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Con la forza della mente, Rose operò una leggera pressione. Il poliziotto fu sbalzato indietro, e cadde rovinosamente sull'asfalto mezzo metro più in là.

Rose si voltò. La nebbia uscita dal suo corpo si era diffusa per tutta l'ampiezza della strada. Volute spiraliformi nere lambivano oggetti e persone, pronte a stringersi al volere di Rose. Il poliziotto rimasto in piedi si precipitò verso Rose, brandendo il manganello. Tentò di abbatterlo su di lei. A Rose bastò alzare la mano. Il manganello si bloccò a mezz'aria, trattenuto dalla nebbia. Poi Rose strinse le spire attorno al braccio dell'agente. L'uomo cominciò a gridare. Rose non avrebbe saputo dire se per il terrore o il dolore.

"Rose, non così." Duke, dolorante, si stava faticosamente rialzando sulle proprie gambe. "Durante la missione, non devi maltrattare le persone. Lo scopo non è punirle, ma riscrivere i loro cervelli."

"Ti hanno picchiato! Cosa ci avrebbero fatto in prigione?" Rose era furente. Strinse ancora il braccio del poliziotto. Bastava ancora un po' di pressione, e si sarebbe spezzato.

"Rose! No!" gridò Duke.

Il grido del poliziotto si spense. Era svenuto. Ora sembrava una marionetta sostenuta dalla nebbia nera. Rose lo lasciò cadere come un giocattolo di cui si era stancata.

"Gambe!" urlò uno dei graffitisti. I tre ragazzi cominciarono a correre, e in un baleno sparirono dalla vista.

"SIETE IN ARRESTO!"

Il poliziotto-predicatore si era rialzato e aveva estratto una pistola a impulso. Rose vide la canna dell'arma puntata contro di sé. Protese le mani in avanti, rivolgendo i palmi al poliziotto. Concentrò la nebbia nera nello spazio fra lei e l'arma. Gridò: "spara, scimmia".

Il poliziotto sparò. L'impulso di luce bianca partì in direzione di Rose. Lei sentì la pressione raggiungerla e concentrarsi sulle sue braccia. Dovette puntare i piedi a terra per reggerla. Sentì le suole delle sue scarpe strisciare sull'asfalto, mentre veniva spinta all'indietro di qualche centimetro.

Poi la pressione si esaurì. Rose guardò le proprie mani e il proprio corpo. Nessuna ferita. "Posso fermare i proiettili", si disse. Le veniva quasi da ridere. Non aveva mai provato un'esaltazione simile.

Il poliziotto incredulo sparò ancora e poi ancora. Per Rose, reggere i colpi successivi fu più facile. Dopo il terzo, si rese conto che poteva camminare verso l'uomo. L'agente guardava inorridito Rose avanzare, mentre le svuotava contro un caricatore intero.

La pistola si esaurì quando Rose era arrivata a un metro. L'agente continuò a premere il grilletto a vuoto, come per una reazione nervosa. Poi gettò via l'arma e tentò di scappare. La nebbia lo afferrò e lo gettò brutalmente a terra.

Rose si ergeva su di lui. "Ora chi ha il diritto di fare quello che vuole?" gli domandò. L'uomo tentò di strisciare via. La nebbia lo girò supino e lo bloccò. Rose si sedette a cavalcioni sul suo petto.

"Ascolta" disse Rose. "Ora ti farò capire il male che hai fatto a Duke, che hai fatto a Clash, e che hai fatto a quei ragazzi. Ti mostrerò quanto sei sbagliato. E ti correggerò."

Aprì le mani. I dardi di luce rossa uscirono dai suoi palmi. L'uomo tentò di urlare. Lei gli afferrò la testa. I dardi penetrarono nelle sue tempie.

Rose vide. Vide una mente oscura dove regnava la violenza. Una mente per cui gli altri non erano mai vittime, ma solo criminali o deboli da schiacciare. Una mente per cui la legge era sinonimo di forza. Disperò di trovare mai una luce in quella oscurità.

Guardò meglio. Al centro di tutto quell'odio c'era qualcos'altro. Un piccolo nocciolo violaceo di paura. Concentrò la sua vista su quel nucleo vibrante di vulnerabilità. Era qualcosa di molto antico.

Rose vide un bambino in un orfanotrofio, tormentato dai ragazzi più grandi. L'unico modo per ottenere giustizia era imparare a restituire la violenza che subiva. Ristabilire la legge voleva dire prevalere sugli altri, a ogni costo. La paura diventava una valanga di odio e spietatezza.

Rose insegnò a quella paura a trasformarsi in qualcos'altro. Non era più la paura di un singolo bambino, era la paura di chiunque subisse abusi e ingiustizie. La mente era incredula. Tutti gli altri davvero soffrono come me? Rose la convinse di sì. E la paura, invece di diventare odio, divenne compassione per gli altri.

La mente protestò. Se dovrò rinunciare all'odio, disse, dovrò rinunciare a me stessa. Non è molto, ma è tutto quello che ho.

Rose non ebbe pietà. Liberò la mente dall'odio. La mente dapprima urlò. Poi provò un sollievo infinito.

Rose fu soddisfatta della sua opera.

Staccò le mani. Si sentì incredibilmente stanca. Con uno sforzo, si impedì di crollare addormentata sull'asfalto. Capì di essere ancora seduta a cavalcioni sul poliziotto. Lentamente, si rimise in piedi.

Combattendo per schiarirsi la testa, cercò Duke. Lo vide inginocchiato accanto al poliziotto svenuto. Aveva messo le mani sulle sue tempie.

"Non ti dispiace, vero, se lo riscrivo io?" disse Duke con tranquillità. "Oggi tu hai già fatto molto".

Rose si avvicinò. "Riesci a farlo senza stancarti? Io sono esausta."

Duke le sorrise.

Rose lo anticipò. "Non dirmelo. Sei molto avanti sulla strada".

Duke staccò le mani dalle tempie del poliziotto. Rose vide i dardi di luce rossa rientrare nei palmi del ragazzo.

Il poliziotto riprese conoscenza. Sembrava risvegliarsi dopo un lungo sonno con un gran mal di testa.

"Tutto bene?" gli chiese Duke.

Il polizotto annuì. Duke gli diede una mano per aiutarlo a rialzarsi. Una volta in piedi, l'agente diede una pacca sulla spalla a Duke e gli disse: "grazie!".

Rose non credeva ai propri occhi: i due sembravano vecchi amici.

"Mack... hanno cambiato anche te?" Era stato il poliziotto riscritto da Rose a parlare. Se ne era completamente dimenticata. Rose si preparò a liberare ancora le nano.

"Sì, Viggo" rispose l'altro agente stringendosi nelle spalle. "Hanno cambiato anche me."

I due si guardarono per un tempo indefinito, sorridendo e annuendo. Poi si abbracciarono, e cominciarono a piangere.

Rose guardò Duke a bocca aperta. "Essere liberati da se stessi dà una grande felicità", spiegò lui.

I due agenti si separarono, continuando a guardarsi con gli occhi pieni di lacrime.

"Pensavo non sarebbe mai finita" disse Viggo asciugandosi le gote. "Tutto quel... buio. Credevo che fosse parte di me. Che sarebbe finito solo con la morte."

"È come ricevere in regalo una seconda vita" rispose Mack. Viggo annuì, felice che il suo amico comprendesse.

Viggo poi si rivolse a Rose e Duke. Teneva le mani sui fianchi, e sorrideva a trentadue denti. "Ragazzi, grazie di tutto. Vi serve un passaggio per andare a casa?"

Duke scosse la testa. "Grazie. Ci piace camminare."

"Un momento!" Rose era sbalordita. "Finisce tutto così? Questo stronzo ti ha colpito! Ci stava per massacrare!"

Viggo si passò la mano fra i capelli, imbarazzato. "Ragazzi, avete ragione. Io... non so come scusarmi."

Duke prese Rose per le spalle. "Abbiamo riscritto le loro menti", le disse col suo solito tono imperturbabile. "Li abbiamo salvati dai loro cervelli. È tutto ciò che possiamo fare".

"E se ne andranno così? Senza pagare?"

"Non puoi punire i malvagi per quello che fanno. Quando hai riscritto il cervello di quest'uomo, non hai visto come fosse prigioniero della propria storia? Non c'è responsabilità. Le scimmie sono schiave. Solo Mercury è libero. Solo Mercury è puro pensiero."

Rose guardava Duke negli occhi. Era davvero troppo. Duke la baciò. Lei seppe che per lui avrebbe accettato anche quella follia.

Continuarono a baciarsi a lungo. Quando smisero, Rose si girò verso i due poliziotti. Viggo e Mack erano rimasti a guardarli per tutto il tempo, con le mani congiunte e un sorriso ebete.

Rose rivolse un dito contro di loro. "Almeno restituite il denaro che avete estorto ai negozianti. Fino all'ultimo centesimo".

Viggo e Mack si guardarono e annuirono. "È la prima cosa che faremo", assicurò Viggo.

Rose tornò a guardare Duke. "Allora, maestro? Com'è andata la mia prima missione?"

Duke sorrise. "Beh, devi mettere a punto il senso strategico. Ma come primo passo per salvare la galassia... non c'è male."


La giornata allo spaccio era quasi terminata. Ancora mezzora, e Clash avrebbe potuto tornare a casa, infilarsi sotto la doccia e... cos'altro? Quali prospettive aveva per passare la serata? Fare un giretto in rete, e poi infilarsi a letto. In certi momenti, Clash temeva che sarebbe stato per sempre così. Un giorno avrebbe ereditato lo spaccio dai suoi genitori, e l'avrebbe gestito per il resto della sua vita. Ogni giorno, avrebbe atteso l'orario di chiusura per mangiare, dormire, e ricominciare da capo la mattina dopo.

La signora Kemper si presentò alla cassa per pagare una confezione di brodo granulare sintetico. "L'hanno preso?", chiese a Clash.

Allo sguardo interrogativo di Clash, la Kemper indicò il monitor sopra la cassa. Per l'ennesima volta, ritrasmettevano l'immagine del ragazzo ricercato.

"Il tecnoappestato", precisò la Kemper.

"Nessun avvistamento. Forse è già morto" rispose Clash.

"Forse ha già infettato qualcuno". La Kemper pagò e salutò.

Ancora un quarto d'ora. Clash ripensò al tecnoappestato. E a come assomigliasse al ragazzo che Rose aveva baciato alla festa. Rose... perché le cose fra loro due erano andate così male? Che domande... perché lui si era fatto irretire da Bea. Come se non fosse noto che Bea amava cambiare ragazzo ogni settimana. Invece con Rose, per quanto fosse una ragazza strana, sentiva che poteva esserci qualcosa. Purtroppo, lui aveva rovinato tutto.

Due uomini entrarono nello spaccio. I classici clienti dell'ultimo minuto. Clash alzò lo sguardo. Si trovò di fronte ai due maledetti poliziotti dei cornflakes.

Clash sperava di non rivederli prima di un mese. Volevano già altri soldi? Così li avrebbero rovinati.

"Sentite" si sforzò di dire con il tono più calmo che poteva, "non abbiamo molto in cassa. Se poteste passare un altro giorno..."

Il poliziotto più alto estrasse una busta. La consegnò a Clash.

"Non voglio neppure tentare di scusarmi" disse. "Ti abbiamo trattato da stronzi. Ma lì dentro c'è quello che ci ha dato tuo padre. Te lo restituiamo".

Clash non capiva.

"D'ora in poi vogliamo essere davvero dalla parte della legge", concluse il poliziotto. Accennarono a un saluto con la testa, e se ne andarono.

Clash aprì la busta. Era piena di banconote.

Dal monitor, la voce della speaker disse: "se qualcuno che conoscete comincia a comportarsi in modo incoerente o diverso dal solito, contattate subito le autorità."

Un momento, pensò Clash. Rose aveva baciato quel ragazzo alla festa. E Rose era presente la settimana prima, quando i poliziotti avevano fatto quel casino. E se ci fosse stato un collegamento?

"Chiamate subito il numero in sovrimpressione" disse ancora la speaker. Clash fissò le grandi cifre rosse sul monitor.

Poi scosse la testa. No, non era possibile. "Papà", gridò, "sei pronto per una buona notizia?"


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From the author

Domanda a bruciapelo: ma secondo voi Mercury è buono o cattivo?

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