The End Of The Time

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Stava per arrivare la fine, la fine del Decimo Dottore.
Noi salvammo i colonizzatori sul pianeta Marte dall'acqua che si rivelò pericolosa e salvammo delle persone su un autobus da strani alieni volanti.
Mio padre prima di tornare sulla Terra mi fece un ultimo regalo, un regalo d'addio.
Potrei definire questo come uno dei regali migliori che mi abbia mai fatto.

Andammo su un pianeta con diversi portali che ti conducevano nei luoghi che desideravi visitare: c'era Mongo ( il pianeta visitato da Flash Gordon), c'era la realtà parallela con i vari supereroi dei fumetti Marvel, quella di Sherlock, quella di Harry Potter, Good Omens, di Jessica Jones, the Big Bang Theory e Broadchurch per poi terminare con l'epoca storica di Casanova.
Io fui molto indecisa e, dopo vari tentennamenti, decisi di entrare nel portale che conduceva ad Hogwarts.

Mi ritrovai in un bellissimo castello con moltissimi studenti che si dirigevano con tutta fretta verso una stanza particolare che capii immediatamente si trattasse della Sala Grande: c'erano quattro tavolate per le quattro case ( Grifondoro, Serpeverde, Tassorosso e Corvonero) e in fondo alla sala una tavolata con tutti i professori ( Albus Silente, Severus Piton, Minerva McGranitt, Vitious, Hagrid, Malocchio Moody e Sprout ).

Vidi tra i diversi studenti i miei tre personaggi che più avevo amato: Harry Potter, Hermione Granger e Ron Weasley. Mi sedetti accanto a loro che mi notarono immediatamente.

«Tu chi sei?» mi chiese Harry. Sulla sua fronte si trovava la mitica saetta procurata da Voldemort quando lui aveva solo un anno. I suoi occhi verdi si trovavano dietro delle spesse lenti di occhiali.

«Io sono Johanna Tyler Smith e lui è mio padre il Decimo Dottore. Io so chi sei, sei il ragazzo che è sopravvissuto, so tutto di te.»

«Io non ti ho mai vista, da dove vieni?»

«È una storia lunga, ma dopotutto avremo tutto il tempo di parlare in Sala Comune.» Gli risposi trattenendo l'emozione.

Dopo aver mangiato, il preside ci condusse nella sua stanza perché sospettava di noi. I suoi occhi celesti brillavano dietro gli occhiali a mezzaluna. Inoltre aveva una folta barba e una veste lunga viola.

«Chi siete? Da dove venite? Anche se quello sguardo mi pare di averlo già visto. Sei tu Barty Crouch Jr?» chiese a mio padre puntandogli la bacchetta contro.

«Barty Crouch Jr? Io sono il Dottore forse mi sta confondendo con un'altra persona.» Spiegò mio padre sorpreso da quell'attacco improvviso da parte del professore.

«Sì, gli creda lui non è quel mangiamorte. Io invece sono Johanna Tyler Smith e veniamo da un mondo parallelo.»

«Scusate se sono stato così brusco ma le precauzioni non sono mai troppe di questi tempi. Quindi venite da un mondo parallelo e ditemi cosa ci aspetterà?»

«Posso dirle solo una cosa e lo prenda come consiglio, non faccia entrare nella scuola Dolores Umbridge perché porterà solo guai e diffidi del Ministero. Per quanto riguarda Severus lo protegga perché sarà piuttosto importante alla fine, sarà lui a salvare il mondo magico.»

Dissi questo e un paio di lacrime bagnarono il mio volto perché sapevo quello che presto sarebbe accaduto e trovarmi come parte degli eventi era allo stesso tempo bellissimo ma anche molto triste.

«Per quanto mi riguarda? Cosa mi succederà?»

«Se glielo dico lei mi promette che se lo dimenticherà?»

Lui annuì e io con voce tremante gli dissi quello che gli aspettava.

«Lei morirà ma, ascolti, sarà lei stesso a chiederlo a Severus perché sarà gravemente malato. Lord Voldemort vorrà vendicarsi contro la famiglia Malfoy e chiederà a Draco di ucciderla ma sarà proprio Severus, su suo ordine, attraverso un Patto Infrangibile a compiere questo compito. Inoltre, dimentichi anche questo, Severus morirà ma il suo sacrificio non sarà vano perché permetterà ad Harry di uccidere Voldemort.» Gli spiegai cercando di non piangere troppo.

Lui rimase pietrificato e sconvolto da tutto quello che gli raccontai ma potei capirlo perfettamente.

Dopo degli attimi di silenzio ci lasciò andare e io mi diressi verso la sala comune di Grifondoro per spiegare agli altri quello che dissi a Silente senza però citare il loro futuro.

«Io non vengo da questa realtà ma da un'altra in cui voi siete i protagonisti di una saga che tutti amano nata dalla penna di J. K. Rowling. Io sono per metà Signora del Tempo e metà umana, ovvero possiedo due cuori e mio padre proviene da Gallifrey un pianeta nella costellazione di Kasterborous.» Gli raccontai.

«Quindi noi siamo solo dei personaggi di carta? Non esistiamo?» chiese triste Ron.

«No, purtroppo no. Ma a Londra, nella mia realtà, è stato costruito un museo dove sono raccolti tutti i momenti più importanti dei film da cui sono tratti i libri. Voi non esisterete nella realtà ma nella fantasia dei lettori sì.» Risposi io sempre più emozionata.

Inoltre quell'anno si sarebbe tenuto pure il Torneo TreMaghi e quello voleva dire il ritorno di Lord Voldemort.

Quella prima sera la passai a chiacchierare in loro compagnia, ridendo e scherzando, mentre il giorno successivo partecipai alle varie lezioni che furono molto interessanti e soprattutto mi piacque particolarmente il modo di insegnare di Severus Piton. Sapevo tutta la sua tragica storia e sapevo inoltre che si sarebbe sacrificato per salvare il mondo magico. Era uno dei personaggi più sottovalutati dell'intera saga nonostante lo odiassero in tanti.

Un'altra lezione che mi interessò fu difesa contro le arti oscure insegnata dal professor Moody, o in altre parole dal mangiamorte Barty Crouch Jr sotto le sue spoglie con la pozione Polisucco. Lui ci insegnò le maledizioni senza perdono e mi spaventai terribilmente.
Durante quel tempo che passai in quel bellissimo castello partecipai anche al Torneo TreMaghi diventando la quinta partecipante.

Anche se Harry mi continuò a domandare, visto che io sapevo tutta la storia, chi avesse messo il suo nome nel calice di fuoco io non gli risposi mai perché potevo cambiare tutta la storia e non volevo che quello potesse accadere. Era incredibilmente testardo e non potevo di certo biasimare il professor Piton. Era la copia sputata di James.

Come prima prova affrontai i draghi e ne fui spaventata: erano enormi e molto pericolosi.
Quello che capitò a me fu il Nero delle Ebridi: aveva scaglie ruvide, occhi viola brillante e una fila di creste basse ma affilate come rasoi lungo la schiena; la sua coda terminava con una punta a forma di freccia e possedeva ali simili a quelle di un pipistrello.

Mi trovai rinchiusa in una grande arena con diverse rocce su di una si trovava l'uovo dorato.
C'era uno strano silenzio e l'unico rumore che riuscii a udire era quello dei miei cuori che correvano come forsennati dalla paura.

All'improvviso quel silenzio venne rotto dal drago che spuntò fuori spuntando fuoco verso di me. Ebbi paura ma, essendo coraggiosa quanto mia madre, riuscii a ripararmi dietro a una roccia e a attaccare con un incantesimo il drago mettendolo fuori gioco per un po'.
Quel tempo lo usai per avvicinarmi al masso con l'uovo. Il drago, vedendo quello che stavo facendo, si riprese e mi attaccò con la sua coda ruggendo arrabbiato.

Io riuscii a schivare il colpo ferendolo e presi il premio.

Infine ritornai vittoriosa nella tenda dov'erano riuniti tutti a festeggiare i vincitori.
Partecipai inoltre anche al Ballo del Ceppo insieme a mio padre.
I giorni precedenti al ballo a Hogwarts non si parlava d'altro e molti ragazzi, tra cui Harry e Ron, si trovarono molto in difficoltà a scegliere una ragazza.
Io invece sapevo chi portare e la sera prima del grande evento mi trovavo nella Sala Comune con Hermione per prepararmi.

Lei mi aiutò a scegliere un abito e immediatamente ne notai uno davvero stupendo: era lungo, nero con uno strappo sulla gamba destra ed era senza spalline. Lo indossai e misi anche delle scarpe con il tacco dello stesso colore.
Poi mentre io mettevo il rossetto e il mascara Hermione mi faceva un'acconciatura piuttosto elaborata.

Una volta pronta ci dirigemmo verso la stanza dove si sarebbe tenuto il Ballo e ci trovammo i nostri accompagnatori: Victor Krum e il Dottore.

Appena mio padre mi vide i suoi occhi si ingrandirono dallo stupore.

«Sei davvero una bellissima donna lo sai?»

«Grazie papà e anche tu non stai male. Le Converse potevi anche toglierle però.» Dissi ridendo.
Infatti il suo abbigliamento era completamente cambiato ad eccezione delle sue scarpe: indossava uno smoking, dei pantaloni neri e al collo un cravattino dello stesso colore; mentre le Converse erano bianche.

Quando vidi però il cravattino risi ricordandomi della sua rigenerazione successiva che avrebbe avuto questa passione sfrenata. Però pensando al fatto che dopo questa avventura si sarebbe rigenerato diventai triste. Lui si accorse del mio cambio d'umore e mi strinse di più la mano. Aveva compreso cosa attanagliava il mio cervello.

Scoprii che mio padre era un eccezionale ballerino e gli domandai dove avesse imparato.

«È stato tutto grazie a John Smith, ma è una storia lunga e non ti vorrei annoiare troppo.»

Per tutta la sera ballammo e ci divertimmo come non ci era mai successo anche se qualche volta vidi una sfumatura di tristezza invadere i suoi occhi marroni e compresi che stava pensando a mia madre.

Poco prima della seconda prova, io e Harry, entrammo nell'ufficio di Silente perché il mio amico volle parlare con lui ma prima che rientrasse vedemmo il Pensatoio dov'erano racchiusi i ricordi del preside.

Quello che vedemmo ci sconvolse, me in particolar modo: partecipammo a un processo e c'erano tantissime persone tra cui vidi un ragazzo che doveva avere la mia età con corti capelli marroni e assomigliava moltissimo a mio padre.

Durante il processo fu fatto il suo nome e scoprii che si chiamava Barty Crouch Jr; egli cercò di scappare ma delle guardie lo presero e lo portarono davanti a Barthemious Crouch Senior e la sua lingua si spostava da una parte all'altra della bocca mentre lui aveva uno sguardo da pazzo.
Dopo quella scena ci ritrovammo nuovamente nello studio di Silente e io corsi immediatamente da mio padre che aveva preso una stanza nel villaggio vicino.

Lui mi vide così spaventata e mi chiese cosa avessi.

«Ho visto una persona, Barty Crouch Jr, era uguale a te in tutto e per tutto ad eccezione dei capelli che erano perfettamente curati. Ho avuto tanta paura.» Gli spiegai piangendo.

«Era solo un ricordo, tranquilla, io non sono lui, guardami.»

Io lo feci e subito la mia insensata paura scomparve: è vero mio padre non era quel mago oscuro. Lui è buono e gentile con tutti e non ammazzebbe mai nessuno.

Passarono i mesi e la mia amicizia con Ron, Hermione ed Harry diventò fortissima.

Superai tutte le prove con grandissima abilità e incontrai anche il Signore Oscuro.
Io, Harry e Cedric ci trovavamo in un cimitero e intuii che cosa stava per accadere: la paura mista all'emozione prese posto nei miei cuori e quando Lord Voldemort apparve davanti a noi io spalancai la bocca.

Aveva due occhi rossi come il sangue, la pelle era cadaverica e bianca come il latte più puro e al posto delle narici aveva due fessure come i serpenti.

Harry si trovava imprigionato nella statua del padre di Voldemort mentre Cedric era a terra senza vita; osservai il tutto dietro ad un cespuglio senza fare il minimo rumore.
A un certo punto, come vidi al cinema, le due bacchette entrarono in contatto e dalla bacchetta di Voldemort fuoriuscirono le anime delle persone che aveva ucciso.
Poi Harry staccò il contatto con la bacchetta di Voldemort e riportò indietro il corpo di Cedric e me.

Mio padre, vedendomi sana e salva, mi abbracciò ma poi vedendo Malocchio/Barty portare nella sua stanza Harry, li seguii a ruota.
Dopo diversi dialoghi tra loro due vidi entrare Albus insieme a Severus e Winky, l'elfa di Barty e la McGranitt.

«Santo cielo!» disse la professoressa fissando l'uomo disteso al suolo.

Sporca e scarmigliata, Winky sbirciò da dietro le gambe di Piton. La sua bocca si spalancò ed emise uno strillo penetrante.

«Padron Barty, padron Barty, che cosa fa tu qui?»

Si gettò sul petto del giovane, un uomo pallido, con vaghe lentiggini e un ciuffo di capelli biondi che assomigliava tremendamente a mio padre che a proposito lo stava fissando incuriosito e interessato con gli occhiali sul naso.

«Ma... È veramente una mia copia!»

All'improvviso l'uomo si svegliò e Silente gli versò in bocca il Veritaserum e gli chiese.

«Vorrei che ci dicessi, come mai sei qui. Come hai fatto a fuggire da Azkaban?»

Barty trasse un profondo respiro tremante, poi prese a parlare in tono piatto e inespressivo.


«Mi ha salvato mia madre. Sapeva di stare per morire. Ha convinto mio padre a salvarmi come ultimo desiderio. Lui l'amava come non ha mai amato me. Acconsentì. Vennero a trovarmi. Mi diedero una dose di Pozione Polisucco che conteneva un capello di mia madre. Lei bevve una dose di Pozione Polisucco che conteneva un mio capello. Prendemmo l'uno le sembianze dell'altra. I Dissennatori sono ciechi. Hanno avvertito una persona sana e una morente entrare ad Azkaban. Hanno avvertito una persona sana e una morente uscirne. Mio padre mi portò fuori di nascosto, travestito da mia madre, nel caso che qualche prigioniero guardasse dalla porta della cella. Mia madre morì poco dopo ad Azkaban. Fece attenzione a bere la Pozione Polisucco fino alla fine. Fu sepolta col mio nome e le mie sembianze. Tutti credettero che si trattasse di me.»

Durante tutto il racconto io e mio padre ascoltammo rapiti finché, alla fine, Barty non si accorse di noi.

«Ma... Voi chi siete? E tu assomigli a me!»

«Oh, beh, è una lunga storia e non credo che tu sia in grado di capire.» Disse mio padre grattandosi dietro la nuca quando spiegava qualcosa.

«Mi sta dando dell'ignorante, per caso?» disse il mangiamorte saettando con la lingua.

«No, sono soltanto delle cose impossibili da comprendere. In pratica tu non esisti e la persona che ti ha dato la vita, o meglio che ci ha dato, ha girato questo film. È un po' un Wibbly Wobbly Timey Wimey stuff.» Disse mio padre gesticolando con le mani.

Il mago sembrò più confuso di prima ma grazie all'intervento di Silente uscimmo da quel pasticcio.

Dopo quell' avventura ritornammo al presente e al nostro mondo e sapevo quello che stava per accadere.

Ora tutto questo stava per finire.

Promisi a mio padre che non avrei interferito negli eventi ma sapevo che sarebbe stato molto ma molto difficile.

Atterrammo sul pianeta degli Ood e prima di uscire all'esterno mio padre mi avvertii un ultima volta.

«Figlia mia ascoltami bene, questi per me saranno gli ultimi momenti prima di cambiare volto e personalità, ma sarò sempre tuo padre, quindi NON provare a interferire negli eventi d'accordo?»

Nel suo volto lessi tutto il dolore di morire e lasciare il suo posto a uno sconosciuto ma annuii.

DOCTOR'S POV

Prima di incontrare gli Ood, ovvero una specie umanoide con tentacoli usati per mangiare posizionati sulla parte inferiore delle loro facce e un cervello secondario nelle loro mani, volli fare una telefonata e mia figlia mi guardò confusa.

«Papà che stai facendo? Il telefono non funziona.»

«Tu raggiungi Ood Sigma io arrivo subito.» Le dissi sbrigativo.

Sapevo benissimo che mia figlia avrebbe avuto difficoltà ad accettare il nuovo Dottore così feci una chiamata alla Johanna del futuro.

«Pronto?» chiese lei

«Ciao Jo.»

«Papà! Sei davvero tu?! Ma come fai a chiamarmi se ti sei appena rigenerato?» domandò confusa ma felice.

«Ti sto chiamando dal passato poco prima che cambi aspetto e personalità. Ho voluto farlo perché so che tu non ti fidi ancora completamente del nuovo me, ma sono sempre io piccola Jo. Lo so avrò un nuovo carattere e forse sarò più vecchio o più giovane ma sono sempre colui che ti ha dato la vita, dammi una possibilità.»

«Mi manchi troppo papà ed è vero che non mi fido ancora del nuovo te perché è molto più giovane, ma a quanto pare dovrò farci l'abitudine. Mi mancano i tuoi occhi marroni, le tue Converse, il tuo cappotto marrone, quei capelli che hanno vita propria e il tuo sorriso. So adesso cosa ha provato la mamma quando ha dovuto dirti addio, ogni volta che mi guardo allo specchio il mio cuore si spezza in milioni di pezzi perché so che i tuoi occhi marroni non li rivedrò mai più.» A quel punto la sentii piangere.

No, figlia mia, non piangere che così rendi tutto più complicato.

«Tesoro, lo so che ti manco ma devi farti forza e darmi comunque una chance, ho solo cambiato aspetto e carattere ma sono sempre io. Purtroppo questa è la maledizione dei Signori del Tempo e non ci posso fare niente, sono destinato ad essere immortale, in una certa maniera nel senso che se mi colpiscono mentre è in corso la rigenerazione posso morire, e a cambiare mentre tu invecchierai come un normale essere umano. Comunque ho incontrato Amelia Pond vero? E per favore dimmi che ho i capelli rossi!»

A quella frase finale la sentii ridere.

«Purtroppo no però hai acquistato un mento piuttosto lungo e la passione per i cravattini e per il pesce con la crema.»

«Come il pesce con la crema?! Sei seria Jo?! Ma avrò mai i capelli rossi una buona volta?! Comunque me lo puoi dire perchè non mi ricorderò di questa telefonata.» Le spiegai.

«No purtroppo no, nella tua ultima rigenerazione sarai anziano e avrai i capelli grigi.»

«Brillante, veramente brillante . Ora devo andare Jo e ricorda quell'uomo che ora c'è al mio posto sono sempre io, ti voglio bene bambina mia.» Risi alla sua ultima affermazione.

«Ti voglio bene anch'io papà e te ne vorrò sempre.»

Con ciò chiusi la telefonata.

In quel momento sapevo che la futura Johanna non avrebbe avuto problemi con il nuovo Dottore.

Quando mi riunii a Jo lei mi chiese.

«A chi hai telefonato?»

«A nessuno.»

«Ma ti ho sentito ridere.» Disse lei perplessa.


«A tua madre, ma ora non perdiamo tempo.» Le dissi sbrigativo.

JOHANNA'S POV

Io ero ancora confusa sul comportamento di mio padre: perchè non mi vuole dire la verità? Cosa mi nasconde? Spero di scoprirlo presto .

Ci unimmo a Ood Sigma che disse a mio padre che la sua canzone stava per finire e che il suo popolo ultimamente stava facendo degli strani sogni riguardanti la fine del Tempo e la resurrezione del Maestro.
Mio padre non appena vide ciò mi diede la mano e ci dirigemmo, a corsa, nel TARDIS.
Io ero ancora molto confusa e volevo delle risposte.

«Cosa vuol dire che il Maestro sta per tornare? E cosa vuol dire che sta per finire il Tempo?»

«Rassilon il capo del consiglio lo scelse per l'iniziazione, e durante la cerimonia nella quale guardò all'interno del vortice del tempo, lui impazzì, a causa del costante suono di tamburi impiantato nella sua testa. Questo ritmo consisteva da quattro costanti battiti. Ma lui doveva essere morto ma a quanto pare sta per risorgere. E per quanto riguarda la tua seconda domanda il mio popolo sta per tornare e distruggerà la Terra.»

Io ero terrificata.

«Allora dobbiamo fermarli papà.»

Appena atterrammo sulla Terra, entrammo in una discarica, udimmo quattro colpi e capimmo che era il Maestro.
Quello che accadde dopo fu un susseguirsi di eventi e di colpi di scena che mi sconvolsero: il ritrovamento di Wilfred, il fatto che sia mio padre che il nonno di Donna era legati da uno strano destino e infine il Maestro.

Alla fine lo conobbi e come avevo intuito era uno psicopatico bipolare che attraverso uno strano macchinario, costruito da degli alieni verdi simili a cactus chiamati Vinvocci, trasformò l'intera razza umana in copie di sé stesso.
Mio padre ci salvò portandoci sull'astronave di quegli alieni verdi e fu qui che lui si chiarì con Wilfred sull'argomento delle armi.

In poco tempo scoprimmo che i Signori del Tempo stavano per tornare grazie al segnale amplificato nella testa del Maestro.
Io ero sempre più spaventata e triste perché sapevo che mancava sempre meno alla rigenerazione di mio padre.

Stava per finire tutto.

Il Decimo Dottore aveva le ore contate.

Quando i Signori del Tempo arrivarono sul pianeta Terra mio padre scese dall'astronave cadendo all'interno della villa di Naismith; Wilfred stava per seguirlo a ruota ma io lo fermai perché qualcosa mi diceva che non sarebbe stato il Maestro a porre fine alla vita del Decimo Dottore ma lui: fermandolo però avrei cambiato le cose ma soprattutto avrei cambiato il futuro di mio padre, avrei fatto sì che non si rigenerasse; però qualcosa mi ferma, come nel 24 novembre 1991, è la delusione di mio padre. Mi ricordai anche delle strane creature apparse nel cielo quando salvai Michael Jackson. Fare la cosa giusta non sempre porta a risultati positivi. Devo far accadere gli eventi, non c'è alcun modo .

Lo lasciai andare e insieme entrammo nella villa e assistemmo alla lunga diatriba tra mio padre, Rassilon e il Maestro.

La tensione era palpabile.

Lo scopo del Maestro era riconvertire i Signori del Tempo in copie di lui ma il suo piano fallì perché Rassilon fece ritornare gli umani come prima.
Come previdi uno degli scienziati di Naismith rimase intrappolato all'interno della cabina antiradiazioni e noi prendemmo il suo posto.

Tutti i pezzi del puzzle stavano per tornare alla loro posizione.

Quello che successe dopo fu un susseguirsi di battute tra i tre personaggi fino a che il Dottore non distrusse il congegno che univa mentalmente il Maestro a Rassilon. Il capo dei Signori del Tempo tentò di uccidere mio padre ma il suo vecchio amico si sacrificò per lui.
La fine era sempre più imminente.

DOCTOR'S POV

Sono vivo?
Sono vivo!
Sono vivo!

Me lo stavo ripetendo come un mantra nella mia testa e la gioia era troppa da contenere.
Ma all'improvviso...

TOC TOC TOC TOC

Quattro colpi.

Quei quattro maledettissimi colpi.

Il mio sorriso svanì dalla mia faccia in pochissimo tempo.

La profezia si stava per avverare.

Ecco è finita. È tutto finito. Io sarei morto lasciando spazio a qualcun altro. Non è giusto! Perché a me che ho fatto così poco?!

Wilfred.

Lo sapevo che sarebbe stato lui a porre fine alla mia vita.

Lo guardai e lui disse.

«Se ne sono andati? Finalmente! Ora potresti farmi uscire di qui?»

Lo guardai con gli occhi pieni di dolore: perché Wilfred proprio tu tra tutti?

«Sì, certo.» Gli risposi.

«Questo macchinario sta facendo degli strani rumori.»

«È in sovraccarico.»

«Ed è un male vero?»

«No, perché tutte le radiazioni in eccesso si riversano all'interno. Il vetro dei Vinvocci le contiene, ma cinquemila radiazioni lo faranno crollare.»

«Beh, allora è meglio uscire.»

«La situazione è critica, se tocchi qualcosa va in tilt.»

Avevo gli occhi lucidi e mia figlia lo notò perché mi suggeriva con lo sguardo di non farlo, di non entrare nella cabina, anche se sapeva bene che doveva succedere, che era così che doveva andare.
Tirai fuori il mio cacciavite e dissi a Wilfred.

«Questo può distoglierlo.»


«Mi dispiace.»

«Lo so.» Sospirai.

«Bene, allora, ci lasci qui.»

Cominciai a camminare per la stanza cercando di calmare il dolore interiore che provavo.

«Oh, dovevi proprio entrare lì dentro?! Oh, sì! Perché tu sei così Wilfred. Sei sempre lo stesso, hai aspettato me tutto questo tempo.»

«Sul serio ci lasci qui, sono un vecchio, ho vissuto abbastanza.»

Io trattenevo le lacrime a forza ma il mio dolore interiore era più forte di qualsiasi rigenerazione.

«Già, eh certo, guardami ! Non sei molto importante! Ma io potrei fare ancora di più! Ancora di più!»


E' vero posso fare ancora molto. Viaggiare con mia figlia tra i molti pianeti dell'universo infinito, vedere molte epoche mai viste, sconfiggere altri alieni. Ma non mi è possibile, lo dovrà fare qualcun altro. Io sarò solo un ricordo.

Ormai ero arrabbiato e rassegnato: non potevo fare nient'altro quello era il mio destino e dovevo accettarlo.

«Ma questo non centra niente, davvero una bella ricompensa. E non è giusto!»


Ormai stavo per piangere e mia figlia, anche lei era rassegnata a quello che doveva succedere, aveva gli occhi lucidi ma faceva di tutto per sembrare forte.
Devo farlo. Ho vissuto abbastanza. Devo andare incontro al mio destino.

«Ho vissuto troppo.»

Io mi avvicinai alla cabina mentre Wilfred mi implorava con le lacrime agli occhi di non farlo mentre mia figlia picchiava i pugni sul vetro in preda a un forte pianto.

«Lo devo fare figlia mia, ti ricordi la profezia? Purtroppo deve andare così, io mi rigenerò e cambierò aspetto, ma non mi dimenticherò di te.» Le dissi.

«Papà ti prego no! Non voglio che tu cambi per favore!»

Mi rivolsi poi a Wilfred.

«E' stato un onore. Facciamo in fretta. 3...2...1»

Li liberai e tutte le radiazioni riempirono il mio corpo ferendomi come dei coltelli affilati; chiusi gli occhi e mi accasciai a terra.

JOHANNA'S POV

Quando mio padre ci liberò io mi rannicchiai tra le braccia di Wilfred per non sentire le urla di dolore di mio padre. Quando non sentii più nulla mi avvicinai al vetro e notai che lui era rannicchiato come un cucciolo indifeso e ferito.

«Papà, sono qui. Forza alzati! Alzati!»

Lui si alzò e altre scariche lo colpirono facendolo urlare di dolore.
Io riuscii a percepire quello che stava provando e mille lame mi tagliuzzavano i miei organi interni.

DOCTOR'S POV

Quando mi rialzai vidi il volto di mia figlia con tutti gli occhi rossi dal lungo pianto e poi un'altra scarica mi colpii facendomi gridare di dolore.
Altri mille coltelli.
È troppo basta!! Basta!! Basta!!
Non ne posso più!! Vorrei morire subito qui, fa troppo male!!
Vi prego ditemi che è finita?!
Mi accasciai a terra chiudendo un attimo gli occhi.

JOHANNA'S POV

Mio padre era a terra ed ero al suo fianco in preda a un pianto disperato, mi voltai verso Wilfred e nel mio sguardo ci si poteva leggere l'odio profondo che avevo provato in quel momento.

«Jo, mi dispiace non essere arrabbiata con me.»


«Io non sono arrabbiata, sono incazzata è ben diversa la cosa!! Dovevi salvare quell'uomo, eh!? Dovevi proprio scendere dalla navicella?! Mio padre per colpa tua si rigenererà! Sei felice adesso?!»

Lui mi guardò con occhi pieni di dolore e io non riuscii più ad essere arrabbiata con lui.

«Scusami, mi dispiace. Non volevo offenderti.»

«Ti capisco perfettamente, è tuo padre, ma vedrai che adesso starà bene.»

Con una nuova faccia e una nuova personalità, sì pensai tra me e me.

Proprio mentre stavamo parlando le luci della cabina si spensero e io andai da mio padre.

«Papà, sei vivo!»

«Già e il sistema è andato, l'ho assorbito tutto. Questo coso è kaput.»

Aprì la porta e io mi fiondai tra le sue braccia.

«Papà, sono stata tanto male. Ho provato il tuo stesso dolore.»

«Ora sto bene, guardami.»

Lo guardai e capii che stava bene finalmente.
Ma come compresi le sue ferite stavano guarendo e la rigenerazione cominciò.
Stavo per perdere mio padre. Il mio VERO padre.
Quello faceva più male di mille coltelli.
Riaccompagnammo Wilfred a casa e mio padre gli disse che doveva saldare un po' di conti.
Durante il viaggio verso Martha e Mickey Smith lui mi guardò con uno sguardo profondo come se volesse imparare a memoria ogni singola parte di me prima di andarsene per sempre.

«Papà stai bene?»

«Sì.»

Sapevo che il suo sì in realtà era un no lo capii dai suoi occhi marroni cioccolato che mai più avrei rivisto.
Andammo da loro, poi dal figlio di Sara Jane Smith, al matrimonio di Donna, all'astronave con il capitano Jack Harkness e infine da mia madre Rose nel Capodanno 2005.

DOCTOR'S POV

Salutai per l'ultima volta la mia Rose e con i dolori della rigenerazione mi avviai verso il TARDIS dove mi aspettava la mia bambina.
Erano troppo forti e mi accasciai per terra mentre apparve Ood Sigma.

«Canteremo per te Dottore, l'universo canterà per il tuo riposo.»

Una bellissima canzone riempì l'aria e io sospinto da essa mi alzai dolorosamente.

«La tua canzone sta finendo ma la storia non finisce mai.» Disse Ood Sigma.

Camminando dolorosamente verso il TARDIS mia figlia mi venne incontro e mi sorresse per tutto il tragitto.
Entrato mi tolsi il cappotto e, come notò anche mia figlia, la mia mano si illuminò di energia rigenerativa.
Ero pronto a dire addio a quel corpo e con occhi pieni di dolore dissi.


«I don't wanna go.»

Poi mi rivolsi verso mia figlia che mi guardava con occhi pieni di lacrime , la mia Johanna Tyler Smith, e le dissi.

«Ti voglio bene bambina mia.»

Con dolore accettai che il mio corpo venisse illuminato dal calore dell'energia, mi guardai le mani e feci sì che esplodesse in tutte le direzioni.
Stavo cambiando e faceva male, molto male.


Nota Autrice

Il tempo di Ten ormai è scaduto e al suo posto ora c'è Eleven e ne vedremo delle belle, quindi preparatevi.

Detto questo... Geronimo!

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