Capitolo 3 - dubbi esistenziali

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Oggi avevo la prima lezione di educazione fisica, non sapevo però a che ora, il giorno prima dimenticai a scuola gli orari delle lezioni.

Quella mattina fu esattamente come le altre, sveglia alle 6,00 del mattino, doccia rapida per svegliarsi, colazione con thè e biscotti guardando i cartoni animati e infine il treno.

Quella mattina pioveva a dirotto, coprii lo zaino con il copri zaino per la pioggia, presi il mio ombrello e mi diressi alla stazione per un nuovo giorno di scuola.

Arrivai in stazione per le 7:20 come sempre, tirai fuori dallo zaino il mio ombrello e mi incamminai sulla strada che portava alla scuola, continuavo a pensare alla giornata di ieri cosi carica di... sentimenti strani, non era da me provare interesse per un altro ragazzo e quel bigliettino, come poteva esser cosi... era come se ci prendesse gusto a prendermi in giro, fu cosi che mi ritrovai inzuppato dalla testa ai piedi, per gentile concessione di una macchina che decise di andare oltre il limite dei 20 km/h della strada, una bella doccia fredda, mentre cercavo di darmi delle ragioni al mio continuar a pensare ad un ragazzo.

Arrivato a scuola andai in classe, era deserta, nemmeno gli zaini, io posai la mia roba al mio posto, tirai fuori dallo zaino le scarpe da ginnastica e mi diressi fradicio in palestra.

Rimase solo Riccardo, aprii la porta e rimasi interdetto nel vedere che si stava cambiando, ho sempre adorato fare ginnastica e non ho mai avuto problemi a cambiarmi con dei ragazzi, era in mutande, slip neri con elastico grigio, erano aderenti, da un lato mostravano appieno e con fierezza un grande fondoschiena sodo e dall'altro lato un ancor più grande membro.

Salendo aveva un corpo nella norma, non era esile, ma aveva comunque dei bei lineamenti corporali, un lieve accenno di muscoli che lo rendeva bello da vedere, aveva anche delle chiazze più scure, ma se ciò che dicevano era vero, lui ha sempre fatto molto sport.

Ripresi coscienza e controllo del mio corpo, entrando nella stanza, "ciao" lo salutai entrando, lui timidamente e impacciato, si rivestì in fretta, mi sedetti stonfo, mi tolsi le scarpe e i calzini che misi ad asciugarsi sopra un termosifone, mi tolsi anche la giacca della tuta.

"Se vuoi..." mi girai a guardarlo "posso prestarti dei vestiti" disse con tanta timidezza nel tono, non mi dava l'impressione di uno con molta fiducia in sé stesso, io gli sorrisi "in effetti mi aiuteresti moltissimo, una macchina mi ha lavato" lui mi passò dei pantaloncini corti completamente neri, di una marca sconosciuta ai più, una maglietta di un giallo canarino acceso con una scritta illeggibile, "mi... mi dispiace" io lo guardai confuso "ho solo questi purtroppo" abbassò lo sguardo, "tranquillo stavo solo leggendo" mi spogliai tranquillamente mettendo i miei vestiti sui termosifoni ad asciugare per le prossime ore, mi cambiai ed entrammo insieme in palestra.

Finita la lezione andai a controllare i miei vestiti constatando che erano completamente asciutti, mi cambiai ripiegando i vestiti che mi aveva prestato, ma per mia sorpresa era gia ripartito come una scheggia, mi diressi in classe, parte dei compagni era gia la, andai direttamente al posto, non avendo molto margine per dargli i vestiti e il quaderno di ieri.

Le lezioni si susseguirono con calma fino alla ricreazione, aspettai che tutti passassero per alzarmi, andai al posto di Riccardo, ma uno dei ragazzi si alzò e fece da muro, era grande e grosso, mi guardava con uno sguardo di odio negli occhi, faceva paura, io allargai le braccia, rimase interdetto per qualche secondo, non si aspettava una mia reazione "puoi picchiarmi se vuoi, però vorrei davvero ridare i vestiti a Riccardo personalmente" strinsi i pugni e chiusi gli occhi e mi preparai a ricevere un pugno.

Così non fu, con mia sorpresa, riaprii gli occhi, mi stava ancora guardando storto, ma contro ogni mia aspettativa si risedette al suo posto, io abbassai le braccia e mi avvicinai a Riccardo, non mi guardava molto, mi lanciava solo sguardi fugaci, io gli appoggio i vestiti sul banco "grazie" gli sorrido e torno al posto (vediamo ora, gli ho messo il quadermo nascosto tra i vestiti, speriamo sia suo) presi le patatine ed uscii lanciando degli sguardi a riccardo, non aveva notato il quaderno mettendo tutto via nello zaino, ero confuso e se non fosse stato suo? Il non sapere mi logorava dentro.

Rientrando prima dalla ricreazione andai al mio banco e continuavo a lanciargli sguardi, incrociammo gli sguardi, durò solo un istante prima che lui lo distogliesse, quel momento bastò per permettermi di vedere una luce spegnersi, "lascia un attimo di respiro al conte", mi girai preso alla sprovvista, Davide sorrideva, era così bello "oh Romeo, Romeo, perché sei tu romeo?" sorrisi a mia volta, (voglio togliermi uno sfizio) mi avvicinai al suo orecchio e gli mormorai "fate attenzione messer Romeo, la vostra Giulietta non è nei paraggi" ridacchiai, se ne andò al posto distogliendo lo sguardo.

Le lezioni andarono avanti con tranquillità, aspettai che tutti uscirono, pensavo che l'avrei scampata e invece... "signor Poletti" mi bloccai sulla porta "vorrei avere il piacere di scambiare quattro chiacchiere con lei" sospirai e tornai indietro fino alla cattedra "so che sei arrivato in ritardo" "si ho avuto un incidente con una pozzanghera, cosi son venuto qui per appoggiare lo zaino" "spero non succeda più, sarebbe triste per voi se veniste bocciato per i ritardi" "si non si preoccupi" feci finta di guardare il cellulare "mi scusi prof, ma ho il treno posso andare?" "si certo, e mi raccomando gli orari" la salutai e corsi fuori.

Solo una volta all'esterno ripresi a camminare normalmente, mi lasciai scappare un sospiro di sollievo e in quel momento sentii delle voci che discutevano animatamente, mi nascosi dietro l'angolo del muro e vidi il professore Kim con Riccardo, non capivo cosa si dicessero, lui fece un movimento brusco e io uscii dal nascondiglio per improvvisare "RICCARDO!!" il professore si ricompose, mi avvicinai a Riccardo, "salve prof" dissi sorridendo, "salve Poletti" misi un braccio attorno alla vita di Riccardo, come ad abbracciarlo "scusa il ritardo, andiamo? Ho da farti vedere una cosa" io gli sorrisi, tirandolo leggermente verso di me, cercando così di fargli capire di darmi corda, "s.s.si certo" "allora a domani prof" lui mi guardò male " certamente Poletti, a domani".

Ci incamminammo in direzione della stazione, io gli tolsi la mano dal fianco e camminammo normalmente vicini, riflettei sulla scena di poco fa e lo guardai, "almeno ha i soldi dai" lui si girò di scatto a guardarmi "come? Non è per quello che uscite assieme?" "cos... n.n.non usciamo insieme" disse iniziando a balbettare "ah no? Sembrava proprio geloso poco fa" lui abbassò lo sguardo continuando a camminare "non puoi capire" lo guardo, era incredibilmente malinconico, "posso capire fin troppo bene" lui si fermò di colpo.

In effetti non capivo cosa potesse turbarlo così tanto io gli appoggia una mano sulla spalla "non te ne preoccupare ora, pensa a tornare a casa" (cosa posso fare? Sembra spaventato da qualcosa) presi un pezzo di carta e scrissi sopra il mio numero, glielo misi in mano, "tieni, se vorrai potrai scrivermi, cercherò di aiutarti", tra chiacchiere e discussioni ci siamo incamminati verso la stazione.

Il giorno seguente si preannunciava buono, una buona colazione, nessuna nuvola di pioggia all'orizzonte, il treno perfettamente in orario, la mattina perfetta.

Arrivato in classe lanciai un'occhiata a Riccardo, ma non era ancora la, ieri mi pareva un po' scosso, portai i giornali anche agli altri tre, nemmeno loro erano ancora la, ma di loro non mi fregava molto.

Andai al mio posto, misi i giornali sul banco e cominciai a leggermi l'oroscopo "ehi, ciao Poletch" Davide fece il suo ingresso, aveva cominciato a chiamarmi cosi storpiando il mio cognome, mi sorrise, io distolsi lo sguardo cercando di non arrossire, all'improvviso mi si avvicina all'orecchio "mi sa che ho trovato la mia giulietta" tornò al posto ridendo, io mi coprii il viso col giornale ero completamente rosso, (quel maledetto sbruffone! Si diverte a prendersi gioco dei mei s...) mi paralizzai, (cosa stavi per dire marco?) scorlai la testa, non volevo continuare a pensare a quelle cose, sentivo come una lieve voce che mi chiamava, Stefano mi scorlò e tornai nel presente "si sente bene signor Poletti?" mi chiese la professoressa, ero ancora rosso per prima "si si prof, credo" "vai fuori un secondo e prendi un po' d'aria, poi torna per la lezione" mi alzai e uscii dalla classe.

Sospirai scendendo le scale sino al pian terreno, non c'era nessuno, eran probabilmente nei laboratori, andai in bagno e mi chiusi dentro, abbassai la tavoletta e mi sedetti appoggiando la testa sulle gambe (cosa cazzo era quello? Cosa stavo per pensare?) feci dei respiri profondi, non capivo cosa mi stesse succedendo.

In quel momento entrarono delle persone, tirai su i piedi per non farmi beccare, si sentirono dei rumori strani e dei gemiti, non sapevo chi fossero, ma avevo paura di esser beccato, non capivo cosa stesse succedendo fuori dalla porta, ma una cosa era certa, mai nella vita sarei uscito, sentii il rumore di una delle porte dei bagni vicini, pregai per me e aprii leggermente la porta, giusto uno spiraglio, ma tanto bastava per permettermi di correre fuori.

Tornai su, salito le scale ripresi fiato, avevo il fiatone per aver corso, mi sedetti per terra con la schiena contro il muretto del corrimano, cercai di calmarmi, avevo il fiatone e il cuore che batteva all'impazzata "ehi, tutto bene?" si avvicinò una dei bidelli, "si si, solo..." "scendi giù in segreteria" mi diede una chiave dal suo mazzo "vado nella tua classe a dire che non ti senti bene" presi la chiave e scesi all'entrata, non volevo entrare in quegli uffici, erano terribilmente claustrofobici.

Davide alla ricreazione scese, non mi aspettavo venisse a vedere come stavo, si sedette accanto a me, gli raccontai che non avevo nulla che era solo la bidella che aveva frainteso, "in effetti Theresa è troppo apprensiva delle volte" lui sorrise, io distolsi lo sguardo, ogni volta che lo guardavo mi faceva sempre uno strano effetto, qualcosa in lui mi piaceva... mi piaceva come a un uomo può piacere una donna, era una anormale per il compagno di mia madre, non raccontavo nulla aldilà delle lezioni alla mia famiglia, temevo non potessero capire.

"Marco..." mi chiamò, io mi girai e ci trovammo coi nasi che si toccavano (vicino...) eravamo a un centimetro l'uno dall'altro, (terribilmente vicino...) ne ero ipnotizzato, non mi muovevo più, ero letteralmente paralizzato, avevo i brividi, lui aveva uno sguardo magnetico, si avvicinò a me, non potevo muovermi, non feci nulla per impedirlo, le sue labbra si posarono sulle mie, non fu come pensai la mia 'prima' volta, mi baciò con delicatezza senza movimenti bruschi fu... piacevole, sentimmo delle voci dall'esterno avvicinarsi, cosi ci staccammo, lui in profondo imbarazzo si alzò e mi salutò goffamente e senza guardarmi in faccia.

Così ebbe fine un'altra giornata, io passai liqualche ora rannicchiato sulla sedia aspettando mio... patrigno? Quanto avreivoluto chiamarlo così, se solo non avesse esagerato, tornando a casa mantenniuno stato di silenzio non volevo parlare con lui dei miei problemi, non era lapersona più adatta.

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