Prologo

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Correvo, correvo più forte che potevo, via da quella famiglia e dai loro scagnozzi.
Correvo via dalla Mia famiglia. Stringendo al petto forte, mio cugino Sammy, allontanandolo dal suo destino, come dal mio.

Lui dormiva quieto, nato da poco più di due ore e allontanarlo da sua madre a quel punto della sua esistenza, era stata la mia unica idea per cambiare le cose.
Se non lo avessi fatto in quel momento, che era poco più che un neonato non avrei più avuto l'occasione di salvarci.

Correvo a perdifiato per il Giardino, conscia di avere i segugi alle calcagna, e anche se le ginocchia mi bruciavano e il cuore mi batteva all'impazzata nelle orecchie sapevo di non potermi fermare.
Dovevo raggiungere l'albero maledetto e continuare senza voltarmi indietro fino alla libertà.

"Sammy" mi ripetevo. "Devi salvare Sammy".

I cespugli forti e spinosi, come l'erba alta mi graffiavano i piedi nudi e le caviglie; gli alti alberi maestosi e scuri sotto quel cielo rosso di sangue, incutevano timore e paura per quanto li avessi percorsi con i miei fratelli un migliaio di volte.

Mi lasciai scivolare giù dalla collina. Sentivo la pelle lacerarsi, il dolore farsi più forte e un bruciore alla schiena e ai polpacci.

Temevo il modo in cui sarei caduta, se fosse stato un brutto atterraggio avrei fatto male anche a Sammy e a quel punto le sue grida di neonato ci avrebbero fatto trovare subito.

Quando sentii che ormai c'ero, feci una cosa stupida, ma anche necessaria, aprii le ali. Esse mi fecero atterrare qualche metro più avanti dolcemente, e appena toccata terra, già avevo ripreso a correre. Sentivo il sangue scorrermi sulle gambe e sapevo che sarebbe stata una traccia indelebile, ma non potevo fare nulla per quello, in quel momento, solo sperare che la guarigione accellerasse e collaborasse con il mio intento di non lasciare Sammy alle grinfie di sua madre.

O sperare che i segugi non fossero più veloci di me.

L'avevo visto succedere un migliaio di volte: Sammy veniva al mondo, cresceva bello e crudele, feriva suo padre e si faceva cacciare, avrebbe vagato per un centinaio di anni combinando disastri di ogni genere, poi mio padre o il suo lo avrebbero ucciso, per fare ricominciare il cerchio.

Sembrava che ogni volta li divertisse di più suo "patetico tentativo di ribellione", così dicevano.

Ma ora basta, Dea non avrebbe cresciuto Sammy, io avrei cresciuto Sammy e sarebbe cambiato... O almeno lo speravo.

Sentivo già le risate di Uriel alle mie spalle, ridere per quel mio gesto e per il mio "fallimento", l'ennesimo.

-ti porterò al sicuro Sammy, ti porterò dove la nostra famiglia non oserà intervenire-

Il Giardino sembrava essere diventato acri e acri più grande di quanto ricordassi ma, poi lo vidi, in fondo ad esso, circondato da rovi e serpenti, l'albero maledetto, con le sue mele rosse brillanti e il suo tronco nodoso, nero ed enorme.

-Non farlo Lucy- sentii la voce di mio padre, al di sopra del cielo purpureo.

-Non ho scelta, padre, o lo faccio o, Sammy sarà sempre e solo Samael. Ma ora basta. Ha il diritto di riprendere in mano il suo destino!- urlai nel momento in cui raggiunsi l'albero.

Al centro del tronco, riconobbi il pomello nodoso e lo tirai verso di me, mentre la Porta si formava nel ventre dell'albero.

-Lucy... Accetta Samael per quello che è figlia mia, e potrai ancora essere perdonata. Lascia il bambino, Lucy-

Scossi il capo. -Vi amo tanto padre, ma amo di più Sammy. Non riuscirei a vederlo morire un altra volta-

-LUCY!- fu l'ultima cosa che sentii prima di buttarmi dentro all'albero.

Esso scendeva, scendeva a raffica, Sammy me lo aveva detto; arrivava fino al gradino più basso del nostro mondo e da lì, una scala e poi fuori, nel mondo mortale dei peccatori.

Un brivido di paura mi percorse nel sentire il ringhio dei segugi, dall'alto del buco da cui ero appena scesa.

La discesa fu buia e fredda, umida e scivolavo contro una parete di pietra, sempre più in basso e sentivo la mia forza mancarmi mentre i muscoli delle mie gambe tremavano all'impazzata.

Ma dovevo avere fede, fede in quel che Sammy mi aveva detto 10 mesi prima. Fede che quella fosse la strada migliore per noi. Fede che ciò che ci sarebbe stato dopo, sarebbe stata un nuovo inizio e un nuovo capitolo della nostra storia, di cui, possibilmente, non pentirsi.

Atterrai di colpo, mentre il fiato mi moriva in gola, e per fortuna atterrai sulle ginocchia, reggendomi con una mano, mentre l'altra reggeva il piccolo.

Mi alzai con calma, cercando la forza e la stabilità sulle gambe. Accennai qualche passo, era buio, poi il mio piede toccó il primo gradino e guardai Sammy che dormiva beato.

-Ci siamo quasi piccolo, ancora un'oretta e siamo liberi...-

Lo afferrai meglio e notai che il sangue ancora mi scorreva sulle gambe tremanti e l'argento vivo che mi scorreva nelle vene, brillava nel buio. Male.

Chiusi gli occhi e trovai le forze di chiudermi le ferite, evocando quel poco del potere angelico che potesse bastare; la mia magia era tremolante, come il mio stato d'animo.

-Forza Lucy... Lo stai facendo per Sammy, non mollare- respirai a fondo ma la puzza mi fece salire un conato di nausea.

Che diamine era?! Era acre e pungente, dava il volta stomaco.

Ma avrei pensato dopo a cosa fosse e iniziai a scendere la buia scala, certa che presto sarebbe finita. Dietro di me non sentivo né mio padre, né i segugi, il che era un bene. Come immaginavo non si sarebbero attentati a scendere dal loro piedistallo celeste.

Cercai di fidarmi del mio istinto e del mio equilibrio mentre scendevo la scala. I gradini erano lisci e freddi, e l'umidità era sconcertante. L'acqua che gocciolava dalle pareti era l'unico rumore presente.

Sammy si agitó appena tra le mie braccia, forse per il freddo o forse perché si era accorto di tutto ciò che ci eravamo lasciati alle spalle. O era solo un bambino e i bambini piangevano anche per niente.

-Shhh, Sammy va tutto bene, non preoccuparti- gli sussurrai piano, accarezzandogli il viso paffuto.

Aveva un buon profumo, lo aveva sempre avuto e mi faceva venire in mente tanti ricordi.

Continuai a scendere, alla cieca, incerta e un po' tremolante, cantando piano la canzone di mio padre e del Giardino, per calmarmi.

Quando in lontananza, iniziai a vedere una luce in fondo a quell'osciurità, mi sentii sollevata e accelerai un po' il passo. Piano, piano la luce diventó più grande e più intensa e mi si disegnó un sorriso sulla faccia.

Quando le scale finirono, il panorama che si presentava era grandioso: ero su un edificio, alto e imponente, che spiccava sulla città sottostante. Il cielo era blu e brillavano già centinaia di stelle piccolissime.

-Ciao ragazze- dissi piano e una stella sfrecció silenziosa nel cielo, mi avevano sentito e non mi avevano abbandonato.

Silenzio. Silenzio, interrotto soltanto da qualche sirena. La pace dei sensi.

-Siamo arrivati Sammy... Siamo sulla Terra-

-Ehi... Tu!- una voce, mi risveglió dalla mia contemplazione.

Dietro di me, un uomo panciuto con una divisa blu e una torcia in mano, mi richiamó nervoso.

-Non si può stare qui! Vieni giù!- urló, preoccupato.

-Mi scusi tanto- gli dissi nella sua lingua. -Stavo solo ammirando il panorama- ammisi.

Lui sembró sconcertato dalle mie parole. -Beh... Lo può fare anche a qualche piano più in basso. Non sai che potevi cadere?- la sua voce si era addolcita, era meno preoccupato e più calmo, quando gli sono di fronte.

-Hai ragione, mi scusi tanto...-

Lui annuì e mi indicó una porta. -Scendiamo forza, è pericoloso...- glielo lessi in faccia nel momento in cui nota Sammy.

Temeva che lo volessi buttare di sotto, come una madre adolescente che vive per strada e non sa cosa farsi di suo figlio e piuttosto che dargli la sua stessa vita, lo dà agli angeli.

Annuii e andai verso la porta prima di lui, il guardiano dopo che entró, si chiuse bene la porta alle spalle. Scendemmo una rampa e lì, mi indicó un ascensore.

Aspettammo che ci raggiungesse con pazienza e le luci a neon del palazzo davano un po' fastidio agli occhi, non riuscivo a capire se fossero troppo forti o troppo basse.

Entrammo nell'ascensore e lessi che il palazzo era composto 128 piani e che questo era l'ascensore 36 di 106. L'ascensore aveva di sottofondo una canzoncina dalle note allegre ed era quasi tutto di vetro.

-Quanto ha?- mi chiese indicando Sammy che con mia grande sorpresa era sveglio e con i suoi occhi celesti mi guardava, felice.

-Due settimane- inventai sul momento.

-Come si chiama?- mi chiese ancora.

-Sam- dissi piano. -Io lo chiamo Sammy-

L'espressione di quell'uomo si addolcí. -È un bel bambino-

-La ringrazio, glielo dirò- promisi sorridendo.

Afferrai bene Sammy e gli lasciai un bacio sulla fronte, cullandolo dolcemente. Era molto leggero nei suoi 3 chili ma, cominciavo a sentire le braccia indolenzite.

In poco più di 5 minuti raggiungemmo il piano terra: l'ingresso era arioso e pieno di piante tropicali, una fontana scintillante e da lontano sentii il rumore di piatti e bicchieri che tintinnano.

Oltrepassai l'ingresso e la porta girevole.
-Arrivederci- mi disse il parcheggiatore vestito elegante davanti alla porta. -Torni presto alla Shangai Tower-

Mi limitai a sorridergli e gli augurai tutta la fortuna di cui potesse aver bisogno; mi aveva risolto il problema di girare a vuoto chiedendomi dove fossi.

Il mio palazzo mentale, inquadró tutte le informazioni che conoscessi su Shangai:

"città situata sul fiume Huangpu, è la seconda città più popolosa della Cina e la seconda più popolosa al mondo. Architetture religiose più famose, tempio degli dei della città, tempio del magnifico drago, tempio del Buddha di giada, tempio della pace, cattedrale di sant Ignazio, basilica di She Shan. Le case tradizionali sono le shikumen.
Shangai vanta il migliore sistema scolastico della Cina, con oltre 30 università e college."

Una città fantastica da quel che mi sembrava di capire.

Guardai Sammy, che mi guardava incerto. -Staremo qui piccolo? Vivremo a Shangai per un po'? Siiii-

Per prima cosa dovevo cercare un posto in cui stare poi, pianificare una vita di pace e cultura per Sam. Sarebbe andata bene, questa volta sarebbe andata bene.

Questo era il prologo spero che vi piaccia...

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