Capitolo 1

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I raggi del sole illuminavano il chiostro, il giardino interno era completamente ricoperto di fiori dai colori dell'arcobaleno.
Serenity era seduta al centro dell'aiuola, sfogliava distrattamente un libro mostrando disinteresse per la lettura. Conosceva a memoria tutte le nozioni e immagini riportate nel manoscritto, ma non aveva mai potuto vedere con i propri occhi i luoghi descritti in quelle pagine. 

Era la principessa ereditaria del Silver Millennium, un regno lontano che sorgeva sulle acque di un cratere lunare chiamato Mare Serenitatis, luogo dal quale aveva origine il nome della fanciulla.

Il castello era per lei una prigione dorata, Queen Serenity, sua madre e regina, le aveva imposto diversi obblighi, tra cui il divieto di allontanarsi dalla corte e l'avventurarsi per le lande del satellite senza essere scortata dalle sue guardiane Celesti, nobili guerriere protette dai pianeti del Sistema Solare. 

Chiuse il libro dedicato alle leggende, accarezzò una pietra bianca incastonata sulla copertina e pensò all'ultimo brano letto: la strega dormiente negli specchi.

Odiava gli specchi, in particolar modo odiava quello enorme custodito nella stanza reale della madre. Era molto grande, la cornice impreziosita da intarsi dorati, lo specchio nero come la notte. Inquietante come la strega, secondo la leggenda, imprigionata in esso dopo aver scagliato una maledizione contro la principessa stessa.

Appoggiò il libro sulla panchina di marmo cercando di scacciare via quei pensieri, la strega aveva predetto la fine del Silver Millennium con la morte della principessa e la Regina prese ogni precauzione per proteggere la sua unica figlia.
Le negò la libertà. 

Serenity passeggiò per il chiostro, attraversò il lungo porticato e raggiunse la grande balconata affacciata sull'infinita distesa di pietre e crateri. Appoggiò i gomiti sulla balaustra di marmo bianco e si perse nei suoi pensieri osservando il nero Universo, le infinite stelle e quel meraviglioso pianeta dalle mille sfumature blu che dominava il cielo lunare.

«Chissà se il pianeta Terra è come la Luna.» sussurrò afflitta appoggiando il viso sui palmi delle mani. «Quando sarò regina viaggerò per tutti i pianeti sconosciuti!»

All'improvviso le balenò un'idea. Le guerriere e sua madre erano riunite nella sala della preghiera insieme ai consiglieri Luna e Artemis.

E lei era completamente sola senza scorta.

Unì le mani al petto, si concentrò e chiudendo gli occhi raccolse tutto il suo potere che si manifestò in un'intensa luce che avvolse il suo corpo.

Un tepore sulla pelle, nuovi profumi e suoni melodiosi. Serenity aprì lentamente gli occhi cercando di abituarsi alla luce solare e rimase estasiata dal paesaggio che la circondava: un'infinita distesa verde, una natura rigogliosa, fiori sconosciuti e strane creature volanti. Alzò lo sguardo e si innamorò nell'immenso azzurro che dominava il cielo.

«La Terra... sono sulla Terra.» rise facendo una piroetta su se stessa. Abbandonò le sue scarpe su una pietra lì vicino e affondò i piedi nudi nella soffice erba provando un dolce solletico. Respirò l'aria fresca a pieni polmoni inebriandosi di quel nuovi profumi e tra essi assaporò per la prima volta quello più dolce: il profumo della libertà.

Corse lungo la radura fiorita verso un piccolo ruscello, immerse i piedi nell'acqua cristallina e si deliziò della frescura provata sulla pelle. Sollevò il lungo vestito fin sopra le ginocchia per non bagnarlo e per gioco cominciò a saltellare lungo il ruscello con la stessa euforia di una bambina, si divertì nell'osservare il gioco di luci creato dal sole riflesso sull'acqua increspata quando un essere vivente simile a un fiore si posò sul dorso della sua mano destra.

Serenity sollevò il polso e osservò quella bizzarra creatura: un piccolo corpo vellutato simile allo stelo di un fiore con due piccoli filamenti e quattro petali bianchi con sfumature gialle in movimento.

Non aveva mai visto una farfalla.

L'insetto riprese il volo, volteggiò leggiadro tra i fiori incuriosendo la principessa che, estasiata da quel mondo a lei sconosciuto, lo seguì inoltrandosi nel bosco.

Esplorò quel luogo studiandone i colori della natura diversa dal freddo ambiente lunare così come gli animali, quando si accorse della presenza di un terrestre addormentato sotto le fronde di un salice piangente.

Il cuore di Serenity cominciò a battere velocemente, sua madre le aveva narrato storie di guerre nate dalla malvagità sopita nell'animo dei terrestri e quella situazione, sola in terra straniera, la spaventò. La curiosità però fu più grande della paura, si avvicinò silenziosa nascondendosi tra i cespugli, avanzò con piccoli e leggeri passi raggiungendo il salice illuminato da un raggio di sole. 

La luce riflessa sull'armatura donò al dormiente un'immagine solenne, Serenity si fece coraggio e si sporse sul giovane; capelli neri come il cielo lunare, un viso dai lineamenti delicati e labbra perfette leggermente socchiuse. Fu colpita dalla straordinaria bellezza di quel terrestre, lo studiò in ogni suo dettaglio, l'armatura scura e imponente, il lungo mantello vermiglio. Lo avrebbe osservato in eterno quando notò la farfalla bianca, la stessa che aveva inseguito, posarsi sui capelli del giovane; vide in quell'insetto un silenzioso segno del destino.
Sfiorò i suoi capelli scuri sentendone la morbidezza, li scostò curiosa per scoprire del tutto quel bellissimo volto privo di imperfezioni, accarezzò la fronte percependo il calore del corpo quando all'improvviso gli occhi dello sconosciuto si aprirono; si ritrovò bloccata a terra da quel giovane che le premeva una mano sull'esile collo mentre nell'altra brandiva una spada. 

«Chi sei?»
Serenity provò a rispondere ma le parole le morirono in gola. 

Per paura nel trovarsi in quella situazione pericolosa.
Per essere mentalmente rapita dall'intensità del blu profondo di quello sguardo.
Per le lacrime le bagnarono il viso.

L'uomo gettò l'arma sull'erba, si alzò lentamente mantenendo lo sguardo fisso su quella donna e le porse la mano per aiutarla ad alzarsi.
«Vogliate scusare la mia insolenza.» disse con voce roca chinando il capo in segno di riverenza. «Non volevo aggredirla. Nel sonno vi ho scambiato per un bandito.»
Serenity rimase incantata dal giovane. «Non dovete scusarvi.» mormorò lei «Un fiore volante si era appoggiato sul vostro capo e temevo vi avreste svegliato. Involontariamente ho disturbato il vostro riposo.» 

Lui si voltò per raccogliere la spada, la rinfoderò e sistemò il mantello fissandolo alle spalline con due fermagli d'oro.

«Un fiore volante?» chiese in tono sbigottito «I fiori non volano!»
Serenity fece qualche passo e gli indicò la farfalla appena posata sulla spallina dell'armatura.
«E invece sì.» sorrise «Volano.» Sfiorò l'insetto che, al tocco, riprese a volare disegnando cerchi nell'aria per posarsi, quasi per incanto, sulla sua mano.

Il giovane notò la straordinaria bellezza della fanciulla, ne osservò i lunghi capelli dai riflessi argentei, la pelle bianca e luminosa, le labbra rosse, carnose ed invitanti, gli occhi azzurri e luminosi come stelle mentre la veste candida come la neve le donava un'immagine eterea.

Una visione celestiale che gli tolse il fiato tanto che dovette abbassare lo sguardo per destarsi da quell'incanto.
«Siete scalza!» esclamò indicandole i piedi nudi.
«Sì.» rise. «Ho appoggiato le scarpe su quella pietra laggiù. Stavo correndo sull'erba quando ho incontrato il fiore e...»
«Farfalla.» pronunciò l'uomo. «Si chiama farfalla. È un insetto.» 

Vide la ragazza rivolgergli uno sguardo incuriosito, lo stesso di un bambino appena affacciato al mondo, e pensò fosse una forestiera venuta da molto lontano.

«Voi non siete di questa terra?» chiese ed ebbe la conferma del suo dubbio quando vide la ragazza scuotere la testa.
«Vi accompagno alla pietra.» disse porgendogli il braccio per consentirle di poggiarsi.

I due camminarono lentamente percorrendo a ritroso il ruscello, il giovane rispose alle insolite domande che la fanciulla poneva e scoprì che lei non conosceva nulla del mondo. Le spiegò cosa fossero gli alberi, gli uccelli, ogni singolo insetto incontrato lungo il cammino. Si ritrovò ad osservarla con la coda dell'occhio, rapito da quella bellezza al di fuori del normale quando giunsero alla pietra dove era appoggiato un paio di scarpe bianche.

La ragazza alzò il viso e guardò il cielo, la sua espressione divenne triste e gli occhi si velarono di lacrime.
«Devo tornare a Palazzo. Sento l'energia di Venus.» mormorò a occhi chiusi.
«Palazzo? Venus?» chiese sbigottito il ragazzo osservandola quando notò un particolare visibile solo in quel momento, inizialmente nascosto dalla penombra del bosco: uno spicchio di luna dorato impresso sulla fronte della fanciulla. 

Udì un fruscio alle sue spalle, si voltò e vide una bellissima donna; occhi celesti, lunghi capelli color del grano raccolti parzialmente da un nastro bianco e un'insolita veste lunga dalle diverse tonalità dell'oro.

«Vostra Altezza, vi ho cercato per tutto il pianeta.» pronunciò severamente. «La regina non si è accorta della vostra assenza. Dovete rientrare immediatamente.»
La principessa sospirò, fece un cenno di assenso con il capo e vide il giovane osservarla esterrefatto.
«Scusatemi se non mi sono presentata ma ero rapita dai vostri meravigliosi racconti.» disse, regalandogli un dolce sorriso.
«Il mio nome è Serenity, sono la principessa ereditaria del Silver Millennium, il Regno della Luna.»
«Regno della Luna?» bisbigliò lui deglutendo nervosamente realizzando di aver trascorso un intero pomeriggio con una Dea.
«E voi?» continuò Serenity.
«Endymion.» rispose inginocchiandosi rispettando l'etichetta di corte. «Sono il principe ereditario del Golden Kingdom, il Regno della Terra.»
«Tornerò presto da voi, Endymion.» Serenity sorrise mestamente provando diversi sentimenti contrastanti nel suo petto, emozioni mai provate prima. 

Il principe la guardò intensamente e rimase ammaliato dalla bellezza divina della principessa. Le prese la mano e con delicatezza la baciò.

«Spero di rivedervi presto, principessa Serenity»

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