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CAPITOLO 2 | FILOLOGIA ROMANZA

2017

"And I will love with urgency but not with haste"

(Mumford and SonsNot with haste)

LA VITA non è mai facile quando sei una laureanda magistrale con una tesi in ballo, ma diventa deliziosamente complicata quando sei una laureanda magistrale con una tesi in ballo, il tuo relatore è il professore con cui hai una relazione segreta da più di due anni, e lui ha il vizio di farti cose indicibili nel suo ufficio, cose che non somigliano per nulla alla correzione delle bozze del tuo terzo capitolo.

"Sai, non era questo che avevo in mente quando ti ho chiesto un appuntamento," gli dico, piegandomi per recuperare le mie mutande da sotto una sedia.

Nell'oscurità quasi totale dell'ufficio – la tenda è tirata e la finestra è chiusa, come ogni volta in cui ho messo piede in questa stanza negli ultimi due anni –, Kevin si sta abbottonando gli ultimi bottoni della camicia. Malgrado la mancanza di luce, riesco a scorgere perfettamente l'espressione divertita che mi rivolge.

"Oh, piantala," lo rimprovero bonariamente passandogli accanto per recuperare i miei pantaloni, che dio solo sa come sono finiti nell'angolo opposto della stanza rispetto alle mie mutande.

Questa mattina, prima dell'inizio delle lezioni, dovevo vedermi con Kevin per discutere di un paio di correzioni alla bozza della mia tesi. Il bilancio di questo incontro è di due orgasmi, qualche morso e sicuramente un paio di lividi sulla schiena - a giudicare da come sono stata tenuta sollevata e schiacciata tra lui e il legno antico della porta. Nessuna bozza è stata corretta, ovviamente.

Averlo come relatore era sembrata un'ottima idea a entrambi: ci siamo raccontati che in fondo, lui era il massimo esperto in università sull'argomento, che ci avrebbe dato maggiori occasioni per stare insieme, che sarebbe stato bello lavorare spalla a spalla e che soprattutto, saremmo stati perfettamente in grado di rimanere professionali. La cruda verità però è che siamo un professore sposato di quarantacinque anni e una studentessa ventiseienne che da più di due anni portano avanti una relazione clandestina: la parte della professionalità era evidentemente compromessa fin dall'inizio.

"Fai in tempo per un caffè?" mi chiede, avvicinandosi quando gli faccio cenno di aiutarmi con i gancetti del reggiseno. Mi sposta i capelli su una spalla, scoprendomi il collo e mi bacia appena dietro l'orecchio, facendomi quasi il solletico.

Sospiro e guardo l'orologio che ho al polso – e mi viene quasi da ridere pensando che venti minuti fa era l'unica cosa che avevo addosso, oltre alle calze e alle scarpe. Ah, il sesso in ufficio. "Vorrei, ma ho lezione con i ragazzi del primo anno tra venti minuti," ribatto velocemente, abbandonando il calore delle sue mani sulla mia schiena nuda per indossare la camicia, "Devo arrivare in aula prima, ho un paio di appunti da rivedere."

Sono riuscita ad ottenere il posto da tutor di Linguistica Generale per il corso del primo anno della triennale di Lettere Moderne: mi piace e sono ore pagate, ma sta mettendo davvero a dura prova le mie capacità di coordinarmi tra studio, tesi, lavoro in libreria e lui senza perdere qualche anno di vita.

Le sue dita sono passate dal tessuto del mio colletto a massaggiarmi la nuca, e ogni risposta sarcastica mi muore sulla punta della lingua. Mi godo la sua carezza, ritrovandomi a sorridere appena sotto il suo sguardo pieno di affetto. "Ricordati di inviarmi le correzioni, dopo pranzo," gli dico, cercando di sfoggiare il mio miglior tono autoritario.

Non deve riuscirmi poi troppo bene, a giudicare dall'ilarità che riempie la sua replica. "Chi è il professore qui, Miss Gardner?"

Prima che la mia testa possa registrare il fatto che si tratti di una innocua presa in giro, mi sto già giustificando. "E' che ho un paio di ore buche prima del turno in libreria, e pensavo di mettermi a scrivere un po' in biblioteca, perché poi questa sera dovrò preparare gli esercizi per il tutorato di venerdì, e sicuramente non avrò il tempo di..." La sua mano sinistra sale, insinuandosi tra i miei capelli biondi e io mi zittisco, completamente coccolata da quel piccolo gesto. Oh, quanto conosci tutti i miei punti deboli.

"Non stancarti troppo, d'accordo?"

Annuisco soltanto, alzandomi in punta di piedi per rubargli un bacio a fior di labbra. Grazie. La sua mano destra scende, scivola sul cotone della camicia; nel momento in cui si ferma sul mio fianco e lo stringe per attirarmi a lui, la sua lingua è nella mia bocca e io realizzo che se non mi separo dalle sue braccia adesso, nel giro di cinque minuti sarò distesa sul legno freddo della scrivania, con il suo corpo sopra il mio mentre lui spinge dentro di me, e per quanto sia una tentazione così dolce, ormai sono ufficialmente in ritardo.

Indugio un ultimo istante, poi appoggio le mani sulle sue spalle e faccio un passo indietro, esibendo la mia migliore espressione dispiaciuta.

"Devo andare," dico un'ultima volta.

Non ho bisogno di vedermi riflessa in uno specchio per sapere di stare arrossendo, quando il suo sguardo segue le mie labbra e nei suoi occhi c'è un lampo scuro di desiderio. Ogni giorno è come il primo.

"Ti chiamo questa sera," mi dice soltanto, mentre io raccolgo lo zaino e mi affretto verso l'uscita.

Il ricordo dei suoi occhi sulla mia bocca mi accompagna per tutta la giornata.

2014

"Guess I should have seen it coming,

caught me by surprise

I wasn't looking where I was going,

I fell into your eyes"

(AviciiAddicted to you)

Il corso di filologia romanza è solo per noi studenti di lettere moderne: ormai arrivati al secondo anno, non superiamo la trentina, per cui l'aula che ci è stata riservata è piuttosto piccola. Malgrado il piccolo incidente in caffetteria, sono in classe sufficientemente presto per essere una delle prime. Del professore ancora non c'è traccia, e poiché non vedo in giro facce abbastanza conosciute, prendo posto in prima fila.

Ho qualche amico tra i miei compagni di corso, ma si tratta più che altro di conoscenze piuttosto superficiali che non ho mai avuto modo di approfondire: sono più grande dei miei colleghi, essendomi iscritta al primo anno a ventidue anni, e oltre alle ore di lezione e di studio la quasi totalità del mio tempo è occupata dai turni alla libreria La Libellula, dove lavoro. Anche se tutti mi hanno sempre descritta come una ragazza estroversa di natura, è un po' triste dover ammettere che da quando vivo qui ad Oxford non ho avuto fisicamente un momento per stringere nuove amicizie.

Tuttavia, non rimpiango di essere partita dall'Irlanda. Amo Galway e amo tutta la mia famiglia, che non mi ha mai fatto mancare nulla, ma studiare qui è sempre stato il mio sogno, e la soddisfazione che provo nel riuscire ad arrivare alla fine di ogni mese con le mie sole forze è un tipo di sensazione che non scambierei con nient'altro al mondo.

La classe si riempie con lentezza, mentre io prendo dallo zaino quello che mi serve. Vorrei leggere ancora qualche pagina di Tristano e Isotta, ma ormai manca davvero poco all'inizio della lezione, così mi dedico a scrivere data e nome del corso sulla prima facciata del mio quaderno.

Quando la porta dell'aula cigola un'ultima volta, sono totalmente impreparata a quello che sta per succedere.

"Buongiorno a tutti," saluta una voce. E' ruvida, con una inflessione quasi spigolosa. Ogni fibra del mio corpo reagisce all'istante: sollevo la testa di scatto, le dita strette sulla penna, giusto in tempo per assistere all'ingresso in classe dell'uomo di questa mattina.

Ho visto il tempo scorrere al rallentatore soltanto nei film, eppure c'è un attimo in cui i suoi occhi si posano su di me e io vorrei soltanto che l'orologio si fermasse, per godermi il guizzo di riconoscimento che attraversa il suo sguardo e quel velo di sorriso che si distende sulle sue labbra. Ma è solo un momento, e come tale presto finisce: quando arriva alla cattedra, appoggia giacca e tracolla sulla sedia, e poi i suoi occhi non sono più soltanto per me ma per tutta la classe.

"Sono il professor McKidd," si presenta, "e sarò il vostro docente di filologia romanza per questo semestre."

Inizia a sbottonarsi i polsini della camicia bianca per fare su le maniche, mentre io annoto il suo nome e cerco di scacciare dalla mia memoria la sensazione delle sue mani strette sulle mie braccia. Sei un'adulta Holly, datti un contegno.

"Ora, come sapete, il corso si divide in due parti, tenute entrambe da me: la prima, che inizieremo oggi, vi fornirà le basi e i concetti generali della linguistica romanza e delle sue teorie..."

Alzo velocemente la testa dal quaderno per guardarlo e lo trovo alla cattedra, in piedi, leggermente proteso in avanti e con le mani appoggiate sulla superficie di legno del tavolo.

"... la seconda invece prevede una trattazione di origine e caratteristiche dei principali generi letterari, dunque epica, romanzo, lirica. Se, come spero, le lezioni procederanno abbastanza spedite, dedicherò l'ultima settimana del secondo modulo a un approfondimento su un genere e un'opera specifica: quest'anno, come chi di voi ha già consultato la bibliografia online può avere intuito, ho scelto il romanzo, e nel particolare il Tristano e Isotta."

Sto appuntando ogni cosa, ma a quest'ultima parte mi ritrovo ad alzare di nuovo lo sguardo. E' così che mi ritrovo ad incrociare brevemente il suo, rivolto nella mia direzione. Ripenso a questa mattina, alla mia copia del romanzo per terra e alla luce che ho visto passare nei suoi occhi azzurri quando ha raccolto il libro. Oh.

"A novembre, alla fine del primo trimestre, ci organizzeremo per una prova scritta per valutare le vostre conoscenze sulla parte di linguistica. Per il secondo modulo invece, il colloquio sarà orale; dovrete prima consegnare un elaborato su un argomento di letteratura a vostra scelta che andrà prima concordato con me, di cui però riparleremo nel dettaglio a metà novembre," conclude. Fa un attimo di pausa, e il suo sguardo scandaglia la classe, "Qualche domanda, fino ad ora?"

Nessuna mano si alza, mentre l'aula piomba nel più completo silenzio. L'espressione del professor McKidd si ammorbidisce mentre ci guarda, e io ritrovo nei suoi occhi azzurri la gentilezza che mi aveva così colpita quella mattina.

"Perfetto, allora direi che siamo pronti per cominciare."

Controlla velocemente l'orologio che ha al polso, poi si sbottona il primo bottone della camicia bianca e recupera un gesso dal cassetto della cattedra, dando inizio alla lezione.

Prima di iniziare a prendere appunti fino a farmi dolere la mano, e bloccare all'ingresso della mia testa ogni possibile pensiero inopportuno, qualcosa fa in tempo a sfuggirmi e ad oltrepassare il filtro che sto cercando disperatamente di imporre alla mia mente.

L'uomo dai gentili occhi azzurri e dalla voce ruvida che ha salvato me, Tristano e Isotta e il mio caffè appena un'ora fa è il mio professore di filologia romanza, e la prima parola che gli ho letteralmente urlato in faccia è stata 'merda'.

Chiudo gli occhi e faccio un lungo respiro.

Merda, merda, merda.

2017

Quando arriva la sera, sono distrutta.

A La Libellula avevo il turno di chiusura, e sulla strada di casa mi sono completamente dimenticata di dover passare a fare la spesa per avere qualcosa di fresco con cui cenare. Così, quando raggiungo il mio appartamento, l'unica soluzione possibile sono gli involtini primavera surgelati che mi erano rimasti nel frigorifero.

Kevin mi ha effettivamente inviato le correzioni di cui avevo bisogno: c'erano pochi paragrafi da rivedere, e per fortuna sono riuscita a completare il lavoro durante la pausa pranzo. Adesso mi rimangono soltanto gli esercizi per la lezione di linguistica di venerdì da preparare; so che per essere produttiva ai miei massimi livelli dovrei stare seduta al tavolo di legno scuro della cucina - probabilmente avrei anche bisogno di un caffè, ma sono quasi le dieci e persino io sono in grado di rendermi conto che forse non è il caso -, ma il divano è talmente invitante dopo questa lunga giornata che non riesco a negarmi un minuscolo sollievo.

Così mi accoccolo sui cuscini morbidi, nei miei rovinati pantaloni del pigiama grigi, e con addosso una maglietta blu notte dell'Università di Glasgow che ha almeno vent'anni e mi è così grande da farmi arrivare le maniche corte ai gomiti. Pilucco gli involtini primavera bollenti dalla ciotola con cui li ho trasportati in salotto: sono talmente unti che probabilmente avrò già impiastricciato con le dita i fogli bianchi su cui sto ipotizzando gli esercizi.

Un post-it giallo acceso, che non ricordo per quale motivo ho appiccicato sullo schermo della televisione, mi dice di richiamare mia madre, facendomi più che altro tornare in mente che devo ancora rispondere alla foto che mia sorella Esme mi ha inviato oggi pomeriggio di lei, Dylan e dei bambini al museo di storia naturale.

La stanchezza prende lentamente il sopravvento su di me e il flusso dei miei pensieri abbandona pian piano le pagine di linguistica. Gli involtini primavera mi riportano alla mente il ricordo di una sera, alla fine della sessione estiva di quest'anno. Victoria e Piper si sono fermate qui a dormire: abbiamo mangiato una quantità spropositata di cibo cinese ordinato al take-away all'angolo, discusso dei problemi del mondo e delle direzioni del nostro futuro, fomentate dal dubbio vino rosso comprato al supermercato. La mattina dopo ci siamo risvegliate sul pavimento del mio bagno. Sorrido e scuoto la testa, perché anche se è il ricordo di una delle peggiori ubriacature della mia vita, è davvero un bel ricordo. Dovrei chiamarle. Un pomeriggio rilassante davanti a un caffè, una serata al pub a ridere e mangiare patatine fritte farebbero proprio al caso mio, in questo periodo in cui le giornate della mia vita sono così piene da arrivare alla fine prima che io mi accorga che siano cominciate.

La vibrazione del telefono, sul tavolino basso davanti al divano, mi strappa dalla strada malinconica che hanno intrapreso i miei pensieri. Appoggio i miei fogli e mi corico definitivamente prima di rispondere, tirando su il colletto della mia maglietta blu per respirarne il profumo: malgrado io l'abbia messa e lavata così tante volte, ho sempre la sensazione di avere il suo odore addosso.

"Ehi," dico soltanto.

"Ehi."

Dall'altra parte, so già che lui sta sorridendo.

Note dell'autrice:

In questo capitolo, la Holly del 2014 fa la conoscenza (di nuovo!) del suo professore di filologia per il semestre, mentre quella del 2017 si gode gli attimi che lei e Kevin riescono a ritagliare dal caos indaffarato delle loro vite. Piper e Victoria fanno una rapida comparsata, seppure solo in un ricordo. 

Spero che fino ad ora questa storia vi sia piaciuta, e che rimarrete con me anche per i capitoli in arrivo, dove si svelerà sempre di più su come Holly e Kevin si sono avvicinati. Vi invito sempre a fare un salto da Victoria's state of mind e Us against the world, che trovate sulla pagina che io, Vicky e Pip gestiamo tutte insieme.

Buon fine settimana, a venerdì! ;)

Holly

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