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Rose afferrò il bicchiere con tutta la forza che aveva, senza alzarlo dal tavolo. Vi appoggiò sopra le labbra, e lo inclinò quanto bastava per fare scorrere un po' d'acqua nella sua bocca. Il liquido si fece strada a fatica fra la lingua secca e il palato. In gola la sensazione di freddo fu pungente. Rose provò l'impulso di tossire, ma riuscì solo ad aprire la bocca per emettere un rantolo. Il bicchiere le scivolò fra le dita. L'acqua si sparse per il tavolo, lambì il piatto con la fetta di torta glassata di rosso, e cadde sulle gambe di Rose, inducendole un tremito che risalì dal bacino fino alla sua spina dorsale.

"Guarda che disastro hai combinato", disse Lower al di là del vetro divisorio.

Rose si sforzò di riempire il più possibile i polmoni d'aria. Pregò che la gola irritata non la tradisse. La voce uscì ruvida come ghiaia, eppure appena udibile. Chiese: "Dov'è la dottoressa?"

"La dottoressa Marley non fa più parte di questo team di ricerca." Il tono di Lowe era freddo, come se la notizia non avesse nessuna importanza.

"No. Ha promesso" rispose Rose, sforzandosi di parlare nonostante il bruciore che sentiva in gola.

"La dottoressa era solo una consulente. Ci ha aiutato ad analizzare le nanomacchine che infestano il tuo corpo. Terminato il suo compito, ha ritenuto di non avere più motivo di restare. Ha già lasciato la nave."

"Aveva promesso di curarmi" mormorò Rose.

"Ma non esiste una cura per te" disse Lower, come se stesse spiegando un concetto difficile a un'allieva poco intelligente.

Rose restò in silenzio per alcuni secondi. Si sentiva completamente svuotata di energie.

"Francamente Rose, il tuo caso è disperato" continuò Lower, guardando l'orologio al polso con una punta di impazienza. "Il tuo cervello è infettato da un virus informatico che ha compiuto il salto da macchina a uomo." Scosse la testa, come a considerare con rassegnazione l'enormità della cosa. "Nel tuo caso, non possiamo riavviare il sistema. La tua anima è tecnicamente... corrotta."

Rose fissava il volto di Lower senza dire nulla. Nei suoi occhi stanchi, i lineamenti dell'uomo si confondevano in una nebbia lattiginosa.

"Bene" disse Lower sospirando, come per chiudere il discorso. "Ritengo che questi incontri settimanali abbiano esaurito la loro funzione, se mai ne hanno avuto una. Vedo che essere estratta dal koglast ti affatica molto. Ma non preoccuparti. D'ora in poi ti lasceremo dormire senza interruzioni."

Rose boccheggiò. Poi cercò di formulare una frase. "Io nel sonno... vedo Mercury" riuscì a dire.

Lower la guardò di sottecchi, coprendosi la mano con la bocca. A Rose sembrò quasi di intravedere l'ombra di un sorriso malevolo. Fu un attimo. Lower riprese a parlare con un tono quasi addolorato.

"Sappiamo che lo sogni. Povera ragazza. Quanto si può sopravvivere nel koglast? Credo anche per... due o trecento anni. Passerai secoli intrappolata con quel mostro." Lower guardò mestamente le proprie dita intrecciate. "Onestamente, credo che per te sia preferibile la morte. Ma vedi, Rose abbiamo bisogno di tenerti in vita per studiare le nanomacchine che il tuo corpo produce. Ci servi. Tutto qui."

Lower fece spallucce. Aveva detto tutto quello che c'era da dire. Infine si rivolse ai soldati alle spalle di Rose. "Rimettete dentro la strega."

Qualcuno tirò la sedia a rotelle. Negli occhi di Rose, le pareti della stanza girarono vorticosamente. Poi davanti a lei tornarono a scorrere i corridoi bui della Vanguardia.

Marley doveva pensare in fretta. Sentiva dietro di sé i passi dei soldati che la scortavano. Arrivata all'imboccatura del corridoio nove, cambiò strada e si diresse verso il laboratorio. Il corteo di soldati continuò a seguirla senza protestare. Sarebbe stato davvero così facile?

Naturalmente no. Davanti alla porta del laboratorio, altri due soldati sbarravano l'ingresso. Avevano i visori ottici abbassati, il che donava loro la stessa identica aria disumana. Marley si rivolse a uno di loro, ma era come parlare a tutti contemporaneamente.

"Mi faccia entrare. Ci sono attrezzature di mia proprietà lì dentro".

Una voce risuonò dietro la visiera ottica. "Accesso negato. Ordini del dottor Lower".

Marley esibì il migliore sguardo furente del suo repertorio. Fissò la visiera ottica per alcuni secondi. Il soldato non diede altri segni di vita.

La dottoressa, senza dire nulla, si girò e avanzò nervosamente per il corridoio, diretta verso il suo alloggio. La sua espressione era funerea. In realtà, stava reprimendo un sorriso. Aveva fatto credere loro che il suo obiettivo fosse il laboratorio. Forse ora avrebbero abbassato la guardia.

Passò vari minuti nel suo alloggio a riempire una borsa di effetti personali presi a caso. L'unica cosa a cui poteva pensare era: dove si trovava in quel momento Rose? Quel giorno era programmato il loro incontro settimanale. Lower aveva detto che se ne sarebbe occupato lui stesso. Marley pregò solo che non l'avesse annullato. Anche se tremava all'idea di che cosa potesse raccontare a Rose quello psicopatico.

Richiuse la borsa, e uscì dall'alloggio portandola a tracolla. Era il momento di recitare.

"Per la galassia... non trovo più il mio braccialetto", si lamentò. "Un manufatto di Madre Terra. Era di mia madre. Devo essermelo tolto l'altro giorno per mangiare. Niente in contrario se passiamo in sala a cercarlo?"

Anche questa volta aveva parlato a un soldato qualsiasi. Questi fece un brusco cenno con la testa. Marley lo interpretò come: Vada avanti. Noi la seguiamo.

La sala da pranzo della Vanguardia era deserta, fredda e gigantesca. Marley passò lunghi minuti a fingere di cercare fra i tavoli un monile inesistente. Intanto, passo dopo passo, si allontanava dai soldati. Come aveva sperato, gli uomini della sua scorta si erano rilassati. Ora parlavano fra di loro, come colleghi d'ufficio in pausa caffè.

Marley girò con noncuranza dietro il bancone vuoto del buffet. Pregando che non la notassero, si chinò e aprì il portello dello scomparto frigorifero. Il cilindro metallico color magenta era ancora lì, dietro a un biglietto con la scritta NON TOCCARE. La sua superficie brillò alla luce fredda della lampadina dello scomparto. Era la siringa percutanea che conteneva la cura per Rose.

Le anti-nano dovevano essere conservate a meno di dieci gradi centigradi. Ma il refrigeratore del laboratorio si era guastato. Marley aveva dovuto ricorrere al frigorifero della sala da pranzo come soluzione di emergenza. Ringraziò il cosmo di non averne fatto cenno a Lower.

Prese la siringa e se la mise in tasca. Poi, invece di rialzarsi, restò chinata dietro il bancone, nascosta alla vista dei soldati. Si sfilò dalla spalla la borsa a tracolla. Ora veniva la parte più difficile. Doveva essere abile. La vita di Rose dipendeva da questo.

Cercando di non fare il minimo rumore, Marley avanzò carponi verso l'entrata della cucina. Pregò che i soldati non notassero il movimento delle porte a spinta. In un attimo fu dentro. Si alzò in piedi. La cucina era deserta e immersa nella penombra. Doveva fare in fretta, a secondi i soldati si sarebbero accorti della sua assenza. Cercò con lo sguardo tutto intorno. Finalmente vide due frecce illuminate su un muro. Si precipitò, e premette la freccia che puntava verso il basso. Dai, maledizione, dai! Sembrò metterci un'eternità. Ma alla fine, il montacarichi arrivò. Marley salì all'interno e premette il tasto per il piano inferiore.

Udì le porte a spinta della cucina aprirsi violentemente. I soldati urlarono qualcosa di indecifrabile. Le porte del montacarichi cominciarono a chiudersi lentamente. Marley si appiattì contro la parete di fondo della cabina. Ancora urla. Poi passi di corsa che si avvicinavano. Mancavano pochi centimetri alla chiusura delle porte. Nella striscia di buio che si andava assottigliando, Marley scorse il bagliore del visore ottico di un soldato. Infine le porte si sigillarono. Dall'esterno, picchiarono più volte sulle porte chiuse. Il rumore fu assordante. Poi il montacarichi iniziò a scendere. In quel momento, Marley si rese conto di avere smesso di respirare. Riempì avidamente i polmoni dell'aria stantia che aleggiava nella cabina.

Le porte si riaprirono sul magazzino. Marley provò l'impulso di uscire e di correre a perdifiato, ma si trovò davanti a un ambiente immerso dell'oscurità. Dal montacarichi aperto si diffondeva una luce pallida. Marley cercò di orientarsi in quel chiarore spettrale. Le porte del montacarichi cominciarono a richiudersi alle sue spalle. Marley afferrò uno scatolone vuoto, e lo sistemò sulla soglia della cabina. Le porte automatiche cominciarono a masticarlo ritmicamente, tentando inutilmente di richiudersi. Bene. Quei bastardi non possono richiamare la cabina.

Marley individuò l'uscita. Per fortuna il corridoio esterno era illuminato. Corse fino a trovare le scale di emergenza. Cominciò a salirle il più velocemente che poteva, cercando di ignorare la fitta che provava nella parte sinistra dell'addome. Probabilmente stavano già rimettendo Rose nel koglast. Un solo minuto di ritardo poteva rendere tutto inutile.

In cima alle scale, dovette per forza fermarsi per riprendere fiato. Appena le fu possibile, riprese a percorrere un nuovo corridoio. Doveva concentrarsi. Non poteva perdere l'orientamento adesso.

Raggiunse il ponte centrale. La zona con le capsule del koglast era poco oltre. Rose, tornando dalla sala dei colloqui, avrebbe dovuto passare di lì. Marley pregò che non fosse troppo tardi.

Si appiattì contro una parete. Cercò di tornare a respirare normalmente. Con la mano, cercò di asciugarsi il sudore sulla fronte. Doveva apparire il più normale possibile. Si mise la mano in tasca. La siringa percutanea era ancora gelida.

Avvertì dei passi avvicinarsi. Sì, erano loro. Due soldati spingevano la sedia a rotelle. La testa di Rose ciondolava. La ragazza sembrava quasi priva di vita.

Era il momento. Marley trasse un profondo respiro. Poi cominciò a camminare tranquillamente verso il gruppo. Cercò di sorridere in modo rassicurante.

Li raggiunse. Esclamò col suo tono più squillante: "Prima del koglast, devo somministrarle un complesso vitaminico. Ordine del dottor Lower!" Fu un miracolo se non le tremò la voce.

I soldati si fermarono. Se l'erano bevuta. Marley non doveva dare loro tempo per pensare. Si inginocchiò accanto alla sedia a rotelle e prese la mano di Rose. La ragazza voltò lentamente la testa verso di lei. All'inizio sembrò quasi non riconoscerla. Poi la sua bocca si spalancò piano. Sembrava non volere credere a quello che vedeva.

Marley avvicinò le labbra all'orecchio di Rose. "Ho la cura" sussurrò. "Loro non te la vogliono dare, ma io ho la cura." Alzò la manica del camice di Rose. Prendendole il polso, la invitò a mostrarle l'incavo del gomito. Marley guardò il braccio pallidissimo di lei, su cui si disegnavano vene blu come lividi sottili. Prese la siringa dalla sua tasca. I suoi occhi incontrarono quelli di Rose. Vide che brillavano di speranza e fiducia totale.

Marley appoggiò la siringa sulla pelle del braccio di Rose. Posizionò il pollice sul tasto che avrebbe rilasciato le anti-nano. Non riuscì a premerlo. Un dolore bruciante esplose all'altezza della sua spalla destra. Al tempo stesso, una spinta brutale la costrinse a girarsi di lato. La siringa le cadde si mano, e con un tintinnio metallico si allontanò girando vorticosamente sul pavimento.

Il dolore mordeva la sua spalla. Marley temette di svenire. Istintivamente, mise la mano sinistra sull'articolazione dolorante. Sentì il palmo ustionarsi per il calore. Mentre reprimeva un grido, vide i piedi di un uomo avvicinarsi alla siringa. L'uomo si chinò per raccoglierla. Era Lower. Teneva nella mano destra una pistola a impulso.

Il bastardo le aveva sparato. Ora puntava ancora la pistola contro di lei. Con l'altra mano, stringeva la siringa.

"Oh, non sia così melodrammatica" disse. "Era regolata al minimo. Non dovrebbe averle procurato più di una brutta scottatura. Per fortuna, la sua scorta mi ha avvertito subito della sua fuga."

Poi ammirò la siringa nel suo palmo aperto. "Naturalmente, questa la sequestro io. Non credo ci servirà mai a nulla, ma chissà. Nel tempo libero, mi diletterò a studiare le sue anti-nano, dottoressa."

Rose sembrava una bambola priva di vita. Il suo braccio nudo penzolava fuori dalla sedia a rotelle. I suoi occhi erano persi nel vuoto.

Marley cercò di reprimere il dolore e la rabbia. "Lower, lasci andare la ragazza" disse. "Mi offro di rimanere io. Le farò da assistente. Ma somministri le anti-nano a Rose e la lasci andare."

"Dottoressa Marley, lei ha un volo per Seidon 4 che l'aspetta. Quanto a questa principessa, ora si farà un lungo, lunghissimo sonno. E se è fortunata, non si sveglierà mai più."

Lower fece cenno ai soldati. La sedia a rotelle di Rose riprese ad avanzare lungo il corridoio. Rose girò la testa per rivolgere un ultimo sguardo a Marley. Che cosa voleva dirle? Grazie lo stesso? Oppure: anche tu mi hai deluso? Hai fallito ancora una volta?

Marley strinse i denti e chiuse gli occhi. Accolse il dolore alla spalla come una punizione per le sue colpe. 

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