La luna

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Carissimi, eccomi oggi per la presentazione della prima ristampa de: 'Le memorie della teiera'. Qui dove è tutto cominciato e dove mi sento ormai veramente a casa.

Dedicherò questo incontro a riparare un torto, avendo precedentemente taciuto su un personaggio fondamentale nella trama delle memorie: il narratore.

Mi direte che essendo le memorie autobiografiche ciò è superfluo, mi avete di fronte e dunque io sono percepibile nella mia presenza rotondetta, datata ma sprint, sagace e intuitiva tanto da ispirare una famosa serie TV, molto amata. La signora in giallo, ricorderete, è il mio avatar.

Tuttavia, come ogni avatar, essa esprime ciò che io lotto per portare alla luce, libera da ogni pastoia che mi appesantisca nella vita reale. Scrivendo, e presentando i miei scritti, porto fuori ed esibisco la faccia brillante di me, come quella che la luna, illuminata, offre perennemente a noi.

Ma le sonde ci mandano immagini anche della eterna notte che regna sul lato rivolto allo spazio. Esso è reale e concretissimo, ancorché nascosto. La luna, signori, è una meravigliosa metafora di ciò che accade quando ci accompagniamo a persone gradite: con la loro attrazione ci vincolano e istintivamente rivolgiamo loro la nostra faccia più amabile, sempre quella.

Ma è sufficiente, a farci conoscere?

E permettere a qualcuno di conoscerci fino in fondo, è così auspicabile?

Alla prima domanda è facile rispondere: no, mostrare di noi solo ciò che ci piacerebbe essere non ci fa 'conoscere'. Costruisce un'immagine ideale che non è falsa, ma semplicemente incompleta.

Alla seconda domanda, le cose si complicano. Quando è auspicabile che qualcuno arrivi a conoscerci a fondo?

Qui, miei cari, il burrito inciampa. L'asino cade. La capra sulla panca punta gli zoccoli e col cavolo che la tirate giù.

In altre parole, prima di svelare l'altra faccia, occorre confrontarsi a muso duro con ciò che vogliamo. Desideriamo semplicemente un po' di popolarità?

Ci basta la sensazione piacevole d'essere considerati simpatici?

Vogliamo chiacchierare allegramente del tempo e delle vacanze che faremo? Vogliamo in sostanza una vita sociale gradevole e sorridente?

Fate il photoshop al vostro carattere ed esponetelo nella bacheca della vita.

La faccia illuminata della luna, affascinante e immutabile.

Lontana.

Spettatrice impassibile, al di sopra delle nuvole e delle tempeste umane. Tranne che sarete, come lei, soli.

Ora ciascuno farà le sue valutazioni: la solitudine può avere i suoi vantaggi, per taluni. Per altri può parere spaventosa. Se comunque decidete che siete un'animale sociale, rassegnatevi a questo: dovete lasciare che vi si conosca.

Cari amici, questo è il cuore del problema: se volete qualcuno con cui dividere le vostre emozioni, che sia la gioia di un successo o il dolore di una sconfitta, la paura di un pericolo o la speranza di un domani incerto, dovete lasciare che il qualcuno vi conosca bene.

Dovete lasciare che la sonda orbiti sul lato oscuro, a fotografare i crateri d'impatto di collisioni sconvolgenti, affondate nel passato remoto di una luna giovanissima. Lasciare che scopra mari ghiacciati, voi che tutti dicevano privi di acqua. Lasciare che misuri il freddo inaudito della notte, voi che nella faccia esposta al sole avvampate di un calore che scioglie.

Così, eccomi a bomba. Alla signora in giallo, sprizzante allegria ed ottimismo. Amabilmente giocosa, amante della pacifica convivenza, arguta e osservatrice. Adorabile!

Vi chiederete: è finta? No, sono veramente io. Lo faccio ormai senza neppure troppo sforzo. Ci ho messo tanto, eh? A liberarmi di tanta di quella roccia in cui ero sepolta, come un blocco vergine offerto a uno scultore.

Roccia dalle infinite venature, ogni minerale un complesso: timidezza, insicurezza, ingenuità, inesperienza... a ogni impatto dello scalpello, saltava via qualcosa. A furia di errori, ho imparato a guardare le persone con gli occhi dell'istinto, più acuto di quanto sappia essere la testa.

A furia di figuracce, ho imparato a essere spontanea, senza curarmi della altrui approvazione.

A furia di ingenuità, ho imparato che la sincerità è un'offerta di sé che vale moltissimo, e chi non l'apprezza perde un dono unico.

A furia di martellate, sono uscita dal blocco. Ma come ciò che c'era fuori, di cui mi son liberata, so che ancora c'è dentro, tanto di superfluo.

Ma a forza di scalpellare, cosa resterebbe, alla fine?

Se avrò perso anche la tristezza che ancora mi appanna gli occhi, benché abbia imparato a sorridere sempre, perché voglio bene agli altri e non voglio amareggiarli con la mia angoscia...

Se avrò perso l'invidia che a volte avvelena il mio cuore, benché abbia imparato a metterla a tacere, perché ciò che desideri alla fine tante volte si svela inutile e deludente...

Se avrò perso la confusione, che tante volte mi fa sentire smarrita, anche se ho imparato a restare salda nella strada che percorro, scelta nei momenti in cui la visuale era sgombra e la nebbia non c'era...

Quando tutte le mie incongruenze si saranno sciolte, e non sarò più tutto e il contrario di tutto, cosa sarà rimasto di me? Che sarà venuto fuori dal blocco di pietra di partenza? Che opera d'arte avrà saputo liberare la vita dalla roccia?

All'ultima scheggia che salta, ammirerete il vuoto.

Perché nel cuore della roccia c'era una cavità segreta, uno scrigno, un uovo in cui incubava uno spirito. All'ultimo colpo, la cavità sarà raggiunta, si spaccherà il guscio e voi vedrete solo il vuoto.

Ma ci sarò, finalmente, più vicina a voi di quanto non sia mai stata.

Per ora, prendetemi per come sono.

Giratemi pure attorno, sondate irriverenti la mia luna. Adoro rispondere, a chi mi chiede. Adoro scandalizzare, con la sincerità di chi non nasconde i difetti che sa di avere.

Cerco sempre di non mentire, anche se salverebbe la mia immagine di signora in giallo.

Cerco sempre di tendere una mano, verso le stelle. Che come comete mi lasciano strie luminose negli occhi e brillano divertite.

Talvolta accettano il mio invito, si siedono con me al tavolino da thé, e sgranocchiamo pasticcini, godendo del reciproco strano ruotare, mostrando ora l'una ora l'altra delle nostre facce.

Talvolta... ho l'onore... di conoscere qualcuno.

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