranno ad una cena di lavoro e ha detto che i tuoi nipotini sarebbero molto felici di passare del tempo con la loro zia.»
A sentire ciò, la giovane sorrise. Di solito, quando lei e John andavano fuori casa, Elizabeth lasciava i bambini con Donna, che si occupava di loro fino al ritorno dei due coniugi. Se la domestica aveva giornata libera, era la signora Hunting, la madre delle due, a fare da babysitter. Poche erano state le volte in cui Lily aveva avuto il privilegio di passare del tempo in più con Jasper e Nicole. Già immaginava il perché di quella richiesta: i bambini non si erano dimenticati della promessa della zia di portarli al circo.
«Per me va più che bene. La richiamerò più tardi» disse la giovane. E lo fece.

«Saremo a casa per le dieci al massimo, i bambini devono essere a letto prima del nostro ritorno. Donna vi aprirà la porta quando tornerete.»
Elizabeth, tutta in tiro nel suo vestito da sera turchese e gli orecchini e la collana di perle, era intenta a dare istruzioni alla sorella, sistemando allo stesso tempo il cappottino beige di Nicole.
Lily alzava gli occhi al cielo: non era mica la prima volta che usciva con i bambini! Di solito avveniva di mattina e mai in un posto pieno di gente, però si riteneva perfettamente in grado di occuparsi di loro anche in quella situazione. Non era poi così difficile.

Ai piedi degli scalini difronte la porta di casa, John aspettava impaziente che la moglie terminasse di parlare. Quella sera era stato invitato a una importante cena di lavoro alla villa del signor Jacob Morrison, il direttore della banca in cui lavorava, che aveva organizzato una festa per il suo trentesimo anniversario di matrimonio. In più, aveva sentito dire da alcuni suoi colleghi che il capo avrebbe dovuto dare una notizia importante, e John aveva seriamente voglia di sapere cosa fosse. Si schiarì la gola un paio di volte, guardando nella direzione della moglie. «Credo che dovremmo andare, ora. Faremo tardi.»
«Sì, subito» replicò Elizabeth sbaciucchiando la figlia e sporcandole leggermente le guance paffute di rossetto. La bambina si strofinò via il segno con la mano.
«Mamma! Andiamo solo al circo!» esclamò di rimando, con un tono da adulta.

Nicole aveva sei anni. E mezzo, come piaceva a lei specificare, visto che così facendo si sentiva più grande. Le piaceva disegnare arcobaleni e cuoricini con le matite colorate e a volte aiutare Donna a cucinare biscotti. Aveva tutta l'innocenza dei bambini della sua età, che molto difficilmente vedevano il brutto nelle persone, ma al contrario scavavano nel profondo fino a trovarne il buono. Lily a volte desiderava possedere quel potere, sforzandosi in tutti i modi di trovare sempre il lato positivo nella gente. In alcuni casi, però, le risultava impossibile.
Accanto alla zia, Jasper saltellava sul posto, ansioso. Non vedeva l'ora di andare. Non era mai stato in un circo, i suoi genitori non lo avevano mai portato, perché alla mamma non era mai piaciuto. A lei non piaceva nulla che fosse fuori dalla città. Non era abituata alle campagne, ai viaggi troppo lunghi, o al mare, anche se una volta ci erano andati, e lei si era divertita.

«Ciao, tesoro. Ci vediamo più tardi» disse Liz inginocchiandosi all'altezza del bambino e aggiustandogli bene i capelli ricci sulla fronte. A quel punto John salì velocemente i pochi gradini che lo separavano dal gruppo, prendendo delicatamente il braccio della moglie. «Cara» le disse accompagnandola verso il marciapiede, «Staremo via solo qualche ora. Lily è perfettamente in grado di occuparsi di loro per qualche ora, non credi? Non è una bambina».
Liz si voltò a guardare la sorella, che sorrideva e annuiva, aspettando con impazienza che la coppia si allontanasse: mancava solo mezz'ora all'inizio dello spettacolo, e il taxi che li avrebbe condotti in periferia sarebbe arrivato in qualche secondo.
«Sì, suppongo tu abbia ragione» borbottò la donna sospirando e iniziando finalmente a dirigersi col marito verso la loro auto. «Ciao, bambini. A dopo. E mi raccomando, Lily, non perderli di vista!»

La ragazza si portò la mano al petto, come a giurare che non avrebbe lasciato i nipotini da soli neanche un instante. Proprio mentre i coniugi Kyter salivano nella loro macchina, un taxi color inchiostro accostò allo spazioso marciapiede davanti alle lussuose abitazioni.
L'autista scese dalla vettura, aprì lo sportello dei passeggeri e fece accomodare Lily e i due emozionati bambini sui sedili in pelle, per poi partire verso la zona periferica.

Erano anni che Lily non andava al circo; non appena lei e suoi nipotini si trovarono davanti all'insegna che indicava l'inizio del "Der Zirkus von Frau Enger", le sembrò di essere ritornata bambina. Il taxi aveva impiegato dieci minuti o più per giungere in quel luogo, e il sole era appena scomparso all'orizzonte. Il cielo ora era colorato di arancione, rosso sangue e azzurro scuro, e già le prime stelle cominciavano a vedersi. Da quella mattina, quando la zona che circondava il tendone bianco e rosso ancora ospitava le auto della polizia, l'ambiente era molto differente: dei paletti della luce illuminavano l'ambiente serale, e sul davanti del grande padiglione era stata appesa una cordicella con delle lucine gialle che, insieme al lieve bagliore proveniente dall'interno, faceva apparire la stoffa sgargiante e custode di qualcosa di magico. Guardando la gente che si dirigeva verso quel punto, a Lily vennero in mente delle api, che si dirigevano ronzanti verso l'alveare, attirate dalla forte presenza della loro regina.

La giovane sorrise alla vista di Jasper e Nicole, con la bocca aperta dallo stupore e lo sguardo luminoso e incantato. Quella era la prima volta che vedevano un circo.
«È bellissimo!» gridò Nicole in preda all'euforia e corse felice verso il tendone, seguita a ruota da Jasper. C'era tanta gente, giovani, vecchi, bambini insieme ai loro genitori, tutti che facevano la fila davanti a una piccola biglietteria di legno.
Lily si assicurò che i nipotini non si allontanassero, chiamandoli vicino a sé quando raggiunse il botteghino dove un uomo vendeva i biglietti per assistere allo spettacolo. Le piccole testoline bionde dei due fratellini quasi non si riuscivano a scorgere, tra tutti quegli adulti che attendevano in piedi pazientemente, alcuni in silenzio, altri chiacchierando con i propri figli o con la persona che veniva prima di loro.

Quando fu il loro turno, la ragazza si fece vicina al bancone, dove un uomo di mezz'età si occupava delle entrate. Indossava dei pantaloni bianchi e una giacca a strisce verticali bianche e rosse che avrebbe potuto comodamente confondersi con la stoffa del tendone. In testa portava una buffa paglietta gialla, con un nastro rosso lungo la circonferenza del capello.
«Quanti biglietti?» chiese l'uomo. Aveva una voce piuttosto fastidiosa, leggermente acuta e rauca.
«Tre, per favore.»
Il saltimbanco si sporse di poco per guardare senza il minimo interesse le due testoline bionde che gli sorridevano con faccini innocenti. Estrasse tre biglietti da una sorta di cassa di metallo, accanto a quella dove conservava i soldi.
Lily nel frattempo, aveva aperto il borsellino che si era portata appresso e aveva tirato fuori le monete necessarie - trenta cent a testa, quindici per i bambini - e li consegnò al bigliettaio. Quello li prese con gesto frettoloso e li mise nella cassa insieme all'altro denaro, allungando una mano per porgere i biglietti a Lily e, senza il minimo segno di entusiasmo e un sorriso forzato, disse: «Le auguro buon divertimento».
La ragazza ringraziò gentilmente con un gesto della testa, passando due dei pezzi di carta a Jasper, poi prese per mano i suoi nipotini e cominciò ad avviarsi verso l'entrata.

«Un biglietto, grazie.»
L'ispettore pagò il saltimbanco, afferrò il biglietto e si avviò con le mani nelle tasche del cappotto verso l'ingresso, chiuso da un telone spaccato a metà che permetteva alla gente di entrare e uscire, ma una volta chiuso non avrebbe lasciato la luce trasparire dall'esterno.
James Dyler odiava i circhi. Gli sarebbe andato bene uno spettacolo a teatro, una qualche opera lirica, anche di quelle noiose che sembrano durare un'eternità, ma i circhi proprio no.

Si ricordava di quando i suoi zii materni lo portarono al circo, da ragazzo; gli dissero che così facendo si sarebbe tirato su di morale, che gli avrebbe migliorato la giornata. Non si divertì più di tanto: per lui, i clown non facevano ridere e gli acrobati che giocavano con i cerchi e facevano salti mortali non avevano nulla di incredibile, se non una gran forza di volontà e allenamento. Chiunque avrebbe potuto farlo, se si fosse allenato. Gli spettacoli con gli animali gli piacquero ancor meno, dato che non trovava naturale che degli elefanti giocassero a palla e salissero a due zampe su minuscole pedane. Si chiese come facessero gli altri spettatori a battere le mani alla vista di leoni che si inchinavano ai domatori, saltando attraverso cerchi infuocati, solo per ricevere un misero pezzo di carne come premio e qualche schiocco di frusta se non facevano un'azione corretta.
Ora che ci pensava, mentre passava in rassegna le file di panche di legno ormai quasi a corto di posti, lì non ci voleva neanche rimanere. Solo che a fine performance avrebbe dovuto chiarirsi con la signora Enger sul loro incontro in caserma del giorno dopo, e la donna aveva insistito tanto affinché l'ispettore assistesse a quel dannato spettacolo.

Riuscì a individuare un posto libero nella terza fila sulla sinistra, affrettando il passo, superando per un pelo un altro paio di persone e accomodandosi sulla panca leggermente rovinata e scheggiata, accanto a una signora in compagnia dei figli. Una volta sistemato, iniziò a guardarsi intorno, osservando senza particolare interesse la pista rotonda e al momento vuota del tendone. Era rotonda, molto grande, ed era in terra battuta. Tante piccole luci illuminavano l'ambiente. Non era poi tanto male, esteticamente. Dal soffitto del tendone, a quasi dieci metri da terra, penzolavano dei bastoni di ferro, che legati a delle funi formavano un trapezio volante.
L'ispettore controllò l'orologio che portava al polso: erano le otto in punto, lo spettacolo sarebbe dovuto iniziare a breve.

Voltò nuovamente lo sguardo alla sua sinistra, dove la signora e i suoi due bambini sedevano. Non era sicuro, ma quella donna le sembrava famigliare. Fu solo quando lei si girò che l'ispettore si rese conto che quella non era una signora. Entrambi si fissarono qualche secondo, increduli.
«Ispettore!» esclamò Lilith spalancando gli occhi verdi, puntati verso di lui.
«La giornalista di stamattina!» Neanche James Dyler poteva crederci: se quello era uno scherzo, non era divertente. La ragazza sbuffò, contrariata. «Lily Hunting, prego» lo corresse.
«Certo.» L'uomo distolse lo sguardo, corrugando la fronte. «Cosa fa, ora? Ha iniziato a seguirmi?»
«Affermerei il contrario!»
«Perché mai dovrei farlo? Per la precisione, non era mia intenzione venire qui.»
«Eppure lei è qui. E perché mai? Questa mattina non mi è sembrato tanto il tipo da assistere a uno spettacolo per bambini.»
«Se proprio vuole saperlo» sbottò l'ispettore, «sono qui per ragioni di lavoro. E, chissà, magari il destino ha voluto che anche lei si trovasse qui per la sua famosa intervista?» La guardò con un sorrisetto di sfida, al quale la giovane ricambiò con un'espressione tranquilla e sorridente, come se avesse cancellato dalla mente le ultime battute che si erano scambiati.
«In verità» e nella sua voce si poté percepire un certo tono di sarcasmo, «Sono venuta qui per lo stesso motivo di tutte queste altre persone. Va bene come giustificazione o necessita un permesso scritto?»

A quel punto l'uomo non sapeva più come rispondere. Si limitò a osservare le due piccole testoline che avevano fatto capolino oltre il corpo della ragazza, incuriositi dallo scoprire chi fosse lo che stava conversando con la loro zia.
«Questi cosi sono suoi?» chiese lui gesticolando, indicando i due bambini.
«Oh, no. Sono i miei nipoti, Jasper e Nicole. Bambini, salutate l'ispettore» disse Lily, sforzandosi di comportarsi in modo amichevole, ora che sapeva che i due erano in ascolto: non voleva di certo passare per una maleducata ai loro occhi.
«Buonasera, signore. È un vero piacere fare la sua conoscenza» disse Jasper rispettosamente. Il suo papà gli aveva insegnato a rivolgersi con educazione a persone più grandi di lui, cosa che la piccolina non era ancora in grado di tenere bene a mente.
«Ciao, io sono Nicole. Tu come ti chiami?» disse la piccola salutando l'ispettore Dyler con la manina. L'uomo sembrò quasi abbozzare un sorriso, guardandola.
In quel momento, le luci tutt'attorno si spensero, lasciando tutte e cinque le file delle tribune, ormai piene, nel buio totale. Jasper e Nicole si mossero emozionati ai loro posti e anche Lily avvertì un senso di euforia attraversarle la pelle.

Non ci fu bisogno di attendere a lungo - neanche il tempo di far abituare gli occhi all'improvviso blackout - che i fari che illuminavano la pista si accesero. Al centro della pista c'era una donna, che Lily riconobbe come la proprietaria del circo con cui l'ispettore aveva parlato quella mattina. Sembrava molto affascinante, anche se da quella distanza non riusciva bene a osservarla. Aveva i capelli corti fino al collo, a boccoli, di un color biondo-castano chiaro. Indossava un vestito bianco e nero, lungo e stretto in vita che andava a pronunciare la esile circonferenza del bacino. Aveva la bellezza di una donna nel fiore degli anni, nonostante avesse superato la mezz'età.
«Benvenuti! Signore e signori!» cominciò a dire a voce alta, in modo da farsi sentire da tutti. Il suono sembrava riecheggiare tra le pareti di tela. La donna parlava inglese in modo impeccabile. «Sono molto lieta di vedervi qui seduti per ammirare questo meraviglioso spettacolo! Oggi abbiamo avuto delle complicazioni, ma ci è stato cortesemente permesso di andare in scena, questa sera.»
Quando disse quelle parole, Lily percepì l'ispettore sbuffare.
«Spero che apprezzerete ogni singola esibizione. Ci tengo a ricordare che, dietro i costumi e oltre questi pezzi di stoffa, si celano artisti colmi di dedizione e passione. La mia compagnia è impaziente di incominciare, come credo che anche voi non vediate l'ora di assistere a queste fantastiche esibizioni. Sarebbe bello partire... da una bella risata. Non penso che ci sia il bisogno di trattenervi ancora. Damit beginnt die Show! Che inizi lo spettacolo!»
Detto questo, la donna fece un elegante inchino teatrale e le luci si spensero per darle il tempo di uscire dalla pista e dopo poco i fari si illuminarono nuovamente: lo spettacolo era veramente cominciato.

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Parto col dire che siamo arrivati quasi alle 2000 visualizzazioni.

E, come vedete, anche Nicole è felice. (PORCA MISERIA, DITEMI SE QUELLA BAMBINA NON È LA PUCCIOSITÀ IN PERSONA!!)

E poi, sono felice che tutti insieme abbiamo raggiunto questo capitolo! Forse il tempo d'attesa è stato un po' troppo lungo, e mi scuso per questo,ma avevo bisogno di organizzare al meglio il corso degli eventi.
Nel prossimo capitolo dovrete preparare i popcorn perché, come dice Frau Enger, die Show beginnt gleich!

Ciao!

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