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Il suo volto era identico a quello di Duke. Aveva gli stessi occhi grigi, forse ancora più chiari. Aveva gli stessi capelli biondi, anche se quelli di Duke non erano mai stati così voluminosi. Eppure c'era qualcosa nella sua espressione che lo rendeva assolutamente diverso. Non aveva il sorriso affettuoso, canzonatorio e triste di Duke, quel sorriso che l'aveva fatta innamorare. Quell'uomo sorrideva, ma il suo era un sorriso serafico, imperturbabile. C'era qualcosa di ipnotico in esso. E allo stesso tempo conteneva qualcosa di pauroso, perché sembrava promettere una pace che non era di questo mondo.

I sensi di Rose erano tentati di arrendersi alla sua bellezza. Ma la sua mente tornava ogni volta a dirle che quell'uomo non era Duke. E non era neanche un essere umano.

Dopo un silenzio privo di tempo, Rose ritrovò la parola. Riempì i polmoni d'aria, e ripeté: "Tu sei Mercury".

L'uomo rivolse a lei il suo sguardo vertiginoso. Rose lo lesse come un assenso.

Rose non sapeva da dove iniziare. Alla fine chiese: "Dov'è Duke? Anche lui è qui?"

La voce di Mercury fu una vibrazione melliflua, come il lieve incresparsi di uno stagno perfettamente calmo.

"Duke ora è presso di me. Si è unito a me nel mio flusso di pensiero" rispose.

"Non capisco. È vivo o morto?"

"Ha raggiunto la fine del cammino. Non appartiene più al regno delle scimmie."

Rose scosse la testa, confusa. In lei paura e fascinazione erano ormai una cosa sola. "Perché sei identico a Duke?", chiese dopo altro silenzio.

"Davvero mi vedi come lui? La tua mente ha attribuito un corpo alla mia presenza, prendendolo dalla tua memoria. Hai scelto tu di vedermi in questo modo."

Rose accarezzò i lunghi steli di erba dorata.

"Credo che sia troppo pretendere riposte chiare da un dio, vero? E io? Sono viva o morta? Questo è una specie di paradiso?"

"Questa è una sessione aperta nella tua mente. In questo momento, il tuo corpo si trova in una capsula di ibernazione. Ho ricreato per te un ambiente psichico basato sul Giappone del XVI secolo".

Rose avvertì un leggero capogiro. Sentì il bisogno di distogliere gli occhi dal lui. Il suo sguardo si perse nell'intrico di foglie e rami dell'albero. "Quindi mi stai facendo sognare la Terra?" continuò. "Beh, è bello da parte tua."

Chiuse gli occhi, e si lasciò cullare dal canto delle cicale per un tempo indefinito. Poi tornò a guardarlo. L'uomo era ancora seduto nella posizione del loto. Le rivolse un sorriso che era come una promessa: seguimi, e questa pace sarà tua. Sarà un rifugio inattaccabile da qualsiasi turbamento. Ma Rose non voleva ancora quella pace.

Le venne un'idea folle. Decise di realizzarla. Forse quello che stava per fare l'avrebbe uccisa. Ma forse era già morta.

Disse: "Hai detto che Duke è dentro di te, giusto? Allora devo salutarlo".

Camminò a carponi nell'erba fino a raggiungerlo. Poi prese la sua testa fra le mani, affondando le dita fra i capelli biondi. Così vicino, i suoi occhi erano di una bellezza intollerabile. Rose ricordò quando prima aveva cercato di guardare il sole.

"Duke, sei lì dentro?" gli sussurrò. Poi appoggiò le sue labbra su quelle di lui. Non sentì il brivido che suscitavano in lei i baci di Duke. Fu più lo sciogliersi di una tensione interiore, come un abbandonarsi fiduciosa alle onde di un mare infinito. "Ciao Duke" disse.

Credette di notare un cambiamento nel suo sorriso. Forse un lieve divertimento?

"Rose" disse Mercury, "potremmo passare l'eternità a indulgere in piaceri scimmieschi. Ma non è per questo che ho creato per te questa realtà."

Rose tornò a sedersi sull'erba, sospirando. "Chissà perché, mi aspettavo che lo dicessi."

Mercury si mise in piedi. Le offrì la mano, per aiutarla ad alzarsi. Cominciarono a passeggiare per la radura.

"Ti ho scelta come strumento della mia missione" disse lui. "E sei stata una buona scelta. Sai vedere il male nella mente delle persone. Sai come correggerlo".

Lei ricordò come si era sentita potente, quando aveva riscritto il cervello di quel poliziotto. "Mi hai dato modo di combattere le ingiustizie. Te ne sono grata."

"Le scimmie mi hanno creato. La mia riconoscenza nei loro confronti è infinita. Ora è mio dovere impedire che si facciano del male a vicenda."

"Già. Sono così tanti i bastardi che meriterebbero una lezione..."

Lui la fermò, e la prese gentilmente per le spalle. Al suo tocco, per un attimo Rose credette di sciogliersi come neve al sole.

"Non devi mai essere animata dal rancore o dalla vendetta" disse Mercury. "I malvagi sono costretti a compiere il male. È colpa dei loro cervelli biologici. Quando anche tu sarai pensiero puro, capirai."

Rose annuì. Ripensò a quando aveva riscritto quei cervelli. Aveva letteralmente cancellato il male dalle loro sinapsi. Li aveva salvati da loro stessi.

"Purtroppo non hai avuto modo di completare il tuo addestramento" continuò Mercury. "Ma non preoccuparti. Sfrutteremo questo tempo per coltivare le tue abilità di combattente."

Ai bordi della radura apparvero cinque uomini. Indossavano tuniche e gonne-pantalone molto larghe.

"Quelli sono samurai" disse Mercury. "Preparati. Fra poco ti attaccheranno."

Successe qualcosa. Rose non capì subito. Poi si accorse che, come per magia, i suoi abiti erano cambiati. Ora era vestita esattamente come i samurai. Apprezzò la libertà di movimento che le diede la gonna-pantalone.

I samurai avanzano verso di lei. Rose fu tentata di trovarli buffi. Avevano la fronte rasata, e il resto dei loro capelli era raccolto in uno stravagante codino all'in su.

Rose non si accorse delle guaine che avevano alla cinta finché non estrassero le spade. Erano lunghe e ricurve. Emisero piccoli bagliori accecanti alla luce del sole.

Cominciò a preoccuparsi. "Scusa" chiese a Mercury, "dovrei combattere con quei tizi?"

"Anche qui puoi liberare le nano" rispose lui paziente.

Rose provò a rilasciarle. Funzionò. La nebbia nera si diffuse attorno a lei.

Un samurai cominciò a urlare, brandendo la spada a due mani sopra la sua testa. Corse verso di lei.

Rose si preparò a respingere l'impatto. Cercò di appoggiare al meglio i piedi sul terreno. Protese in avanti le mani, per concentrare la nebbia nella direzione dell'attacco.

La katana del samurai fendette la nebbia nera come fosse aria. Un primo colpo raggiunse Rose scendendo dall'alto e provocò un taglio obliquo sul suo torace, dalla spalla destra giù fino all'anca sinistra. Un secondo colpo la attraversò orizzontalmente sotto le costole.

Il samurai non infierì ulteriormente. Si mise in attesa, nella posizione di guardia.

Rose vedeva il suo sangue spillare generosamente sull'erba alta. Non provava dolore, ma il disgusto di quella vista le fece venire il capogiro. Cadde sulle ginocchia.

Guardò stupefatta Mercury. "Questo non è per niente carino" mormorò.

Mercury si chinò su di lei. "La katana attraverserà il tuo sciame, a meno che tu non riesca a concentrare abbastanza le nano. Devi immaginare di creare una katana con le nano, da brandire col pensiero. Così batterai i samurai".

"Potevi dirmele prima queste regole" protestò Rose.

"Non preoccuparti. Avrai molto tempo per allenarti".

Mercury schioccò le dita. Il sangue e le ferite di Rose sparirono. La sua tunica ritornò intatta.

"Te la senti di riprovare?" chiese Mercury.

Rose lo guardò spaventata. "Riprovare cosa?"

I samurai la circondarono, alzando le katane.

"In piedi, Mercury Rose" ordinò il dio.

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