🔥 Cecile 🔥

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Chiusi l'armadietto ancora assonnata e raggiunsi la mia prima ora di lezione. Ero in anticipo, ma mi ero svegliata più presto del previsto e non avevo più ripreso sonno.

Mi lasciai scappare uno sbadiglio ed entrai in classe, trovandola semivuota. Valentine non era ancora arrivata, quindi mi lasciai andare contro la parete accanto al mio banco e socchiusi gli occhi, infastidita dalla troppa luce che entrava dalle finestre, nemmeno fosse mezzogiorno.

Quando li riaprii la mia amica era davanti a me, sorridente e raggiante come se non fossero solo le otto di mattina.

«Tirati su, Cecile! Non vedi che bella giornata è oggi?»

Alzai un sopracciglio osservandola con sguardo indagatore – e stanco –. Di solito non aveva un comportamento molto energico di prima mattina, né si truccava come se stesse per andare a una serata in discoteca.

«Cosa hai fatto ai capelli?!» le chiesi, sorvolando su tutto il resto solo perché la sua chioma castana era ciò che mi sconvolgeva di più. Non l'avevo mai vista così arricciata e in ordine, quasi come se fosse un'invitata a un matrimonio, anziché una semplice studentessa.

«Non sono belli?» chiese facendomi l'occhiolino mentre se li toccava con fare vanitoso. «Oggi è una giornata importante.»

Mi sistemai meglio sulla sedia mentre Valentine occupava la sua. L'aula si stava pian piano riempiendo e mancava qualche minuto allo scoccare dell'ora.

«Non me ne hai parlato» le feci notare con una punta di accusa. Ci dicevamo sempre tutto, perché questa volta mi aveva tenuto nascosto un avvenimento tanto rilevante?

Valentine si arricciò un boccolo sul dito indice prima di rispondere. «Perché l'ho deciso stanotte» si giustificò, e al che non seppi che dire.

«Ricordi Davion?» mi chiese di punto in bianco.

Continuai a fissarla confusa mentre un campanello di allarme andava accendendosi nella mia mente. La mia amica era imprevedibile, cosa stava combinando questa volta?

Vale fece un gesto spazientito. «Davion, il figone pazzesco che ci siamo ritrovate in classe ieri, Cecile!» Mi diede una pacca sulla spalla, e io scossi la testa.

«Certo che mi ricordo di lui!»

«Ecco, oggi è un gran giorno perché gli chiederò farmi compagnia durante la pausa pranzo! Gli farò fare il giro della scuola, dato che ne ha bisogno» rispose tutta contenta, unendo le mani tra loro. Ci mancò poco che le battesse come una bambina, mentre io le fissavo sperando di aver capito male.

«Tu farai cosa

Valentine alzò gli occhi al cielo. «Avanti, Ceci! Hai visto come lo guardano le altre, no? Mi devo dare una mossa, altrimenti me lo portano via!» Valentine si azzittì di colpo, ma solo perché era entrato il professore.

Mentre quest'ultimo iniziava a fare il conto delle presenze, la mia amica mi fece l'occhiolino mettendo bene in mostra la sua scollatura. «Lo convincerò con queste!» mi disse sottovoce, ridendo.

Risi anche io e non risposi. In effetti, dovevo ammettere che con la sua quarta aveva un gran potere di persuasione, cosa che io non avevo mai avuto. Però era solo un giorno che lui era a scuola nostra, e non si erano nemmeno mai parlati. Certo, era solo un giro della scuola, tuttavia... tuttavia il tizio non mi piaceva, ecco qual era il problema. Ma non potevo certo negare l'entusiasmo di Valentine solo per una questione di gusti personali, quindi le feci l'occhiolino e mi sforzai di incoraggiarla. Finché si trattava solo di quello non c'era nulla di cui preoccuparsi per lei, probabilmente.

Rivedere Davion non mi fece l'effetto che avevo sperato. Avevo pensato, il pomeriggio precedente, di essermi immaginata tutto, e che la freddezza in quegli occhi fosse solo dovuta al loro particolare colore. Ma quando poggiai nuovamente i miei occhi sulla sua figura elegante, mi accorsi che non era quello il motivo. C'era davvero qualcosa di sbagliato in lui, qualcosa che metteva i brividi. Durante quei brevi secondi in cui incrociai il suo sguardo, mi sentii quasi ghiacciata sul posto, incapace di muovermi o fare altro. Com'era possibile che piacesse a così tante persone se era quello l'effetto che faceva?

La lezione procedette in maniera tranquilla, questa volta il signorino so tutto io non si intromise per darci prova della sua sconfinata conoscenza, e io potei prendere appunti in pace poiché Vale era troppo impegnata a sbavare per interrompermi.

Alla fine dell'ora la mia amica sparì, seguendo Davion come una stalker. Lui accettò davvero di passare del tempo con lei, da quanto mi informò Vale per messaggio. Era così emozionata che mi aveva scritto a malapena due parole, ma perlomeno mi aveva avvertita.

Per il pranzo mi unii quindi al gruppo di Alyssa, ma non riuscii a staccare gli occhi dal mio vassoio.

«Non essere così musona! Magari non è male come crediamo, e poi si tratta solo di un giro» mi disse all'improvviso la mia amica, intuendo i miei pensieri.

«Non sono musona!» le risposi, anche se sapevo che non era così. Mi sforzai di ridere alle loro battute unendomi poi alla conversazione.

Non ebbi l'occasione di rivedere Valentine, ma tanto sapevo che sarei tornata a casa con lei poiché quel giorno non avevo nuoto e i nostri orari coincidevano. Quando la campanella dell'ultima ora suonò, ringraziai chiunque avesse il compito di attivarla e mi fiondai fuori senza guardare in faccia nessuno.

Fu proprio in quel modo che andai a sbattere contro qualcuno. Alzai lo sguardo per dirgliene quattro, inviperita dalle giornate poco tranquille passate in quei due giorni, ma le parole mi morirono in gola.

Occhi grigi come diamanti, ciglia lunghe, zigomi alti e lineamenti spigolosi. Un profumo che mi fece quasi mancare l'aria, tanto creava assuefazione. Davanti a me c'era Davion Axellsön, e stringeva appena i denti, come per trattenere la furia che lasciava intravvedere il suo sguardo.

Mi fissò e io lo guardai di rimando, cercando di non mostrarmi per nulla intimorita dalla sua ira a malapena accennata, ma che prospettava un temporale.

Quando nel corridoio iniziarono a riversarsi i primi studenti, mi accorsi di averlo fissato troppo a lungo, così mi risistemai la cartella in spalla e feci per andarmene.

Una presa mi bloccò il polso destro, quello vicino al muro. Sussultai piano, sperando che non se ne fosse accorto, e incrociai nuovamente il suo sguardo. Davion mi stava tenendo abbastanza stretta, così tanto da farmi arrossare la pelle chiara. Nei suoi occhi ardeva una strana scintilla, quasi come se volesse rimproverarmi per qualcosa. Era lui che aveva sbattuto contro di me, non il contrario! Ma era comunque esagerato, avrei semplicemente provato a scusarmi, se fosse stato qualcun altro. Se fosse stato chiunque tranne lui.

«Cosa c'è, oltre che fissarmi continuamente, ora mi tagli anche la strada?» mi chiese. La sua voce profonda mi mise i brividi, ma le sue parole mi distrassero. Aprii la bocca per replicare, ma non riuscii a dire nulla, troppo impegnata a riflettere su quanto avessi posato il mio sguardo su di lui, in classe. Eppure raramente si era voltato verso la mia direzione. Come aveva fatto ad accorgersene?

«Se credi davvero di soggiogarmi come fai con le altre ti sbagli di grosso!» risposi stizzita, alzando leggermente la voce.

Da lui non ricevetti altro che uno sguardo leggermente interessato, del quale volli liberarmi il prima possibile. Gettai un'occhiata eloquente al mio polso e lui lo lasciò, cosicché potessi continuare a camminare per sorpassarlo.

Di nuovo, una volta che gli diedi le spalle, sentii ancora un formicolio sulla nuca, come se lui mi stesse osservando con quello sguardo inquietante.

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