Tutti in fila!

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Carissime libraie, vi ringrazio di avermi ancora una volta coinvolto in una vostra iniziativa. L'invito mi ha raggiunto in un momento particolare, tanto che avevo creduto di non poterlo raccogliere. Meglio, inizialmente non l'ho neppure letto.

Accade che certi eventi precipitino nei nostri giorni, scuotendoli e dandoci percezione di cosa, in essi, sia davvero essenziale, mentre tutto il resto impallidisce.

Costringono il cervello a portare l'attenzione sull'oggi, il solo tempo certo. Cosa conta nell'oggi? Alzarsi e abbracciare la persona che abbiamo accanto, perché un abbraccio non dato resta un attimo sprecato.

Conta assaporare una cioccolata calda, piccolo lusso, dono cui non badiamo neppure, presi a progettare un domani che, arrivando, ci vedrà nuovamente distratti a progettare il dopodomani.

Poi, accade che un medico ti guardi scuotendo la testa e dicendo:

"Questa cosa non mi piace per niente, signora Cinzia!"

e non ti basta il fiato per spiegare quanto non piaccia a te, la sua faccia e quello che sta già organizzando.

Ti guardi intorno e il mondo è cambiato, un'enormità di pensieri è migrata dal tuo cervello e ne sono rimasti davvero pochi, uno dei quali si è insediato all'istante, sovrano: "Quanto tempo?"

Che si declina poi in: "Quante altre volte?"

Quante altre volte farò il bagno al mare, visto che è inverno? Quante volte festeggerò il compleanno di mia figlia, che è appena trascorso?

Capite che la libreria non è in quella categoria di cose di cui ci si ricordi. Eppure, dopo un po', ci si rende conto che la mente va impegnata fin negli istanti più minimi, per evitare anneghi nell'angoscia e avveleni il presente che, invece, è così prezioso.

Così, ho finito per leggere la vostra mail.

L'invito a scrivere un reportage per una rivista... Bello, ma la mia attenzione è al momento concentrata su un argomento specifico.

Un reportage potrei farlo solo da un ospedale.

Depressivo.

Poi però ho pensato di farlo comunque, lasciando a voi se utilizzarlo.

Ho pensato che poteva essermi addirittura utile, che poteva aiutarmi a rimanere oggettiva senza abbandonarmi a paure affossanti.

Riflettendo mi son convinta che era un'opportunità offerta a me, ben più che a voi.

D'altronde accade spesso di scoprire un'opportunità in cose che a prima vista non offrono nulla, se non sofferenza. Dar loro uno scopo cambia il nostro oggi, lo rende migliore.

Riuscire poi a trovare anche un lato ironico nelle cose, aiuta moltissimo.

Per esempio, al medico che per consolarmi mi spiegava come non sarebbe stato necessario far tagli invasivi, grazie a sonde che avrebbero sfruttato canali naturali, ho coloritamente spiegato quanto poco apprezzassi che si trasformassero in entrate quelle che madre natura considera, decorosamente, uscite. Ci ha ridacchiato su, lui, ma anche io ho finito per riderne.

L'anestesista, che indagava sulla mia anamnesi con aria truce, ho deciso che ricordava un becchino. Ho cominciato a figurarmelo vestito di nero e con le spalle curve, mentre chiedeva altezza e peso non per calcolare dosi di farmaci, ma dimensioni di bare.

Sbirciando l'agenda su cui prendeva appunti, mi figuravo un registro entrate-uscite. Con data e orario di consegna.

A fine colloquio, ho salutato un avvoltoio con bombetta in testa.

Mio marito ha chiesto che stessi pensando, tanto sogghignavo.

A casa ho preparato la bevanda per la pulizia. L'ho messa in frigo, litri e litri di purga fresca. Ho appeso un cartello a caratteri cubitali: il bagno È MIO!

Giù un bel bicchierone di aranciata.

Sul momento quasi ci son riuscita, a vederla arancione. Dopo il primo litro ho dovuto capitolare e ammettere che era una disgustosa schifezza, ma ero già a metà strada e in fondo è stata una passeggiata. Una lunga passeggiata, se sommate la successione di andate e ritorno divano-bagno.

Di buono c'è stato che il cervello, per uno strano effetto, si s'è svuotato insieme al resto, tutto giù nello scarico.

Et voilà, sono in ospedale. Concedono qualche sorso di tè, anche perché sennò la pressione la raccolgono da terra colla paletta. M'hanno assegnato un letto, consegnato uno strano camice.

Sorprendente, è proprio come quello dei film americani, aperto sul dietro, chiuso con delle fettucce. Ma chi mi allaccia dietro? Infermieraaaa...

Oltre che curioso, 'sto indumento è gelido. Mi infilo nel letto congelata e dopo poco vengono a prendermi.

Infilano le pantofole sotto il materasso e tolgono i freni alle ruote. Se dovesse capitarvi, a questo punto preparatevi: vedrete guidare in modo quanto mai originale questi singolari veicoli a ruote.

Mentre facevo 'ciaociao' a mio marito, come salpasse il Titanic e lo vedessi allontanarsi sulla banchina, i miei infermieri slalommavano tra porte e altri letti. Io davo loro indicazioni tipo: "destra, un po' a sinistra, vai che lo superiamo, l'ascensore è nostro!"

Siamo arrivati in chirurgia ridendo, loro anche col fiatone. Mi hanno parcheggiata e salutata, affidandomi la mia cartellina.

Se mi alzo e quatta quatta me la svigno?

"Con quel camicione? La riacchiappano subito! Stia buona che più tardi torniamo". Li lascio andare, ma ho la loro parola d'onore che verranno a riprendermi. Guidano bene, abbiamo soffiato l'ascensore ad almeno altre tre barelle.

Così, eccomi qui. Cinque letti in fila, in questo corridoio, e altri arrivano in coda. Vediamo portar fuori un tizio addormentato e la fila avanza, tipo catena di montaggio. Via uno, dentro l'altro. Tutti silenziosi, gli 'operandi', sdraiati e gelati. Medici e infermieri passando ci mandano contro onde d'aria fredda.

Io sola parlo sottovoce al cellulare per dettare questi appunti. Mi fissano pure male ma chissene. Infine arriva un tizio che vuole la cartella.

Se non gliela mollo? Non mi fanno entrare?

La consulta, cerca una vena per una flebo. Mi massacra il sinistro, prima di passare al destro. Cominciamo bene.

"Ora, sentirà arrivare forte sonnolenza. Il telefonino... non dovrebbe averlo, sa?"

"Lo consegno subito a Roberto, è un mio amico..."

Avere infermieri amici in sala operatoria è un bene? Un occhio di riguardo, magari... in certi momenti ci si raccomanda a tutti! (Sant'Antonio, non per mancare di fiducia sai?)

Comunque ecco qua, ora devo proprio spegnere. A risentirci presto, libraie. Spero.


Precisazione per gli amici: tutto bene, darò ancora molto filo da torcere.

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