Capitolo 4 - confessioni

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Per la prima volta nella mia giovane vita avrei voluto non andare a scuola, che avrebbe pensato Davide?? Come avrei dovuto comportarmi dopo ieri? Significava che provava qualcosa per me? o per meglio dire... prova qualcosa per me? queste domande mi ronzarono in testa dal giorno prima mentre il compagno di mia madre me ne diceva di tutti i colori perché costretto a portarmi a casa, anche se secondo lui non avevo nulla, ignorai le solite intimazioni, lui era solito minacciarmi quando non prendevo dieci e io ignoravo bellamente ogni volta.

Quella mattina, come ogni mattina, feci colazione, mi preparai lo zaino e mi diressi in stazione, ero poco convinto dell'andare a scuola, fosse stato per me sarei eternamente scappato, (perche dovrei preoccuparmi di cosa possa pensare, è lui che mi ha baciato) camminavo sulla via della scuola ripensando al giorno precedente e trovando scuse per dare la colpa a Davide.

Ero fermo davanti la porta da oramai cinque minuti, una parte di me non voleva entrare, avrei voluto scappare oppure evitarlo, ma evitare qualcuno nella tua stessa classe che viene a cercarti perfino, È IMPOSSIBILE! Mi tremavano le gambe, ero la, fermo davanti alla porta, avevo paura di ciò che pensava, e poi... (che mai potrei dirgli? 'Tu sei il mio sole, io la tua luna. Andiamo a fare un'eclissi?', no, no, meglio ancora... 'Che bel corpo! Sai cosa ti starebbe bene addosso? Me!') scorlai la testa agghiacciandomi per le mie stesse parole.

(A cosa cazzo pensi Marco? Tu sei etero, tu sei etero, tu sei...) "ciao" mi bloccai di colpo, mi girai e lo vidi, oggi era arrivato dopo di me, sorrideva anche se faticava a guardarmi, si vedeva che qualcosa lo imbarazzava, io abbassai lo sguardo, ogni volta che pensavo a lui era... troppo imbarazzante, parte di me sarebbe voluta stare con lui, più di quanto avrebbe dovuto, o anche solo potuto.

Alzò la mano per salutare, io la alzai timidamente, "come stai?" chiese senza guardarmi in faccia, "bene..." l'imbarazzo e la tensione erano palpabili, distolsi lo sguardo, chissà cosa pensava di me, mi dissi, (forza Marco digli qualcosa...) mi feci coraggio e provai a dirgli qualcosa, ma... "signor Poletti, cosa ci fa qui?".

Venni interrotto sul nascere dalla professoressa Petolano, che era arrivata per la sua lezione, entrai tranquillo, andai al mio posto, continuando a pensare a ciò che era successo poco fa (mai e poi mai devo re-incontrare Davide da solo).

le lezioni proseguirono, tra una pausa e l'altra continuavo a guardare Davide, non capivo cosa mi avesse fatto, piu mi dicevo che non era nulla. che non provavo nulla, più cercavo le sue attenzioni, cos'era quella sensazione?

Sentivo come un formicolio in tutto il corpo ogni volta che eravamo insieme, avevo paura, era un terreno nuovo per me, dovevo avere delle risposte, ma come potevo averle senza parlare con Davide? Durante la lezione successiva rimasi distratto a riflettere su una possibile soluzione.

L'ora passò e nulla cambiò, avevo il terrore di dover fare i conti con me stesso, (Forza marco, alzati.... alzati, alzati, alzati...) mi feci coraggio dovevo avere risposte , volevo risposte, le pretendevo, aspettai che uscissero i più, avevano la brutta abitudine di spintonarsi e io non avevo il tempo per giocare a Pinball, mi alzai e andai verso la porta, lui stava parlando con de Santa, mi fermai, il mio coraggio di poco fa era scomparso, il fatto che più persone potessero sapere, mi faceva sprofondare in un profondo imbarazzo, come se ciò che provassi fosse sbagliato in qualche modo.

Sospirai e sbuffai (forza Marco) mi tirai degli schiaffetti sulle guance e mi armai di coraggio, passai davanti al suo banco e mi bloccai, i nostri sguardi si incrociarono, aveva uno sguardo così magnetico, che non potei fare a meno di rimanere incantato a fissarlo, "hei! Amico, io vado" "si andiamo" ritornai in me e lo trascinai per un lembo della giacca in una delle classi al piano di sotto, che erano libere per l'ora buca.

Io andai ad appoggiarmi al termosifone, tenevo la testa bassa, provavo troppa vergogna in quel momento, "allora?" mi guarda "cosa ti porta qui nella mia umile dimora Giulietta?" io abbasso lo sguardo, appena alzato per guardarlo, mi sentivo avvampare dentro, qualcosa come un bruciore, che mi prendeva tutto il viso avvolgendolo in una morsa sgradevole, in che pasticcio mi stavo infilando.

Quando rialzai lo sguardo lui era a due passi da me e quando capii che il suo sguardo mi stava ipnotizzando, distolsi lo sguardo, volvevo morire, "scu..." senza permettermi di finire la frase, lui mi si avvicinò ancora di più a me prendendomi tra le sue braccia, mi tenne stretto a lui, sussurrandomi dolcemente "tranquillo", la sua voce era quasi impercettibile.

Fu solo per un momento, ma il mio corpo tremava, un brivido interminabile mi scorreva in tutto il corpo, era una sensazione piacevole, debolmente lo abbracciai, mi tremavano le mani, il mio corpo si muoveva da solo.

Il momento sembrava non terminare mai, così forte, cosi carico di sentimenti, cosi... quasi magico, io volevo morire, ero cosi terrorizzato dall'ignoto che rappresentava quel momento che dentro di me volevo morire, il mio corpo però era di tutt'altro parere, sembrava esser a suo agio, fremeva in quell'abbraccio che sembrava infinito, ma che in realtà durò solo qualche secondo.

La campanella suonò rompendo la magia, lui si staccò e io no o guardavo in faccia per i troppi sentimenti contrastanti, "beh, direi che è ora" lui mi sorrise, e si avviò fuori dall'aula.

Cominciai a fare respiri profondi per non andare in iperventilazione, (COSA CAZZO È APPENA SUCCESSO?) sentivo la testa pulsarmi, non faceva male era solo un grande fastidio martellante, (calmati Marco, a tutto c'è una spiegazione), ma per quanto ci pensassi su non trovavo alcuna spiegazione razionale, perché mi ha abbracciato? Perché invece non è scappato via? O perché non mi ha deriso? Perché ha continuato a esser gentile con me? Queste domande continuarono a perseguitarmi per il resto della giornata.

Tornato in classe, in preda a forti dubbi, andai diritto al mio posto, c'era qualcosa in tutta quella storia che mi metteva a disagio, certo ero felice che non mi avesse rifiutato, ma a disagio e confuso, molte domande mi serpeggiarono in testa e nessuna risposta, mi concentrai sulla lezione allora, era difficile, ma dovevo concentrarmi.

La lezione finì, il tutto passò abbastanza velocemente, ebbi qualche problema di concentrazione, ma alla fine andò tutto bene, ora dovevamo andare al piano interrato per chimica, la sola attrattiva che aveva era per la parte pratica, mi piaceva mescolare cose, sarà l'aria del laboratorio che gli dava charme; presi il quaderno, il libro e l'astuccio, non mi serviva lo zaino intero.

Scendemmo nei sotterranei della scuola dove si trovavano i laboratori, un aula rettangolare, con varie prese d'aria per poter respirare, bianca come la neve, non appena accendevi la luce vedevi questo forte bagliore accecarti, con i classici tavoli da laboratorio.

Ci mettemmo su una linea così da ascoltare tutti da professoressa Nicoletti, "benvenuti, questo è uno dei tre laboratori della scuola, io sono la professoressa Tamara Nicoletti, e per questi primi due anni sarò la vostra professoressa di chimica" sembrava simpatica col suo camice bianco e i suoi occhialini da saldatore.

"Oggi faremo qualcosa di semplice semplice" prese dei fogli e li appoggiò sulla cattedra "vi dividerete in coppie e seguirete le istruzioni scritte qui, il materiale necessario è già sul tavolo, vi basta seguire le istruzioni, ora... scegliete un compagno e cominciate" si alzò il vociare, tutti si stavano scegliendo e si diressero al loro tavolo, io rimasi li, fermo immobile a guardare le coppie che si formarono, Davide venne verso di me, ne fui inizialmente sorpreso, ma vidi de Santa e Baròn andare via insieme, capii che fosse per quello che veniva da me.

"Ehi" io alzai la mano di risposta, "ti va..." "si... mi va" io sorrisi, ci ritrovammo così uno di fronte all'altro tutta un ora di lezione, tutti si concentrarono per finire il più velocemente possibile (è imbarazzante questo silenzio, specialmente dopo prima) mi guardai intorno, guardai gli altri lavorare, stavano tutti concentrati sul loro tavolo, io mi avvicinai difronte a lui osservando il becher.

Finimmo buona parte degli esperimenti, io ero appoggiato coi gomiti sul tavolo, spalla a spalla, così vicini che potevo sentirne l'odore, ne ero inebriato ed irrimediabilmente attratto mi girai a guardarlo, era intento ad osservare il becher e i cambiamenti cromatici tendenti al verde smeraldo del Bario, mi ricordava il colore dei suoi occhi rimasi a fissarlo lavorare, era così dannatamente attraente.

All'improvviso si gira, incrociamo gli sguardi, ne rimasi ipnotizzato, un brivido di piacere mi pervase, era una strana sensazione che lui sembrava percepire, "ehm ehm..." alzammo gli occhi e trovammo il professore guardarci "siamo arrivati a questo" Davide passò il quaderno con gli appunti al professore e gli indicò l'esperimento, "mmh, capisco, attenti ad usare il Bario, non è esattamente commestibile" si misero discutere degli esercizi, io distolsi lo sguardo imbarazzato, cosa sarebbe successo se non ci avesse interrotto? Un brivido mi percorse la schiena e il volto mi si tinse d'un bel rosso acceso.

Il professore ci consigliò e poi continuò il suo giro tra i tavoli, Davide continuò a guardarmi, "pensavo..." "si?" lo guardai curioso "pensavo... domani hai nulla da fare?" (cosa dovrei rispondergli? Sembra così tanto un invito, non so se quell'altro voglia però...) pensavo a cosa rispondergli, non ero preparato a questa evenienza, provai a spiccicare qualche parola, ma venni interrotto dalla campanella, senza potergli rispondere.

Saliti in classe andammo al nostro posto, rimasi con lo sguardo fisso davanti a me, stavo ancora riflettendo su cosa è appena accaduto (mi ha chiesto un appuntamento? Seriamente!?) sospirai riflettendo con aria confusa (e che dovrei rispondergli? È pesante dover decidere in base agli altri...) ero infognato nei miei pensieri cercando di capire cosa rispondergli, "ehi Marco, cosa succede con Davide?" deglutendo mi andò per traverso la mia saliva facendomi tossire, "che?" "si insomma, con te è sempre cosi..." "cosi?" una voce da dietro mi fece spaventare, mi girai per vedere chi fosse, e mi ritrovai faccia a faccia con il suo bel sorriso.

"Come sarei?" chiese lui divertito, "come mai da un giorno all'altro siete sempre insieme?" chiese Stefano, io rimasi muto a guardare Davide che mi poso un braccio sulle spalle e con uno dei suoi sorrisi "come dovrei fare se non stare sempre col mio ragazzo?" io sprofondai tra i cori dei compagni, (cosa stracazzo ha appena detto? Ra.ra.ragazzo? io?) "ooooh! Potevi anche dircelo" disse beffardo "infondo siano nel nuovo millennio le coppie simili sono normali oggi giorno" io non riuscivo a dire nulla volevo solo morire in quell'istante, appoggiai la testa sul banco nascondendola tra le braccia, Davide si avvicinò a me sussurrandomi in modo che solo io sentissi "ti aspetto, fammi sapere" prima di tornare al posto.

Le lezioni finirono e ancor prima che gli altri si alzassero io corsi fuori, iniziai a rallentare il passo solo una volta al cancello (MAI PIU! Non tornerò mai più qui dentro dopo oggi, è stata la cosa piu umiliante della mia vita) continuando a rimuginare sulle sue parole che non mi diedero fastidio, era piu un imbarazzo che non mi faceva dire nulla, ne ero rimasto completamente spiazzato.

Davanti alla stazione sento qualcuno che schiaccia la chiusura del mio zaino, mi giro per tirargli un pugno e per vedere chi era lo stronzo che voleva rompere i coglioni, capitai davanti un Davide sorridente, "ciao" io alzai timidamente la mano "tutto a posto?".

"Potevi risparmiartela" dissi distogliendo lo sguardo e mettendo il broncio, come un bambino che cerca di attirare l'attenzione fingendosi arrabbiato, lui ridacchiò "cos'avrei fatto di sbagliato? Ci siamo baciati infondo e volevo marcare così il territorio" "non sono tuo, ne fidanzato ne altro" lui mi si avvicinò ad un palmo dal naso "ah si?" io cercai di contenere l'eccitazione, avevo il respiro affannato (è catastroficamente troppo vicino, cosi potrebbero pensare che stiamo davvero insieme) "allora?" "mh?" "ti va di venire a casa mia? Ti ho invitato prima, ricordi?" (ah! giusto) "ehm... si, perché no? Potremmo studiare insieme così" mi diede tutte le informazioni per arrivare a casa sua, con un bigliettino con scritto l'indirizzo, durante tutto il rientro in treno continuai a pensare a questo invito e soprattutto come spiegarlo al compagno indesiderato di mia madre. 

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