The Eleventh Hour

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JOHANNA'S POV


Il TARDIS stava andando letteralmente a fuoco a causa della sua rigenerazione e si stava per schiantare sulla Terra.
Io ero immobilizzata da tutto quello che successe in quei minuti: mio padre cambiò aspetto e io fui impaurita.
Aveva sempre gli occhi marroni ma aveva i capelli neri e uno strano mento lungo.

«Papà, sei sempre tu?»

«Sì, Jo sono sempre io. Ho un aspetto diverso ma sono io, guardami.»

Lo feci e nei suoi occhi, ora molto più giovani, rividi mio padre, anche se ancora non riuscii a fidarmi completamente.

«Ok, sei tu ma ora non dovremo far atterrare in modo sicuro il TARDIS?»

«Sì, è vero. Tieniti forte Jo che adesso si ballerà un po'... Geronimoooo!»

Il TARDIS, dopo un viaggio molto difficile, cadde malamente in un giardino di una piccola casetta di una bambina.

«Papà, hai veramente fatto un bell'atterraggio, i miei complimenti.» Gli dissi sarcastica.

«Mi sono appena rigenerato che vuoi di più. Devo ancora riprendere le mie funzioni vitali, dammi tempo, sono anziano.»

«Dalla tua faccia non si direbbe, non hai neanche una ruga.»

Proprio mentre litigavamo una bambina ci guardava.

«Voi siete dei poliziotti?»

«Io sono il Dottore e lei è mia figlia Johanna.» Si presentò mio padre.

 
«Un Dottore in una cabina della polizia?» la bambina sembrò confusa.

«Sì, è una storia lunga: in realtà questa cabina è una macchina del tempo e dello spazio più grande all'interno e noi, o per lo meno mio padre, siamo Signori del Tempo. Io lo sono per metà.» Le spiegai io.

La bambina era perplessa ma la potevo capire perfettamente: chiunque lo sarebbe stato se gli fosse caduta nel proprio giardino una cabina telefonica nel bel mezzo della notte e da essa fossero fuoriusciti due soggetti provenienti dallo spazio.
Dopo un attimo di silenzio la bambina chiese.

«Siete qui per la crepa nella mia parete?»

«Quale crepa?»

Proprio mentre stava parlando un forte dolore lo colpì al petto.

«Papà è tutto a posto?»

«Sì, Jo non preoccuparti sono solo i dolori della rigenerazione presto starò bene.»

Detto questo si alzò, sentii brontolare il suo stomaco ed emisi una piccola risata.

«Hai fame?»

«A quanto pare ho delle strane voglie.»

A quella risposta scoppiai in una lunga risata e lui mi guardò stranito.

«Perché ridi? Non posso avere delle voglie?»

«Sembri una donna incinta papà.»

Lui fece un piccolo sorriso poi ci dirigemmo all'interno della casa della bambina.
Quello che successe dopo mi fece sbellicare dalle risate: mio padre non riusciva a trovare niente che lo soddisfacesse fino ai bastoncini di pesce con la crema che aveva avidamente gustato mentre la bambina dai capelli rossi si presentava.
Dopo aver mangiato ci dirigemmo nella sua camera e notammo un lunga crepa nella parete e a me non sembrò niente di strano.

«Ma è una semplice crepa cosa c'è di strano?»

«Questa non è una semplice crepa è una lacerazione nello spazio-tempo, due parti dello spazio-tempo che non dovevano toccarsi premono l'una contro l'altra proprio nella sua camera.»

 
Una lacerazione spazio - temporale? Questo sì che è strano.


Rivolse poi la sua attenzione ad Amelia.

«A volte tu puoi sentire...»

«...Delle voci, sì.» Continuò lei per lui.

Mio padre avvicinò l'orecchio alla parete per ascoltare meglio e ripeté quello che aveva sentito.

«Il prigioniero 0 è fuggito.»

Noi eravamo alquanto confuse e chiedemmo all'unisono.

«Che significa?»

«Significa che dall'altra parte c'è una prigione e hanno perso un prigioniero. Sapete cosa vuol dire?»

Io compresi e piena di emozione cominciai a saltare.

«Che bisogna scoprire dove si trova, giusto?»

«Esattamente, e l'unico modo è aprire la parete perchè le forze si invertiranno e si richiuderà da sola.»

Detto ciò spostò il comodino, puntò il suo cacciavite verso la crepa e quella si aprì rivelando, per l'appunto, una prigione e all'improvviso apparve un occhio gigante; poi come se non fosse successo niente il muro divenne come prima.
Io ero ancora sconvolta e non riuscii ad emettere una parola ma fu la bambina a fare la domanda che mi ronzava nel cervello.

«Che cos'era quello? Era il prigioniero 0?»

«No, penso fosse la guardia del prigioniero 0. Comunque mi ha mandato un messaggio nella carta psichica in cui mi dice che il prigioniero se l'è data a gambe. Ma perchè dirlo a noi?»

Io capii tutto e già da prima mi guardavo intorno ispezionando attentamente ogni singolo angolo della stanza.

«Forse perchè può essere scappato dalla crepa, non trovi papà? E quindi può trovarsi in questa casa.»

Lui mi guardò e mi sorrise.

«Sei geniale Jo! Andiamolo a cercare.»

Uscimmo dalla cameretta e con la coda dell'occhio mio padre notò che c'era un'altra stanza e prima di fare qualunque altra cosa sentimmo il suono del TARDIS e ci precipitammo giù dalle scale a corsa.

«La cabina sta per andare a fuoco per rimetterla in sesto dovrò fare un salto nel tempo di cinque minuti, torniamo subito. Vieni Jo.»

La bambina si rattristò.

«Le persone dicono sempre così.»

Io entrai nella cabina e li ascoltai.

«Io non sono così. Ti sembro uno che non torna? Fidati di me sono il Dottore.»

Detto ciò entrò dentro la cabina cadendo nella piscina insieme a me.
Una volta all'interno partimmo andando avanti nel tempo di cinque minuti ma quando tornammo ci aspettò una bella sorpresa: mentre la cercavamo suonò il telefono della cabina e io ero confusa.

«Papà ma non avevi detto che il telefono è finto?»

«Infatti lo è.»

«Ma sta squillando.»

«Io vado a cercare Amelia tu rispondi.»

Io ero ancora molto confusa ma risposi comunque.

«Pronto?»

«Ciao Jo.»

Quando sentii la voce di mio padre, il Decimo Dottore, le lacrime fuoriuscirono dalla gioia.

«Papà! Sei davvero tu?! Ma come fai a chiamarmi se ti sei appena rigenerato?»

«Ti sto chiamando dal passato poco prima che cambi aspetto e personalità. Ho voluto farlo perchè so che tu non ti fidi ancora completamente del nuovo me, ma sono sempre io piccola Jo. Lo so avrò un nuovo carattere e forse sarò più vecchio o più giovane ma sono sempre colui che ti ha dato la vita, dammi una possibilità.»

«Mi manchi troppo papà ed è vero che non mi fido ancora del nuovo te perchè è molto più giovane, ma a quanto pare dovrò farci l'abitudine. Mi mancano i tuoi occhi marroni, le tue Converse, il tuo cappotto marrone, quei capelli che hanno vita propria e il tuo sorriso. So adesso cosa aveva provato la mamma quando aveva dovuto dirti addio, ogni volta che mi guardo allo specchio il mio cuore si spezza in milioni di pezzi perchè so che i tuoi occhi marroni non li rivedrò mai più.» A quel punto iniziai a piangere.

«Tesoro, lo so che ti manco ma devi farti forza e darmi comunque una chance, ho solo cambiato aspetto e carattere ma sono sempre io. Purtroppo questa è la maledizione dei Signori del Tempo e non ci posso fare niente, sono destinato ad essere immortale, in una certa maniera nel senso che se mi colpiscono mentre è in corso la rigenerazione posso morire, e a cambiare mentre tu invecchierai come un normale essere umano. Comunque ho incontrato Amelia Pond vero? E per favore dimmi che ho i capelli rossi!»

A quella frase finale risi.

«Purtroppo no però hai acquistato un mento piuttosto lungo e la passione per i cravattini e per il pesce con la crema.»

Alla mia affermazione sentii la sua bellissima risata provenire da dietro la cornetta.

«Come il pesce con la crema?! Sei seria Jo?! Ma avrò mai i capelli rossi una buona volta?! Comunque me lo puoi dire perchè non mi ricorderò di questa telefonata.»

«No purtroppo no, nella tua ultima rigenerazione sarai anziano e avrai i capelli grigi.»

Lui rise di nuovo.

«Brillante, veramente brillante . Ora devo andare Jo e ricorda quell'uomo che ora c'è al mio posto sono sempre io, ti voglio bene bambina mia.»

Sorrisi, guardai verso la finestra dove si trovava Eleven e gli risposi.

«Ti voglio bene anch'io papà e te ne vorrò sempre.»

ELEVEN'S POV

Io andai a cercare Amelia e nel mentre ascoltai la conversazione tra mia figlia e colui che compresi essere io nella mia precedente rigenerazione: lei non si fida ancora di me e posso capirla benissimo perchè anche sua madre, Rose che ancora mi manca, quando cambiai davanti a lei non si fidò e per lei ero uno sconosciuto che prese il posto alla mia nona rigenerazione. Lei non mi credette e quando io ero ancora debole per l'effetto della rigenerazione la sentii piangere e dire che il suo Dottore era morto. Questo mi fece davvero male come me lo sta facendo adesso vedere la mia bambina in lacrime dalla finestra. Sono ancora io tesoro, lo so sono diverso ma è la mia maledizione quindi per favore smetti di piangere. Poi smise e al suo posto comparve il suo bel sorriso che lasciò poi il posto alla sua risata, e io feci altrettanto. Poi lei si voltò verso di me e mi sorrise, e compresi che lui riuscì a convincerla del tutto. Grazie Ten.

JOHANNA'S POV

Salii le scale che portavano alla cameretta di Amelia, abbracciai mio padre e lui ricambiò.

«Allora ti sei convinta che sono ancora io?»

Sorrisi annuendo con la testa.

«Sì, papà e devo dire che questa tua nuova rigenerazione non è affatto male.»

Lui sorrise ma questo nostro bel momento fu interrotto da una poliziotta che ci addormentò con una botta in testa.
Ci svegliammo poco dopo legati con delle manette a un termosifone.

«Una mazza da cricket, tu sei una poliziotta e io sto cercando Amelia Pond.» Affermò mio padre svegliandosi.

«Voi siete colpevoli di effrazione.»

Quando mi ripresi totalmente continuai quello che stava dicendo mio padre.

«Amelia Pond, la ragazzina scozzese che abitava qui dov'è? Le avevamo detto cinque minuti per via del fatto che i motori si stavano rifasando. Ora sta bene?»

«Amelia Pond non vive più qui da tempo.» Annunciò seriamente quella poliziotta.

«Da quanto?» chiese mio padre.

«Sei mesi.»

Mio padre era stupito mentre io pensai tra me e me: ma bravo invece di cinque minuti le abbiamo fatto passare sei mesi! Davvero mi devo congratulare con questa tua rigenerazione!


Mio padre era sempre più preoccupato per la ragazzina.

«Che le è successo? Che cosa è successo ad Amelia Pond?»

Mi intromisi tra i due.

«Vorrei parlare con chi vive qui.»

«Io vivo qui.» Mi rispose la poliziotta.

«Bene, allora dimmi quante stanze ci sono.»

Lei le contò ma come previdi non contò la stanza che io ed Eleven notammo con la coda dell'occhio sei mesi fa.
Quello che accadde dopo fu un susseguirsi di eventi a dir poco sconvolgenti: il ritrovamento del prigioniero 0, un alieno simile a una murena azzurra, che poteva prendere le sembianze dei pazienti dell'ospedale, l'incontro con il fidanzato di Amy Pond, che avevo appunto scoperto essere quella stessa poliziotta, Rory Williams e infine gli Atraxi, gli alieni che cercavano il prigioniero 0.
Dopo averli lasciati fuggire con il loro prigioniero tornammo a casa di Amy dove ci aspettava il nostro nuovo TARDIS che aveva cambiato il suo aspetto.

«Wow, si modernizzata! E' davvero carina.» Dissi con la bocca spalancata dalla meraviglia.

«Carina, lei è sexy.»

La facemmo partire e tornammo da Amy due anni dopo.

«Scusa se siamo scappati prima, un TARDIS nuovo di zecca, molto eccitante. Abbiamo fatto un salto veloce sulla luna per rodarlo. Ora è pronto per i prossimi viaggi.»

Lei ci corse incontro.

«Siete voi, siete tornati.»

«Eh già, non potevamo lasciarti qui dopo tutto quello che è successo. E poi tu mi sei simpatica e non vedo l'ora di viaggiare insieme a te, sarà divertente.» Dissi io.

«Certo che siamo tornati, noi torniamo sempre.»

«E hai tenuto i vestiti.» Disse notando l'abbigliamento.

«Compreso il cravattino.» Continuò.

 
«Bowties are cool.» Affermò mio padre aggiustandosi il cravattino.

Poi io le chiesi allegramente.

«Allora vieni con noi sì o no?»

«Ma tutte quelle storie... sono successe due anni fa!»

Io a questo punto scoppiai in una sonora risata.

«Papà, sei sempre il solito ritardatario!»

«Ehm, ops. Quindi sono quattordici anni dal pesce con la crema. Amy Pond una bambina che ha aspettato abbastanza.»
Detto ciò le aprimmo la porta e cominciarono le nostre mitiche avventure.

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