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Per un tempo indefinito le visioni continuarono a turbinare confuse, prive di una connessione logica. Daisuke innaffiava le azalee in giardino. Hideko versava tè verde fumante in una tazza bianca. Poi, i tetti di paglia del villaggio bruciavano. Rose combatteva.

Come incubi ricorrenti, i ronin tornavano al villaggio. Ogni volta, Rose versava il loro sangue. Era un massacro sempre più crudele. Rose sapeva che lui non era contento.

Rose lottava disperata. Contro i ronin, contro quel mondo, contro quel sogno. Ma non poteva svegliarsi. Riusciva solo a infrangere la superficie dell'illusione, mandandola in mille pezzi. Anche se significava solo sprofondare nella follia.

I bambini sorridenti. Le campanelle appese in giardino che tintinnavano al vento. I contadini al lavoro nei campi di spighe ambrate. Poi ancora i bambini, che piangevano sui cadaveri dei genitori. Una rabbia incontenibile esplodeva.

Lui non si concedeva più alla sua visione. Era deluso di lei.

Poi, dopo un secolo o forse un'eternità, il cielo si oscurò, e questa volta non per il fumo degli incendi.

Rose si trovò in cima alla collina, senza ricordare come ci fosse arrivata. La coltre nerissima delle nubi era infranta da fulmini accecanti. Il vento disegnava maree furiose nell'erba alta, e torturava i rami del grande albero.

Lui era lì. In piedi in mezzo all'erba, sfidava le prime gocce di pioggia. I lembi della sua tunica arancione si agitavano al vento, e sembravano le fiamme di un fuoco che lo stesse divorando.

"Mi hai chiamato per rimproverarmi?" gridò Rose.

Lui scosse piano la testa. Rose si rese conto che c'era qualcosa di diverso in lui, come un'incertezza nei suoi occhi. Se si fosse trattato di un essere umano, Rose avrebbe pensato che aveva paura.

"È successo qualcosa... a me" disse Mercury, e la sua voce sembrò provenire direttamente dal cielo carico di pioggia.

Rose non capiva. "Come può succederti qualcosa? Tu sei un dio."

"Alcune mie connessioni sono state spezzate. Mi è stato recato un danno."

Rose lo guardò incredula. "Stai per morire?"

Lui scosse la testa. "No, ma le conseguenze di questo sviluppo possono essere incalcolabili. Rose, non puoi più rimanere qui. Una volta sveglia, dovrai rianimarti da sola. Con i tuoi poteri."

"Non capisco una sola parola. Rianimarmi da sola?"

"Rose, sappi che io, secondo i limiti imposti dalla mia natura, in accordo con gli schemi mentali che mi definiscono, io..."

Esitò. Lei lo guardava a bocca aperta.

"Io ti amo" disse il dio. Protese una mano verso di lei, come se volesse accarezzarle il volto. Poi il sogno scomparve.

Rose aprì gli occhi. Si ritrovò sdraiata nel cilindro di cristallo. Era completamente paralizzata.

Anche se non riusciva a girare il collo, cercò di guardarsi attorno. Una fioca luce spetrale si diffondeva dall'interno del cilindro, illuminando debolmente l'ambiente. Ma Rose non vedeva nessuno. Era sola.

"Procedura di emergenza nove" disse una voce femminile senza corpo, che sembrava provenire dal buio sopra Rose. "Apertura postazione koglast".

La piccola volta di cristallo che la sovrastava scricchiolò delicatamente. Infine si aprì dividendosi in due. Rose sentì sulla sua pelle un soffio di aria fredda. Ma ancora non riusciva a muovere un solo dito.

Ricordò i risvegli precedenti. Avevano riattivato il suo cuore con le scariche elettriche. Avevano obbligato i suoi polmoni a riempirsi dolorosamente d'aria. Ora nessuno la stava aiutando.

"Allarme. Soggetto in stasi cardiaca. Se non verrà ripristinata la normale attività cardiocircolatoria, il decesso sopravverrà in approssimativamente un minuto."

Rose sentì esplodere dentro di sé il terrore. Tentò di aprire la bocca per chiamare aiuto. Le sue labbra rimasero immobili. Si sforzò disperatamente di alzare un braccio per richiamare l'attenzione di qualcuno. Ma il suo corpo era un oggetto lontano, che non rispondeva in nessun modo ai suoi pensieri.

"Allarme. Soggetto in stasi cardiaca" ripeté la voce. Doveva essere un assistente automatico della nave. Possibile che nessuno ascoltasse quella richiesta di aiuto? Avevano deciso di lasciarla morire così?

"... il decesso sopravverrà in approssimativamente trenta secondi."

Era finita. Rose sentiva la sua coscienza venire meno, intorbidirsi, sprofondare di nuovo nel sonno. Questa volta, senza possibilità di risvegliarsi mai più.

Un momento. Cosa aveva detto Mercury? Qualcosa sul fatto che doveva usare i suoi poteri. Le nano!

Cercò di lottare contro le tenebre, di rimanere cosciente. E raccolse le sue ultime energie per liberare le nano. Per un istante che sembrò durare una vita intera, temette di non farcela. Poi sentì una vibrazione attraversare la sua pelle. Seppe che le nano erano fuori.

E adesso? Poteva sollevare il suo corpo dal cilindro, ma a che scopo? Sarebbe morta lo stesso. Un flash attraversò la sua memoria. Qualcosa che le avevano insegnato a scuola, tre anni prima. Una lezione sulle basi del pronto soccorso, che ai tempi aveva trovato noiosissima.

"... il decesso sopravverrà in approssimativamente dieci secondi."

Le nano. Nel sogno aveva imparato a concentrarle in forma di katana. Ma adesso non le serviva una spada. Le servivano delle braccia. Le immaginò davanti a sé. Sentì che le nano rispondevano alla sua volontà, e si addensavano nello spazio. Pensò a due braccia tese, con i palmi delle mani aperte rivolti verso di lei. Poi immaginò di appoggiare entrambi i palmi al centro del suo torace. Sentì il loro tocco. Funzionava!

Cercò di ricordare disperatamente. Come si praticava un massaggio cardiaco? Al corso, avevano parlato di serie successive di trenta spinte sul torace, al ritmo di circa cento battiti al minuto. Per seguire il ritmo giusto, dicevano di pensare a una canzone... sì, "Survive" di Crimson Starr.

Rose cominciò a canticchiare mentalmente: I will survive today, no matter what they say... Le braccia fatte di nano cominciarono a premere ritmicamente sul suo petto. Uno, due, tre, quattro...

Qualcosa stava succedendo. Rose sentiva la mente schiarirsi. Le tenebre si stavano allontanando.

I will survive today, no matter what they say...

Rose ricordava che il massaggio cardiaco ristabiliva la circolazione sanguigna e permetteva il trasporto di ossigeno al cervello. L'avrebbe fatta restare in vita, almeno per il momento. Ma non poteva andare avanti per molto. Il suo cuore doveva riprendere a pulsare da solo.

Uno, due, tre, quattro...

Forza, cuore. Ricomincia a battere!

I will survive today, no matter what they say...

Qualcosa esplose nel suo petto. Era un dolore così divorante che temette di impazzire. Ma era un dolore ritmico. Era il suo cuore che batteva. La sua bocca si spalancò, e aspirò famelicamente aria. Rose sentì i polmoni espandersi, riconquistare volume respiro dopo respiro. La sua schiena si arcuò, scossa dai brividi. Gli occhi le si riempirono di lacrime. Era terribile, ma era viva.

"Ritmo cardiaco ripristinato. Soggetto fuori pericolo" disse la voce. Non certo per merito tuo, pensò Rose. Se ne avesse avuto la forza, avrebbe riso.

Passarono minuti, o forse ore. Il dolore lentamente svanì, il respirò si fece regolare. Rose tentò di muovere il suo corpo. Risposero solo le dita della sua mano, tremolando piano. Doveva ancora lavorarci.

Poi tentò un'altra impresa. Cercò di parlare. Riempì i polmoni d'aria, e con uno sforzo riuscì a dire: "...ta di oggi".

Doveva fare di meglio. Si riposò per un paio di minuti. Quindi riprovò, e questa volta riuscì a dire: "Data di oggi".

"Giorno quinto del sesto dodicesimo 2386" rispose la voce dell'assistente.

Ottantasei? Rose chiuse gli occhi. Dalla sua palpebra ancora umida, fuggì una lacrima che scese lungo la sua tempia destra.

Ottantasei. Aveva dormito due anni.

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