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Rose lasciò che la nebbia nera invadesse il corridoio. Acquistò subito una nuova consapevolezza dello spazio attorno a lei. Sentì che sarebbe bastata una leggera pressione delle nano per abbattere quelle strette pareti. Fu tentata di farlo. Si controllò.

Focalizzò la sua attenzione sui due poliziotti nel corridoio. Li sentì gridare qualcosa di indefinito. Avanzò verso di loro. Gli agenti le spararono.

Gli impulsi che la raggiunsero furono violentissimi. Si abbatterono sulle nano causandole quasi dolore. Rose fu sbalzata da terra, e ricadde all'indietro sulla schiena. Si sentì svenire. Ma sapeva che le nano avevano assorbito i colpi.

Udì la voce della donna urlare: "Vi ho detto che la voglio viva!"

Qualcuno rispose: "Bisogna vedere se lei vuole vivi noi."

Rose, con gli occhi chiusi, sentì i passi dei poliziotti avvicinarsi. Schiuse le palpebre. Vide le canne dei fucili puntate contro, e le visiere ottiche dei poliziotti che la scrutavano. Strinse i pugni. Liberò le nano con violenza. Gli uomini furono scaraventati a terra o contro le pareti.

Lei si sforzò di alzarsi e di rimanere lucida. Scavalcò i poliziotti a terra e si diresse verso l'uscita. Aveva già varcato la soglia, quando un impulso raggiunse una riproduzione di Gauguin appesa alla parete, mandandola in mille pezzi.

Si trovò sulle scale. Un altro poliziotto stava già salendo verso di lei. Rose protese la mano, e la nebbia spazzò via l'agente, facendolo precipitare rovinosamente lungo gli scalini.

Rose scese le scale calpestando senza volere il poliziotto a terra. Fu in strada. Corse a perdifiato senza sapere dove andava. Ebbe un attimo di esaltazione. "Solo cinque poliziotti? Credete che bastino a fermarmi?" si sorprese a pensare. Poi le mancò il fiato. Si fermò e guardò dietro di sé: nessuno la inseguiva. E improvvisamente, si rese conto di essere completamente persa. Non avrebbe mai potuto tornare indietro, ma non aveva nessun posto dove andare.

Cominciò a camminare. Doveva essere sconvolta, perché tutti sembravano guardarla in modo strano. Nessuno la fermò, e nessuno le chiese nulla.

Sentì un ronzio lontano sopra di sé. Alzò lo sguardo, e vide attraverso la foschia un drone militare perlustrare la zona. Poi sentì delle sirene avvicinarsi. La stavano cercando. Cercò di capire da dove sarebbero arrivati. Sì, venivano da Huwestrasse.

Rose corse nella direzione opposta. Si accorse troppo tardi di avere attraversato la strada senza guardare. Udì il grido prolungato di un clacson. Si girò e vide un'auto venirle incontro. D'istinto, incrociò le braccia davanti a sé. La nebbia sollevò di peso l'auto, che volò letteralmente per qualche metro e atterrò di traverso sulle vetture parcheggiate più in là.

Il fracasso dei vetri infranti e delle lamiere accartocciate assordò Rose. Poi venne lo stridio di decine di antifurti. Rose era rimasta pietrificata in mezzo alla strada. Mio Dio, pensò, fa che non si siano fatti nulla. Si avvicinò per guardare all'interno dell'abitacolo. Il guidatore stava faticosamente armeggiando per togliersi la cintura di sicurezza.

Le altre auto si fermarono. Rose vide che tutti nella strada la guardavano. Udì più volte ripetere la parola "tecnopeste". Qualcuno puntava il dito contro di lei.

Le sirene si avvicinavano ancora. Il ronzio dei droni riecheggiava sinistro. Rose doveva muoversi. Appena accennò a camminare, vide la folla aprirsi e fuggire via. Gli automobilisti abbandonavano le vetture e si allontanavano correndo. Si domandò da cosa stessero scappando tutti. Poi capì. Scappavano da lei.

Fu sola in un baleno. Si ritrovò a camminare in mezzo alla strada deserta. Ormai avanzava senza meta. Vide il proprio riflesso solitario nelle vetrine dei negozi. Eccoti qui Rose, si disse. Sembra che tu sia diventata un pericolo pubblico.

Un ronzio si fece più forte degli altri. Rose lo sentì prendere corpo sopra la sua testa. Alzò gli occhi, e vide un drone librarsi a quattro-cinque metri da terra. Era una sorta di grande insetto argenteo dotato di un becco minaccioso. Le stava sbarrando la strada. Sotto le ali, Rose vide due grossi cannoni puntati contro di lei.

Forse non riuscirò a parare quei colpi, si disse. Forse stavolta è finita. Liberò le nano.

I cannoni vibrarono sinistramente ed emisero un impulso. L'impatto fu devastante. Alla destra e alla sinistra di Rose l'asfalto si sollevò per ricadere in mille briciole. Lei fu sbalzata da terra e ricadde dolorosamente sulla strada. Cercò di rialzarsi, ma braccia e gambe non rispondevano ai comandi. Non sentiva più le nano attorno a sé. Udiva un fischio acuto e una pressione terribile nelle orecchie. Era come se qualcuno stesse cercando di sfondarle i timpani con dei punteruoli.

Qualcosa di rosso le scorreva sugli occhi. Si sforzò di alzarsi sulle ginocchia. Vide senza udirle macchine della polizia fermarsi davanti a lei. Dei poliziotti scesero. Le puntarono addosso degli strani bazooka. Le spararono contro.

Questa volta non erano impulsi. Due o tre reti si avvinghiarono attorno al corpo di Rose. Lei sentì le braccia stringersi violentemente contro le costole. Poi provò un'agonia intollerabile in ogni angolo del suo essere. Le reti avevano scaricato l'elettricità.

Pensò a Duke. Che cattiva allieva. Che stupida scimmietta. Poi Rose perse conoscenza.


La dottoressa Marley scese dall'auto trafelata. Lo scenario che si trovò di fronte era un vero disastro: asfalto divelto, macchine sfasciate, vetrine dei negozi infranti.

Anche Lower scese dall'auto. Sembrava divertito come un bambino. Si rivolse a Marley ridacchiando. "Vede che il caos porta cosa buone?"

"Dov'è?" chiese brutalmente Marley.

"La nostra piccola powerpunk? Credo se ne stiano prendendo cura." Lower indicò un'ambulanza ferma sulla strada.

Marley si precipitò. Fu bloccata dai poliziotti. Dovette intervenire Lower, che mostrò delle credenziali. "Tutto ok. Lei è con me."

La dottoressa sgomitò per farsi strada fra i poliziotti, e raggiunse l'ambulanza. Salì a bordo. La ragazza giaceva priva di conoscenza nella lettiga, circondata da paramedici che indossavano tute protettive integrali.

"Non dovremmo cautelarci anche noi, prima di avvicinarci?" chiese Lower.

"Non è contagiosa" ripose Marley. "Mercury sceglie con cura le sue vittime."

"Già. Come diceva la ragazza? Non è una malattia... Ora che abbiamo trovato lei, risaliremo al paziente zero."

Marley guardò ancora il caos sulla strada. "Vede quelle auto distrutte? Non è l'opera di un Mercury esperto. La ragazza è una novellina. E se il ragazzo non è intervenuto per aiutarla..."

"Vuol dire che quel tizio è già morto? Beh, un problema in meno."

Marley fulminò Lower con gli occhi. Poi si rivolse ai paramedici. "L'avete sedata?"

"Venti mg di Propofol" rispose un paramedico. Il suo volto era completamente nascosto dalla maschera protettiva.

"Quando si risveglierà, dovremo parlarle" disse Marley. "Convincerla che siamo dalla sua parte."

Lower rise. "Parlare con questo mostro? Le auguro buona fortuna. Quanti minuti pensa di resistere prima che le frigga il cervello?"

"Le ho già spiegato che non esiste luogo su questo pianeta in grado di trattenere un Mercury contro la sua volontà."

"E ha perfettamente ragione, dottoressa." Lower sorrideva sardonico. "Ma devo dire che stavolta Hendricks ha trovato la soluzione perfetta."

Fece cenno ai paramedici di chiudere l'ambulanza. Poi si rivolse ancora a Marley. "Dottoressa, spero non le dispiaccia. Abbiamo in programma un piccolo viaggio nello spazio."

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