capitolo 5 - Rendez-vous

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Mi alzai particolarmente agitato, Davide mi aveva invitato a casa sua e questo era gia di per sé qualcosa di impressionante, ero piu un'anima solitaria, pochi amici mi invitavano da loro e l'ultima volta era qualche anno fa.

Era una mattina come le altre, sveglia alle 8, colazione tutti insieme, thé e biscotti tutti insieme, ero davvero molto legato ai miei nonni, mia madre lavorava molto e furono loro a crescermi, per cui quei piccoli momenti erano cio che aspettavo ogni giorno.

Finita la colazione mi alzai e tornai in camera, dovevo esser perfetto al mio primo appuntamento, dalla mia testa i dubbi sparirono, non ero piu così ossessionato dal capire perche amassi un altro ragazzo, ne ero cosciente e lo accettavo, dall'accettazione di questa grande verità si creò un altro enorme incognità... come fanno sesso due ragazzi??

Questa domanda non mi lasciò un secondo da quella mattina, continuavo ad avere in testa questa domanda che mi martellava e tutto cio prese una brutta piega quando vidi per la prima volta una rivista porno, fu qualche tempo prima, capitava piu volte che andassi a dormire in camera di mio nonno, armato di coperta in lana merinos sotto per scaldarmi e di una coperta spessa di lana sopra per tenermi caldo, la sua camera era una delle piu fredde della casa, era stata convertita a stanza da letto non da tanto tempo, prima era una stalla, per cui l'isolazione non era delle migliori.

Ero da sempre un giovine molto curioso e guardavo sempre ovunque, quel giorno guardai nei cassetti del mobile, trovai tanti calzini enormi, lui li portava come i turisti tedeschi, lunghi fino alle ginocchia, mutante esageratamente grandi, a quei tempi ero un ragazzino immaturo il piu delle volte, non esitavo a mettermi in testa short e mutande maschili di vario tipo, per simulare la corona di penne degli indiani, scesi sino al terzo cassetto, dove risiedevano le canotte, andavano dalle piu classiche senza maniche, che lo caratterizzavano da sempre nelle foto, a quelle con le 'mezze maniche', il quarto cassetto non lo aprivo mai, era terribilmente duro, quindi fatcavo ad aprirlo.

Quel giorno decisi di svelare il mistero che avvolgeva quel cassetto, lo aprii con molta fatica trovandoci al suo interno un paio di piccole scatole e una marea di riviste, il piu avevano in copertina una donna mezza nuda, fu li che imparai com'era fatto un corpo umano, aldilà dell'inutile manichino della professoressa del Negri, a cui mancavano perennemente organi o parti del corpo, fu per colpa di quellle letture 'leggere', che in quell'apparente normale mattina, continuavo a immaginare me e Davide in quelle pose.

Cercai di non pensare a lui, ma di concentrarmi su cosa mi sarei messo guardai l'ampio armadio, la mia scelta ricadde su due pantaloni, dei jeans larghi chiari a tre quarti oppure un paio di jeans aderenti e scuri, li presi perche mi ricordavano quelli che vidi nel cartone animato che preferivo, e nonostante le critiche che ricevevo per i risvoltini, adoravo quei pantaloni.

Presi la tracolla del portatile, ci infilai delle penne colorate, dei quaderni e dei libri, presi anche la torta che feci la sera prima, non conoscevo i suoi gusti e pregavo che non notasse troppo il fondo bruciacchiato, era il primo esperimento culinario che facevo.

Presi la strada della stazione per mezzogiorno e mezzo, avevo 30 minuti prima di dover prendere il treno, ma ero così nervoso che andai la in anticipo, volevo prepararmi prima mentalmente a cosa avrei detto... o meglio, cosa avrei fatto, perché nei giorni passati so successe cose che avevano cambiato le carte in tavola tra me e lui, avrei potuto anche rovinare tutto con la mia ingenua stupidità.

Presi il treno e arrivai la, ora veniva il difficile, trovare il bus corretto, mi diressi alla biglietteria, non conoscevo quella zona, anzi non conoscevo nessuna zona al di fuori di Peschiera, la bigliettaia, una signora gentile sulla 40ina, mi indicò l'autobus e la fermata, ci avrei messo 45 minuti tempo che arrivasse l'autobus, abitava a una mezz'ora da li.

Arrivato alla fermata fuori dalla stazione guardai le varie fermate, " 1, 2, 3.... Mmh, circa una decina" sospirai "ne varrà la pena" (ce la posso fare) ero agitato, camminai avanti e indietro, "che stress, questa cosa non finirà bene" mentre ero la a pensare cosa avrei dovuto fare, un pensiero negativo mi passò in quel momento, (e se veramente succedesse qualcosa che manda tutto a puttane?).

L'autobus arriva e io mi allontano un po dal bordo del marciapiede, salgo davanti e mi siedo sui primi sedili, il guardare la strada e non pensare che stavo per andare a infilarmi nella tana del lupo, (1... 2... 3...), le fermate si susseguivano, io contavo quanto mancava ad ogni fermata.

'San Martino Buon Albergo' il cartello che annunciava, non era come me lo aspettavo, avevo un'idea da film americano della campagna (son quasi sollevato) un sorriso mi si dipinge sul viso, il bus si fermò davanti un'ortofrutta, mi alzai per scendere, "mi scusi" chiesi all'autista, "per questa via dove devo andare?" gli passo il biglietto di Davide, "ah si!" si alza e si gira "prendi quella via la e vai dritto costeggiando il fiume fino in fondo, quando vedi due edifici rossi e gialli, li sei arrivato".

Ringraziai l'uomo e scesi dal bus seguendo alla lettera le sue parole, andai nella direzione che mi indicò, seguendo il fiume, continuavo a ripetermi nella testa le parole dell'autista, dentro di me avevo paura di perdermi "Via Vincenzo Muccioli" guardo in giro in cerca del cartello blu, "eccolo, la via è quella buona almeno" continuai fino ad arrivare ad una rotonda, dove le mie certezze crollarono, difronte alle diverse case gialle e rosse che si stagliavano davanti a me (e mo? Ce ne sono cinque o sei di case gialle e rosse, quale diamine sarà?) mi fermai davanti al cancello, alla ricerca di un campanello, ma nulla, non sembravano avere alcun che che permettesse il riconoscimento di chi abitava quel posto, (mmh, che posto del cazzo!) ero indeciso, non sapevo se addentrarmi in quella che era una palese idea di merda o se rimanere li impalato fin sera, (uff... so che me ne pentirò probabilmente subito, ma tanto son gia qui) entrai anche se poco convinto.

(Ora scegli Marco, puoi provare a suonare a caso e sperare di beccarlo, oppure girare qui in giardino aspettando che noti il tuo ritardo e decida di scendere a cercarti) sospirai (se solo t'avesse dato il numero) sospirai, seccato per tutta la situazione, era imbarazzante dover suonare campanelli a caso.

(Destra o sinistra Marco? Che prima cominci, prima finisci) mi feci coraggio e andai a sinistra, le mie manie mi imponevano di cominciare con i palazzi sul lato, guardai i vari nomi e ne scelsi uno a caso, nessuna risposta, rirpovai... ... ... nessuna risposta, provo un altro nome (chi posso scegliere ora? Tanto se non rispondono li faccio tutti) premetti un altro citofono ¦si?¦ rispose una signora "salve, sto cercando la famiglia Loddo" la signora ci pensa un momento ¦non mi sembra ci sia nessuno con quel cognome¦ io guardo ancora e ancora il biglietto di Davide, un pensiero mi pervase (e se mi avesse preso in giro?) sospirai abbattuto ¦hey, sei ancora li?¦ "si, si, mi scusi ma penso che Davide mi abbia preso in giro" mi scuso e mi allontano

Mi fermo al cancello e guardo il suo biglietto, triste abbattuto e un pelo arrabbiato strappo il biglietto il mille pezzi e lo getto a terra (stupido Marco che ti sei fidato, stupido, stupido, stupido, stu...) "ehi!" una signora mi venne in contro, aveva il fiatone, doveva aver corso per raggiungermi, io la guardai, "come hai detto..." faticava a respira "come... hai detto si chiama la persona che cerchi?" io la guardo confuso "Davide... Davide Loddo" la signora riprese fiato, doveva aver corso per tutte le scale per raggiungermi.

La signora era piuttosto esile, capelli castani con delle ricrescite bianche per l'età, aveva il viso scavato per il quanto fosse magra, "forse... mi pare che in quest'edificio abiti un ragazzo che si chiama cosi, non ne sono sicura" fece un ultimo respiro profondo poi si raddrizzò e tornò a respirare normalmente "dovrebbe essere il figlio della proprietaria del terreno" una luce si accese in me era qualcosa che mi scaldava al solo sentire di questa minuscola probabilità, che potesse essere realmente qui.

Ringraziai la signora e andai all'edificio indicatomi, il campanello confermava in parte le parole della signora c'erano tre campanelli di cui due senza nome, il terzo era della famiglia Wolff e solo tra parentesi si leggeva un [Loddo] quasi come a nascondere quel cognome, molto probabilmente non usava mai quel cognome davanti agli altri, continuai a ripetermi tra un gemito e l'altro, (calmati Marco, ora che sei qui calmati, respira e suona il campanello che son quasi le 14:30 a furia di indecisioni).

Mi feci coraggio e lo suonai, feci un respiro profondo (ce la puoi fare, ce la puoi fare, ce la puoi fare, ce la pu...) venne ad aprirmi Davide, ne rimasi completamente meravigliato, aveva in dosso solo una canotta nera senza maniche e dei pantaloni sportivi della Neyyan, uno strano torpore mi pervase in tutto il corpo, ero conscio dei sentimenti per lui, anche se non mi aspettavo una reazione così forte dal mio corpo.

Non dava adito a molte idee e impressioni, non era era una via di mezzo tra l'esile e il chiatto, era nella norma, con un lieve accenno di muscoli, il mio sguardo si fermò poco piu in basso su quell'effetto 'vedo non vedo' causato da... degluttisco, distolgo lo sguardo pensando come rompere il ghiaccio.

"Hei! Come va?" lui sorrideva, come se potesse leggermi dentro, (marco, cazzo calmati, sei qui per studiare non farti brutti pensieri) cercavo inutilmente di calmarmi, l'assordante silenzio era coperto da un enorme velo di imbarazzo, tirai fuoli la scatola in cui era contenuta la torta e nerosamente tendo le braccia allongandogli il pacchetto, lui sorrise, facendomi cenno di entrare.

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