🔥 Cecile 🔥

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Valentine mi travolse come una furia durante la pausa pranzo. Era letteralmente uscita fuori di testa da quando aveva visto il ragazzo nuovo e, fortunatamente, si era dimenticata della curiosità per il mio ritardo. O forse non troppo fortunatamente, dal momento che era diventata ancora più insistente.

Avevamo potuto parlare poco durante la lezione, ma ormai avevo il potere di capire il suo stato d'animo anche solo dal suo comportamento. E il suo continuo cambio di posizione, il controllarsi il trucco davanti allo specchietto portatile e il rigirarsi ciocche di capelli attorno alle dita in modo ossessivo lasciavano intendere che fosse euforica.

«Ma hai visto quanto è elegante?» disse per l'ennesima volta con sguardo trasognato.

Diedi un ultimo morso alla mia mela e gettai il torsolo sul vassoio vuoto. Per tutta la durata del pranzo non aveva fatto altro che sproloquiare su Davion e destreggiarsi nello stilare una lista piuttosto fornita di ogni pregio che aveva avuto modo di ammirare durante l'ora precedente, in classe. "Affascinante" e "colto" rientravano tra questi, ma facevano parte della lista anche gli aggettivi più impensabili e, talvolta, inesistenti, come "figaccione" e "mega-scopabile".

«Devo assolutamente trovare il modo per parlargli» ripeté risoluta, rendendosi conto in quel momento che stavo annuendo senza ascoltarla davvero. Osservò con una punta di rimprovero il mio sguardo annoiato e disinteressato.

«Non dirmi che Davion non ti piace perché non ci crederò mai!» esclamò con un tono indignato che mi fece ridere.

Fui quasi tentata di raccontarle ciò che avevo visto qualche ora prima, tuttavia la colpevolezza del ragazzo nuovo era solo una mia impressione, quindi non avevo motivo per addossargli torti che, magari, in realtà non aveva.

«Non mi fa né caldo né freddo» mentii facendo spallucce. Un tipo come lui non poteva passare indifferente e lo sapevamo entrambe. Non mi era piaciuto fin dal primo momento, ma, per qualche motivo, ora la sensazione si era rafforzata.

Vale alzò un sopracciglio per comunicarmi che non se la beveva, ma poi ricominciò a blaterare, come se quella breve conversazione sensata che avevamo avuto l'avesse distratta abbastanza dai suoi pensieri rivolti a lui.

Io e Valentine condividevamo solo due lezioni: una alla prima ora e una precedente al pranzo. Mi ero sempre lamentata per questo, ma quella fu la prima volta che ne fui grata: ne avevo abbastanza di sentir parlare di Davion.

Quando raggiunsi la mia ora di nuoto extrascolastica, però, per poco non decisi di saltarla. Ormai tutta la scuola aveva fatto la conoscenza di quello strano e misterioso, quanto affascinante e a modo, ragazzo, e la maggioranza del genere femminile era in tripudio nel commentare o elogiare ogni suo gesto o frase. Anche il modo in cui sedeva sembrava essere diventato fonte di commenti adulatori.

Alzai gli occhi al cielo e ribollii nel mio brodo finché l'insegnante non si decise a iniziare la lezione.

Uscii da scuola sfinita. Come sempre, non riuscivo a trattenermi dal mettere tutta me stessa in qualsiasi cosa riguardasse la scuola, anche se si trattava di un semplice extra che gli altri sottovalutavano, come il nuoto. Ma era anche vero che non mi dispiaceva lo lo sport, ero brava e mi piaceva nuotare, mi rilassava dallo stress dello studio.

«Cecile!» mi sentii chiamare a una decina di metri dai grandi cancelli del college.

Mi voltai e strizzai gli occhi per far fronte ai raggi del sole che mi investirono in pieno il viso. Solo quando la figura femminile mi raggiunse riuscii a riconoscerla: i suoi capelli corti e biondi sfavillarono al sole, e le guance rosee sorridevano sotto a un paio di occhi chiari. Alyssa, la mia compagna di banco nella classe di storia.

«Alyssa! Che ci fai qui?» le sorrisi. Sebbene fossi felice di incontrarla sulla strada del ritorno, sapevo che casa sua era dall'altra parte rispetto alla mia.

«Sto andando a pranzo a casa di parenti» chiarì e mi fece cenno di incamminarci. «Sembri stanca» osservò senza darmi il tempo di trovare una risposta.

Era davvero così apparente? Effettivamente, sorbirmi tutte quelle chiacchiere non aveva giovato alla mia voglia di seguire le lezioni, e l'ora di nuoto era stata la ciliegina sulla torta.

«Valentine è stata un po' stressante oggi. Sai, la conosci, penso tu possa immaginare» le spiegai ridendo. Alyssa e Vale frequentavano diverse lezioni insieme, erano molto amiche, anche se la prima aveva un gruppo di amicizie che frequentavamo meno spesso.

La bionda rise, rallentando per un attimo. «Ha perso la testa per Davion, eh? Oggi non ci ho parlato molto perché non ho potuto seguire le lezioni mattutine, però me lo immaginavo.»

Per un attimo mi sorpresi del fatto che lo conoscesse anche lei, ma poi mi diedi della stupida. Era sulla bocca di chiunque, come poteva non averne sentito parlare?

«Non inizierai anche tu a dirmi quanto sia bello e intelligente, vero? Oppure quanto sia "figaccione"» chiesi con una punta di sarcasmo, mimando delle virgolette con le dita. Mi resi conto in quel momento di aver iniziato un discorso potenzialmente sfiancante.

Alyssa scosse la testa con ilarità. «"Figaccione"? Opera di Valentine, vero?» Feci cenno di sì, mostrando chiaramente quanto ne avessi fin sopra i capelli.

«Non ti piace quel tizio, eh?» osservò.

Scossi la testa. «Ha qualcosa che non va» mi limitai a dire, tenendo ancora una volta per me la litigata di quella mattina.

La mia amica si fermò per un attimo, alzando un sopracciglio con sguardo indagatrice. «Che genere di cosa, secondo te?» Il suo interesse verso quella conversazione si era alzato di parecchio di punto in bianco.

Esitai e ricominciai a camminare in modo che mi seguisse. Stavo iniziando a sudare e il sole mi picchiava in testa quasi quanto le chiacchiere della gente sul conto dello svedese.

«Non lo so, del genere che nasconde qualcosa, o cose così.» Rimasi sul vago, ma Alyssa era più attenta di Valentine e mi beccò.

«C'è qualcosa che non mi stai dicendo.»

Sbuffai per il caldo e per l'impegno che ormai pretendeva quella discussione. Non avevo voglia di continuare a parlare di quel ragazzo, eppure il suo nome sembrava seguirmi ovunque.

«Avanti, Cecile! Io ti dico ciò che penso e lo fai anche tu. Affare fatto?»

Alzai gli occhi al cielo e mi arresi, così in fretta che lei se ne accorse solamente dalla mia espressione e lasciò andare un sospiro di soddisfazione.

«Anche io non lo trovo naturale. Si muove e parla strano, come se fingesse. È fin troppo zuccheroso per essere un ragazzo, ma nei suoi occhi sembra esserci del gelo. Per un attimo oggi mi ha messo i brividi» raccontò, forse per darmi un incentivo a parlare. Effettivamente avevo visto anche io quella scintilla di emozioni negative nel suo sguardo, come se ci fosse odio o ribrezzo, o qualcosa del genere. Credevo di essermelo immaginato per via del litigio al quale avevo assistito, e invece l'aveva notato anche lei.

Alla fine cedetti e raccontai ogni cosa. Specificai che il fatto che quel ragazzo fosse nel torto era solo una mia impressione, ma, dopo un racconto più imparziale possibile dei fatti, Alyssa convenne con me che era un tipo da lasciar perdere e ignorare.

«Meno gli diamo retta e meglio è.»

«Vaglielo a dire a Vale. Mancava solo che iniziasse a organizzare il matrimonio!» scherzai, anche se c'era una punta di verità. Valentine non l'avrebbe ignorato tanto facilmente.

«Calma, Cecile. Può anche darsi che ci stiamo sbagliando entrambe. E poi che ti importa, con tante ragazze che gli vanno dietro perché dovrebbe dare retta a lei? Cioè, non sto dicendo che non meriti le sue attenzioni, anzi, ma quante probabilità ci potranno essere, tutto sommato?»

Alyssa mi fece l'occhiolino e io annuii. Effettivamente aveva ragione, anzi, io al posto di Davion avrei detestato che qualcuna mi sbavasse dietro in quel modo. Valentine era troppo impulsiva e si lasciava andare facilmente ai sentimenti, io gliel'avevo sempre detto!

«Io giro qui. Ci vediamo domani a scuola! Ah, e tienimi aggiornata su eventuali sviluppi» mi salutò, scrollando la mano. Il tintinnio dei braccialetti di metallo che portava al braccio si diffuse per un momento nell'aria.

«D'accordo, ma non credo che ce ne saranno» risi, rendendomi conto che, molto probabilmente, tutto quel clamore del nuovo arrivato sarebbe scemato entro qualche giorno.

Continuai il tragitto verso casa mia, che ormai era vicinissima. Prima di rientrare e venire assalita da quella palla di pelo felina di Swamy, ebbi a malapena il tempo di riflettere sulle parole di Alyssa, e quasi rividi davanti a me quegli occhi carichi di aria di superiorità.

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