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Una settimana, pensò Miki finendo il barattolo di gelato al caramello con mandorle croccanti. Una settimana di galera, e non si vede la fine.

Miki grattò accuratamente con il cucchiaio il fondo del barattolo. C'era persino rimasto un frammento di mandorla da sgranocchiare. Poi si alzò dal grande divano angolare in velluto rosa in cui era sprofondata. Attraversò a piedi nudi la folta moquette bianca che rivestiva il pavimento della suite. Arrivò alla porta. Vi batté sopra più volte col pugno. "Carcerieri!" urlò.

La porta si aprì. Apparve un poliziotto in tenuta antisommossa. Casco, giubbotto nero anti-impulso, fucile imbracciato pronto a ogni evenienza. Dietro di lui, altri tre poliziotti erano bardati allo stesso modo.

Miki mostrò al poliziotto il barattolo vuoto. "È finito il gelato", commentò per essere ancora più chiara.

Il poliziotto prese il comunicatore dalla sua cintura e annunciò: "Principessa ha finito il gelato. Ripeto: principessa ha finito il gelato."

Miki specificò puntigliosamente il gusto per assicurarsi che non sbagliassero più, come quando le avevano portato il pistacchio al posto del caramello. La porta si richiuse. Miki tornò a sprofondarsi sul divano. Di solito ogni sua richiesta veniva soddisfatta nel giro di mezz'ora. A parte quella di poter uscire, naturalmente.

Il megaschermo a ultradefinizione trasmetteva vecchi videoclip powerpunk. Miki assaporò le ultime tracce di gelato rimaste sul cucchiaio. Sì, era in quella prigione dorata già da una settimana. Dopo lo scherzetto alla Torre Lang & Murnau, si aspettava di venire buttata nella più fetida delle galere. E invece l'avevano portata lì: la suite imperiale dell'Hotel Galaxis. Le avevano concesso una telefonata per avvertire papà che stava bene. E le avevano detto di attendere. Nient'altro.

Non sapeva che fine avesse fatto Clash. Forse non l'avevano neppure arrestato: in fin dei conti, il casino l'aveva fatto lei. O forse Clash era in un'altra camera di quello stesso albergo. Anche lui ad attendere, come lei.

Ma attendere cosa, poi? Miki guardava alla TV Harrison Crew dei Furious urlare al microfono "I'm without future". Non poteva durare per sempre, Miki lo sapeva. In qualche modo, prima o poi le avrebbero fatto il pagare il conto. Qualcuno avrebbe bussato a quella porta. E non sarebbe stato per portarle il gelato.

Miki aveva solo una certezza. Presto le avrebbero rivelato dove si trovava Rose. Anzi, ne era sicura, presto avrebbe incontrato sua sorella. E le avrebbe chiesto scusa per tutti i suoi errori.

La figura imponente del governatore Hendricks apparve sullo schermo della sala riunioni della Vanguardia.

"Buongiorno, dottoressa Marley. Buongiorno, Lower. Spero abbiate notizie davvero importanti per disturbarmi. Quaggiù ho un pianeta da mandare avanti."

In un altro momento Marley avrebbe trovato indisponente la sua maleducazione. Ma ora niente avrebbe potuto turbare il suo buon umore. Sì: aveva passato una settimana di lavoro quasi ininterrotto in laboratorio, dormendo poco e mangiando meno. Era completamente sfinita. Eppure si sentiva bene come non le capitava da anni. Perché ora l'aveva pugno. Aveva in pugno il bastardo.

"Ho trovato una cura per Mercury" annunciò. Il suono delle sue stesse parole le diede un senso di ebbrezza.

Lower applaudì ironicamente, con un gesto lento e teatrale. "Io ti ho creato, e io posso distruggerti."

"Forse non posso ancora distruggere Mercury, ma posso sperare di guarire Rose", puntualizzò con voce dura Marley.

"Mi congratulo, dottoressa Marley" disse Hendricks lisciandosi i baffi spioventi. "E come conta di riuscirci?"

"Lo batterò con le sue stesse armi. Ho riscritto il codice presente nelle nano di Rose e le ho trasformate in anti-nano. Le ho programmate per trovare e distruggere le nano di Mercury."

"Affascinante" ammise Hendricks. "Quindi con queste... anti-nano sarà possibile curare chiunque sia stato infettato da Mercury?"

"Non è così semplice" rispose Marley. "Le nano di un soggetto non sono compatibili con l'organismo di un altro. Provocherebbero una crisi di rigetto."

"Questo vuol dire che ogni Mercury può essere curato solo con le sue stesse nano modificate", intervenne Lower. "Occorre catturare un Mercury vivo, estrarre le sue nano, trasformarle in anti-nano e iniettarle di nuovo nel soggetto. Un metodo molto laborioso."

"È un primo passo per arginare la minaccia di Mercury" tagliò corto Marley. "Oggi stesso annuncerò a Rose che c'è una possibilità concreta di guarirla."

Hendricks guardò fisso la videocamera per alcuni secondi, senza dire nulla. Sul suo volto si disegnò un mezzo sorriso furbo. "Dottoressa Marley", annunciò infine con un tono diplomatico. "I suoi servizi sono stati molti preziosi. Ma da questo momento in poi, non sono più richiesti."

Marley credette di non avere capito bene. "Hendricks, le assicuro che non ho nessuna intenzione di rimanere su questa nave più a lungo del necessario. Appena mi sarò assicurata che Rose stia bene, farò ritorno a Seidon 4."

"No, dottoressa". La voce di Hendricks era fredda. "Lei ha un'ora di tempo per fare i bagagli e tornare sulla superficie. Sarà nostra ospite finché una nave dell'Unione non verrà a prenderla. Della ragazza ci occuperemo noi."

"Governatore! Non vedo perché dovrei lasciare che sia Lower a somministrare la cura, dopo che io..."

Marley guardò Lower. L'uomo teneva la mano sulla bocca. Sembrava trattenersi dal ridere.

Stupida, stupida, stupida. Marley finalmente capiva. Come ho potuto essere così stupida?

"Non avete nessuna intenzione di curare Rose" disse Marley più a se stessa che agli altri. "Non l'avete mai avuta."

"Dottoressa, cerchi di guardare le cose da una prospettiva più... alta." Lower aveva il tono accondiscendente di chi stesse spiegando con pazienza cose importanti. "Quelle nanomacchine sono probabilmente il caso di singolarità tecnologica più eclatante mai registrato."

"Quelle nanomacchine stanno uccidendo Rose."

"E lei" continuò impassibile Lower, "invece di studiarle vuole distruggerle. Se riuscissimo a dominare una tecnologia così complessa, ha in mente quali applicazioni..."

"Tremo all'idea di quali applicazioni potrebbe trovare lei, Lower. Io non me ne vado."

Hendricks rivolse alla videocamera uno sguardo duro. "Dottoressa Marley, le ricordo che la Vanguardia è stata requisita dallo Stato Indipendente di Sieben. La sua insistenza nel trattenersi sarà considerata un atto di spionaggio da parte dell'Unione."

"Dovrete puntarmi una pistola contro per farmi andare via di qui" disse Marley con fermezza. Poi chiuse gli occhi e aggiunse: "... ed è proprio quello che farete, vero?"

Si alzò e corse verso l'uscita della sala riunioni. Spalancò la porta. Trovò quattro soldati pronti a sbarrarle la strada.

Lower si alzò tranquillamente e la raggiunse. "Come ha detto il governatore, lei ha un'ora di tempo per raccogliere le sue cose." Poi si rivolse ai soldati. "Non perdetela mai di vista. E non fatela entrare in laboratorio. Per nessun motivo."

"Il suo unico scopo è sempre stato mettere le mani sul codice di Mercury" sibilò Marley.

"E non ce l'avrei mai fatta senza il suo aiuto" ammise Lower. "Ora, grazie a lei, quel codice è disponibile sui database della nave. Non vedo l'ora di studiarlo in maniera più approfondita."

Marley provò l'impulso di dare un pugno a Lower. Ma non avrebbe risolto nulla. Si sforzò di parlare con calma.

"Lower, la ragazza non c'entra. La salvi."

"E rinunciare alla mia fonte vivente di nanomacchine? Sarebbe da irresponsabile. Anzi, oggi è programmata l'ora d'aria della strega. Me ne occuperò personalmente."

L'uomo fece un cenno ai soldati. Questi si misero ai lati della porta per fare strada a Marley.

"Un'ora di tempo, dottoressa. È stato un piacere."

Marley uscì dalla sala. Si diresse verso il suo alloggio, scortata dai poliziotti. Si girò indietro solo un'ultima volta e urlò: "Non è una strega, Lower! È una ragazza, e ha bisogno di noi!"

Lower la guardò senza scomporsi. "È increscioso che si sia affezionata così tanto" disse. "Le assicuro che io saprò gestire quel mostro in maniera più... professionale." Richiuse la porta alle sue spalle.

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