VENTIDUE

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CAPITOLO 22 | WE HAD IT TONIGHT, WHY DO WE ALWAYS SEEK ABSOLUTION?

"you look like you smell of

honey and no pain

let me have a taste of that"

(Rupi Kaur)

*

SE non è matto e disperatissimo non è studio: così, nella migliore delle tradizioni, finisco per trascorrere una settimana immersa in libri e schemi di letteratura provenzale, ripetendo ad alta voce tutto quello che so di Guglielmo IX d'Aquitania e delle sue liriche, camminando avanti e indietro per il mio appartamento con una tazza di caffè in mano.

Avevo già preparato la maggior parte del materiale prima delle feste natalizie, ma un ripasso quasi violento non si nega ad alcuna materia - per di più, letteratura provenzale è il corso della professoressa Morris: oltre a voler prendere un bel voto, ci tengo davvero a fare bella figura davanti a lei, perché tanto tempo fa è stata una delle prime persone a esprimersi positivamente sulla sostanza dei miei timidi passi nel mondo della filologia romanza.

Mi ero ripromessa di passare da James al più presto, ma alla fine non se ne è fatto ancora nulla: tra letteratura, tutorati pre-esame di linguistica generale per i bambini del primo anno e La Libellula, il mio tempo libero e con esso la mia libido hanno finito per passare forzatamente e tristemente in secondo piano.

Questa sera, sono accoccolata nel mio letto, un piatto di biscotti ormai vuoto appoggiato sul comodino - no, non mangio molto bene in generale, ma in periodo d'esami la cosa davvero degenera.

Volevo svagarmi dallo studio, e il mio corpo ha interpretato in modo automatico questo desiderio, spingendomi verso la mia libreria per portare a letto con me il Tristano e Isotta dalla copertina blu notte, rovinata dal tempo e dall'amore.

Ho trascorso tante volte serate buie e in solitudine in questa medesima posizione, al caldo tra le coperte mentre cercavo di scaldarmi il cuore pigolando i versi di Thomas. Lui non c'era, non c'era mai, ma ad ogni parola di Tristano riuscivo quasi a credere di averlo con me.

Sfoglio le pagine lentamente, le dita che corrono sulla carta come il più prezioso dei tesori. In questi giorni di euforia e studio, è stato quasi facile evitare di pensare a lui.

Mi aiuta il non essere obbligata a vederlo, anche se purtroppo ogni volta che guardo il capitolo centrale della mia tesi so di non poter andare avanti così ancora per molto. Ci sono dei punti scuri, delle domande, dei nodi che solo lui può sciogliere.

So che tra non molto sarò costretta a tornare nel suo ufficio, a discutere di ciò che entrambi amiamo allo stesso modo e che per prima, più del destino, ha fatto incrociare i nostri cammini. La filologia romanza: il mio cuore trema già al pensiero del momento in cui lascerò che lui lanci su di me il suo incantesimo, fatto di amanti perduti ed eroi dimenticati.

Appoggio il libro sul cuscino vuoto accanto a me e prendo il cellulare.

Chiudo gli occhi, e davanti a me si dispiega quel momento - l'ho imparato a memoria, eppure non smette di bruciare. Ho dovuto vederti stretto a tua moglie per aprire gli occhi, e ora sono sola, e vorrei solo essere forte come in quell'ultima alba che ho trascorso tra le tue braccia. L'unica cosa a cui riesco a pensare, però, è alla tua voce che pronuncia il mio nome - Livia. Odio tutto l'amore che provo per questo nome.

Perché ti fai questo, Holly?

Con le dita che tremano, scrivo un unico messaggio, prima di cancellarlo senza premere invio. Spengo la luce e mi nascondo sotto le coperte, il libro ancora sul cuscino accanto a me.

Mi manchi.

*

Il giorno dell'esame di letteratura provenzale trangugio un caffè alla velocità della luce uscendo di casa - così neanche la tequila, Sibyl sarebbe orgogliosa di me - e mi procuro al volo un bagel al salmone affumicato e avocado in caffetteria.

Per essere febbraio, è una giornata sorprendentemente limpida. L'aria fredda mi sferza la faccia mentre mi sposto dalla caffetteria dell'università all'aula dell'esame, obbligandomi a stringermi nel cappotto, ma in cielo, anche se tiepido, c'è il sole.

La professoressa Morris non è ancora arrivata, ma in classe incrocio il viso familiare di Luke. Mi fa un cenno con la mano e io mi faccio strada tra i banchi per prendere posto accanto a lui, salutandolo con un sorriso.

"Sei pronto?" gli chiedo, toccandogli amichevolmente la spalla.

Luke si stropiccia gli occhi, sbadiglia e poi annuisce, finendo per sorridere alla mia mezza risata. Avevo dimenticato quale fosse il suo metodo di studio: vivere per pochissimi giorni ancorato ai libri, cibarsi di caffè e barrette proteiche, dormire il minimo indispensabile - cioè mai - e infine ripetere ossessivamente giuro che è l'ultima volta.

"Non dormo da trentasei ore," mi dice, indicandomi i due bicchieri di carta del bar dell'università che giacciono vuoti sul suo banco. Sbadiglia di nuovo, "... giuro che è l'ultima volta."

"Mh-mh," lo prendo in giro, senza riuscire a trattenere il sorriso.

*

La professoressa Morris è precisissima ma gentile, proprio come a lezione. Mi lascia parlare a ruota piuttosto libera, intervenendo di tanto in tanto per correggere piccole imprecisioni o offrire ulteriori spunti di interpretazione - sembra più che altro una chiacchierata, ed è un successo.

Quando ho finito, faccio una corsa in caffetteria: così, quando Luke esce dall'aula, la tracolla sulla spalla, il giaccone in mano e tutta l'aria di essere sul punto di crollare addormentato seduta stante, posso porgergli un caffè fumante.

"Oh, dio, grazie," mi dice, accettando quasi con riverenza il bicchiere dalle mie mani. Mi guarda, e quando parla di nuovo, io parlo con lui, facendogli il verso: "Giuro che è l'ultima volta."

Scoppiamo a ridere entrambi.

"Hai da fare per pranzo?" mi chiede poi, controllando l'orologio.

Scuoto la testa.

"Allora andiamo," - Luke indica con un cenno del capo e un sorriso la caffetteria, la cui entrata da qui è ben visibile, appena dall'altro lato del cortile. - "... Gracie ci aspetta."

"Non vorrei disturbare-" inizio, facendo mezzo passo indietro.

Con la mano libera dal caffè il mio amico mi circonda le spalle, rivolgendomi un'occhiata che dice chiaramente non provarci neanche e guidandomi verso la caffetteria.

"Promettimi che almeno per linguistica storica ci troveremo a studiare tutti insieme," dice, dopo aver bevuto un lungo sorso di caffè. "Fallo per la mia sanità mentale, Holly."

Annuisco, pensandoci un po' su. "Abbiamo ancora un po' di tempo, ma tu e le altre potreste venire da me a studiare, una sera di queste," rifletto, per poi illuminarmi all'improvviso, "... potremmo ordinare cinese!"

Luke scuote la testa con un sorriso esasperato, aprendo per me la porta della caffetteria. "Ogni scusa è buona per ordinare cinese, per te."

"Sai che ti dico, credo che lo ordinerò anche stasera," decido. Luke ride, e io gli faccio la linguaccia. "... ehi, ho passato un esame, posso festeggiare!"

"In effetti," si ritrova ad annuire. Ci guardiamo in giro tra la calca che affolla la caffetteria, alla ricerca di una familiare zazzera di capelli rossi. "... io a quanto pare festeggerò andando a conoscere i genitori di Gracie," mi rivela, godendosi la mia bocca spalancata alla notizia. Fa una mezza risata e annuisce, prima di continuare, "Mh-mh, partiamo per Cardiff questa sera."

"Woah, Luke, è grandioso!" gli dico con un sorriso.

Grace è a un tavolino in fondo alla sala, in piedi e impegnata a sbracciarsi nella nostra direzione.

Quando la raggiungiamo, facendoci largo tra la calca che affolla ogni volta la caffetteria nell'ora di pranzo, lei mi abbraccia, allegra, e pizzica con affetto la guancia di Luke. Sono bellissimi.

Il cellulare vibra nella tasca della mia giacca. Controllo i messaggi in arrivo mentre ci mettiamo seduti e Gracie inizia a chiederci dell'esame.

Nelson, questa sera?

Vicky non può, ma io ho appena dato l'addio a storia del cristianesimo, e ho davvero bisogno di festeggiare ;)

- Piper

Scrivo velocemente la mia risposta, il sorriso sulle labbra.

A quanto pare festeggerò con qualcosa di diverso dal cibo cinese, questa sera.

*

Cammino per le strade di Oxford, i capelli sciolti frustati dal vento freddo e una sigaretta distrattamente tra le labbra. Mi stringo nel giaccone, perché la giornata di oggi sarà stata anche limpida e tiepida, ma non appena il sole cala l'illusione finisce e torna l'inverno.

Butto a terra il mozzicone quando sono ormai fuori dal Nelson, a pochi passi di distanza dal punto in cui James mi ha baciata.

Sorrido, chiedendomi come andrà questa serata, lo stesso sapore di Lucky Strike sulla lingua.

Male che vada, la birra qui è davvero buona.

È giovedì, e l'interno non è affollato come nei finesettimana: la musica rock si diffonde dagli altoparlanti a un volume molto più basso di quello che ricordavo, probabilmente in accordo con il numero ancora piuttosto esiguo di avventori sparpagliati tra i vari tavoli.

C'è un'atmosfera così calda e avvolgente da farmi scordare subito tutta l'aria gelida respirata lungo la strada. Mi tolgo il giaccone, spostandomi i capelli su una spalla e dandomi una rapida occhiata in giro - Piper non è ancora arrivata, ma dopotutto io sono molto, molto in anticipo, e c'è Sibyl al bancone che mi sorride facendomi un cenno con la mano.

Il maglione che ho addosso è dello spessore giusto per non avere troppo caldo, sotto queste luci soffuse. È di morbido e comodo, di un pallido color pesca - chiaramente, un regalo natalizio di Esme nel tentativo di ampliare il mio guardaroba, codificato in scala di grigi. Non lo avrei mai comprato di mia spontanea volontà, ma devo ammettere che combinato ai miei jeans neri a sigaretta e alle fedelissime Dr. Martens fa la sua discreta figura.

"Holly, ciao!"

Sibyl mi accoglie allegra quando mi appollaio sullo sgabello, sporgendomi quanto basta per salutarla. Sta riempiendo una sequenza impressionante di bicchierini di tequila, ma li abbandona senza pensarci due volte per dedicarmi la sua totale attenzione.

Ammiccando, mi rivolge uno sguardo saputo mentre prende un elastico per capelli da quelli che porta al polso e inizia a farsi una coda alta, "... ti servo una Gordon?"

Stiamo davvero parlando di birra?

Mi passo una mano sul viso, mentre ripenso con una mezza risata all'ultima volta in cui ho bevuto una Gordon. Davvero, a una birra dovrebbe essere proibito avere questo effetto sui miei ormoni.

Certo, perché stiamo davvero parlando di birra, Holly.

"Grazie, sì," le rispondo.

Mi prendo del tempo per smaltire il rossore delle mie guance e lancio un'occhiata in giro per il locale: nessun James in vista, ma se gli sguardi fossero lame, quello della donna mora seduta verso il fondo della sala mi trapasserebbe da parte a parte, inspiegabilmente. È bellissima, dalla pelle così diafana da sembrare alabastro e con due occhi azzurri freddi come il ghiaccio, di cui posso ammirare l'intensità anche da qui.

Corrugo la fronte, senza capire. Sibyl mi allunga davanti il boccale di birra, con la schiuma che ancora non ha finito di scendere, e io torno a concentrarmi su di lei.

"Non è buffo?" le chiedo, bevendo un lungo sorso di Gordon. Mi osserva per un istante, senza capire, così mi affretto a proseguire, "... voglio dire, siamo vicine di casa e ci incontriamo più qui che sul pianerottolo," le faccio notare.

Condividiamo una risata. Tamburello le dita sul legno, "... anche se ho visto Tom sul balcone, qualche tempo fa," ricordo con un sorriso.

Sibyl, che aveva appena ripreso a riempire i bicchierini di tequila, si interrompe di nuovo, guardandomi allarmata. "Oh, no," dice, esasperata, "... era nudo, vero?"

Il sorso di birra che stavo bevendo rischia di andarmi completamente di traverso. Agito la mano che non regge il boccale, "No, no!" le spiego, ridacchiando, "... totalmente vestito. Purtroppo per me e per la signora Bloom," ammetto, con un occhiolino.

Lancio una mezza occhiata alle mie spalle, notando con stupore che la donna seduta al tavolo sul fondo mi sta ancora osservando. Quando mi volto nuovamente verso Sibyl, lei sta guardando esattamente nella stessa direzione, con uno sguardo poco amichevole sul viso.

"Le ho fatto qualcosa, secondo te?" chiedo, cercando una spiegazione nei suoi occhi chiari.

"Non farci caso," mi dice con una scrollata di spalle. "Credo che volesse, ehm..." finisce di riempire gli ultimi bicchierini di tequila e poi inizia a sistemarli sul vassoio, prendendosi qualche momento per concludere la frase, "... assaggiare la Scozia dal tuo stesso bicchiere, per così dire."

Fortunatamente, questa volta non ho il boccale alle labbra.

"Oh, merda."

La guardo, incredula, e quando lei sorride, soddisfatta, un altro ricordo mi colpisce.

"Com'è che fate a sapere sempre tutto, tu e Tom?" chiedo, ricordando l'uomo - non più - nudo e il suo sorprendentemente appropriato uso della parola indecente, quel pomeriggio sul balcone.

Sibyl mi fa l'occhiolino, sollevando il vassoio colmo di bicchieri. "Magia," mi dice con leggerezza, aggirando il bancone.

Quando mi passa accanto, diretta verso chissà quale tavolo, si sporge appena per parlarmi all'orecchio. "James dovrebbe rientrare a breve," mi dice, facendo un cenno col mento all'uscita sul retro.

La porta si spalanca in quel preciso istante - magia, magia per davvero. Sento Sibyl ridacchiare sommessamente prima di allontanarsi.

Tutta la mia attenzione si concentra sull'uomo che varca la soglia, tenendosi aperta la porta con un piede. Ha tra le braccia un fusto di birra decisamente pieno, a giudicare dalla tensione nei muscoli delle sue spalle.

Schiudo le labbra, godendomi senza discrezione alcuna lo spettacolo. Sto aggiungendo all'elenco di fantasie erotiche che non pensavo di avere baristi scozzesi con fusti di Warsteiner tra le braccia, quando il suo sguardo incontra il mio.

Con un mezzo sorriso, alzo appena una mano in segno di saluto.

Ricambia la mia espressione, mentre i suoi occhi blu percorrono la mia figura senza fretta - appollaiata sullo stesso sgabello su cui quella notte mi ha costretta a pregarlo - e io mi sento già fastidiosamente più eccitata di trenta secondi fa.

"Holly," mi saluta, raggiungendo il suo lato del bancone. "Sono contento di vederti," dice con semplicità. Sistema a terra il barilotto di Warsteiner, appoggiandolo sul pavimento e mi dà le spalle, iniziando a trafficare per agganciare il rubinetto della spina al fusto. "Come te la passi?"

Volta appena il viso per parlare di nuovo, cogliendomi in flagrante mentre gli osservo il sedere con approvazione, il capo appena inclinato.

"Oh, adesso benissimo," rispondo, caricando la voce di voluta malizia. Pessima, Holly, pessima. Soffoco in un sorso di birra le mie guance rosse. "Scusa," aggiungo, trascinando le vocali e sfregandomi la punta del naso.

James sorride, ancora con lo sguardo all'indietro, verso di me. "E perché mai," dice. Scrolla appena la testa con noncuranza, e io smetto di preoccuparmi dell'oggettificazione sessuale. "Sei una meraviglia per la mia autostima."

Si gira, fusto e spina agganciati, e raggiunge il bancone, sistemandosi davanti a me.

"Ti prego," Ridacchio, completamente catturata dai suoi occhi blu. "Come se ne avessi bisogno" lo prendo allegramente in giro.

Inarca un sopracciglio, e io mi copro gli occhi con una mano, sfuggendogli con un sospiro appositamente esagerato - non avrei mai dovuto dirglielo. Anche se la risata ruvida che segue il mio gesto è già un buon motivo per cui ne sia valsa la pena.

Ha ancora il sorriso sulle labbra quando abbassa lo sguardo sul mio boccale, ormai mezzo vuoto. Decido che è un buon momento per bere un sorso.

"Gordon?" chiede, e la sua espressione muta da affezionata a maliziosa, quanto basta per far fare divertenti salti mortali alla mia eccitazione. "E io che credevo ne volessi solo un assaggio."

Per la seconda volta da quando sono arrivata al Nelson, questa sera, la birra rischia di andarmi di traverso.

Rido, decisamente in modo poco aggraziato, mentre James mi osserva, soddisfatto dalla mia reazione. Mi piace il sorriso sornione sulla sua bocca, ma ancora di più mi piace avere l'ultima parola.

Annuisco, passando il dito indice sul bordo del bicchiere e preparando la mia mossa.

"Che ci vuoi fare," ribatto con leggerezza, mentre James segue il movimento delle mie dita, "... ha un buon sapore."

Non stiamo parlando di birra dall'inizio di questa conversazione, non è vero?

"Beh, in tal caso..." inizia. Raggiunge il frigorifero, trafficando per un momento e recuperando una bottiglia da uno dei ripiani centrali e poi un boccale dal lavandino.

Quando torna al bancone, lo guardo a labbra dischiuse, piacevolmente sorpresa. Quella che appoggia sul tavolo è una Galway Hooker.

La versa nel boccale con lenta precisione, la schiuma chiara che sale mentre i suoi occhi studiano l'espressione del mio viso, indugiando sulle mie labbra. Fisica attrazione, chimica reazione - all'improvviso, provo il doloroso bisogno di sentire la sua pelle sulla mia.

Quando il suo bicchiere è pieno, lo alza verso di me, con un'ombra negli occhi che ha il colore cupo e ricco di una promessa.

"Slàinte," mi dice, la voce più roca.

"Slàinte agad-sa," ribatto. Il sapore del mio gaelico è morbido sulla lingua insieme a quello ricco della Gordon.

Faccio scontrare il mio boccale con il suo, e so che la serata è appena cominciata.

*

Chiacchieriamo ancora un po' - Sibyl si offre di prepararmi un cocktail e io annuisco, entusiasta.

James si sbraccia alle spalle della mia amica, passandosi il pollice sulla gola e scuotendo vigorosamente la testa, gli occhi comicamente allarmati.

Gli faccio una linguaccia e osservo Sibyl iniziare a raccogliere gli ingredienti che le servono, zampettando da un lato all'altro del bancone - perché andiamo, cosa potrà mai andare storto?

Quando lei fa scorrere davanti a me un bicchiere ampio - pieno fino all'orlo di un drink ambrato, con una fetta di lime precariamente conficcata sul bordo - con un sorriso smagliante dipinto sul viso, capisco. L'espressione sul viso di James urla te l'avevo detto.

"Cos'è?" chiedo, dubbiosa, avvicinandomi il cocktail al naso per sentirne l'odore.

Sbatto le ciglia, sentendomi improvvisamente lacrimare gli occhi mentre la sensazione di star respirando alcol puro mi brucia le narici.

"Un Bloody Mary," mi spiega Sibyl, invitandomi con un cenno del capo a berne un sorso.

La guardo, spalancando gli occhi. "Sibyl," provo, scegliendo le parole con tutta la delicatezza che riesco a raccogliere dentro di me, cercando di non pensare alla quantità di alcol che mi attende dentro quel bicchiere, "... ma il Bloody Mary non dovrebbe avere del succo di pomodoro, da qualche parte?"

Non so se ridere o piangere - James, alle spalle di Sibyl, ha mutato la sua espressione in un più violento te la sei cercata.

La mia amica si batte una mano sulla fronte, improvvisamente illuminata. "Hai ragione, ho sbagliato!" mi dice - e per un istante io penso oh, ecco, può capitare, adesso me lo prepara di nuovo, prima che le mie speranze si infrangano davanti al suo sorriso - "... questo è un Bloody Maria, non Mary. È la variante con la tequila. Dai, dimmi se ti piace."

Guardo il mio bicchiere, che realizzo essere pieno per metà di vodka, per metà di tequila, e - e nient'altro, perché a quanto pare Sibyl è convinta che le varianti del Bloody Mary sostituiscano il succo di pomodoro con altro alcol, e non l'alcol con altro alcol, dio mio morirò questa sera.

Guardo la ragazza dai capelli rossi davanti a me, con i suoi incoraggianti occhi azzurri, che annuisce mentre le mie dita tremolanti sollevano il bicchiere.

Guardo James, a braccia conserte appoggiato accanto alle spine, che fa di tutto per non ridere.

Cosa potrà mai andare storto, no?

*

Il Nelson inizia lentamente a riempirsi con il progredire della serata.

Quando Piper arriva ho decisamente più alcol in corpo di quanto avessi preventivato, ma per lo meno, malgrado le gambe già malferme - vodka e tequila sono un'esperienza -, sono riuscita a procurarmi un tavolo.

Il tavolo.

Sono abituata a una Piper sempre piuttosto sportiva e naturale, per cui quando la scorgo all'ingresso del Nelson è davvero una sorpresa: indossa un corto abitino giallo che contrasta meravigliosamente con il castano scuro dei suoi capelli sciolti, ed è inusuale e piacevole vederla più elegante del solito.

Si fa strada verso di me mentre mi alzo in piedi per salutarla. Fa un cenno Sibyl - si conoscono? - che le passa accanto con un vassoio carico di bicchierini di tequila, e poi fa passare per un istante lo sguardo tra me e James, che mi sta osservando dalla sua posizione oltre il bancone.

Ignorando l'improvviso calore delle mie guance e il sorriso saputo che Piper mi rivolge, la abbraccio con trasporto.

Sibyl ci raggiunge per raccogliere le ordinazioni. Piper chiede una Coca Cola, guadagnandosi tutto il mio disappunto. Come possiamo festeggiare con una Coca Cola?, vorrei chiederle. Poi ripenso alla notte in cui io e Vicky l'abbiamo trovata abbracciata a una bottiglia di tequila, e realizzo che forse oggi va bene così.

Chiedo a Sibyl un'altra Gordon e prego silenziosamente che non trovi il modo di trasformarla in un cocktail al gusto di alcol da pavimenti.

Io e Piper chiacchieriamo di tutto e di niente, recuperando i racconti e le avventure di questi giorni in cui siamo state forzatamente lontane. C'è qualcosa di diverso in lei, qualcosa che non riesco totalmente ad afferrare. È sempre la solita Piper, allegra e con la battuta pronta, eppure allo stesso tempo c'è un'ombra inquieta, in agguato nei suoi occhi scuri.

Sono la prima a pensare che non si debba scavare troppo a fondo nelle vite degli altri - non sai mai quello che potresti trovare, non è vero Holly? -, ma mi riprometto di provare almeno a chiedere a Vicky.

James appoggia il vassoio sul tavolo tra me e Piper, senza neanche dover chiedere chi abbia ordinato cosa. Tende a Piper la sua Coca Cola e poi si sporge per passarmi la mia birra, un accenno di sorriso divertito sulle labbra.

"Avete scelto il tavolo migliore, vedo," dice, quando le nostre dita si sfiorano mentre mi passa il boccale.

Piper mi osserva con un ghigno sorpreso. Vorrei davvero fulminare James con lo sguardo, o almeno sforzarmi di sembrare effettivamente più arrabbiata, ma l'unica cosa che mi riesce è un sorrisetto divertito. È davvero il tavolo migliore, in fondo. E ogni volta che lui mi parla con quel tono di voce io vorrei solo-

Lui ricambia la mia espressione, cogliendomi però di sorpresa quando si volta verso la mia amica e torna serio.

"Piper, vieni un momento con me," le dice soltanto.

Lei mi guarda, stupita, e io alzo le spalle, senza capire. Cosa diavolo succede? James ha già raccolto il vassoio e sta tornando verso il bancone. Con un ultimo sguardo allarmato nella mia direzione, Piper si affretta a seguirlo.

Dalla mia posizione, tra il caos dei clienti allegri e caciaroni che ormai hanno riempito il locale, perdo di vista Piper quasi subito. Scorgo appena il lampo di un vestito giallo e la figura di un uomo di spalle, alto e biondo, inghiottiti dall'oscurità oltre la porta che dà sul cortile del retro.

Bevo un sorso della mia Gordon, chiedendomi se lo sconosciuto abbia qualcosa a che fare con l'ombra scura negli occhi della mia amica.

*

Quando Piper fa ritorno, sulle sue labbra c'è un sorriso deciso che non vedevo da troppo tempo.

Non mi dice nulla e io non chiedo, e posso scorgere una luce di gratitudine nei suoi occhi scuri quando si risiede e io le propongo semplicemente di dividere una porzione di patatine fritte.

"Dobbiamo davvero organizzarne più spesso, di serate così," dichiara, indossando il cappotto.

Sono da poco passate le dieci e stiamo bevendo - io, lei è sopravvissuta a Coca Cola, dannazione - dalle sei del pomeriggio, è davvero un orario più che ragionevole per tornare a casa.

Tamburello con le dita sul legno del tavolo, pensando alle schegge di pino - castagno, castagno.

"Assolutamente," concordo, senza alzarmi. "... oppure potreste venire da una sera di queste, il cibo cinese e il vino scadente sono sempre in agguato."

Piper ride, "Si può sapere cos'è questa tua fissazione con il cibo cinese?"

"È unto!" protesto, come se bastasse a spiegare ogni cosa. Mi unisco alla sua risata, "... ed è buono!"

Lancio un'occhiata rapida al bancone - James sta sciacquando dei boccali nel lavandino. La bellissima donna mora che ha tentato di trapassarmi con lo sguardo è appollaiata su uno degli sgabelli, longilinea ed eterea in tutta la sua grazia.

James sta guardando me.

Distolgo lo sguardo, sentendo l'eccitazione scivolare dentro di me come un mare bollente.

Piper mi osserva e scuote la testa, quasi rassegnata. Mi copro gli occhi con la mano, ridacchiando, e lei mi batte un'amichevole colpetto sulla spalla.

"Mi raccomando, fai sesso sicuro," mi dice, la voce solenne ma il sorriso aperto sulle labbra.

Mi metto una mano sul cuore e la guardo, cercando di sembrare il più sconvolta possibile. "Piper, per l'amor del cielo, ti sembrano frasi da dire a tua madre?!" la rimprovero. Tutta la serietà che ho tentato di fingere si perde quando ridiamo di nuovo.

Si china per darmi un bacio sulla guancia. "Divertiti, mamma Holly," mi saluta. Sistema la sciarpa pesante attorno al collo e con un ultimo sorriso sparisce tra la calca del Nelson.

Le soffio un bacio con la punta delle dita.

*

Stare sedute sullo stesso sgabello sul quale il barista scozzese del locale ti ha letteralmente fatto vedere le stelle, poco meno di due settimane prima, il tutto mentre il suddetto barista scozzese fa avanti e indietro davanti a te, asciugando boccali e spillando birre è una prova di forza non indifferente.

La donna mora e bellissima ha abbandonato il campo di battaglia. Non so dove sia finita e non riesco a preoccuparmene poi molto, perché James è in piedi davanti a me e mi guarda come se fossi già nuda.

Si sporge verso di me, parlandomi all'orecchio per sovrastare le chiacchiere che animano il locale e l'allegra musica folk del giovedì sera.

"Fino a che ora puoi rimanere?"

Non so se sia perché un paio di birre se le è bevute anche lui, per farmi compagnia - è sconsigliabile bere sul posto di lavoro, quando di lavoro fai il barista? - ma il suo accento scozzese è così marcato che devo conficcare le unghie nel legno del bancone.

Sta diventando fisicamente insopportabile, e non riesco a immaginare cosa potrebbe succedermi se dicesse qualcosa di, beh, effettivamente compromettente. Correzione, lo so. L'ultima volta ho avuto un orgasmo su questo sgabello.

"Devo fare pipì," dichiaro senza filtri e pudore.

James mi guarda, le sopracciglia corrugate e un'espressione di divertimento incredulo sul viso, mentre senza troppi complimenti io salto giù dallo sgabello e marcio di gran carriera verso il bagno.

Sono quasi le undici e io ho bisogno di sciacquarmi la faccia con dell'acqua fredda, per non evaporare seduta stante e mettere un poco di ordine nella mia mente affollata.

Il corridoio che conduce al bagno è appena illuminato e quasi freddo - un toccasana per le mie guance bollenti rispetto al calore del locale. C'è odore di disinfettante al limone, e il volume della musica si trasforma in un melodico sottofondo quando mi chiudo la porta alle spalle. Il bagno ha probabilmente visto giorni migliori, ma almeno il lavandino è pulito, e le salviette usa e getta per asciugarsi non sono finite.

Mi sciacquo il viso, senza paura di rovinare un trucco che non porto. Controllo il mio riflesso nello specchio, scrutando con occhio critico la ragazza dal viso diafano e allungato riflessa nel vetro.

"Cosa stai facendo, Livia?" chiedo, allo specchio, sospirando.

Il solo uso di quel nome mi ferisce. Penso a cosa direbbe Kevin se mi vedesse così, e vorrei solo dirgli che è colpa sua. Ero convinta di avere finalmente il pieno controllo di me stessa, lo ero davvero. La verità amara sceglie sempre i momenti meno opportuni per tornare a bussare alla mia porta.

Mando giù il groppo del pianto che mi preme sulla gola, cercando di non cedere alla tentazione dei miei pensieri tristi. Mi asciugo gli occhi con il dorso della mano, arrabbiata.

Spalanco la porta del bagno per tornare in corridoio e rimango immobile sulla soglia, impreparata.

James è appoggiato alla parete davanti a me, le braccia conserte e lo sguardo concentrato sul mio viso. Ha un accenno di sorriso divertito mentre percorre la mia figura. Quando i suoi occhi blu indagano i miei la sua espressione si scurisce, e io spero che non veda l'umido delle mie lacrime.

"Holly?" chiede. Inclina appena la testa, mentre io lo osservo con le labbra dischiuse. "Tesoro, cosa c'è?"

Il modo in cui dice tesoro, il modo in cui dice il mio nome - Holly, Holly e basta - rimette a posto le cose. La sua voce è come il miele. Funziona, che funziona un po' come vuoi tu, e improvvisamente io so come voglio che funzioni il resto di questa serata.

Compio i due passi che ci separano e chiudo le dita sulle sue guance ispide, premendomi contro di lui con tutto l'impeto che riesco a trovare. Le sue mani mi stringono i fianchi e scivolano sul mio sedere, stringendomi attraverso i pantaloni e muovendomi verso di lui, ancora più vicino.

Lo bacio con irruenza, gemendo nella sua bocca quando la sua lingua trova la mia. Sa di Gordon e tabacco.

Il mio basso ventre sfrega contro il suo e lo sento premere contro di me. Assecondo il mio istinto e mi muovo per quanto posso su di lui, e vengo ricompensata dall'imprecazione incontrollata che abbandona le sue labbra.

Faccio salire la mano sinistra dalla barba ai suoi capelli, accarezzandogli la tempia con le dita nel mio percorso. Il mio pollice sfrega sulla fine del suo sopracciglio destro mentre risale, e lo sento sorridere sulle mie labbra, senza fiato.

Ci separiamo per respirare, i nasi che si sfiorano al ritmo del nostro respiro. Nelle luci fredde del corridoio, il chiasso del pub oltre la porta sembra un mondo lontano.

Lo bacio un'altra volta, brevemente. "C'è un posto..." inizio a chiedere. Muovo il viso appena indietro e lui segue le mie labbra, prendendosi un altro bacio senza incontrare alcuna resistenza. "... dove possiamo...?"

La mia mano destra sta giochicchiando senza pensare con il colletto della sua maglietta nera, quando le sue dita abbandonando i miei pantaloni per stringersi sulle mie.

"Vieni con me."

*

La dispensa è fredda e buia.

James, alle mie spalle, trova l'interruttore a lato della porta con facilità. Il getto azzurrognolo e traballante di una luce al neon rischiara appena la stanza.

Osservo la lunga fila di scaffali d'acciaio su cui sono addossati i tipi più diversi di bottiglie e di scatolame. Un angolo sul fondo della stanza è interamente occupato da fusti di birra, impilati precariamente uno sull'altro.

James mi circonda i fianchi con un braccio, premendo il suo petto sulla mia schiena. Passa l'altra mano tra i miei capelli sciolti, scostandomeli su una spalla per baciarmi il collo, dal lobo dell'orecchio all'orlo del maglione. La sua barba è ruvida come ricordo.

Piego dolcemente la testa all'indietro, sistemando la nuca sulla sua spalla. Chiudo gli occhi, intorpidita dal percorso delle sue mani che mi slacciano i pantaloni.

"Non abbiamo molto tempo," sussurra tra un tocco e l'altro della sua bocca. La sua voce vibra sulla mia pelle. "Almeno, non quanto vorrei," aggiunge, il respiro nel mio orecchio.

Le sue dita passano oltre il cotone dei miei slip e io mi spingo istintivamente contro di lui quando mi accarezza. Con la mano libera risale sotto la maglietta e scivola con il pollice sul mio seno, attraverso lo strato sottile di pizzo.

Quando lo stringe, un gemito roco abbandona le mie labbra. Lui sorride appena sul mio collo, soddisfatto dell'effetto che il suo tocco ha su di me.

L'ultima volta ho lasciato felicemente che avesse il pieno controllo sulla situazione e su di me. Questa notte, ho bisogno che le cose vadano diversamente. Decido io, adesso.

Funziona, che funziona un po' come vuoi tu, e in questo momento voglio disperatamente avere il più totale potere almeno su questo, nella mia vita.

Mi volto nel suo abbraccio, sfuggendo al suo tocco solo per premere nuovamente le labbra sulle sue. Il mio corpo spinge contro il suo, le mie mani che affondano nei suoi capelli castani e le sue che si chiudono sul mio viso.

La mia avanzata decisa lo coglie di sorpresa, costringendolo a indietreggiare fino alla porta. Ride sulla mia bocca al mio impeto, mentre le mie unghie scivolano sul suo petto attraverso la maglia scura, sempre più giù.

La sua risata si trasforma in un gemito quando lo tocco attraverso i pantaloni. Abbandono le sue labbra, il respiro ancora affannoso, godendomi i suoi occhi chiusi. Le sue mani scendono dalle mie guance fino ai fianchi.

Lo massaggio lentamente, un accenno di sorriso sornione che piega la mia bocca e l'altra mano che cerca di slacciare come meglio può la cintura e i bottoni dei jeans.

"Holly..."

Mi piace il modo in cui dice il mio nome. A metà tra la minaccia e la preghiera.

La mia mano - probabilmente fredda gelata - oltrepassa la barriera dei pantaloni ormai aperti e del cotone nero dei suoi boxer. A quanto pare il freddo non è un problema. Chiudo le dita sulla pelle calda e tesa, sentendo l'eccitazione annodarsi nel mio basso ventre quando a lui sfugge un'imprecazione.

Sto pensando di dirgli che può chiedere per favore, ma lui riapre lentamente gli occhi e mi guarda, e io ricordo che non abbiamo poi così tanto tempo prima che qualcuno noti la sua assenza dal bancone del Nelson.

Decisa più che mai, mi inginocchio davanti a lui. Il suo sguardo non abbandona il mio neanche per un istante mentre gli abbasso i jeans di quanto mi serve, trascinando nel percorso anche i suoi boxer.

"Non abbiamo il tempo per tutti questi giochetti, Galway."

Dal tono che cerca di mantenere, credo stia tentando di rimproverarmi. Non gli riesce bene quanto vorrebbe.

Sorrido appena, senza smettere di accarezzarlo. La mia mano libera si appoggia a palmo aperto sul suo fianco.

"Posso rendertela molto veloce, non preoccuparti," gli dico con dolcezza.

La sua mano affonda tra i miei capelli mentre il suo sguardo cerca il mio. Sono qui, in ginocchio davanti a lui, eppure so perfettamente di avere il totale controllo della situazione.

"Oh, non ho dubbi," dice soltanto.

Ha uno sguardo di sfida dipinto sul viso che so esattamente come cancellare. In fondo, so anche di averlo fatto pregare abbastanza.

"Slàinte," dico, con tutta la malizia di cui sono capace.

Non smetto di guardarlo quando le mie labbra si chiudono su di lui. Vengo ricompensata quando l'espressione sul suo viso muta, la sfida trasformata in piacere senza ritorno. Inclina il capo all'indietro, la nuca contro la porta, e la sua mano si stringe tra i miei capelli, decisa, ma senza obbligare i miei movimenti.

Le unghie della mia mano sul suo fianco si conficcano nella sua pelle nuda. James impreca e io torno a concentrarmi su quello che sto facendo. Tornerò a casa con le gambe tremanti dall'eccitazione irrisolta, questa notte, ma quando lui geme e mi dice che sono fottutamente bellissima, così, so che ne è valsa la pena.

A suo credito, malgrado tutto questo abbondantemente discusso poco tempo, James fa di tutto per resistere il più possibile.

A mio credito, sentirlo gemere e imprecare e mormorare a denti stretti incoraggiamenti che hanno sempre meno senso non fa altro che aumentare il mio entusiasmo.

Quando è finita mi rialzo, spolverandomi i pantaloni sulle ginocchia. James si tira su i boxer con le dita incerte e il respiro corto. Mi fa quasi tenerezza.

"E' stato-" si interrompe, alla ricerca di chissà quale parola. "Gesù."

"Grazie," sorrido, ricordando uno scambio decisamente simile, anche se a parti invertite.

Si passa le mani tra i capelli, spettinandoli ulteriormente. Ricambia il sorriso e i suoi occhi blu cercano i miei, completamente ammaliati. Forse ora sa cosa ho provato io quella notte, su quello sgabello.

"Vieni qui," dice all'improvviso, circondandomi i fianchi con un braccio e attirandomi contro di lui e chinandosi appena sulle mie labbra.

"Aspetta, sono-" mi copro la bocca con il dorso della mano, perché - beh.

"Non m'importa," dice, neanche fosse un'ovvietà. Scosta delicatamente la mia mano e mi bacia, il pollice che mi accarezza una guancia con gentilezza.

Chiudo gli occhi e mi godo il suo tocco, fino a che la sua voce, bassa ma decisa, non parla al mio orecchio.

"Ora è il tuo turno."

Ciao a tutti, amici! Questo capitolo è piuttosto lunghetto rispetto al solito (chiedo perdono, a quanto pare per scrivere delle scene un po' smut ho bisogno di almeno sette pagine di contorno *facepalm*)

Come avrete potuto notare anche voi, Holly si diverte ridendo e scherzando con un bel barista, ma allo stesso tempo la sua morte dell'anima si manifesta nei momenti più impensati. Kevin e il suo Livia non sono stati sicuramente dimenticati.

In più: volete sapere chi è venuto a parlare con Piper fuori dal Nelson? Leggete Us against the world, il capitolo di questa settimana soddisferà la vostra sete di risposte! Se invece siete curiosi di leggere le altre avventure di Sibyl e dei suoi bloody cocktail, Changeling è quello che fa per voi!

Fatemi sapere cosa ne pensate di questo nuovo capitolo!

A venerdì prossimo ;)

Holly

P.S. Vi lascio con qualche gif dei simpatici protagonisti di questa serata al Nelson, nelle loro pose migliori!

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