Come vuoi essere?

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Se me lo avessero chiesto a 12 anni, nel bel mezzo delle medie e del periodo più critico della mia vita, avrei risposto di voler essere VISIBILE. A 12 anni si è consapevoli di non essere ne' adulti ne' bambini e, nella maggior parte dei casi, questo spinge a comportarsi in maniera anomala. Nella mia classe era così: ragazzini troppo presi a volersi sentire adulti, fumando, bevendo, parlando di sesso, da non rendersi conto di essere totalmente fuori tempo. E io, che non volevo e non avevo interesse a provare certe cose allora, rimanevo nell'angolo e mi sentivo invisibile. Un'invisibilità che, nella maggior parte delle volte, mi metteva a disagio, allontanandomi dall'idea, puramente cinematografica, che mi ero fatta di quell'età.
Se mi avessero fatto la stessa domanda a 14 anni? Avrei risposto di volermi sentire NORMALE. Alle superiori avevo imparato a farmi riconoscere, per la troppa impulsività, piuttosto che per i miei meriti scolastici, e di visibilità ne avevo una buona dose. Ma è stato proprio allora che ho iniziato a capire quanto fossi diversa dalle persone che avevo attorno nella vita di tutti i giorni. Ho sempre saputo quali fossero i miei obiettivi e volevo raggiungere un certo livello di studi e dedicarmi alle mie passioni. Ma la maggior parte dei miei amici, invece, non aveva ambizioni, ne' obiettivi. E piuttosto che percepire la mia diversità come 'originalità', io mi sentivo anomala. La mia sensazione costante era quella di non essere perfettamente integrata nel mio contesto, di essere quel pezzetto di puzzle difettoso che non si incastra da nessuna parte. E, dopo tante amicizie perdute e tante ferite scavate nel petto, quell'anormalità l'avevo trasformata in un concetto ancora più ampio, arrivando a definirmi come 'quella venuta da un altro pianeta', insomma un'aliena. E,  per quanto lo avessi voluto intendere negativamente, quell'appellativo era diventato quasi uno scudo sotto il quale ripararmi. Nel mio essere aliena avevo trovato la mia originalità e il mio equilibrio.
E se mi avessero fatto di nuovo quella domanda a 18 anni? Sarebbe cambiato qualcosa? Sì, lì avrei risposto di volermi sentire di nuovo INVULNERABILE. A 17 anni ho scoperto di essere malata, e, a poco a poco, ho capito che l'unica parte di me che non mi aveva mai preoccupata, era volubile, qualcosa mi stava portando via la mia salute, senza che potessi fare nulla. Il mio corpo si stava sgretolando sotto la spinta di un qualcosa che non ero ancora capace di comprendere. Fino ad allora mi ero sempre sentita instancabile, energica e, a tratti, indistruttibile, perché ero sempre stata capace di rialzarmi, qualunque fosse stato l'ostacolo che mi aveva spinta a terra. Ma dopo la malattia, mi sembrava di non esserne più capace. Mi sentivo un vaso di ceramica pieno di crepe, con l'acqua che zampillava da tutte le parti, inutile e solo il guscio di quello che ero stata un tempo. Poi ho imparato a prendere la forza dalle piccole cose e ho capito che, seppure non indistruttibile, io ero invincibile, mi sarei piegata, ma mai spezzata. Avrei sempre tenuto duro.
E se me lo chiedessero adesso?
In questo momento direi che non mi sento più invisibile, né anormale, né vulnerabile, ma ho capito di avere troppi pensieri per la testa. Se mi chiedessero oggi come voglio essere, risponderei che vorrei sentirmi LEGGERA. Ciò che da adulti manca è quella leggerezza dell'infanzia che ci accorgiamo di desiderare solo quando l'abbiamo perduta. Tutto era più facile quando la vita era più semplice, senza pensieri, ansie o preoccupazioni. Come quando eravamo bambini. E un po' di quella leggerezza, di quella spensieratezza e di quella libertà di poter essere sempre se stessi, sono ciò che vorrei oggi. E questo è tutto, non desidererei altro che questa nuova chiave di lettura della mia vita: poter affrontare tutto con un po' più di leggerezza, perché, per il resto, sono esattamente come avrei voluto essere.
Sono anormalmente originale, impetuosamente impulsiva e indistruttibilmente vulnerabile e, a me, piace così.

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