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CAPITOLO 16 | OH, THIS LOVE THAT I FOUND, I DETEST

2017

"When the night was full of terrors

And your eyes were filled with tears

When you had not touched me yet

Oh, take me back to the night we met."

(Lord Huron - The night we met)

QUANDO il campanello della mia porta di casa suona insistentemente, sto aspettando seduta sul divano, al sicuro nell'oscurità.

Mi alzo, senza fretta, muovendomi verso la porta. Da quando me ne sono andata dal Caffè Nero, qualche ora fa, la mia vita sembra scorrere sott'acqua. Lenta, silenziosa, in attesa di questo momento. Entra, ti aspettavo. Cos'hai raccontato a tua moglie per venire qui, a quest'ora della notte?

Apro la porta. Lui è sulla soglia, affannato, spettinato, e dalla mia bocca non esce alcun suono. Mi guarda, disperato, e io ricordo il modo gentile in cui le ha circondato la vita con un braccio per darle un bacio.

"Livia-"

Dice il mio nome e la bolla di quiete ovattata si spezza, e all'improvviso brucia e fa male e ferisce, perché so che è finita.

"No," mormoro soltanto. La mia voce è vuota, spezzata, ma quando lo guardo negli occhi, so che quella sillaba sussurrata ha ferito più della lama di un coltello.

C'è stato un tempo, prima, in cui il mio nome sulle sue labbra era gioia, sole, promesse. Quel tempo è stato solo una manciata di ore fa, eppure mi rendo conto che adesso non riesco a rievocare quella sensazione. È da qualche parte nella mia mente, ma non riesco a riafferrarla. Dimenticata.

Mi sposto appena dalla porta. Lui entra svelto, richiudendosela alle spalle.

"Posso spiegarti," mi dice, passandosi una mano tra i capelli e rimanendo immobile nel mio salotto.

La sua presenza tra le mie quattro mura è sempre stata un'abitudine, qualcosa su cui non ho mai riflettuto più di tanto. Kevin era qui - nella mia cucina, sul mio divano, nel mio letto, perché questo era sempre stato il suo posto. Qui, con me. Ora lo guardo e vedo solo un uomo fuori posto nel mio salotto. Uno sconosciuto.

"Non c'è niente da spiegare," rispondo, ed è amaro, perché lo penso davvero.

"Quello che hai visto- Livia-" inizia, alzando appena una mano verso il mio viso.

Non posso lasciare che mi accarezzi la guancia, perché non so più cosa farmene della sua dolcezza. Non so cosa farmene del nocciolo, del caprifoglio, del libro con la copertina blu notte e del dolore di Isotta la bionda. Il ricordo di quelle meravigliose lezioni di filologia romanza si apre nella mia mente, e brucia, improvviso e doloroso come un sorso di caffè bollente sulla lingua, al suono del mio nome. Non puoi più chiamarmi così.

Scaccio la sua mano e mi avvento su di lui, contro di lui, afferrandogli le spalle e premendo la mia bocca sulla sua con una forza tale da spingerlo indietro.

"Non parlare," sospiro, mordendogli il labbro inferiore e sfilandogli rapidamente il giaccone. L'indumento cade sul pavimento, e io posso leggere tutta la confusione nei suoi occhi e sentire tutta l'indecisione nei suoi gesti.

"Dobbiamo-" prova a parlare contro la mia bocca, ma le mie labbra lo zittiscono di nuovo.

La sua memoria muscolare recupera il passo, e la sua lingua cerca la mia mentre le sue mani si schiudono sul mio collo, inclinandomi il capo quanto basta.

"Non parlare," scandisco più lentamente, e il mio tono è così freddo e perentorio da non sembrare neanche mio.

Cerca di afferrarmi i polsi, ma sfuggo alla sua presa e stringo il colletto della sua camicia, camminando all'indietro e attirandolo verso la camera da letto. Se volesse, potrebbe fermarmi. Ma non lo fa. Perché io sono bella e giovane, perché io lo amo e lui mi vuole.

È solo questo, vero?

Facciamo quello che fanno gli amanti, tesoro.

Non c'è niente da spiegare.

*

I miei seni sfiorano il suo petto, mentre le sue dita mi stringono la vita, assecondando l'ondeggiare lento e profondo dei miei fianchi quando mi muovo su di lui.

Gemo nel suo orecchio e stringo le dita nella federa del cuscino, prima di spingermi indietro dal suo petto e dal suo viso e sollevarmi, offrendogli alla vista il mio corpo nudo. La sua mano sinistra sale a stringermi un seno, accarezzando un capezzolo con le dita, e quando l'altra scende, a torturare il punto in cui i nostri corpi sono uniti e lui si spinge più forte, più veloce e più a fondo dentro di me, io so di aver raggiunto l'orlo dell'abisso.

Abbasso lo sguardo, commettendo l'antico errore di cercare i suoi occhi. L'azzurro limpido è velato dal desiderio, ma l'amore con cui mi sta guardando mi colpisce più forte di uno schiaffo. Non puoi più guardarmi così.

Chiudo gli occhi, perché non è l'amore che voglio, questa notte. Voglio il rumore osceno e delizioso dei nostri corpi, che si muovono l'uno contro l'altro, voglio l'odore di sesso e sudore appiccicato alle lenzuola, voglio il respiro spezzato e la tua voce aspra e forte che mi chiede - che mi implora - di non smettere. Voglio questa danza che sappiamo fare così bene e voglio distruggerla e trasformarla in una battaglia, perché è l'unica - l'ultima - cosa che mi resta.

Le sue spinte si fanno erratiche e io so che siamo entrambi vicini alla fine. Affondo le unghie nella sua pelle quando l'orgasmo esplode, e per soli, pochi secondi, riesco a dimenticare ogni cosa che non sia questo meraviglioso, doloroso piacere.

Mi adagio sul suo petto, i capelli biondi e morbidi che si allargano sul cuscino e il viso nascosto nell'incavo del suo collo.

"Ti amo," sospira a mezza voce, baciandomi il lobo dell'orecchio.

Non siamo mai stati capaci di fare sesso senza fare l'amore, noi due.

Il mio respiro torna lento e regolare, nella quiete della camera da letto.

"Non parlare," dico soltanto.

C'è una prima volta per tutto.

2015

"Hold on darling, this body is yours, this body is yours and mine."

(Vance Joy - Mess is mine)

È il giorno dell'esame di filologia romanza, e io sono un fascio di nervi.

Gli effetti positivi del bagno bollente mi hanno abbandonata tre ore prima del suono della mia sveglia. Mi sono ritrovata in piena notte a rigirarmi tra le lenzuola, un progressivo senso di nausea alla bocca dello stomaco e il mio cervello che continuava incessantemente a frugare tra i cassetti della mia memoria per controllare che tutte le informazioni su sostrati, adstrati e superstrati fossero ancora al loro posto.

Alle cinque e mezzo ho abbandonato il letto e ho fatto una doccia - sono uno schiaffo sulla faccia di tutti gli attivisti che lottano contro lo spreco dell'acqua, mia madre me lo ripete sempre. Sono rimasta in pigiama, ho guardato il telegiornale del mattino a gambe incrociate sul mio divano, una tazza di caffè fumante tra le dita.

Sono uscita di casa, vestita di tutto punto e con lo zaino sulle spalle, stringendo la sciarpa attorno al collo per proteggermi dall'aria gelida dell'inverno e ripromettendomi di passare in caffetteria a prendere un bagel al sesamo prima di entrare in aula. Ho la nausea, e probabilmente dovrò combattere contro il mio stesso stomaco per ingurgitare qualcosa, ma allo stesso tempo so di non poter rischiare di finire lunga distesa in mezzo alla classe per un calo di pressione.

Stavo ancora finendo di sbocconcellare la mia colazione quando ho raggiunto l'aula dove si svolge l'esame. Di Kevin ancora non c'era traccia.

Mi sono seduta accanto a Emily - Gracie e Luke hanno deciso di aspettare il prossimo appello. Abbiamo scambiato poche parole, lei persa nei fogli che aveva sparsi davanti (lasse della Chanson, a una rapida occhiata) e io sola con la mia agitazione e i miei pensieri.

*

Stringo la mano della professoressa Morris, che mi ricorda di inviarle per e-mail il mio elaborato nei prossimi giorni. Mi sembra davvero un buon punto di partenza per una tesi, mi ha detto con un sorriso, mentre io sistemavo le mie cose nella borsa.

Ha scambiato uno sguardo con Kevin, impegnato ad interrogare un altro studente. Lui ha solo annuito, senza guardarmi, e lei ha confermato il mio trenta e lode e mi ha lasciata libera di tornare a casa, leggera come l'aria.

Essere interrogata prima da Kevin - buongiorno professor McKidd, ho dovuto dire diligentemente, fingendo di non ricordare di come la mia mano si muovesse su di me, nell'acqua, danzando al suono della sua voce - è stata una tortura e una delizia insieme.

Seduti vicini a un angolo della cattedra, concentrata sul provargli quanto fossi preparata senza essere distratta dalle sue mani e dalle nostre ginocchia che quasi si sfioravano. Mi ha guardata appena, ma è stato meglio così. Se i suoi occhi avessero indugiato troppo su di me, dio solo sa cosa avrei potuto dire. Cosa avrei potuto fare.

Sto mettendo la giacca, quando Kevin congeda lo studente con un mezzo sorriso e si prepara a far sedere il candidato successivo. Il suo sguardo incrocia il mio per un istante, quando sono già alla porta con la mano sulla maniglia, c'è un intero mondo di promesse nei suoi occhi azzurri.

Oh, quando mi guardi così.

Lungo il tragitto verso La Libellula - mi aspetta un turno pomeridiano rilassante, rispetto alla mattinata appena conclusa - il ricordo del suo sguardo riempie la mia mente, insieme a un'unica domanda.

E adesso?

*

Il bussare deciso alla porta mi risveglia bruscamente dal sonnellino serale che stavo consumando sul mio divano.

Sono arrivata a casa dopo le sette, con l'idea di indossare il pigiama immediatamente e di bere una tazza di latte e cereali per cena. Mi sentivo ancora inspiegabilmente piena di energia dopo l'esame, quasi la carica di adrenalina non si fosse ancora esaurita, ma il turno in libreria mi ha davvero dato il colpo di grazia.

"Arrivo, arrivo," mugugno, stropicciandomi gli occhi e trascinandomi fino all'ingresso, i piedi nudi sul pavimento freddo.

Sono talmente scombinata da togliere il catenaccio e aprire senza controllare chi potrebbe essere. Se mia madre lo scoprisse, piomberebbe a Oxford per riportarmi a Galway, trascinandomi per le orecchie.

Ma sulla porta non c'è uno sconosciuto.

Kevin mi guarda, la mano ancora alzata per bussare di nuovo quando apro la porta.

"Cosa ci fai qui?" chiedo. Mi stringo addosso il cardigan, in imbarazzo nel mio pigiama blu a fiorellini.

Lui inclina appena la testa, i suoi occhi che percorrono la mia figura, e mi sento come se potesse vedere la mia pelle nuda sotto la flanella. Promesse, promesse, promesse. Sorride appena, e quando parla c'è una piega maliziosa nella sua voce che non avevo mai sentito.

"Non lo sai?" risponde, ricalcando la mia domanda della sera prima.

*

"Non voglio farlo sul divano," mormoro sulle sue labbra, allontanandomi appena con il viso per riprendere fiato.

Ci guardiamo negli occhi, ansimanti, mentre le sue mani continuano ad accarezzarmi la schiena in una danza lenta e delicata. Si sporge per baciarmi una volta sulla bocca. I suoi occhi azzurri rimangono concentrati su di me, e io so che ha capito cosa voglio dire. Non per la prima volta.

Mi alzo, abbandonando la mia posizione comoda a cavalcioni delle sue gambe, e gli tendo la mano.

"Vieni," dico soltanto.

*

C'è la mia edizione di Tristano e Isotta appoggiata sul comodino.

Kevin mi spoglia lentamente, e io assaporo ogni momento, nella semioscurità della mia camera da letto. La sua barba è ispida, e io so che l'indomani troverò i segni rossi sulla mia pelle, marca di dove si è attardato con le labbra.

I suoi capelli sono sorprendentemente soffici tra le mie dita, mentre li stringo e tiro quando il suo viso scende tra le mie cosce, a baciare e leccare in un modo così perfetto da farmi dimenticare persino il mio nome.

Impreca a mezza voce quando finalmente, finalmente è dentro di me e io chiudo gli occhi, allacciando le gambe intorno alla sua vita. Quando sono pronta mi sollevo e spingo contro di lui, mordendogli il lobo dell'orecchio.

È lento e languido, fatto di baci e respiri a fior di labbra, di spinte profonde e delle mie unghie che gli graffiano la schiena quando il ritmo si trasforma in più deciso e il piacere sale fino ad essere quasi insopportabile.

"Ti amo, Livia," sussurra sulle mie labbra.

Si muove dentro di me, catturando i miei polsi e imprigionandoli nella sua stretta sopra la mia testa, contro il cuscino.

Sono nuda sotto di lui, esposta nel corpo e nell'anima, i sensi annebbiati e sconvolti dal piacere che sto provando. Eppure, mentre il suo sguardo cerca il mio viso e insieme scivoliamo oltre, i suoi occhi azzurri, limpidi e veri, sono l'unica cosa che riesco a vedere.

E adesso?, mi chiedevo stamattina. Che sciocca, Olivia. Lo sapevi già. Lo hai sempre saputo.

"Ti amo anch'io."

2017

Sul fare del giorno, gli innamorati clandestini provano dispiacere nel separarsi dopo aver trascorso insieme l'intera notte. È il racconto di ogni Tagelied, di ogni aubade, di ogni alba.

Il sole sorge pigro, rischiarando lentamente la mia camera da letto. Si fa strada tra le lenzuola sfatte, sui nostri corpi nudi e stretti l'uno all'altra, sulle braccia di Kevin che mi circondano la vita e sulla sua figura alle mie spalle, a tenermi vicina a sé.

Ha il viso affondato nell'incavo del mio collo, e la sua voce è roca e ancora assonnata quando sussurra al mio orecchio. "Ti amo così tanto," mormora, baciandomi delicatamente una spalla.

Piangerò, quando sarò sola, ma non adesso. È il canto dell'alba, e la lirica è arrivata alla fine.

Stretta tra le sue braccia, guardo sorgere il sole.

"Devi andare via."

*

"So i think it's best we both forget before we dwell on it

The way you held me so tight all through the night 'til was near morning."

(Of Monsters and Men - Love, love, love)



Note dell'autrice:

Ciao a tutti! Con questo capitolo numero 16 si conclude la prima parte della mia Lover's Eyes, ossia quella che ci ha raccontato l'inizio e la fine (fine? insomma, non proprio, chi lo sa?) della storia d'amore tra Holly e Kevin; ma non disperate! Io e le mie altre amiche di this_is_a_puzzle ci prendiamo una pausa (siamo disperate studentesse universitarie, vogliateci bene) da questa settimana fino alla fine di febbraio, quando torneremo con le nuove avventure dei nostri personaggi! Non perdete di vista Lover's Eyes, Victoria's State of Mind, Us Against the World e Changeling, e aspettatevi una notifica con la fine di questa temutissima sessione invernale!

A presto,

Holly

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