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CAPITOLO 21 | LET'S LIVE WHILE WE ARE YOUNG

"never feel guilty for starting again"

(Rupi Kaur)

*

QUANDO riapro gli occhi, la sveglia sul mio comodino segna le due del pomeriggio.

Il sole tiepido filtra dalle persiane che ho dimenticato di abbassare completamente mentre mi rigiro tra le coperte, la bocca ancora impiastricciata di whiskey e i capelli impregnati dell'odore del fumo.

Mi stiracchio tra le lenzuola, dalle caviglie alla punta delle dita, mugugnando con soddisfazione a quella sensazione di piacevole indolenzimento che attraversa ogni mio singolo muscolo e che avevo quasi dimenticato.

Ah, il sesso.

È domenica e miracolosamente non sono di turno a La Libellula, il che vuol dire che potrei trascorrere l'intera giornata a ripensare alla notte appena trascorsa crogiolandomi nella comodità del mio letto.

Sono rientrata alle quattro del mattino, ho abbandonato la borsa sul tavolo della cucina e mi sono infilata nel mio comodo pigiama di flanella, prima di crollare addormentata senza un secondo pensiero.

Non dormivo così bene da quanto? Tanto, troppo tempo.

La serata di ieri è stata incredibile: Vicky e Piper, allegre e spensierate mentre i boccali di birra cozzano l'uno contro l'altro, Sibyl che mi sorride tra un bicchiere di whiskey e una vodka e infine e più di tutto James, che profuma di promesse e sigarette e ha il sapore del divertimento e della libertà su quelle labbra così morbide.

Se chiudo gli occhi, mi sento di nuovo addosso la sensazione della sua bocca sulla mia pelle nuda mentre le sue dita mi accarezzano, ricordandomi che il piacere è fatto anche per me e che se glielo chiedo, gentilmente, potrò averne quanto ne voglio.

A quel ricordo, sento il nodo liquido dell'eccitazione cominciare a stringersi nel mio basso ventre, e quasi mi viene da ridere. Beh, per essere stata una disperata che non riusciva a godersi un orgasmo come si deve nell'ultimo mese, perseguitata da un bagaglio emozionale che avrebbe fatto impallidire l'eroina di un romanzo ottocentesco, pare che al momento le cose non mi vadano poi così male.

Non sono mai stata in grado di accalappiare uno sconosciuto, e se ripercorro tutto quello che ho blaterato ieri notte al Nelson realizzo che effettivamente le cose stanno ancora così, eppure è stato tutto così semplice e così naturale che non cambierei nulla.

Funziona, ha detto, che funziona un po' come vuoi tu.

James non può saperlo, ma ha detto una di quelle cose giuste al momento giusto, di quelle che ti lasciano a bocca aperta e accendono un interruttore sulla tua vita fino a quel momento, illuminandola da una nuova prospettiva.

Posso decidere io, posso scegliere io.

Non c'è nulla da rimuginare, nulla su cui perdere il sonno, nulla per cui straziarsi il cuore. È tutto semplice, naturale. Fisica attrazione, chimica reazione, lo diceva anche la mia insegnante di scienze, a scuola - non è vero, lo diceva Grey's Anatomy, ma funziona lo stesso.

Apro gli occhi, allargando le braccia sul mio materasso matrimoniale e sorridendo al soffitto della mia stanza.

Oggi è una bella giornata.

*

Spalanco la finestra per aprire del tutto le persiane, sporgendomi quando basta per notare una figura ormai familiare impegnata a consumare una sigaretta, sul balcone accanto.

Noto con una punta di dispiacere che l'uomo nudo non è nudo oggi - ha comunque addosso un paio di jeans e una maglia scura che gli rendono piena giustizia - e penso che Sibyl stia cercando di insegnargli come vestirsi per non creare scompensi alle sue vicine di casa deboli di cuore - io o la signora Bloom, non voglio dirlo.

Tom incrocia il mio sguardo e sorride, facendomi un cenno di saluto con la mano libera, mentre io sono ancora troppo abbagliata dalla luce del giorno per vergognarmi dei miei occhi stropicciati e del rovo che mi ritrovo ad avere in testa al posto dei capelli.

"Ehi, biondina!"

Sorrido, ricambiando il cenno di saluto, "Ciao Tom!" mi indico il pigiama con una mezza risata, "... chiaramente non ho sentito la sveglia."

"Fa sempre bene dormire un po' di più la domenica," - la sua risata bassa segue la mia, mentre mi guarda con aria saputa - "... soprattutto se hai avuto un indecente sabato sera..." allude, facendomi l'occhiolino.

Lo dice con nonchalance, e io mi ritrovo ad osservarlo a bocca aperta, divertimento e incredulità negli occhi. Mi riprendo quanto basta per non cadere giù dal balcone. Perché i miei vicini di casa sembrano sapere sempre tutto?

Allargo appena le braccia, soffiandomi via una ciocca dalla fronte, e decido di dire addio ad ogni parvenza di maturità che mi è rimasta.

"Ho davvero la faccia di una che è stata rivoltata come un calzino, non è vero?"

Il fumo appena inspirato gli va di traverso dalle risate, mentre io sorrido e sento la portafinestra di un altro balcone chiudersi di scatto, accompagnata da un'esclamazione indignata - la signora Bloom apprezza la vista di Tom, ma probabilmente non è interessata alle mie acrobazie sessuali.

Lui tossicchia un paio di volte, prima di tornare a guardarmi divertito. "Lo sai, biondina, mi stavi già simpatica dal giorno dei biscotti, ma così mi piaci ancora di più."

Inclino appena la testa, il sorriso ancora sulle labbra.

"Così come?"

"Felice."

Tom non è nudo, ma a quanto pare sa comunque come lasciarmi senza parole.

*

Il pomeriggio trascorre placido e ozioso.

Mangio un toast e una spremuta, seduta sul divano con davanti gli appunti di Letteratura provenzale - il corso della professoressa Morris, il cui esame si avvicina ormai pericolosamente - e i fogli volanti che ho iniziato a scrivere in questi giorni per il capitolo centrale della tesi.

Kevin mi ha inviato la bibliografia aggiornata a metà settimana, e per poco non mi sono strappata tutti i capelli quando gli ho risposto grazie della disponibilità, cordiali saluti. Avrei riso, se non mi avesse fatto venire da piangere.

La copia dell'Edda che ho ricevuto come regalo di Natale tardivo giace ancora sul tavolino davanti a me, a ricordarmi ciò che avrebbe potuto essere e non sarà mai. Sospiro, mi alzo e la depongo nella libreria, dove in un giorno particolarmente buio e piovoso di inizio gennaio ho sistemato tutti i miei libri di filologia romanza.

Cerco di concentrarmi sui miei scarabocchi, bloccando ogni pensiero negativo mentre lavoro, perché oggi la giornata è iniziata nel migliore dei modi e non ho davvero più voglia di lasciare che i pensieri tristi - vaffanculo, Kevin, vaffanculo - rovinino il mio buon umore.

A metà pomeriggio faccio una pausa, imposta dalla concitata telefonata di mia nipote Amelia che mi racconta di aver dato il suo primo bacio - ben fatto, Connor Murphy! - e di non avere minimamente idea di che cosa questo significhi per la sua situazione sentimentale. Stiamo insieme o no, zia? Come funziona?

Con il sorriso sulle labbra, cerco di impartire consigli utili e misurati, senza soffermarmi troppo sul fatto che stia quasi provando invidia per i problemi di cuore di una dodicenne.

Funziona, Amelia, rispondo con saggezza, che funziona un po' come vuoi tu. Questa frase l'ho rubata, d'accordo, ma non è necessario che mia nipote lo sappia.

Scrivo a Vicky, chiedendole aggiornamenti sul suo post-sbronza, e poi anche a Piper, per sapere se è tornata nel mondo dei vivi. Promettiamo solennemente che da quel momento in avanti berremo solo analcolici, per poi finire a progettare una nuova serata al Nelson nelle prossime settimane, appena gli esami ci daranno un po' di tregua.

Mi stiracchio sul divano ancora per un po', e alle sei di sera decido che è il momento di dedicarsi a un bagno rilassante con tanto di candele e spezie profumate. Questa giornata tiepida è piacevolmente trascorsa in un battito di ciglia.

Quando mi asciugo, osservo il mio corpo seminudo nello specchio della camera da letto. Malgrado i sali profumati e la crema idratante, c'è un percorso di pelle irritata che va dal mio collo, tra i miei seni poi giù, ben oltre l'ombelico, e si chiude con un morso che domani sarà violetto nell'interno della mia coscia.

Alzo gli occhi al soffitto, divertita, e decido di seguire l'istinto.

Bisogna aspettare a scrivere a un ragazzo dopo il primo appuntamento? Al diavolo, lui non ha il mio numero e quello di ieri sera non lo chiamerei proprio appuntamento.

Funziona, ha detto, che funziona un po' come vuoi tu.

Indosso il pigiama pulito - nuovo record, Holly, due pigiami in una sola domenica - e poi, scalza, recupero il cellulare che avevo lasciato sul tavolino basso davanti al divano. Il contatto sotto il nome di James McAvoy ha come immagine del profilo WhatsApp quello che mi sembra il bancone del Nelson su cui sono affiancate vari tipi di bottiglie di Gordon. Ridacchio, prima di scrivere velocemente e inviare senza pensarci due volte.

Niente schegge di pino nel culo, ma i tuoi denti sul mio interno coscia non sono proprio quello che avevo in mente come primo tatuaggio.

Sto versando il tè quando realizzo che non ho firmato il messaggio. Poco male, la mia immagine del profilo su WhatsApp è un mio primo piano tutto occhi azzurri e capelli spettinati. Tuttavia, afferro il cellulare per scrivere ancora - wow, Holly, complimenti.

Holly. Chiaramente, sono Holly. Chiaramente?

P.S. La tua barba brucia come l'inferno.

Sorrido, perché James McAvoy è improvvisamente online e sta scrivendo una risposta.

Castagno.

Mi sfugge una mezza risata, e non posso impedirmi di roteare gli occhi al cielo. Il sorriso sulle mi labbra si allarga alle risposte successive.

Chiaramente.

Lo dici come se mi avessi lasciato anche solo fisicamente il tempo di mettere la faccia tra le gambe di qualcun'altra, ieri sera, Galway.

P.S. Potrei chiederti scusa per la barba e per il morso, ma sappiamo entrambi che nessuno qui è così dispiaciuto, non è vero?

Mi siedo al tavolo, la tazza di tè bollente ancora in infusione appoggiata davanti, e scribacchio lentamente una risposta, senza riuscire a fermare il mio sorriso. Leggere questi messaggi immaginando la voce di James è piacevolmente deleterio.

Tu invece lo dici come se ti avesse dato fastidio mettere la faccia tra le mie gambe, ieri sera.

P.S. Okay, uno a zero per te.

La risposta non si fa attendere.

Passa a trovarmi, un giorno di questi, così posso ricordarti per bene quanto mi ha dato fastidio.

Mi tuffo nel mio tè, nascondendo nel calore della tazza l'improvviso rossore delle mie guance.

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