Capitolo 10.

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- Non andrò da nessuna parte - dichiarai con voce decisa, incrociando le braccia sul petto - Non prima che voi mi abbiate spiegato dove mi volete portare e perché - continuai. 

- Stammi a sentire ragazzina - disse il ragazzo dai capelli color rame, alzando un dito e puntandomelo contro - Ringrazia Dio che Jared ti abbia trovata sana e salva - sputò spostando il suo sguardo sull'amico, per poi ritornare sul mio - e ringrazia anche noi, dato che ti stiamo semplicemente aiutando - concluse voltandosi e iniziando ad arrampicarsi sul grande albero.

Decisi di non fiatare, per non peggiorare la situazione.

Pensai a tutte le opzioni possibili, ma la soluzione sembrava essere solo una: dovevo affidarmi a quei due ragazzi che mi avevano trovata distesa a terra e che dicevano di volermi solo aiutare. Non avevo altra scelta.

Osservai la presunta entrata, ma non riuscii a notare niente di particolare se non un normalissimo albero. Niente buche. Niente porte. C'era solo un albero. Come poteva essere quella l'entrata di qualcosa? E poi, di cosa? 

Cercai di studiarlo più attentamente: le radici erano enormi e spuntavano fuori in superficie, il tronco era circolare e molto grande, forse più grande rispetto agli altri alberi. Mi avvicinai ancora di più, cercando di non inciampare nelle radici. Toccai la corteccia e la esaminai dal basso verso l'alto. Era massiccia e resistente, e manifestava alcune sporgenze. I rami erano intrecciati e robusti, non si sarebbero spezzati facilmente.

Sentii due mani appoggiarsi sui miei fianchi e sobbalzai.

- Dobbiamo andare Julie - sussurrò Jared. La sua voce era calda e rassicurante, così diversa dal nostro primo incontro, le sue grandi e affusolate mani premevano dolcemente contro i miei fianchi. 

- Dobbiamo per forza arrampicarci come delle scimmie? - sbottai. 

- Hai paura? - chiese tranquillo.

 - Tu no? - chiesi alzando le sopracciglia e aprendo leggermente la bocca. Scoppiò a ridere, come se avessi detto la cosa più stupida del mondo. 

- Ti sembro uno che ha paura? - domandò con fare spavaldo, indicandosi.

Roteai platealmente gli occhi per la sua eccessiva sicurezza. 

- Lo faccio tutti i giorni. Vieni qui, ti aiuto io. - propose il moro. 

Perché mai avrebbe dovuto arrampicarsi ogni giorno sugli alberi? Mi sentivo sempre più confusa, perciò decisi di non farmi domande. 

Avrei di gran lunga preferito cavarmela da sola e non sembrare debole e impacciata ai loro occhi ma, anche in questo caso, dovevo affidarmi a lui, altrimenti avrei fatto una figuraccia cadendo dall'albero o, nel peggiore dei casi, avrei potuto anche rompermi qualcosa.

Mi domandai se si stessero prendendo gioco di me, facendomi arrampicare su quel possente albero, per poi abbandonarmi lì e ridere della mia ingenuità.

- Fidati di me - disse quasi supplicandomi.

- Okay - risposi.

Mi voltai verso l'albero.

Jared si mise dietro di me, in modo da farmi sentire protetta dal suo corpo e dalla sua altezza. Fece scivolare le sue mani sulle mie braccia, per poi scendere fino ai miei polsi. 

- Questa - sussurrò al mio orecchio, sollevando la mia mano destra - Va qui - continuò posando la mia mano su una delle sporgenze presenti nella corteccia - questa invece - bisbigliò afferrando dolcemente la mia mano sinistra - Va qua - disse posandola sopra un'altra sporgenza - e adesso.. - lasciò la frase in sospeso, mise le mani delicatamente sui miei fianchi e senza fare il minimo sforzo mi sollevò 

- Metti i piedi su quei rilievi - suggerì. 

Obbedii e lui mollò la presa, mantenendo le sue mani su di me. Istintivamente mi voltai per guardarlo e incrociai i suoi occhi. Erano così belli. E lui era stato così premuroso. Mi dimenticai di stringere le sporgenze e feci per perdere l'equilibrio. 

- Tieniti stretta a quelle e non guardare in basso - disse Jared spingendomi contro la corteccia per non farmi cadere - Io sono qui di fianco a te - continuò spostandosi con facilità da una sporgenza all'altra. Dovevo riuscirci senza fare figuracce o ammazzarmi. Chiusi gli occhi e scacciai tutti i pensieri. Li riaprii e fissai il mio obbiettivo individuando altri due rilievi. "Puoi farcela" mi dissi.

Feci leva sul mio braccio sinistro e sollevai lentamente la mia mano destra, spingendomi con le punte dei piedi per raggiungere la sporgenza. L'afferrai e mi sollevai con forza poggiando i miei piedi sulle due sporgenze precedenti. Continuai ad arrampicarmi, sempre più sicura di me stessa. Jared era abile e veloce, ma rimaneva al mio passo, in caso avessi bisogno di aiuto. Josh, invece, ci superava di parecchi metri.

- Manca poco, lumaca - disse voltandosi verso di me e ridendo. Quella fu la prima volta in cui si rivolse a me in modo scherzoso, e non come se fossi un peso morto fra i piedi.

- Hai capito scimmietta? Manca poco - esclamò Jared prendendomi in giro. 

Mi fermai e guardai il ragazzo in cagnesco. 

- Il mio nome è Julie - specificai ridendo. 

Gettai di nuovo lo sguardo sulla corteccia e notai uno squarcio. Continuai a salire esaminando l'albero e notai che queste specie di spaccature, simili a dei graffi provocati da artigli, erano sparse un po' ovunque. 

- Cosa sono? - chiesi a Jared indicando un profondo squarcio nella corteccia. 

- Sarà stato qualche animale - rispose vago, lasciandosi sfuggire l'incertezza dalla sua voce. Mi chiesi se stesse mentendo.

- Eccoci - annunciò Josh, seduto sopra un groviglio di rami 

- Ci avete messo così tanto perché sei una lumaca o facevate altro? - scherzò facendo strane allusioni. 

Jared lo raggiunse sui rami e gli tirò una piccola spinta - Idiota. Julie faceva fatica a salire! - disse ridendo. 

- Sta mentendo! Non mi sono lamentata nemmeno una volta! Siete voi che siete troppo veloci. - contestai offesa. 

Lanciai un'occhiataccia a Jared e lui sorrise. Mi voltai dall'altra parte. Josh si avvicinò alla corteccia e iniziò a studiarla, come se stesse cercando qualcosa. Dopo un breve istante, la trovò. Mi avvicinai per vedere meglio, ma non riuscivo a capire cosa ci fosse di così particolare in un semplice tronco. 

- Josh Holt - informò con tono duro e impassibile, accostando la sua mano contro quel punto preciso della corteccia. Dopo svariati secondi la tolse. Sulla sua mano era impresso un simbolo, lo stesso che si illuminò sul legno duro. Aveva lo stesso colore della pelle ustionata, un rosso strano, sembrava inciso nella sua pelle, come se fosse indelebile. Eppure prima non c'era.

Una riga dello stesso rosso iniziò a scorrere sulla corteccia formando un cerchio, abbastanza grande da entrarci una persona, attorno al simbolo. Osservai ciò che stava accadendo con gli occhi spalancati e sul volto un'espressione sbalordita. Non era reale. Improvvisamente la corteccia all'interno del cerchio inizio a perdere consistenza, a perdere colore, a perdere la sua stessa materia: era lì, ma era come se non ci fosse, come se fosse un fantasma.

- Ed ecco l'entrata. Strabiliante vero? Herbert non poteva fare di meglio! - esclamò Josh entusiasta.

Non lo badai. Non mi interessava nemmeno sapere chi fosse questo Herbert. Volevo andare a casa, dove i muri sono muri e le cose non diventano trasparenti. Ma la verità era che nemmeno casa mia era più un posto sicuro e in tutta sincerità, nemmeno casa di Chris lo era. Sia lei che Luke erano o sarebbero diventati dei vampiri. Mi domandai se Jared fosse realmente un licantropo, perché se così fosse, nemmeno lì, ovunque mi stessero portando, sarei stata al sicuro.

Cercai di reprimere la paura, ormai non potevo tirarmi indietro. Dovevo oltrepassare quella barriera, era mio dovere farlo per aiutare Luke e Chris. E poi, in ogni caso, non avevo altra scelta. 

- Non tremare - sussurrò Jared, prendendomi la mano e infilando le sue dita fra le mie, intrecciandole. Strinsi forte la sua mano per sentirmi protetta e avanzammo insieme verso l'entrata. Camminai mano nella mano con lui, il ragazzo dagli occhi neri come la notte. 

- Ancora un passo e sarai al sicuro, Julie. - disse cercando ci consolarmi e rassicurarmi.

Senza capirne il motivo, una piccolissima parte di me, credeva veramente a quelle parole, e per un solo istante, mi sentii davvero al sicuro.

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