La grande trasgressione

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Era un pomeriggio buio e tempestoso, e la vostra signora in giallo, profondamente arrabbiata col mondo, si accingeva a protestare nel più classico dei modi: trasgredire.

In realtà signora era un titolo di là da venire, la sottoscritta era solo una sedicenne immusonita, in jeans e camicetta bianca. ( Ai tempi, le camicette erano ancora il capo d'abbigliamento femminile richiesto dalla società...).

Il motivo della tempesta era la crudeltà con cui nessuno mi si filava. Nuova in città, nuova nella classe, un minimo di gentilezza nei compagni avrebbe potuto far meraviglie.

Ma no, nell'indifferenza più assoluta da due settimane la futura signora in giallo rispondeva all'appello e seguiva le lezioni, ma si sentiva virtualmente invisibile. Un fantasma. Così, esasperata, aveva meditato la vendetta contro il mondo.

MONDO, mi ignori? E io trasgredisco. Ah, se trasgredisco! Credi che non sia capace?

Oddio, in effetti non sapevo neppure da che parte cominciare. Il mio concetto di trasgressione era quanto mai ingenuo. Così, il massimo che mi venne fu... che potevo andare al cinema. Da sola.

Sì sì, avevo pensato, farò questa cosa inaudita: andrò al cinema!

E ci andrò da sola.

Mi diressi a passo deciso. Il cinema aveva in cartellone, notai, The men in black.

Gli occhiali neri, i vestiti scuri... immagini che si sovrapposero nella mia mente a quelle dei Blues Brothers. Entrai, con la speranza fosse un film musicale.

Mi sedetti nel frastuono che precede l'inizio della proiezione, in una poltroncina all'estremità della fila.

Così se fosse scoppiato un incendio la fuga sarebbe stata facile.

(Lo so, direte che non ero troppo normale. Ma la prudenza è sempre stata la mia seconda natura).

E cominciò il film.

- Psss... Psss... Narratore?

*attimo di incertezza. Chi mi chiama?*

- Ecco... sono io, il lettore. Mi scusi ma... The men in black è del 1997. Se allora avesse avuto sedici anni... Ecco, si porterebbe piuttosto male la sua età. Cioè... sembra un po'... un po' più... un po' meno...

*Sopracciglio destro alzato pericolosamente*.

A beneficio di TUTTI, anticipo che questa cosa della data troverà una spiegazione. Più avanti.

Mentre da un po' scorrevano le immagini, avvertii una vibrazione in tasca. Inorridita ebbi l'intuizione di una suoneria. Che partiva con dolcezza, ma già al secondo jingle diventava piuttosto alta; al terzo tutto gli spettatori si sarebbero girati infastiditi.

E io non ero tipo, a quell'età, da reggere il fastidio nello sguardo di nessuno, senza sprofondare nel panico.

I jeans, allora, si usavano aderenti.

Ma molto, aderenti!

Erano praticamente delle pancere extra forti, da indossarsi sul letto, così che tirando in dentro la pancia senza respirare, salisse la zip.

Ti facevano due taglie più magra, davvero.

(Non che comprassimo i jeans due taglie più piccoli... no, si dovevano abbottonare così. Se li allacciavi in piedi, erano grandi. Non chiedetevi come andassimo in bagno. Non ci andavamo).

Comunque, estrarre qualcosa da una tasca era un problema. Mi agitai frenetica e l'oggetto, infine, venne via come il tappo di una bottiglia di champagne scossa energicamente.

Mi scivolò via dalle mani come una saponetta e io mi tuffai a recuperarlo. Afferratolo, ridussi il volume. Chi mi chiamava chiuse, ma lampeggiò un messaggio. Lo aprii incuriosita e sbarrai gli occhi.

- Psss... Pss... Narratore?

*Le sopracciglia, ora, sono alzate entrambe*.

Pericolosamente alte, davvero.

- Ecco, volevo dire... che i telefonini sono piuttosto recenti. Non vorrei insistere su questa cosa dell'età ma...

*Occhi fulminanti. Altamente disdicevole, nel momento clou, interrompere così! Stupido lettore!

Lo ripeto: QUESTO AVRÀ UNA SPIEGAZIONE. Posso riprendere?*

- Ecco... sì, non dirò più nulla, giuro...

Fissai il messaggio sullo schermo. Diceva:

Non alzarti. Resta a terra. Dallo schermo stanno proiettando raggi speciali che tolgono agli spettatori ogni memoria. Conta fino a cento, poi alzati e vai veloce verso l'uscita d'emergenza.

Ora, era un messaggio farneticante! Nel film si parlava di gente sparaflashata, forse a qualche cretino era venuta l'idea di giocarmi quello scherzo!

Un cretino che s'era dato molto da fare, visto che, ben badando a non rivolgermi verso lo schermo, mi ero girata a guardare dal basso della moquette quelli seduti vicini.

Tutti fermi, immobili, con lo sguardo vitreo. Non mi arrivava più il sonoro del film, e l'aria sembrava ferma, innaturalmente. Il tessuto della moquette freddo, anzi gelido. E grigio.

Mi colpì, questo! Pur nella penombra, un minimo di colore doveva distinguersi, invece ero circondata di grigio, chiaro o scuro fino al nero. La realtà era chiaramente distorta. Non era uno scherzo. Lo sentii con assoluta certezza.

Scattai tutta china in avanti verso l'uscita più vicina.

Oltre le cortine spesse del cinema, la porta d'emergenza dava su una strada laterale. Mi guardai intorno e tutto era tranquillo. Anche troppo.

"Così, tu sei la signora in giallo", mi apostrofò una voce, facendomi gelare il sangue.

Mi voltai piano, verso chi un attimo prima non c'era. Sapevo per certo che non c'era. Avevo guardato a destra, nessuno. A sinistra, nessuno. Ora a destra c'era lui. Uno vestito come i men-in-black.

"Io non indosso nulla di giallo", dissi tanto per darmi un tono.

Quello rise.

"Non c'entrano i vestiti, ma l'abilità a risolvere casi polizieschi. Si rifaranno a te per una serie di telefilm, con protagonista una scrittrice, detective per hobby".

"Io non sono una scrittrice", dissi ancora.

Il tizio inquietante parlava in modo normale, questo lo rendeva meno tremendo, meno 'vampiro'.

"Lo sarai", mi rispose,

"Scrittrice?", chiesi stupita che conoscesse il mio sogno segreto.

"Scrittrice", affermò, "e scriverai ovunque un'idea ispiratrice ti coglierà".

"Mi porterò sempre dietro una macchina da scrivere?", chiesi perplessa.

"No, uno di quelli", indicò il telefonino che avevo in mano.

Sorpresa rigirai l'oggetto. Realizzai di saper cosa fosse, senza averlo mai posseduto.

"Sai in che anni siamo?", mi chiese con un tono addolcito.

"Negli anni ottanta", risposi sempre più stupita.

"Esatto. E tu, dentro, stavi vedendo i Blues Brother".

Scossi la testa.

"No, il titolo era "The men in black"... Credo..."

"Te ne ho fatto vedere alcune scene per prepararti all'incontro... ma ancora non l'hanno girato, The men in black. Mancano ancora quasi venti anni".

Scossi la testa prendendomela tra le mani.

"Io non ci capisco più nulla!", esclamai spaventata.

"Io sono un vero man-in-black, e grazie alle tecnologie aliene più avanzate posso spostarmi nel tempo. Ti abbiamo vista nel futuro, e vorremmo reclutarti. Ti abbiamo dato un assaggio del brivido che si vive nel nostro lavoro. Accadono cose inverosimili, in ogni momento. Se accetti, ti alleneremo a diventare una grande agente! Diversamente ti sparaflasheremo e tornerai a seguire i Blues Brother".

Lo fissai scioccata. Sembrava serio.

"Viaggi nel tempo?"

Annuì.

"Davvero scriverò libri?"

Sorrise.

"Parecchi e di successo".

"E se accetto, chi sarà il mio addestratore?"

L'uomo si tolse piano il cappello, che nel movimento cambiava adagio forma. Anche gli abiti mutavano foggia, colore, nel lento inchino d'altri tempi che stava facendo.

"Mi permetta di presentarmi, Miss", disse sorridendo sornione: "sono il cappellaio".


--§--

Una nota per la stupenda caricatura della Signora in Giallo che vedete su: è opera di  secretmephoenix,  io me ne sono innamorata e l'ho chiesta per  illustrare questo capitolo!

Vero che è simpaticissima?

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