Lo scrigno

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Ringrazio questa deliziosa platea, alla quale voglio presentare la mia ultima fatica: 

'Le memorie della teiera'.

Comincerò col leggervi un breve spumeggiante estratto, dedicato al luogo ispiratore di questo mio testo. Ecco a voi una citazione dal prologo:

'Biblioteca' è parola d'origine greca. 

Il suffissoide -teca (ripostiglio, deposito) è usato con il significato di 'collezione, raccolta, custodia'. Originariamente la parola indicava lo scaffale, il mobile destinato a tenere ordinate e riposte queste meraviglie della mente umana che sono i libri; in seguito passò per estensione a indicare i locali dove i testi raccolti potevano essere anche consultati e letti.

Tuttavia la parola greca thèke può tradursi anche scrigno

e per me biblioteca suona proprio come scrigno di libri, e ciò mi evoca, immediata e suggestiva, l'associazione tra libri e gioielli...

Se questo breve assaggio, tratto dal prologo del mio testo autobiografico, vi ha fatto vibrare d'eccitazione, vi consiglio di prenotare l'acquisto delle 'Memorie' presso la Biblioteca del Cappellaio Matto, nei cui locali fu, tra l'altro, concepito il progetto dell'opera, a seguito dell'avventura ivi vissuta che narro nel primo capitolo.

Non intendo ovviamente spoilerare il mio stesso lavoro, ma posso affermare senza falsa modestia che sia stata un'avventura portentosa, che mi guadagnò il premio, istituito dalle stesse eccellenti bibliotecarie, di frottola maxima, categoria storie sogni d'oro, premio antinsonnia, motivazione: Pagine più soporifere mai lette.

A voi un altro breve estratto, per ingolosirvi ulteriormente:

Accadde un martedì. Esploravo con intenti conoscitivi la biblioteca succitata quando mi fu offerta, come immaginai a tutti i concorrenti di un simpatico gioco, l'intrigante possibilità di scoprire cosa ci fosse oltre una minuscola porta (che costituiva, evidentemente, la prova-trappola, stile scherzi-a-parte).

Anche la sottoscritta accettò la sfida, pur sospettando l'inghippo.

Con la grazia d'un tappo di champagne riuscii, dopo essermi incastrata nel pertugio, a rotolare infine nel verde d'un giardino, che profumava di viole e di compost derivato da rifiuti organici.

Rialzatami amabilmente, dopo aver scrollato dall'Olimpo varie deità pagane con invocazioni colorite, mi approcciai al personaggio che pareva lì apposta per accogliermi.

Sorridi, sei su candid camera!, ero certa che mi avrebbe gridato.

Ma l'individuo era probabilmente poco brillante, perché dimenticò di dirlo. Mentre rimuginavo se far da suggeritrice, ricordandogli la battuta, questo mi offrì del thè.

Ora, sia chiaro, sono di norma una persona assai affabile... ma non gradisco troppi scherzi tutti insieme. Che la porta fosse sottodimensionata per le mie generose curve mi era parso poco gentile.

Che avessero piazzato una pozza puzzolente di indefinibile origine, proprio lì dove dovevo finire stappandomi dal pertugio, m'era sembrato di cattivo gusto.

Che mi si offrisse una tazza vuota, come fossimo a giocare colle bambole, non l'apprezzai.

"Ben gentile, ma è freddo. Il thè mi piace caldo, alla cannella e molto più dolce", dissi beffandomi del soggetto.

Che però, non parve afferrare.

"Ah ma posso senz'altro offrirglielo alla cannella! Ottimo gusto, lo prendo anch'io. Soltanto..." disse corrugando la fronte e fissando spiritato un orologio da taschino che aveva fatto spuntare dal nulla,"...soltanto può cortesemente dirmi se è il ventotto del mese?"

Convinta che mi canzonasse risposi: "No, è giovedì quarantatre".

"O numi! Sempre indietro, queste lancette! Possiamo scambiarci di posto? Le dispiace?"

Fissai negli occhi l'uomo pallido che nervosamente girava intorno al tavolino da thè, pronta a rispondere piccata, quando notai le pupille dilatate. Tanto lo erano, dilatate, che le pozze nere mangiavano l'iride e riflettevano il verde del giardino, parendo così i suoi occhi verdastri anch'essi.

Modestamente, posseggo una vasta cultura e una tale rapidità d'analisi che su di me hanno modellato un popolare personaggio televisivo.

(Sappiate che la famosa signora in giallo sono io, in real).

Queste mie doti mi condussero verso un sospetto: "Malachite", mormorai. Quel minerale dall'incantevole color verde, veniva un tempo polverizzato per tingere il feltro. Gli artigiani, che il feltro maneggiavano, ne respiravano la polvere e con il tempo iniziavano a soffrire di parecchi problemi, anche neurologici.

Mi concentrai allora sull'elegante cilindro, di foggia assai datata, che il mio ospite portava.

"Bel cappello", commentai.

"Un mio modello", si vantò il tizio, "Sa dirmi perché una rosa è come un tetto di tegole?" aggiunse, senza alcuna logica, un bislacco indovinello.

Completai mentalmente la mia brillante diagnosi: Costui è stato un fabbricante di cappelli, di quelli vecchia maniera. Nei secoli passati, per lavorare il feltro, lo si immergeva in una soluzione di nitrato di mercurio, senza alcuna particolare cautela. I residui di mercurio, noi oggi lo sappiamo, possono però provocare effetti devastanti.

Se a contatto con i capelli, per cominciare (e per sagomarli certo il poveretto calzava e provava i cappelli appena trattati col mercurio), il sale tingeva la chioma di un particolare arancione fluorescente, e man mano che il contatto perdurava, ripetendosi la procedura, creava gravi danni sul sistema nervoso.

Mi studiai il tipo: occhi verdastri, pupille dilatate, capelli color carota, bipolarismo. E delirio, decisi osservando come riempiva meticolosamente di niente le tazze, aggiungendo zollette immaginarie.

"Una?" chiese.

"Due", preferii.

E aggiunse la seconda dolcezza fantasma che diligentemente girò prima d'offrirmi il thè.

Matto come una cucuzza, conclusi.

D'altro canto era una vecchia malattia professionale e ancor oggi gli inglesi usano dire: matto come un cappellaio.

Posso farvi una confidenza, con la quale concluderò questa mia breve presentazione del libro? È stato a quel punto che ho pensato seriamente di farne il protagonista di una mia storia.

Se volete sapere di più sul cappellaio matto leggete le mie: 'Le memorie della teiera'; sono convinta che mi confermerete che funziona alla grande, soprattutto perché è un personaggio originale, davvero innovativo, di cui nessuno ha mai scritto.

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